E’ AL POTERE PER CONTINUARE A RUBARE

IL REGIME DI DESTRA (INDOVINA CHI?) HA INCREMENTATO DEL 237% LE CAMPAGNE ISTITUZIONALI SULLE RETI MEDIASET (LA RAI DEVE TRASMETTERLA GRATIS): 3.137 MLN € SU 3.288 MLN € – MENO 98% AI QUOTIDIANI CATASTROFISTI…

Carmelo Lopapa per “la Repubblica”

Investimenti più che triplicati per le tv e per quelle targate Mediaset in particolare. E rubinetti ormai chiusi, giusto poche gocce, qualche spicciolo, per la carta stampata. Palazzo Chigi ha già messo in pratica dall´inizio dell´anno l´indirizzo che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha «suggerito» agli imprenditori che lo ascoltavano sabato a Santa Margherita.

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Il report della Nielsen Company sull´utilizzo dei fondi per pubblicità istituzionale a disposizione della Presidenza del Consiglio dei ministri conferma, numeri alla mano, l´andazzo che era ormai evidente agli addetti ai lavori. E intanto in Rai scoppia il caso Tg1, col Pd che accusa la nuova direzione di Augusto Minzolini di essere nuovo «organo di propaganda berlusconiana».

Il premier Berlusconi lo aveva detto ai giovani imprenditori: «Anche voi, non dovreste dare pubblicità ai media catastrofisti». Anche loro come lui, infatti: catastrofisti o no, i giornali ha deciso di punirli. La tabella della Nielsen, mette a confronto l´utilizzo fatto negli ultimi tre mesi di vita del governo Prodi dei 2 milioni di euro a disposizione del dipartimento Editoria, con il trend nello stesso periodo (gennaio-marzo 2009), quando con Berlusconi il dipartimento è stato guidato da Mauro Masi, oggi alla direzione generale Rai.

Ebbene, la presidenza di centrodestra ha incrementato del 237% gli investimenti a beneficio delle tv private, da 932 mila a 3 milioni 137 mila euro (la Rai deve mettere in onda gratuitamente i messaggi istituzionali). In pratica, quasi l´intero budget (3 milioni 288 mila euro) dirottato sulle emittenti tv.

Con azzeramento o quasi dell´investimento sulla carta stampata: da 369 mila euro del trimestre Prodi a 9 mila euro di quello berlusconiano, meno 98%. Flessione verticale anche per magazines e internet. Ma a balzare agli occhi è soprattutto l´impennata dello stanziamento in favore di Canale5 (da 440 mila a oltre 2 milioni di euro), Italia1 (da 230 mila a 536 mila euro) e Rete4 (da 163 a 253 mila).

«È in atto, da parte dei grandi investitori pubblicitari, uno spostamento dalla Rai e dalla stampa verso i canali Mediaset – spiega Paolo Gentiloni, responsabile Comunicazioni del Pd – temo che non abbia a che fare con dinamiche di mercato. La cosa stupefacente è che lo spostamento viene anticipato dalla presidenza del Consiglio. Siamo ormai alla esibizione, al colmo del conflitto di interessi».

Intanto, sul Tg1 si scatena la polemica. Il Pd, con Piero Martino e Fabrizio Morri, mette sotto accusa la nuova gestione dopo i servizi di politica della sera: «Da ieri è ufficiale, con la direzione Minzolini il Tg1 diventa l´organo dell´offensiva di Berlusconi contro il Pd». Il Pdl fa quadrato: «Intimidite». La direzione del Tg1 si difende: «Reazione scomposta, sono illazioni».

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COCAINA

DA NOEMI A MIKE, SILVIO S’AMMOSCIA – L’OTTUAGENARIO A CENA CON IL CAV. PER FARE PACE: “NOI DUE SOLI, LUI STANCHISSIMO, SEMBRAVA COSì SOLO: MI HA MESSO UNA TRISTEZZA” – “LA SERA DOPO LO VEDO VISPISSIMO DA VESPA! DOVE HA PRESO TUTTA l’’ENERGIA?”…

Da “Libero”

Io, Silvio e il minestrone. Mike Bongiorno ce l’ha fatta: dopo il drammatico appello rivolto dalle telecamere di “Che tempo che fa” di Fabio Fazio a Berlusconi: «Perché non mi chiama?», il Cavaliere ha chiamato e invitato a cena Mike il giorno successivo. Lo storico presentatore ha raccontato l’agognato attovagliamento col premier a “Oggi”.

Un incontro melanconico nella villa di Arcore: «Noi due soli», racconta, «nella grande sala vuota. Lui era stanchissimo. Davanti a quel minestrone, cucchiaiata dopo cucchiaiata, diceva: “Sono teso, dormo pochissimo, quattro ore per notte. Mi attaccano da tutte le parti”.

E io pensavo: “Ma guarda un po’, sono qui con l’uomo più potente d’Italia… una cena che tutti m’invidieranno, e mi viene una gran tristezza. Quest’uomo mi sembra così solo! C’era come un senso di freddo e di buio attorno a noi». Mike gli ha parlato della lettera scritta quando nessuno a Mediaset gli dava retta:

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«”Forse non lo sai”, dicevo in sostanza, “ma non faccio più parte del gruppo. Ti volevo ringraziare per quegli anni”. Lui mi ha risposto di non averla mai ricevuta, poi mi ha telefonato per dirmi che l’aveva trovata aggiungendo che avrebbe voluto chiedermi di rimanere a Mediaset, ma qualcuno l’aveva avvertito che avevo già firmato con Sky. Non era vero, ma voglio credere nella sua sincerità».

La chiusa è ancora malinconica, amici ascoltatori: «Non c’era allegria, i ricordi di quando Silvio veniva alle prove di Canale 5 e scherzava con tutti sono lontani e irripetibili. Lo strano è che dopo quella cena dove lui sembrava stanchissimo, l’ho visto la sera dopo a Porta a Porta con Bruno Vespa pimpante e combattivo e sono rimasto di stucco. Era un altro. Dove aveva ritrovato tutta quella energia?». E Mike lascia aperto il mistero.

°°° Nessun mistero, lo sa benissimo anche lui quanta cocaina si pippa il suo “caro amico”. Lo ha semplicemente scaricato, come fa con tutti quelli che non gli servono più e con tutti quelli che lo mandano a cagare da subito.

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Da Josto

Questa me l’ero persa, ma in questi giorni sono abbastanza incasinato per la sopravvivenza… Ecco il pezzo segnalato da Josto:


I giochetti da mafioso di Silvio Berlusconi

Articolo di Personaggi d’Italia, pubblicato lunedì 27 aprile 2009 in Venezuela.

