Tanto fumo, pochi arresti

L’indagine di Bari

Il pusher smentisce Tarantini:

in Sardegna mezzo chilo di coca

Isolamento in carcere, domani l’udienza

Da uno dei nostri inviati Fiorenza Sarzanini (Corriere.it)

Alpini

BARI — C’era almeno mezzo chi­lo di cocaina nella cassaforte di Gianpaolo Tarantini durante la va­canza in Sardegna. A smentire l’im­prenditore, che aveva parlato di «50, 70 grammi» è stato Nico, il «pusher», durante un interrogato­rio avvenuto qualche giorno fa. Su­bito dopo i pubblici ministeri han­no firmato il provvedimento di fer­mo contro l’imprenditore finito in manette venerdì mattina subito do­po essere atterrato a Bari con un ae­reo proveniente da Roma. Gli con­testano le bugie raccontate, ma lo accusano anche di voler «inquina­re le prove avvicinando testimoni e rilasciando alla stampa dichiara­zioni allarmistiche». Tarantini rimane in isolamento in carcere e attende l’udienza da­vanti al giudice che è stata fissata per domani mattina. «È tranquillo, combattivo — assicura il suo avvo­cato Nicola Quaranta — certo di po­ter dimostrare di aver sempre avu­to una condotta leale e collaborati­va con i magistrati».
E poi torna a smentire che il suo cliente avesse intenzione di lasciare l’Italia. «Non è vero che volessi andare in Tuni­sia o altrove», fa sapere Tarantini attraverso il legale. Una tesi che l’ac­cusa cercherà di smontare deposi­tando la relazione della Guardia di Finanza in cui si parla «della vacan­za che dal 25 al 31 maggio scorso l’imprenditore ha fatto con la mo­glie e le due figlie in un villaggio turistico di Djerba e della sua inten­zione di voler trasferire nel Paese nordafricano il centro logistico del­le sue attività». Il documento elenca anche le di­chiarazioni rilasciate alla stampa da Tarantini e in particolare cita quella in cui manifestò «timore per la mia vita e per quella dei miei fa­miliari ». Secondo gli investigatori in questo modo «l’indagato voleva attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla propria persona e poi inquinare le prove», cercando di convincere testimoni e coindaga­ti a modificare le affermazioni già rilasciate davanti agli inquirenti. Elemento forte dell’accusa è an­che il verbale di uno dei suoi due fornitori di fiducia, Nico. Il 27 lu­glio raccontò al magistrato di aver acquistato in diverse circostanze a Bari e portato in Sardegna «50-70 grammi di cocaina ed un quantitati­vo inferiore di Md», droga sinteti­ca che ha lo stesso effetto dell’ec­stasy. I finanzieri non hanno mai creduto a questa tesi, anche perché le intercettazioni telefoniche evi­denziavano come gli abitanti della villa rifornissero abbondantemen­te tutti gli ospiti. E qualche giorno fa il «pusher» ha confermato: «Io gli diedi almeno mezzo chilo di co­caina ».

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Se permettete…

E ora la procura indaga
anche sulle feste a Cortina
«Undici anni fa mio padre si è ucciso perché non riusciva a portare a termine il progetto del residence»

Patrizia D’Addario (Rocco De Benedictis)
PATRIZIA D'ADDARIO

BARI — La replica di Patrizia D’Addario all’accusa del premier di essere stata «mandata e retribuita» è secca: «Smentisco che ciò sia accaduto. Qualora l’onorevole Berlusconi sia in possesso della minima prova a sostegno della sua affermazione, lo invito a volerla trasmettere all’autorità giudiziaria. Se così non fosse vorrei pregarlo di astenersi da simili affermazioni». Reagisce duro la donna. Dopo essere rimasta «blindata» per una settimana, consapevole che ogni sua mossa sarebbe stata controllata e analizzata parla per rispondere «a frasi infamanti». E la rabbia monta «perché le altre si spacciano per ragazze-immagine e prendono soldi, mentre io che ho soltanto raccontato la verità vengo massacrata». C’è soprattutto un punto che Patrizia ribadisce: «Non sono stata io a presentare una denuncia. Il magistrato mi ha convocata perché voleva sapere che rapporti avessi con Gianpaolo e se lui mi avesse portata a palazzo Grazioli. È stato in quel momento che ho deciso di ammettere quanto appariva già evidente».

