Nervi a fior di pelle nella sede Pdl

Nervi a fior di pelle nella sede Pdl
di Natalia Lombardo

«Silvio non ha fatto campagna elettorale, ecco perché questo calo»: così una parlamentare del Pdl a caldo commenta quei due punti e mezzo persi rispetto alle politiche 2008. Nessun «comizio oceanico, la pancia del nostro partito si mobilita solo quando si muove il leader». E invece no. Le aspettative deluse provocano grande nervosismo nel quartier generale del Pdl in Via de l’Umiltà. Dopo l’una di notte si confermano le proiezioni Rai: 35 per cento al Pdl, 26,8 il Pd, boom della Lega al 9,5 che sta superando in Veneto. I dati che arrivano nella notte fanno scendere ancora il Pdl: una fortissima sconfitta per Berlusconi e il suo partito. Una perdita di 2,4 punti rispetto al 2008, quando il Pdl ha preso il 37,4. Già alle undici di sera le prime proiezioni Sky hanno fatto impallidire gli uomini del Pdl: 39 il Pdl, 27,5 il Pd.

I “colonnelli” pidiellini dopo la gelata del dato Rai sono scomparsi. Saliti al secondo primo piano e chiusi in riunione. All’una scende Denis Verdini arrabbiato: “Questi sono numeri al lotto! Noi abbiamo altri dati, questi conti non tornano”. Se la prende con “l’astensionismo al Sud”, Ignazio La Russa in tv mira sul Capo: “Berlusconi gli ultimi giorni ha fatto campagna elettorale per Pdl e Lega”. Scende Fabrizio Cicchitto infastidito: “Miglioriamo rispetto alle europee, facciamo un passo indietro sulle politiche 2008 per effetto dell’astensionismo”, ma “teniamo rispetto altri governi europei”. Ma sono due punti e mezzo: “Nel 2008 c’erano i pensionati di Fatuzzo con noi…”. Magra consolazione. Maurizio Lupi è scuro in volto, rassegnato su un “36%”. Capezzone aspetta impalato ma non lo intervista nessuno.

I nervi erano a fior di pelle già sul 39%, alle undici. Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, arriva all’insulto: alla domanda, posta da noi lungo la strada, se non si aspettavano qualcosa di piu’, urla: “ma stai zitta! Basta con queste domande, ma vai a fare il funerale a Franceschini”, attacca entrando in macchina. Piu’civile il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che considera “il 39 un buon risultato” e semmai lo preoccupa la “così bassa affluenza alle urne a Roma”.
Alla chiusura dei seggi nessuno si sbilancia, a via de l’Umiltà, fra buffet con pendette tricolori e telecamere, man mano cresce l’agitazione. “Se arriviamo al 40 per cento dopo questa campagna elettorale andiamo alla grande”, dice Beatrice Lorenzin, l’anti-velina del Pdl. Bonaiuti c’è ma non si vede.

Berlusconi è a Villa San Martino ad Arcore, con il figlio Piersilvio e, forse, anche Luigi, ultimogenito avuto con Veronica. Parlerà oggi, forse addirittura domani. Il traguardo sperato è il 40. Anzi, fino al giorno prima, (pur non potendolo fare) ha sbandierato il boom del “45 per cento”. Il premier ha rinviato il voto fino a ieri pomeriggio alle sei, quando si è recato al seggio 502 della scuola elementare Dante Alighieri di via Scrosati a Milano, dove votava anche mamma Rosa. Ad accompagnarlo Licia Ronzulli, una delle pupille candidate alle europee, e il candidato alla Provincia Podestà. Fuori dal seggio, nonostante il silenzio elettorale a urne aperte, Berlusconi fa campagna elettorale: “L’Italia avrà l’affuenza alle urne piu’ alta d’Europa”, quando di solito è il Belgio, che il Pdl sarà il partito piu’ forte nel Ppe, o su Kakà. E, già che aveva dei giovani davanti, la promessa-spot: «Da settembre partirà il piano casa per realizzare delle New Town».