[TeleSURtv]

I mafiosi hanno la necessità di esibire l’autorità, il potere, la forza virile. Ed è per questo che è meglio dare la sensazione di assolvere alla buona funzione di macho. Le donne italiane si vergognano delle uscite del loro primo ministro quando deve affrontare temi riferiti alle pari opportunità o alla sicurezza personale: “Gli stupri? Sarebbe comunque impossibile evitarli”.

Quando Berlusconi ha definito Obama “bello, giovane e anche abbronzato”, nel mondo si sono susseguite reazioni di tutti i tipi ma soprattutto legate al carattere razzista del commento. Il cavaliere si è difeso ripetendo che i suoi critici non hanno senso dell’umorismo e “che è meglio che Dio ci liberi da loro”. Questa giustificazione con tanto di supplica ci riporta ai modi in cui la mafia risolve i suoi problemi. Mafia a cui Berlusconi non è nuovo, ma piuttosto uno dei suoi discepoli più promettenti e prestigiosi.

I quotidiani dell’epoca, 1982, scrivono in modo semplice e meccanico che un uomo, identificato con il nome di Roberto Calvi, fu trovato impiccato (suicida) sotto il ponte dei “Frati Neri” che attraversa il Tamigi, con tanto di mattoni nelle tasche e circa 15.000 dollari in contanti. Calvi era il presidente del Banco Ambrosiano a sua volta legato alla banca vaticana, motivo per il quale era conosciuto come il “banchiere di Dio”. Perciò il suicidio trovava spiegazione nei suoi errori di gestione e nella rassegnazione di fronte alla bancarotta. Ma in seguito si seppe che c’erano motivi per credere che ci si trovava di fronte ad un omicidio che aveva le sue origini nelle viscere della mafia italiana. È da lì che riecheggia il nome di Licio Gelli il “reverendo” che guidò la società segreta Propaganda 2, la Loggia P2. In seguito si successero una serie di omicidi e “suicidi” in stile mafioso che ripulirono di testimoni e coinvolti nei fatti, l’oscuro cammino della la loggia P2. È il caso di Michele Sindona (banchiere del Vaticano), avvelenato in carcere.

Ma la storia ha altri precedenti. Nel 1978 si verifica l’assassinio di Aldo Moro e la morte (delitto?) di Giovanni Paolo I, Albino Luciani, il Papa del sorriso. In questi due episodi c’è la mano della P2. Questo è molto ben documentato da David Yallop nel libro “In nome di Dio”.

Quindi la P2 riuscì a penetrare nella vita politica, sociale, economica, militare e culturale dell’Italia. Non ci troviamo di fronte al progetto regionale o limitato della mafia siciliana. Negli archivi di Licio Gelli venne rinvenuta una lista di mille personaggi che conferma la conquista dello Stato da parte dell’organizzazione mafiosa. In tale mosaico ha un ruolo di spicco Silvio Berlusconi. Questo è risaputo in buona parte del mondo e in tutta Italia, ciononostante il cavaliere ottiene la fiducia della gente e riesce a convertirsi nel protagonista attuale della politica della penisola.

Per questo quando Berlusconi durante la campagna elettorale a Cagliari parlò delle atrocità della dittatura argentina sostenendo che “erano belle giornate, li facevano scendere dagli aerei”, quando i torturatori lanciavano in mare le vittime vive dagli aerei, non lo disse solo per fare una battuta, forse, nel subconscio si riferiva al suo omologo Emilio Massera che, giunto con altri esaltati della milizia, oppresse gli argentini. Come si riferiva a José López Rega, ministro di Juan Domingo Perón, cofondatore della Tripla A, Alleanza Anticomunista Argentina. E ad altri personaggi illustri che all’epoca delle dittature in America Meridionale attuarono il Piano Condor non solo in Argentina ma anche in Cile, Uruguay, Paraguay e Brasile. Tutti loro e molti altri che godono dell’anonimato, furono reclutati dalla mafia che ha appoggiato Berlusconi. La P2, alimentata dalla CIA, aveva tentacoli molto lunghi.

Così in Sudamerica i mafiosi del narcotraffico vengono estradati nella UE e in Europa i loro pari finiscono a governare, questi mantengono in comune la “narcocultura”, un modo di comportarsi, vestirsi, divertirsi e mostrare un potere che supera gli oceani, i continenti, le razze, le lingue, le classi sociali.

La mafia in America, al pari di quella in Italia si è dedicata a rafforzare il potere della destra. Sia a livello di logistica o, quando le condizioni lo richiedono, gestendo il potere direttamente. Oggigiorno non si sa chi ha più potere di corrompere, se alcuni “uomini di Stato” o i capimafia. Di sicuro da poco in Colombia un capo ‘para’ del traffico di droga si lamentava di come “gli affari e i conti andavano bene fino a quando non sono comparsi nelle nostre riunioni i dottori…I politici sono arrivati e hanno cominciato a corrompere le nostre organizzazioni”. Ma come?

In questo senso Berlusconi, divide inoltre, con i capi di casa nostra, la sua mania di comprare tutto, fare vita sociale e quell’ossessione di mostrare la virilità collezionando donne del mondo dello spettacolo. I mafiosi hanno l’esigenza di mostrare il comando, il potere la forza virile. È per questo che è meglio dare la sensazione di assolvere alla buona funzione di macho. Le donne italiane provano vergogna per le uscite del loro primo ministro quando si tratta di parlare di temi che si riferiscono alla parità tra sessi e all’insicurezza personale: “Gli stupri? Possono succedere in ogni caso. In Italia dovremmo avere un soldato per ogni bella ragazza, credo che non ci riusciremo mai”. O il caso della giovane disoccupata: il capo del governo non ebbe vergogna a raccomandarle di trovarsi un fidanzato milionario: “Se vuole le presento mio figlio”, le disse. Pablo Escobar avrebbe detto lo stesso.

È normale che un uomo come Berlusconi professi idee di destra, la sua formazione e il compromesso mafioso con la P2 non dà luogo ad altra possibilità. Infatti l’esistenza della P2 è stata sempre considerata dalla CIA un mezzo per contenere l’influenza del Partito Comunista in Italia e di conseguenza in Europa. Una delle molte vie che la mafia e la CIA hanno percorso e conquistato con successo, è il controllo dei mezzi di comunicazione di massa. È su questo terreno che si è mosso come imbroglio strumentale Berlusconi.

Il documento di Gelli denominato Piano di Rinascita Democratica, si proponeva di spaccare il movimento sindacale italiano e rilanciare una visione apertamente anticomunista di fronte all’avanzare delle forze progressiste. La P2 è stata coinvolta nella strage di Bologna come sviluppo della “strategia della tensione”, opera della struttura clandestina Gladio, una formazione paramilitare della NATO che operò in piena guerra fredda. La CIA e la P2 tornano in azione di comune accordo nel caso Irangate. Questo fatto lo si conosce nel dettaglio, prodotto dallo scambio di recriminazioni pubbliche tra il presidente Francesco Cossiga e il ministro Giulio Andreotti.