Il pubblico ministero aveva infatti ascoltato centinaia di conversazioni telefoniche dell’imprenditore barese che ingaggiava squillo da portare a feste e vacanze a Roma e a Villa Certosa in Sardegna. E lei, che in quei colloqui compare spesso, è stata chiamata come testimone. Non nega Patrizia di aver maturato in questi mesi risentimento nei confronti del premier «ma solo perché sono stata ingannata. La seconda volta che l’ho visto, quando ho trascorso la notte con lui, non ho preso soldi: mi sono fidata della sua promessa di aiutarmi a costruire il residence sul terreno della mia famiglia. È il cruccio della mia vita perché mio padre si è ucciso quando ha capito che non sarebbe riuscito a portare a termine quel progetto. Ci aveva investito tutti i suoi soldi, pur di realizzarlo aveva accumulato debiti. Undici anni fa, quando era ormai sull’orlo del fallimento, si è suicidato».

L’inchiesta della Procura di Bari va avanti e trova nuove conferme. Alcune ragazze hanno ammesso quanto emergeva già dalle intercettazioni: fine settimana trascorsi a Cortina in compagnia di facoltosi clienti nelle suite di alberghi di lusso oppure nella villa di un noto industriale. E soprattutto hanno confermato il ruolo di un «mediatore» che avrebbe aiutato Tarantini a organizzare le trasferte. Si chiama Max ed è l’uomo che gli ha presentato Patrizia. Nelle audiocassette che la donna ha consegnato due giorni fa, la voce di Max è stata registrata più volte. A metà ottobre 2008 fu lui a dirle che c’era una festa a Roma e poi la portò da Gianpaolo. L’accordo fu chiuso in meno di un’ora: «2.000 euro per una cena da Berlusconi», anche se poi Patrizia ne prese «soltanto 1.000 perché non ero rimasta». Max era ospite nella villa di Tarantini durante la vacanza in Sardegna nell’estate dello scorso anno e a metà agosto partecipò con lui alla cena per una sessantina di invitati a Villa Certosa. Portarono un gruppo di amici e lì trovarono Sabina Began, la donna ritenuta molto vicina al presidente del Consiglio che gli avrebbe presentato l’imprenditore barese. Un vorticoso giro di eventi mondani nel quale Patrizia è stata coinvolta e che adesso ha contribuito a svelare. «Sapevo che mi avrebbero accusata delle peggiori nefandezze — chiarisce — ma io sono inattaccabile perché ho sempre detto la verità e infatti Berlusconi non può negare le circostanze che ho rivelato. Io non sono in cerca di successo. Avevo soltanto chiesto un aiuto per finire la costruzione di quel residence. I ritardi mi hanno costretto a pagare un mutuo altissimo».

La donna — che il Pdl ha candidato alle elezioni comunali con la lista «La Puglia prima di tutto» — spiega che «tutti erano a conoscenza di quello che facevo per mantenere la mia famiglia, visto che da quando mio padre non c’è più sono io ad occuparmi di mia madre, oltre che di mia figlia. E se ho deciso di raccontare la verità l’ho fatto anche per loro. Ero stata chiamata dal magistrato e volevo che non ci fossero ombre. In questi mesi Tarantini mi ha chiesto più volte di tornare a Roma, gli ho detto di no perché il patto non era stato mantenuto. Lui sapeva che avevo le prove degli incontri e quando casa mia è stata svaligiata ho cominciato ad avere paura. Ho capito che non dovevo nascondere nulla di quanto era accaduto».

Fiorenza Sarzanini
24 giugno 2009

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°°° Se permettete, amici, tra una ragazza coraggiosa che ammette di fare un mestiere non proprio invidiato: pur sapendo di attirarsi contro le ire del farabutto più potente d’Italia, e uno dei più grandi cazzari della Storia del mondo… beh, mi sembra evidente che credo fino all’ultima virgola di ciò che dice Patrizia. Conosco sulla mia pelle i metodi di Mafiolo. Patrizia D’Addario svetta in questo confronto mille anni luce avanti. Il Cavaliere (de ‘stogazzo) è sempre più patetico: pensate che a un attacco del Guardian (uno dei più prestigiosi quotidiani del mondo) replica con un’intervistina fasulla a “Chi”… Questo è il livello, gente!

