Pastori contro cemento. Ultimi sardi coi coglioni mettono in merda Burlesquoni

Pecore non residence
i pastori sardi contro Silvio

di Paola Medde

proteste pastori sardi

Non fosse stato per la loro caparbietà, oggi accanto alla Costa Smeralda, la vippaiola creatura del principe ismaelita Aga Khan, sorgerebbe la sua gemella berlusconiana, la Costa Turchese, altro probabile approdo di letterine e tronisti. Invece i pastori della Gallura si sono messi di traverso, minando il progetto della Edilizia Alta Italia, società del gruppo Fininvest, intenzionata a dar vita a una delle più imponenti operazioni immobiliari all’ombra dei graniti sardi. La società lombarda negli anni Ottanta aveva acquistato centinaia di ettari nel nord Sardegna per spalmarci sopra alberghi, ville e residence per 280 mila metri cubi di cemento e realizzare a mare un porto turistico da duemila posti barca.

La famiglia Berlusconi però non aveva fatto i conti con gli allevatori che in quei campi da anni ci portavano le loro pecore. Un’attività che spiana la strada all’usucapione: dopo vent’anni di pascolo indisturbato, il terreno diventa di chi lo utilizza. E così, mentre i manager milanesi erano intenti a scartabellare e progettare gli interventi edilizi, i pastori galluresi maturavano il diritto alla proprietà di quei terreni. Proprietà che, allo scadere del tempo utile, hanno reclamato, facendo sfumare i sogni di gloria dell’attuale presidente del Consiglio. Il capostipite di questo esercito di David sardi è stato Paolo Murgia, allevatore nato a Posada nel 1924 e sbarcato in Gallura a metà degli anni Sessanta. E’ stato lui – prima ancora del piano paesaggistico regionale voluto dalla Giunta Soru – a bloccare il progetto di Costa Turchese con la richiesta di usucapione su ben 500 ettari avanzata al tribunale di Tempio, richiesta che ha tenuto sotto scacco il Cavaliere e la sua pletora di avvocati.

I legali della società avevano provato ad ammorbidire le sue posizioni con un’offerta da 250 mila euro, alla quale lui aveva rilanciato con una richiesta di tre milioni. Un braccio di ferro durato fino a un anno fa quando, pochi mesi prima di morire, Murgia ha ceduto: novecento mila euro o poco meno e avrebbe portato le pecore a pascolare altrove. Affare fatto. Nel frattempo, però, il miraggio della Costa Turchese si è allontanato ancora perché altri due allevatori hanno reclamato gli stessi diritti di usucapione sui terreni acquistati dalla Edilizia Alta Italia. Prima i coniugi Putzu, che rivendicano il possesso di 83 ettari, poi Elido Bua, che ne chiede su carta bollata la proprietà di altri 85.

Raggiunto dal nostro giornale, Bua ha preferito non commentare la vicenda. Di certo anche con loro il signor B. dovrà fare i conti. I pastori galluresi, del resto, sono in buona compagnia. All’estremo opposto dell’isola, nella punta meridionale di Teulada, c’è un agricoltore che resiste ai signori del mattone. Si chiama Ovidio Marras, ottant’anni consumati nel suo furriadroxiu, il podere che è il suo universo: ha detto no alla Sitas, la cordata capitanata dal Monte dei Paschi di Siena, Caltagirone e Benetton, intenzionati ad acquistarne il terreno per fare spazio al lussuoso Capo Malfatano Resort.

Settecento ettari su cui dovrebbero sorgere un albergo gestito dal gruppo Marcegaglia, ormai di casa in Sardegna, e poi terme, piscine, centro sportivo, villette. Marras permettendo. Lui, per nulla domato, ha già trascinato in tribunale la società, costringendola ad abbattere il rustico dell’hotel realizzato proprio sul tracciato della stradicciola che lo conduceva a casa. D’altronde il governatore Cappellacci, chiacchierando d’affari al telefono con Riccardo Fusi, uno della cricca, l’aveva detto: il vero grande limite della Sardegna sono i sardi. Appunto.

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