La cospirazione e le società segrete entrano molto presto nella vita di Berlusconi. Suo padre Luigi lavorava nella Banca Rasini, un braccio finanziario della mafia siciliana. Lo stesso, nel 1974 assume la proprietà di Telemilano. Quattro anno dopo lancia a livello nazionale Canale 5. Finisce l’opera acquisendo il monopolio della TV di stato e orgoglio dell’Italia: la RAI.

Successivamente salta in Francia (La Cinq, Chain e Cinema 5). Subito dopo passa alla Spagna con Telecinco. Attualmente possiede in mezzi di comunicazione la più importante azienda di pubblicità italiana e Endemol che crea i format di tutti i tipi di programmi televisivi che vengono poi “nazionalizzati” in qualsiasi paese. Per quanto riguarda la stampa, possiede il controllo de Il Giornale, La Repubblica, L’Espresso, Epoca e una lunga lista. Nel mondo editoriale, Mondadori; nell’industria dell’intrattenimento, anche se tutto in Berlusconi lo è, possiede Blockbuster e un’infinità di società che ampliano il suo potere mediatico.

Per finire ha comprato il paese includendo il suo controllo statale. La televisione è un modo di ostentare la sua importanza. Controlla i canali privati come imprenditore e quelli pubblici come capo del governo, il 90% degli schermi e il 100% delle reti. Sarà possibile vincere una competizione elettorale in maniera civile contro di lui? Ciononostante l’Italia è un modello di democrazia del primo mondo. Le repubblichette controllate dai mafiosi corrispondono alle regioni sottosviluppate del pianeta e per loro c’è tutta la pena e la considerazione del mondo libero.

Oh l’Italia del rinascimento, dell’antropocentrismo, quella di Leonardo e Michelangelo, di Dante e Petrarca! In mano di chi sta? Non può essere che con tanti lumi e intelligenze, orgoglio dell’umanità, si ritrovi offuscata dalla fioca luce di Machiavelli.

[Articolo originale “Los chistecitos mafiosos de Silvio Berlusconi” di Mario López ]

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Silvio Berlusconi, la storia vera