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Er magnaccione

Da Repubblica

La nota del premier dopo le rivelazioni su un’inchiesta della
procura di Bari che indaga per induzione alla prostituzione

Berlusconi, nuovo attacco ai giornali
“Spazzatura, non mi condizionerà”
In alcune intercettazioni imprenditori parlerebbero di soldi versati a ragazze
per partecipare a feste nelle abitazioni sarde e romane del presidente del Consiglio

Silvio Berlusconi

b-magnaccia

ROMA – “Ancora una volta si riempiono i giornali di spazzatura e di falsità. Io non mi farò certo condizionare da queste aggressioni e continuerò a lavorare, come sempre, per il bene del Paese”. Questa volta a far arrabbiare Silvio Berlusconi, che in una dichiarazione diffusa oggi attacca nuovamente la stampa, è il Corriere della Sera, con le notizie, riportate in prima pagina, sull’inchiesta della procura di Bari relativa ad appalti nel settore sanità concessi in cambio di mazzette, con intercettazioni nelle quali alcuni imprenditori coinvolti parlerebbero di soldi versati a ragazze per partecipare a feste nelle abitazioni romane e sarde di Silvio Berlusconi.

Il titolare di un’azienda, la Tecnhospital – società barese che si occupa della fornitura di tecnologie ospedaliere, su cui la procura indaga per stabilire se sia stata favorita negli appalti – avrebbe avuto rapporti con Berlusconi nel corso degli anni, riferisce il Corriere. E in alcuni colloqui telefonici, l’imprenditore avrebbe parlato delle feste, cui era invitato del premier, e avrebbe tenuti i contatti con ragazze che venivano invitate a partecipare a questi eventi nelle residenze di Berlusconi, con riferimenti anche al versamento di soldi a quelle che decidevano di andare, tutti da verificare.

Il quotidiano intervista inoltre una ragazza, Patrizia D’Addario, che racconta (sostenendo di avere registrazioni che lo provano) di aver ottenuto denaro e una candidatura alle elezioni baresi dopo due feste a palazzo Grazioli. La D’Addario, candidato consigliere comunale per la lista “La Puglia prima di tutto”, che appoggia il candidato sindaco del Pdl Di Cagno Abbrescia, dice di poter provare la sua presenza a Palazzo Grazioli. Una delle due occasioni fu la sera dell’elezione di Barack Obama.

Dice poi di essere stata pagata per andare a Roma e di aver incontrato il premier insieme ad altre ragazze. “Un mio amico di Bari mi ha detto che voleva farmi parlare con una persona che conosceva, per partecipare ad una cena che si sarebbe svolta a Roma. Io gli ho spiegato che per muovermi avrebbero dovuto pagarmi e ci siamo accordati per 2.000 euro. Allora mi ha presentato un certo Giampaolo”, dice la D’Addario. Arrivata a Roma, sostiene di essere stata prelevata da un autista e portata da Giampaolo. “Con lui e altre due ragazze siamo entrati a Palazzo Grazioli in una macchina coi vetri oscurati. Mi avevano detto che il mio nome era Alessia”, racconta ancora al Corriere. Poi “siamo state portate in un grande salone e lì abbiamo trovato tante ragazze, saranno state una ventina. Come antipasto c’erano pezzi di pizza e champagne. Dopo poco è arrivato Silvio Berlusconi”. La D’Addario dice di aver ricevuto solo 1.000 euro dei 2.000 pattuiti “perché non ero rimasta”.

La seconda volta, invece, sostiene di essersi trattenuta. “E’ stato sempre Giampaolo a organizzare tutto… Con l’autista ci ha portato nella residenza del presidente, ma quella sera non c’erano altre ospiti. Abbiamo trovato un buffet di dolci e il solito pianista. Quando mi ha visto Berlusconi si è subito ricordato del progetto edilizio che volevo realizzare”, di cui avevano discusso la volta precedente, secondo quanto riferisce. “Poi mi ha chiesto di rimanere”, racconta.

Intanto, fonti ufficiose della Procura di Bari confermano che è in corso un’indagine per induzione alla prostituzione in luoghi esclusivi di Roma e della Sardegna. L’inchiesta, che coinvolge i responsabili della Technospital, Gianpaolo Tarantini ed il fratello Claudio, sarebbe scaturita da elementi acquisiti nell’ambito di accertamenti per presunti episodi di corruzione relativi a forniture di protesi.

Nell’inchiesta si ipotizza che l’imprenditore abbia contattato e inviato in residenze private alcune ragazze. Il titolare delle indagini è il pm Giuseppe Scelsi, che nell’inchiesta originaria ipotizza i reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. Queste ipotesi criminose vengono contestate ai due imprenditori in concorso con Silvia Tatò, titolare di alcuni centri di riabilitazione, e a Vincenzo Patella, primario di ortopedia del Policlinico di Bari.