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ALTRE FIGURE ALL’ESTERO

SPAGNA
«Battute continue su di noi. Non ne posso più»
di Natalia Rodríguez

Troppo simili per essere diversi, troppo diversi per essere simili. Questa è il paradosso del rapporto fra gli spagnoli e gli italiani. A Barcellona, come in il resto del paese oggi, si parla di calcio, della crisi e di Berlusconi. Con il caffè in mano i “tertulianos”-quelli abituati a spendere un po’ del loro tempo a pontificare su tutto e niente nel bar- fanno l’analisi della situazione. Gianluca nel caffè di Piazza del Diamant. Questo è uno dei centri neuvlagici del Barri de Gracia, nel centro di Barcellona. Gianluca è musicista, 30 Anni, da qualque tempo risiede a Barcellona. «Non ho voglia di tornare in Italia, il mio paese è diventato un reality show continuo». Il barman conosce Gianluca da anni è lo saluta in catalano: «Arriba Berlusconi!», il resto dei “tertulianos” mostra un sorriso ironico che a Gianluca da fastidio. «Sempre Berlusconi…ogni giorno una storia differente per farci sentire male. I miei amici hanno smesso di parlarmi, ma qui, ogni mattino, devo ascoltare battute…è la mia punizione per essere italiano». Gianluca, paga il caffè mentre il resto continua a parlare di Berlusconi.
Stefano è consulente ed abita a Barcellona dal 1991. «Senti, io credo che Berlusconi è diventato un topos italiano come la mafia», mi dice al telefono. «Quando dico che sono italiano queste sono le due prime referenze che vengono in mente alle persone che non mi conoscono. Ma fortunatamente l’immagine della Italia è composta da molti altri input». Stefano non crede che l’immagine della Italia è rovinata da Berlusconi. «Berlusconi è stato eletto da milioni di italiani, e non credo che gli italiani siamo stupidi. Io non voterei mai questo uomo, ma la democrazia è cosí. E noi, italiani, siamo cosí, forse».
Certo è che un fiore non fa la primavera, ed un uomo non fa un paese. Berlusconi non è l’Italia, ma la tendenza al riduzionismo fa che sia più facile sbagliare mentre uno fa il caffè al mattino.

USA

«Mi chiedono perché non reagiamo»

di Susanna Turco

«L’effetto Berlusconi all’estero? Dico solo che ormai chiamano “papi” anche me. A New York, come a Londra». Carlo Segni, trader alla Banca Mondiale di Washington, 41 anni, da 15 negli Stati Uniti, spinta a tornare in Italia scarsina, ma soprattutto – quando capita l’argomento – decisamente poco incline a parlare delle avventure del governo e del suo premier con amici, colleghi e conoscenti non italiani. «Mi sento molto in imbarazzo, un imbarazzo al limite della vergogna», spiega. «È una continua presa in giro, uno scherzare su quello che è visto come un uomo ridicolo, un joker internazionale. In generale diamo l’impressione di un Paese in discesa, dal sistema non credibile. E la cosa più sconvolgente è che la caratterizzazione di Berlusconi come personaggio grottesco è arrivata fino al governatore della Banca centrale del Kirghizistan. Anche lui ne parla così». Veline, certo, ma non solo. «Dopo quel che è successo sul fronte della sicurezza e dell’immigrazione negli Stati Uniti ci danno degli xenofobi, dei razzisti. D’altra parte, se la critica arriva da un organismo internazionale come l’Onu, non c’è spiegazione di primo ministro che tenga: il messaggio che passa all’estero è quello». Particolarmente penoso il capitolo delle domande. «Mi chiedono per esempio come fa a non apparirci medievale il no all’Italia multietnica. Oppure, più spesso, domandano come facciano gli italiani a votare ancora il Cavaliere. Rispondo che evidentemente l’Italia vuole le veline. Ma ancora peggio è quando vogliono sapere come mai, nonostante i dati sul debito, o i casi come quello di Alitalia, che non si reagisca. Abbozzo dei ragionamenti, la verità è che non riesco a capirlo neanch’io».

GB

«Ma è la figlia o l’amante?»
di Stefano Jossa, docente

Da italiano un po’ esule un po’ emigrato un po’ felicemente espatriato non è facile dover rispondere tutti i giorni alla domanda di amici sornioni e sorridenti: «Ma è l’amante o la figlia?». Il riferimento è chiaro, ma a volte si vorrebbe parlare di politica. Forse per un inglese, con un italiano, non si può. Un misto di disprezzo e d’invidia accompagna ogni discorso su Berlusconi. Per la patria della democrazia delle regole il premier italiano è un insulto alla politica intesa come lavoro per il bene comune, ma è anche un uomo che è riuscito a fare della vita privata uno strumento di successo sulla scena pubblica. «Saucy Silvio asked me for a fondle», titolava il 7 maggio il popolare Metro, distribuito in tutte le stazioni di Londra: «L’impertinente Silvio mi ha chiesto una carezza». Si raccontava la storia di un Silvio in cerca di coccole, cuddle, nello stesso momento in cui si trovava a fronteggiare l’emergenza-terremoto. Ma quello che The Times non gli perdona è l’uso spregiudicato dei media. «Mr Berlusconi has used his control of Italian media to fight back», Berlusconi ha usato il suo potere mediatico per controbattere a Repubblica. Non più simpatico, quindi, ma ormai socialmente e politicamente «pericoloso». Come scriveva l’altro giorno The Guardian, il quotidiano più a sinistra nell’opinione pubblica britannica: «he’s a scary man». Il motivo? È un privilegiato che fa il populista, col risultato di ingannare il popolo che lo vota. «And Silvio Berlusconi is, well, Silvio Berlusconi». Con uno come lui la democrazia non va da nessuna parte.

°°° Fate leggere queste considerazioni alle scimmiette che conoscete. Altro che “popolarità imbarazzante”… è sempre di più LA VERGOGNA DEL MONDO, questo omuncolo.

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