SILVIO BERLUSCONI

Secondo il Collodi, che ha raccontato le sue avventure, Silvio Berlusconi nasce in Brianza circondato da mobilieri. Nasce già calvo, con la testa a forma di supposta, ed un culo così (e ancora non aveva avuto rapporti col pool di Borrelli!). Suo padre Geppetto, umile ma onesto falegname, lo inquadra subito e decide di disfarsene, scaraventandolo nottetempo nel ventre di una balena bianca (madre di certi Arnaldo e Giulio) che stanziava nell’idroscalo di Milano. La balena, che non era scema, lo risputò subito. Così il povero falegname fu costretto a riportarsi indietro quel fagottino pieno di alghe, fondotinta, e gamberetti asfittici. Sulla strada del ritorno, lo mollò davanti al portone di un un convento di suore.
Da qui tutte quelle “zie pie”. Le suore lo inquadrarono subito e lo mollarono ad una agiata famiglia di stronzi, che lo inquadrarono subito e proprio per questo decisero di tenerlo.
Lo viziarono in maniera schifosa: 15 megaculle, di cui sei in Sardegna. Pannolini tagliati da Caraceni. Un’orchestra da camera che veniva tutte le sere da Lucerna, per la ninna nanna… A un anno, aveva orchestra da camera, camera, e telecamera personale. Il piccolo Silvio cresceva, solo di età, ed era molto vispo. Imparò subito a smentirsi e poi piano piano imparò anche a parlare. La sua prima parolina fu MIO, la seconda TUTTO, la terza COMPLOTTO, poi RIBALTONE , SONO INNOCENTE, GIUDICI COMUNISTI, LO GIURO SULLA TESTA DEI FIGLI (tanto non sono miei), e così via.
Intorno ai sei anni cominciò ad andare a scuola. Contrariamente agli altri bambini, lui si presentava davanti ai portoni delle elementari alle cinque del mattino: dormiva pochissimo (già sniffava coccoina) ed era fissato con le lezioni anticipate.
Studiava con buona lena, ma soprattutto coi suoi maestri preferiti, “il Piccolo e il Grande Maestro” li chiamavano. Il piccolo sembrava tale perché era gobbo. Soffriva di amnesie, questo glielo rendeva più simpatico ed era sempre pronto a difenderlo dalle malignità dei suoi compagni, i quali dicevano che quella del maestro, più che una gobba era una cupola. Silvio amava il Piccolo Maestro anche perché parlava poco, era sempre intento a scrivere: articoli, libri, memorie difensive… Eppoi, sembrava nato in un’aula, da un’aula, per l’aula. Se volevi pesci dovevi cercare nell’acqua, così come il luogo naturale per il Piccolo Maestro era l’aula. La cosa curiosa era che, anche se conosciuto come “Piccolo Maestro”, egli per età e spessore veniva reputato un “Grande Vecchio”. Soprattutto in un certo tipo di Aule.
Ma Silvio amava ancor di più il Grande Maestro, un simpatico toscanaccio che aveva la mania degli scherzi. Nascondeva l’oro nelle fioriere e, a volte, si presentava travestito da tipico muratore: cappuccio, grembiule, compasso, dossier per i ricatti e tutto il resto. Più che amarlo, lo venerava proprio. Il Grande Maestro aveva anche il vezzo di donare delle speciali tessere di merito ai discepoli più diligenti. Silvio ne fece incetta, per sé e per i suoi amichetti. Ma chi erano i suoi amichetti? Uno era uno spilungone particolarmente fedele, tant’è che si chiamava Giovanni, ma lui lo chiamava proprio Fedele. Come il suo cane. E come un vecchio cameriere che raccoglierà, molti anni dopo, e lo accudirà amorevolmente. Questo cameriere, uno spilungone siciliano, era stato già al servizio di numerosi altri potenti. Patologicamente, come vedeva un potente si scaraventava ai suoi piedi. Lingua a smeriglio, fiera espressione ebete, con Silvio si superò: agli altri padroni portava semplicemente cappuccino e giornale, a Silvio portava addirittura cappuccio, grembiulino, e telegiornale.
E lui, per ripagarlo, anziché Fedele lo chiamava col diminutivo affettuoso di Fede (era l’unica cosa che poteva diminuirgli in un contesto da subumano già ridotto ai minimi termini). Inoltre, divideva con lui il fard, la tintura per capelli, e le pernacchie che si levavano alte dal Paese e dal mondo intero.
Ma torniamo all’infanzia e agli amici di allora.
Silvio, fin da piccolo e forse proprio per gli oscuri natali, ha sempre amato molto la famiglia. In tutti i sensi. I suoi amici facevano parte della famiglia.
Dieci amici formavano una decina. Se gli serviva una commissione, mandava i suoi amici e gli amici degli amici: il mandamento, appunto.
Fedele gli portava i libri. Sempre. Anche più tardi. Anche se qualcun altro, non proprio amico, si faceva avanti per portare lui i libri, magari in tribunale, Fedele si impuntava e teneva i libri ben stretti o li nascondeva. Magari all’estero. Un altro amichetto stretto era uno spilungone di emigrato romano, si chiamava Cesarone. Con lui organizzarono un esilarante scherzo ai danni di una piccola orfanella: uno la faceva piangere e, mentre lei era distratta, l’altro le portava via tutto, le casette di Barbie e di Arcore, terreni, pinacoteche, tutto! Poi dividevano in due parti uguali. Che si prendeva Silvio.
Ma Cesarone riusciva a fare la cresta e rubacchiava qualcosa anche per sé.
L’amico più importante era però Bettino, loro lo chiamavano Bottino (perché era cicciottello).
Il suo vero nome era Benedetto, ma nessuno lo trovava attinente.
Tranne, forse, le piccole ballerine Anja, Sandrina, Ilaria, i nani, e gli yuppies degli anni ‘80. Lo spilungone Bettino era un vero mago e trasformava la merda in oro, aree agricole o demaniali in aree fabbricabili e giù lavoro per muratori e muratorini!
Trasformava le banche in istituti di beneficenza per gli amici e l’etere in migliaia e migliaia di miliardi; gli sciocchi in miliardari e i deficienti in direttori generali; i madonnari in architetti e le mignotte e i ritardati mentali in star della TV. Tutto quello che toccava diventava oro, in lingotti e no, e divideva tutto in tante parti uguali. Che si prendeva lui.
Ma Silvio era astuto e riuscì a raschiare non poco.
Anche se i suoi poteri erano a tempo, e si è visto, Bettino come Aladino aveva una lampada, e sfregava e fregava e sfregava… FLOP! Ad Aladino compariva un Genio, a lui uno scemo: LO SCEMO DELLA LAMPADA.
Ma lui lo chiamava Ugointini. E Ugo portava il Suo Verbo e le sue zoccole in giro per le televisioni e la stampa, mentre il suo padrone portava il Paese alla rovina, i miliardi all’estero, e le chiappe ad Hammamet.
Il tempo scorreva spensierato. Anche se a Silvio vennero delle impressionanti emorroidi, incurabili e dolorosissime, che gli facevano fare continuamente delle orribili smorfie a mo’ di satanici sorrisi. Diventò da allora un caso umano. Un medico, fratello del Signor No, che non essendo amico di Mike Bongiorno veniva chiamato semplicemente Signore, gli spalmava giornalmente un costosissimo unguento oleoso sul malloppo sanguinolento.