Dal Corriere

I misteri, i sospetti e le intercettazioni dell’inchiesta di Bari
Un imprenditore pugliese al telefono parla di feste con le ragazze dal premier

Appalti nel settore della sanità concessi in cambio di mazzette. Sarebbe questa l’inchiesta che agita e rafforza l’idea del «complotto» nell’entourage del presidente del Consiglio. Nel corso dell’indagine sarebbero state infatti intercettate conversazioni che riguardano alcune feste organizzate a palazzo Grazioli e a Villa Certosa. E i personaggi coinvolti avrebbero fatto cenno al versamento di soldi alle ragazze invitate a partecipare a queste occasioni mondane. Gli accertamenti su questo fronte sono appena all’inizio, ma le voci corrono velocemente.

Dunque non si esclude che possa essere proprio questa la «scossa al gover­no» della quale ha parlato domenica scorsa Massimo D’Alema per invitare l’op­posizione «a tenersi pron­ta». Del resto due giorni fa era stato lo stesso ministro per i Rapporti con le Regio­ni, Raffaele Fitto, pugliese doc, a chiedere con una di­chiarazione pubblica a qua­li informazioni avesse avu­to accesso D’Alema, paven­tando così il sospetto che si riferisse proprio ad un’in­dagine condotta a Bari. Gli accertamenti sono stati avviati qualche mese fa e riguardano l’attività di un’azienda, la Tecnohospi­tal che si occupa – come è ben evidenziato anche nel suo sito internet – di «tec­nologie ospedaliere». A gui­darla sono due fratelli, Giampaolo e Claudio Taran­tini, che qui in città sono molto conosciuti. Impren­ditori che nel giro di pochi anni hanno fatto crescere la propria azienda fino ad ottenere numerose com­messe.

Ed è proprio su que­sto che gli ufficiali della Guardia di Finanza hanno cominciato a svolgere veri­fiche. L’obiettivo è quello di stabilire se la ditta sia sta­ta favorita negli appalti, da qui l’ipotesi investigativa di corruzione. Giampaolo è noto anche a Porto Rotondo, dove tra­scorre le estati in una splen­dida dimora che si trova non troppo distante da Vil­la Certosa. Con Silvio Berlu­sconi avrebbe avuto rap­porti nel corso degli anni. E sarebbe proprio lui ad avere parlato, durante alcu­ni colloqui telefonici, delle feste alle quali era stato in­vitato dal premier. In particolare sarebbero stati captati diversi contat­ti con ragazze che veniva­no invitate a recarsi nelle residenze di Berlusconi per partecipare a questi eventi.

A suscitare l’interesse dei magistrati è stato il riferi­mento al versamento di sol­di alle donne che accettava­no di partecipare. Bisogna infatti verificare se si tratti di una millanteria o se inve­ce possano esserci stati epi­sodi di induzione alla pro­stituzione. Gli accertamen­ti su questo aspetto dell’in­chiesta sono appena all’ini­zio. Si parla di alcune ragaz­ze che sarebbero state con­vocate in Procura come per­sone informate sui fatti, ma nulla si sa sull’esito di questi interrogatori. Si tratta comunque di una inchiesta destinata a far rumore e infatti dopo la sortita di Massimo D’Ale­ma si sono rincorse voci e indiscrezioni sulla possibi­lità che l’indagine potesse avere sviluppi immediati. Un’inchiesta che però ali­menta i sospetti denunciati dal Cavaliere in questi gior­ni di tentativi giudiziari di indebolirlo.

Fiorenza Sarzanini

°°° Ma quali falsità?! L’unico falso, ipocrita, malavitoso, pericoloso e dittatore è proprio lui: lo gnomo malato silvio burlesuoni! E certo che, uno che ha trascorso l’intera miserabile vita nel malaffare e al di fuori da tutte le leggi, HA PAURA DELLE INTERCETTAZIONI! Altro che privacy… Ora sapete che succede? Il lodo alfano verrà spazzato via dalla Corte Costituzionale, mafiolo verrà condannato per corruzione giudiziaria (Mills), verrà processato per corruzione di minorenne e istigazione alla prostituzione (visto che è tutto provato e documentato) e… finalmente farà l’ingloriosa fine che merita. E noi ce lo saremo finalmente levato dai coglioni. EWWIWA!!!