Di questo ebbe a vantarsi, molti anni dopo, dicendo di essere stato “unto dal Signore”. Vero!
A scuola prese tanti bei voti, sebbene molto più bassi rispetto ai suoi sondaggi, che però non bastarono per la promozione ed il padre adottivo fu costretto a comprargli la Licenza Elementare.
Al ginnasio, sempre con gli stessi amici, si candidò come capoclasse e dopo aver comprato i voti vinse l’elezione.
Subito cercò di annettersi altre classi e persino altri Istituti.
A comandare sul serio era però un lugubre spilungone che sedeva nell’ultimo banco a destra. Ma Silvio, abile già da allora nel lanciare il sasso e nascondere la mano, fece di tutto per far litigare lo spilungone Gianfranco col Preside. Prima lo mise contro un suo vicino di banco e alleato di Gemonio, un altro spilungone brufoloso e raffinato, proveniente (si vanta lui, ma non è vero) dalla scuola Radio Elettra, di nome Umberto: Silvio faceva i casini e dava le colpe agli altri. Classico. Intanto, le emorroidi continuavano a martoriarlo. E lui “sorrideva”. Che ci avrà da ridere?! Pensava la gente.
Come capoclasse durò molto poco, ma abbastanza per mettere l’intera scolaresca in una difficilissima situazione: quasi allo sfascio, poco amata e derisa dalle classi vicine e dagli altri Istituti. Lui però evitò le punizioni e si pagò i debiti coi soldi della scuola.
Al suo posto venne nominato uno spilungone, serio e taciturno, che girava sempre con una calcolatrice. Un certo Lamberto. Silvio non demordeva.
La colpa dei suoi disastri, comunque la dava agli altri. Se la prendeva con tutti: professori comunisti, Preside comunista, Consiglio Scolastico comunista, Gesucristo comunista, Provveditore comunista…
Invocava a gran voce nuove consultazioni e l’elezione diretta, a turno unico, del Preside. Minacciò di portare la sua gente in piazza, ma l’unica piazza che aveva era sulla sua testa. Alopecia.
E la sua gente stava all’Ucciardone, a S. Vittore, e all’Asinara.
E tutti gli dicevano, sì, sì, e lo lasciavano cantare.
Nel contempo, aveva iniziato a ripulire figurine sporche provenienti da loschi traffici… E a scrivere libri. Anzi, libretti. Al portatore. Cose di “famiglia”.
Il tempo passava e tutti crescevano. Tranne lui.
Suo padre dovette comprargli anche la maturità. Come premio, gli regalò anche una squadra di calcio (torneo dei bar). In effetti, Silvio, più che per lo studio, si sentiva portato per lo stadio. Provò a giocare anche lui. Amava scendere in campo. Amava il profumo dell’erba. Anche se, pur essendo vagamente razzista, preferiva il marocchino o il libanese in panetti.
Fece solo una partita e ne prese tante, ma tante, che dovette abbandonare al secondo minuto. Lo picchiò persino l’arbitro: uno spilungone canuto e col mento aguzzo di Novara, che aveva la erre moscia, ma le mani durissime.
Silvio non era molto amato, nonostante i sondaggi. E, per coprire i lividi, cominciò a truccarsi come Colombina. Così, vagava con la faccia color cacca e le manine bianche di chi non ha mai lavorato. Qualcuno cominciò a chiamarlo Ciprietta.
Si iscrisse all’università e i docenti ancora ne ridono. Comprò qualche esame in proprio, visto che suo padre era venuto a mancare, e visse felice da fuori corso. Si fidanzò con una spilungona alta 1.55 e, scoperto che il padre di lei era pieno di terreni agricoli nei dintorni di Milano, telefonò a Bettino per la solita magia (agricolo=edificabile) e sposò la latifondista. Intanto, alla compagnia si erano aggiunti due spilungoni siciliani, Marcello e suo fratello Alberto, che avevano portato con loro un sacco di amici e amici degli amici. In mezzo a tanta gente che levava gli occhi al cielo e non parlava neanche sotto tortura, Silvio si decise a cantare almeno lui.
Formò un’orchestrina dove Fedele suonava il pianoforte lui e cantava. A volte, si sedeva personalmente al pianoforte (lui pestava sui tasti bianchi, Gianfranco e “Er Pecora” pestavano i neri). I locali dove si esibiva, si riconoscevano dai tavoli vuoti e dal famoso cartello:
“NON SPERATE SUL PIANISTA”. Ma lui sorrideva…
Questa dei cartelli era una sua ossessione. Già da ragazzo, mentre studiava piano a scuola e pianoforte a casa, costretta dalle lamentele dei vicini, sua madre aveva esposto un cartello alla finestra: “VENDESI PIANOFORTE”.
Cinque minuti dopo, tutte le finestre del vicinato erano tappezzate da cartelli:
“ERA ORA!”, “MENO MALE!”, “L’HAI CAPITA!”. Comunisti di merda, fu il suo commento.
Tra una cantatina e l’altra, tra una magia di Bottino e l’altra, Silvio, sempre sorridente, si era fatto fare una procura in bianco da suo suocero per tutti quei terreni agricoli. Appena costruita Milano Due, intestò tutto a proprio nome, uscì un attimo per comprare del fondotinta e non tornò mai più.
Così, il giovane figlio del vecchio Geppetto, si trovò giovanissimo ad essere benestante. E sorridente. Il suo padre spirituale Don “budget” Bozzo (un prete povero… di umanità ma ricco di conti in banca) lo perdonò. Fu l’unica assoluzione della sua vita. Con l’amico Cesarone, visto che c’era, ripeté lo scherzo dell’orfanella e si cuccò la reggia di Arcore e tutto il resto. Come si dice?
AR CORE NON SI COMANDA… Ad Arcore sì.
A fine anni settanta, Bottino e Silvio, con l’aiuto del vecchio ma arzillo Grande Maestro e di alcuni amici siciliani, fanno la magia più grande di tutte e si ritrovano, ohplà! ricchissimi da un giorno all’altro.
Oltre alle emorroidi, Silvio, sempre sorridente, viene colpito da un’altra gravissima malattia: oniomania, dice il medico.
Comincia a comprare tutto, ma proprio tutto! Soprattutto televisioni.
E intanto, sorride e canta: ”Mammì, Mammì, Mammì / quaranta dì quaranta not “. E Borrelli in controcanto: “a San Vittur a ciapà i bott”…
Al contrario di quello spilungone di Bettino prima maniera, però, Silvio ottiene l’effetto contrario: tocca l’oro e questo diventa merda.
Nonostante le migliaia di miliardi che i suoi amici e gli amici degli amici gli hanno fatto trovare sotto gli alberi di Natale in Belgio e in Svizzera, là si usa, e nonostante i Presidenti delle banche italiane (messi lì da Bettino ) gli continuino a “prestare” altre migliaia di miliardi senza garanzie: mica sono usurai… Beh, gli affari non è che vadano proprio bene bene. Anzi!
Debiti con le banche, debiti coi fornitori, debiti coi collaboratori e dipendenti…
E tutto senza la minima concorrenza! Cioè: il padrone di un monopolio assoluto, protetto dal governo, che riesce a fallire! (Perché se soltanto le banche gli avessero chiesto di rientrare, eheheh: fallimento e manette sicuri!)
Insomma, se questo è un grande imprenditore, allora Liguori è un giornalista e Sgarbi è un uomo!
“Si è fatto da sé, perché Dio si è vergognato di fare uno così.” “Si è fatto sa sé?! Ma perché non si è fatto aiutare?”
Dicono i maligni.

Ma veniamo ai giorni nostri. Sì, per carità, abita in ville enormi, viaggia con l’aereo personale (anche dentro casa), dice di scoparsi le meglio fighe…
Ma dice anche un sacco di altre cazzate.
La verità è che continua a sorridere e noi sappiamo perché (anche la jena, poveraccia, ride); però, se venisse sottoposto alla MACCHINA DELLA VERITA’, questa riderebbe più di lui!
Con l’allontanarsi di Bottino e l’avvicinarsi di Di Pietro, bisognava muovere il culo. Altro che cazzi! Quindi, un anno prima di “scendere in campo”, comincia a costruire Forza Italia. E comincia a rubare già dal nome: FORZA ITALIA era il nome di una corrente della DC!
Ovviamente, giura e spergiura che lui non scenderà mai in politica. Gli basta conoscere gente ammanigliata (ammanettata?) molto in alto.
Ma perché aspettare? I soldi ci sono, gli uomini pure, tutti provenienti dallo stesso serbatoio CAF, PSI, PSDI, Onorata Società. “Abbiamo uomini e mezzi!” strilla, trionfante. Poi si scoprirà subito che erano solo “mezzi uomini”. Battezza le sue centurie “AZZURRI”, anche se, conoscendoli meglio, “MARRONI” sarebbe stato più azzeccato. Senza offesa per la cacca. E finalmente, confortato dai sondaggi di un giovane “fratello”, muratorino di Macomer e già domestico dell’on. Nonne, PSI, uno spilungone di un metro e sessanta, che fa miracoli col computer: i famosi MIRACOLI DI PADRE PILO, si parte!!! E senza parlare mai di politica, vendendo spot e sogni, vince le elezioni.
Adora “Uniplus” Pilo e gli invidia la maestria al computer. Lui è negato.
Silvio è l’unica persona al mondo capace di schiantare il proprio personal computer, con la semplice pressione di un tasto. Come? Data la delirante megalomania, titola qualunque documento col proprio nome e cognome.
Il PC vede sul suo schermo SILVIO BERLUSCONI e, appena il padrone gli impartisce l’ordine
“SALVA”, quello piuttosto esplode.
Ha una sua dignità il computer, mica è Giuliano Ferrara!
Eppure, lui sorride e dice “Mi conscienta”. Ancora?! ‘azz! Dopo che gli è stato consentito tutto e più di tutto?!
Dicono che è un venditore di fumo… Per me, lo compra il fumo, se non trova di meglio! Comunque, sparando un mare di coglionate da ciarlatano, vince le elezioni (con sei milioni di voti in meno dei “comunisti”).
“Un milione di posti di lavoro!” promette… e si perde subito persino il suo da Presidente del Consiglio, mentre i disoccupati aumentano di mezzo milione.
“Niente tasse.” E giù la lira a picco come il pisello di Formigoni e la Borsa
( -34%) tocca il fondo come il giornalismo di Fede e Liguori.
E lui sorride, manda in giro cassette precotte, ruba il fard alla moglie, e minaccia: ”Vi abbraccio tutti”. Arrivano i G7 a Napoli e lui parla, per due giorni, col pacco di quello spilungone di Clinton (più su non arriva nemmeno sulle punte), e dice le solite cazzate. Per fortuna, oltre a maltrattare l’italiano (Ah! I titoli di studio comprati…), non mastica una parola d’inglese, quindi Clinton al suo:
“Aiem veri content, bebi ailoviù, plisdongò, obladì obladà…” capisce che è un povero scemo e lo lascia perdere. Meglio continuare a flirtare con Veronica.
Certo, ha avuto delle giornate stressanti, Silvio. E nottate ancora peggiori.
Provate voi a dormire due ore e mezzo – tre per notte, con tutte quelle belle gnocche che bisogna scopare. Sono tutte giovani promesse dello spettacolo. E le promesse… almeno “quelle” promesse, bisogna mantenerle.
Ma mica solo mantenerle! Bisogna approfittarne! Una bottarella…
Quindi, solito copione: sorriso perenne, stop accesi (nel retro delle mutande) ma lei non lo sa, occhio languido sotto il rimmel, buon cibo, champagne ancora migliore:
“Ti ho vista in bassa frequenza. Lo sciai che hai della stoffa, bebi? Troppa. Perché non te la levi? Dài, sbarbina, mi conscienta, vieni qui sul sofà. Mettiti a mio agio.”
Poi finisce come sempre:
“Ma… Non capisco cosa mi sia successo… Forse è colpa dello stress… Ti giuro sulla testa dei miei figli (e quelli, giù a toccarsi le palle, fissi), è la prima volta che…che… Di solito sono un toro. Ohè, mi raccomando, che non lo sappia Fini! O peggio ancora BOSSI!!! Guai! Se mantieni il segreto, ti faccio fare uno show in TV e del cinema… Ti faccio fare una serie di film.”
Sempre così.
E paga pegno davvero. E il cinema italiano muore, la TV manda in onda spazzatura, e noi ci chiediamo perché. E la mattina, come se niente fosse, giù riunioni col polo. Anzi: Polo delle libertà (vigilate), delle solidarietà, del liberalismo, del garantismo, del buongoverno (degli altri), del sapone Asborno, bombole e lana d’acciaio…
Bisogna attaccare Scalfaro e, per non sbagliare, anche Scalfari; e bisogna assolutamente impedire che i giudici scoprano i nostri giochetti, passati e presenti, e i giochetti dei comparuzzi del nostro zoccolo duro CAF-P2-etc.
E quindi, delegittimare! Giudici assassini! Toghe rosse! Arrestano mio fratello Paolo- Abele? A morte Di Pietro! Borrelli comunista! Golpe!
Poi bisogna bonificare la RAI, le banche, gli Enti, i giornali… “Abbiamo tutta la stampa vera…ehm, comunista, contro!”
Praticamente DUE giornali: L’Unità e Repubblica.
Non dice che lui ha tremila giornali di merda che non compra nessuno! Invece di far rinchiudere i suoi scribacchini incapaci, chiude i giornali. E sorride. E si riempie di cerone color cacca. E le mani biancheee, da salma. Come Fede. Due maiali sfuggiti al barbecue.
All’estero si chiedono: che garanzie politiche può dare uno che passa due ore a truccarsi, due ore con Previti-Ferrara-Gasparri-Bondi a preparare un discorso sottovuoto in cassetta, un’ora per registrare, un’ora a spedire cassette alle tivvu e le successive QUINDICI ore a smentire quello che ha appena detto nelle cassette suddette? Ma all’estero, si sa, sono tutti comunisti. Lancia l’ennesimo slogan:
“Per contare di più in Europa!” Non se lo fila nessuno!!! Anzi!
In Europa e nel mondo LO SCHIFANO PROPRIO!!!
E intanto, padre Pilo continua a fare i suoi sondaggi:
“Lei preferisce votare Berlusconi o schiantarsi con la macchina contro il Pendolino lanciato?”
E Silvio vince nei sondaggi e sorride. E va in TV a tutte le ore a dire che lui vuole solo il bene del suo paese. E non dice che il suo paese è Arcore.
E dice sempre “La gente è con me” e si convince di avere 57 milioni di dipendenti. Ma ha solo 13 milioni scarsi di voti… Gli altri 42 milioni di italiani cosa fa, li licenzia?
E quello spilungone di Sgarbi, da Canale 5, continua con le sue dotte citazioni:
“Borrelli assassino, ti faccio un culo così! Pivetti lurida troia, schifosa komeinista del cazzo! – e, per la par condicio:- Bossi se l’è presa nel culo!”
E Silvio si gratta il culo e ride. E si trucca e quando ha finito di truccarsi l’immensa casa sembra molto, ma mooolto, più piccola.
E i primi tempi di Montecitorio? Ogni volta che lo incontrava, con chili di fondotinta abbronzante in faccia, “Er pecora” lo scambiava per un extracomunitario infiltrato e giù cazzotti!
E meno male che è caduto! Forse era troppo unto ed è scivolato.
Sennò, con questa mania dell’elezione diretta, del plebiscito, avendo ancora in mano tutti i media televisivi, sai che pacchia!
Silvio-ridens, non ha fatto in tempo a battere la dentiera giù dallo scranno presidenziale, che ha cominciato subito a strillare come un’aquila:
“Elezioni! Elezioni!!! Voglio la data! La data”!
Appena gli hanno confermato la data, ha cominciato a strillare:
“A che ora?! A che ora?!”
Era convinto di vincere ancora le elezioni, almeno quanto è convinto di essere un imprenditore! Ha raccolto i vecchi craxiani che sono sfuggiti a Di Pietro: Boniver, Manca, De Michelis, La Ganga. Quelli che si chiamavano “NON MOLLARE… il malloppo”. Adesso si chiamano “SINISTRA DELLA LIBERTA’… condizionale o su cauzione”. Si è comprato i fuoriusciti dalla Lega. A dicembre ‘95, Bossi era giustamente preoccupato e disse a Maroni:
“Bobo, ocio che il Berluskaiser sta comprando i nostri. Se continua così, alla Lega restiamo solo io e te.”
E Maroni, perfido:
“Tu e… chi?” Poi il cavaliere ha fatto il tirchio e Bobo è tornato tra i verdi; che sanno di dollari.
Il guaio è che, senza una legge antitrust ed una legge elettorale seria, con pesi e contrappesi, il sodale di Bottino: grazie ai voti dei malavitosi, di quelli che non vogliono pagare le tasse, di quelli che non hanno mai letto un giornale e se regali loro un libro si scocciano:
“Un altro libro?! Ma ce l’ho già uno!”, grazie a quelle milionate di spettatori ebeti di Castagna-Funari-Dallas, etc. magari torna a fare il Presidente del Consiglio!
E siccome questa volta sarebbe più forte di prima, molto più forte, non si accontenterà e vorrà essere Imperatore. E vorrà la sua faccia sui francobolli.
E l’otterrà. E chi cazzo glielo spiegherà alla gente che bisognerà sputare dietro, sennò… quando s’attaccano i francobolli?! Voleva fare un contratto con gli italiani, chi glielo scrive? Lucignolo? Il gatto e la volpe? Dice che venderà le sue tre televisioni… E chi gliela compra la RAI?! Giura di non dire mai più bugie, (ma lui le chiama: sonostatofrainteso) com’è vero che si chiama Sergio Cuccureddu… E’ entrato nella Bicamerale per azzerare sì i magistrati, ma soprattutto per entrare in Europa: non vede l’ora che arrivi la moneta unica, perché è convinto che se la prenderà lui…
Povero Geppetto. Poveri noi. Povera Italia.