OSPITI PREZZOLATE E FESTINI A VILLA CERTOSA

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I colpevoli del disastro

La Procura dell’Aquila acquisisce il carteggio tra Regione ed enti locali.
«Intervenite o crolla tutto»: ai pm il dossier segreto che annunciava il disastro
La Protezione civile censì gli edifici nel 2005. «Ecco chi poteva salvare scuole e ospedali»

L’AQUILA — Avevano compilato le schede di valutazione, individuato le «criticità», elencato gli interventi da effettuare e persino l’entità dei fondi da stanziare. Ma quelle indicazioni fornite nel 2005 dai tecnici della Protezione civile dell’Abruzzo guidati dall’ingegner Pierluigi Caputi sono rimaste sulla carta. E le decine di edifici inseriti nella lista di rischio sono venuti giù con la scossa della notte del 6 aprile, provocando in alcuni casi anche morti e feriti. La procura dell’Aquila acquisisce il carteggio finora segreto tra Regione ed enti locali, e apre il capitolo delle responsabilità dei pubblici amministratori. Perché quelle schede consentono di individuare chi doveva intervenire e invece non ha dato seguito alle segnalazioni. Basta scorrere la lista per capire quanto dettagliate fossero state le ispezioni. E basta guardare quel che resta dei palazzi del centro storico della città per capire che cosa non abbia funzionato.

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L’esempio più eclatante è quello della scuola elementare De Amicis di San Bernardino. Il grado di vulnerabilità assegnato dagli esperti era 36, il più alto. Nella tabella sui livelli di pericolo erano previste tre opzioni: danno lieve, danno severo, collasso. E così il grado di resistenza assegnato nell’ipotesi di sisma più grave era 0,099, cioè nullo. Al di là dei numeri e dei calcoli matematici la conclusione era chiara: così come era costruito, il palazzo non avrebbe potuto resistere a un terremoto di forte intensità. Esattamente quello che è avvenuto, il tetto è crollato e le mura sono pericolanti. Stesso discorso per la casa dello Studente, per la prefettura, per l’ospedale San Salvatore. Perché anche in questi casi la «vulnerabilità» era stata ben evidenziata dai tecnici, ma gli enti gestori non hanno provveduto a sanare le carenze.

Nella relazione preliminare che dovrà essere esaminata dal procuratore Alfredo Rossini e dal suo sostituto Fabio Picuti è ricostruita la storia di un disastro purtroppo annunciato. Una devastazione della quale si chiederà conto nei prossimi giorni alle imprese edili che hanno costruito i palazzi senza rispettare la normativa e a chi avrebbe dovuto vigilare perché questo fosse evitato. «Nell’anno 2001 — è scritto nel documento — il Dipartimento della Protezione civile diffondeva a tutti gli enti pubblici i risultati di una sua campagna di indagine, svolta negli anni 1997-1999 relativa a valutazioni di vulnerabilità sismica su edifici pubblici, strategici e speciali ricadenti nell’Italia Centro-meridionale ». Ed ecco il passaggio chiave: «L’analisi era posta a disposizione dei soggetti pubblici proprietari di immobili per le eventuali attività di prevenzione». È proprio a questi «soggetti» che i magistrati chiederanno conto. Ma non solo. Nel documento si rintracciano gli indizi per individuare la catena di responsabilità. Perché si specifica che «gli obblighi di messa a norma degli edifici e infrastrutture destinati ai diversi usi resta, in termini generali, in carico ai singoli soggetti proprietari, così come peraltro ribadito dall’Ordinanza della presidenza del Consiglio 3274/2003 che avviava il programma generale di messa in sicurezza in relazione alla emanazione della nuova normativa tecnica per le costruzioni in zona sismica».
Ma la relazione fornisce anche altre informazioni utili all’indagine: «Nell’anno 2004 si avviava altresì una analoga indagine finalizzata alla migliore allocazione delle risorse finanziarie che man mano si sarebbero rese disponibili per la messa in sicurezza sismica degli edifici e delle infrastrutture di carattere strategico e rilevante. Anche tale attività vedeva il pieno coinvolgimento di tutti i soggetti proprietari di immobili, in una prima fase per l’individuazione e la caratterizzazione di massima degli edifici, e in una fase successiva per il reperimento della documentazione tecnica disponibile e per il supporto tecnico-logistico durante l’esecuzione dei sopralluoghi. Sulla base dei risultati di detta attività e delle priorità discendenti, negli anni 2005-2007 sono stati definiti (con fondi sia regionali che attribuiti dalle Ordinanze della presidenza del Consiglio dei ministri 3602/2004 e 3505/2005) due distinti programmi di verifica sismica delle strutture censite, attribuendo ai soggetti proprietari risorse per le verifiche di adeguatezza sismica rispetto alla nuova normativa». L’obiettivo è specificato: verifiche nel territorio regionale su circa 280 edifici e su circa 100 ponti e viadotti. Palazzi e infrastrutture che in molti casi non hanno retto al terremoto di dieci giorni fa.

Fiorenza Sarzanini
17 aprile 2009

disperaz

bici1

pupazzo1

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