N.B. Questo rcconto è tutto falso, l’ha scritto qualche fottuto comunista.
Avrei dovuto scriverlo io, ma sono arrivata tardi perché stavo finendo di lavare gli elicotteri di mio nipote. Comunque è tutto falso e se Silvio avesse degli amici, ve lo potrebbero dire anche loro.
Bastardi!
E comunque siamo nel 2008 e mio nipote, è riuscito per altre due volte a salvarsi dalla galera e a distruggere quasi tutto quello che avevano fatto i comunisti. Sì, è vero, ha rovinato anche l’Italia e gli italiani. Ma, siccome voi – lasciatevelo dire – siete dei fessi, dei coglioncioni, ve lo meritate!
Silvietto, dopo aver portato l’80% dei cittadini alla fame e dopo essersi fatto trapiantare dei topi morti sulla zucca, ha comprato milioni di voti, ha fatto qualche broglietto, ed è tornato a pararsi il culo a palazzo Chigi, alla faccia vostra!

Firmato
Una delle settantasette zie di Silvio.

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Le cazzate di Mafiolo

Lacrime di Caimano di Marco Travaglio

“Berlusconi giura che tornerà, se necessario, ‘ogni giorno’ in Abruzzo. E lo farà perché lui è il presidente del Consiglio e sotto di lui c’è il dipartimento della Protezione civile. “Non vi abbandoneremo”, ripete più e più volte, stringendo le mani degli sfollati, promettendo impegno a chi implora di non dimenticare questa tragedia. Ai bambini della tendopoli di San Demetrio chiede addirittura di convincere le mamme a portarli al mare, nell’attesa consiglia di proteggersi ‘con la crema solare’. A trasportarli sulla costa
abruzzese ci penseranno ‘gli autobus’ organizzati per l’occasione, tutto ‘a spese dello Stato’…” (Apcom, 7 aprile 2009)

“Berlusconi in lacrime: non vi abbandoneremo… E’ stata una lunga notte quella del premier, arrivato in Molise alle dieci di sera e ripartito alle due del mattino, dopo aver visitato anche gli ospedali di Larino e Termoli: ‘Su che ce la fate a uscire presto di qui, vi vedo in gamba’, ha detto a quelli che stavano meglio” (Corriere della Sera, San Giuliano di Puglia, 2 novembre 2002).

“San Giuliano, case nuove per 500 persone. Consegnati i prefabbricati di legno. Berlusconi: sono provvisori, entro sei mesi partirà la ricostruzione. Il
premier ha ringraziato Corriere e Tg5 che hanno raccolto oltre 12 milioni di euro: ‘Sono orgoglioso di quello che lo Stato e la Protezione civile hanno
saputo fare’. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non ha risparmiato i complimenti, ieri pomeriggio, durante l’inaugurazione del villaggio provvisorio, in prefabbricati di legno, che accoglie 146 nuclei familiari rimasti senza casa dopo il terremoto del 31 ottobre. Appena messo piede a terra, all’eliporto del nuovo villaggio, ha incontrato il presidente della Rcs Editori, Cesare Romiti, il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, e Vito Oliva, in rappresentanza del Tg5. Berlusconi ha ringraziato calorosamente per la raccolta di fondi organizzata dalle due testate giornalistiche, ‘Un aiuto subito terremoto del Molise’: ‘Con i 12 milioni di euro che avete messo a disposizione la Protezione civile ha potuto costruire il nuovo villaggio. Il governo ne ha aggiunti 5 e mezzo. Un grande successo nella collaborazione tra privato e pubblico’. Berlusconi, durante la visita del nuovo insediamento, si è assunto un preciso impegno: ‘Queste case sono comode, ma sono comunque provvisorie. Entro 6 mesi inizierà la ricostruzione di San Giuliano. La valutazione sismica del terreno è stata completata, entro pochi mesi si deciderà quali case ricostruire e quali aree destinare al verde’…” (Corriere della Sera, 29 marzo 2003).

“Gli abitanti ancora nei prefabbricati. Il comitato delle vittime: ‘Sarà un autunno caldo’. San Giuliano senza rinascita. Due anni dopo il sisma ferme ricostruzione e perizia sulla strage. ‘L’unica cosa positiva è che il villaggio provvisorio è fatto bene. Per il resto è stata la fiera delle promesse non mantenute. Quando è venuto Berlusconi, subito dopo il terremoto, ci ha detto che San Giuliano sarebbe stata ricostruita in due anni. Poi quando è tornato, a Natale del 2002, ha corretto: ‘Due anni, dal momento in cui avremo in mano il progetto definitivo della ricostruzione’. Ma il presidente della
regione Molise, Michele Iorio, nominato commissario per la ricostruzione, ha fatto approvare il progetto soltanto nel luglio scorso. Per di più in tutto questo tempo non sono state completate le demolizioni. Ci sono ancora 20 case da abbattere. In un anno nessuno ha fatto niente. Ci sono ancora da rimuovere le macerie delle demolizioni completate nel giugno del 2003. Ma le rimozioni, guarda caso, sono iniziate solo dieci giorni fa, quando è stata annunciata la visita del presidente del Consiglio’… Per quanto riguarda i tempi della ricostruzione, siamo allo scaricabarile. Luigi Barbieri, il nuovo sindaco di San Giuliano, eletto nel giugno scorso, elenca gli errori del suo predecessore e le responsabilità del presidente Iorio: ‘Come commissario delegato, doveva predisporre il piano di ricostruzione d’intesa col comune. Ha nominato due tecnici che dovevano seguire il piano. Quando questi sono entrati in conflitto con i tecnici del comune e si sono dimessi, lui non li ha sostituiti’. Tranquillo il commissario delegato per la ricostruzione, Michele Iorio: ‘Sono tempi che potrebbero apparire eccessivi – osserva – ma non credo di poter dire che ci sia stato un ritardo’…” (Corriere della Sera, 30 ottobre 2004).

“San Giuliano, a tutti i soldi delle collette. La decisione contro il parere della Protezione civile. Assegnata anche un’una tantum di 1.000 euro ai parenti dei defunti negli ultimi 3 anni. Il sindaco distribuisce fondi. E chi non ha subìto danni li usa per auto e viaggi. Lunedì il terzo anniversario dal sisma. Nel 2007 la fine dei lavori di ricostruzione della scuola… ‘Provo mortificazione e disgusto per tale obbrobriosa decisione…’. A Carmela Ferrante, che si sente morta ormai da tre anni, da quando il terremoto schiacciò la scuola di San Giuliano e la vita della sua bambina più grande, a Carmela l’unica parola che viene è quella: mortificata. Un’altra volta. ‘Spartire i soldi in questo modo è irrispettoso. Che cosa resta della solidarietà che tutto il mondo ci ha dimostrato? Nulla. Un pugno di mosche. È un insulto. Un’offesa alla memoria di chi non c’è più. È umiliante che diano un contributo uguale per tutti. Offensivo per me che ho perso una figlia. Imbarazzante per chi non ha avuto neanche un danno’. Il 31 ottobre 2002 si mosse il mondo, su San Giuliano. La scuola crollata. I 27 bambini e le loro maestre sotto. Le tv dal Canada e dal Giappone. Le sottoscrizioni, le collette, i vaglia, gli sms. Australiani commossi che ritagliavano dai giornali la foto d’un terremotato molisano, graffettavano cento dollari e sulla busta scrivevano: ‘Please, dateli a lui…’. Tre anni dopo, le lacrime sono finite e i soldi anche. Se li sono spartiti. Nessuno l’ammette, tutti lo sanno: chi s’è fatto la macchina bella e chi il parquet nelle case popolari mai lesionate; chi s’è regalato l’hi-fi e chi la vacanza alle Maldive… Gli ultimi due milioni e mezzo di euro, gli aiuti spediti dal mondo intero ‘senza vincolo di destinazione’, il sindaco Luigi Barbieri li ha divisi così: 2.250 euro a testa. Come i pacchi di Pupo. Un ‘contributo simbolicò a chiunque. Vecchi e neonati. Ricchi e poveri. Single e famiglie numerose. E siccome i soldi avanzavano ancora, che cosa ci si è inventati? Un bonus ai morti. Ma mica a quelli del sisma: quelli che, pace all’anima loro, se ne sono andati anche un mese fa. Mille euro una tantum, a chiunque dal 2002 a oggi abbia avuto in famiglia un lutto qualsiasi, la nonna presa dal coccolone o lo zio malato. L’Enalotto del terremoto non ha ridato sorrisi. Tre anni dopo, San Giuliano è un paese distrutto. Non solo nei muri. Il marito di Carmela, che è poi l’ex sindaco Antonio Borrelli, a gennaio sarà processato per omicidio e disastro colposi, assieme a progettisti e costruttori della scuola: il suo bambino viene insultato in strada, ‘figlio d’un assassino’, i fiori sulla tomba della figlia morta li strappano e li buttano via. Sono cominciati i lavori di ricostruzione, i cantieri hanno l’ordine d’assumere i terremotati, ‘abbiamo fatto mille solleciti – si stupisce Massimiliano Di Pietro Paolo, direttore degli appalti per la chiesa -, ma nessun operaio è della zona: qua litigano e basta’. L’ultima, è la lite sui soldi. Benedetti dal sindaco Barbieri, che ci ha fatto la campagna elettorale. Maledetti da qualcun altro… Il primo a non starci, e per iscritto, è il capo della Protezione civile Guido Bertolaso: quando il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (febbraio 2005) autorizzò il sindaco a utilizzare i ‘fondi non vincolati’, quando si capì che a San Giuliano quei soldi non li avrebbero impiegati in opere, Bertolaso (10 marzo 2005) suggerì d’evitare almeno il bonus ai morti di morte naturale. Il parroco, le vittime, il tecnico: voci inascoltate. A San Giuliano hanno acchiappato, poco e subito, e oggi sono sempre tutti lì, nel villaggio prefabbricato, fra rancori e rimpianti, ad aspettare una scuola nuova che ancora non c’è, le case nuove che non si vedono. Data fine lavori: 2007 (forse). Lunedì, terzo anniversario, si piangeranno i bambini morti. Il presidente Ciampi s’era inchinato alla loro memoria con 27 medaglie d’oro. Ma le onorificenze stanno ancora in un cassetto: tre anni dopo, al contrario dei soldi, nessuno ha fretta di consegnarle” (Francesco Battistini, Corriere della sera, 28 ottobre 2005).

“New L’Aquila: una città tutta nuova in 24 mesi, al massimo in 28. La promessa di Silvio Berlusconi nel giorno del dramma abruzzese ha il fascino degli effetti speciali. Il presidente del Consiglio la chiama ‘new town’, termine britannico per indicare gli insediamenti satellite, ma che in italiano ha un grande modello concreto: Milano 2, la prima creatura del Cavaliere, l’inizio della sua epopea. Le frasi pronunciate dal premier a L’Aquila hanno però qualcosa di déjà vu: ‘Entro due anni gli abitanti riavranno le case’. Ricordate? Era lo choc di San Giuliano, il paesino del Molise dove il 31 ottobre 2002 il terremoto si era accanito contro la scuola uccidendo 27 bambini e la loro insegnante. Tre giorni dopo la strage, il premier convocò una conferenza stampa: ‘Mi sono intrattenuto con degli amici architetti per mettere a punto un’ipotesi di progetto per la costruzione di una nuova San Giuliano’. Anche allora il disegno era quello della new town, la città satellite: ‘Un quartiere pieno di verde con la separazione completa delle automobili dai
percorsi per i pedoni e per le biciclette. Un progetto che potrebbe portare in 24 mesi a consegnare agli abitanti di San Giuliano dei nuovi appartamenti
funzionali, innovativi, costruiti secondo le nuove tecniche della domotica’. Non sembrava un’impresa difficile: nel paese colpito gli abitanti erano soltanto 1.163 e gli edifici poche centinaia. ‘Vorrei in questa occasione dare risposte con dei tempi assolutamente contenuti e certi’, ribadì il premier. E tutto il governo mostrava ottimismo, come sottolineò il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu davanti al Parlamento: ‘Il presidente del Consiglio ha assicurato che entro 24 mesi il comune verrà riconsegnato alla completa e
normale fruibilità degli abitanti’. Ma sette anni dopo, la ricostruzione di San Giuliano è ancora lontana dalla fine. E di domotica, ossia di edifici ‘intelligenti’ ad altissima tecnologia, non se n’è vista proprio. Persino per completare la nuova scuola – questo sì un istituto d’avanguardia, definito ‘il più antisismico d’Italia’ – di anni ce ne sono voluti quasi sei. Berlusconi ha fatto in tempo a finire il governo, lasciare la poltrona a Romano Prodi e tornare a Palazzo Chigi: è stato lui a presenziarne l’inaugurazione nello scorso settembre. Come è lontano quell’autunno del 2002 quando il premier volò a San Giuliano con il suo architetto di fiducia, quel Giancarlo Ragazzi che è stato uno dei progettisti di Milano 2 nel lontano 1970 e che dieci anni dopo aveva replicato l’opera con Milano 3… (Gianluca Di Feo, l’Espresso, 7 aprile 2009)

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