Un pizzico di verità

Frottole e calunnie
di GIUSEPPE D’AVANZO

Frottole e calunnie
Silvio Berlusconi, pur in questo momento difficile della sua avventura politica, dovrebbe trovare un maggior controllo per riconciliarsi con una realtà che, nei suoi monologanti flussi verbali, diventa ogni ora di più leggenda, fiaba, sceneggiatura da scrivere e riscrivere secondo l’urgenza del momento. Il premier deve fare questa fatica, se ne è in grado, nel rispetto soprattutto di chi lo ascolta (e anche di se stesso).

Da giorni, il premier urla a gola piena e in qualsiasi occasione propizia contro Nicoletta Gandus, presidente del collegio che ha condannato David Mills testimone corrotto dal premier. Berlusconi con ostinazione ne vuole screditare la credibilità, la reputazione, l’imparzialità e umiliandola, senza un contraddittorio, pensa di salvare la faccia dinanzi al mondo; di cancellare con la sola forza della sua voce onnipotente e delle sue frottole indiscutibili (e mai discusse dai media) l’illegalità che il processo Mills ha ricostruito e la serena indipendenza che ha ispirato il giudizio. Il premier, da anni e da tre giorni tutti i giorni, dipinge quel giudice come “un nemico politico”, come “un avversario in tutti i campi”, come “un’estremista”. I suoi avvocati sono giunti a rimproverare a Nicoletta Gandus “attacchi e insulti contro il premier”. Quali?

L’aver firmato un appello di “condanna della politica di repressione violenta e di blocco economico messa in atto dal governo israeliano nei confronti della popolazione palestinese” senza dire che la Gandus è ebrea e quell’appello era firmato da ebrei e “in nome del popolo ebreo”. Il capo del governo sostiene che quel giudice “ha dimostrato avversione nei suoi confronti”. La prova? La Gandus ha firmato un appello contro la legge sulla fecondazione assistita o, con centinaia di giuristi e accademici, un appello alla politica – a tutta la politica – per riequilibrare leggi che avrebbero distrutto “il sistema giudiziario e compromesso il principio della ragionevole durata dei processi”, come poi è stato. Da quell’appello vengono maliziosamente estratte, a proposito della legge berlusconiana che modifica i tempi della prescrizione (la “Cirielli”), due sole parole, “obbrobrio devastante”. Le due parole sono gettate sul viso della Gandus come se fossero state dette o scritte da lei e non dal presidente della Corte di Cassazione, Nicola Marvulli.

Nel corso del tempo, Berlusconi si è spinto fino alla calunnia. Al devoto Augusto Minzolini, neodirettore del Tg1, riferisce di avere un asso nella manica per dimostrare la faziosità di quel giudice. “Ho un testimone che ha ascoltato una conversazione tra il presidente del Tribunale Nicoletta Gandus, e un altro magistrato. La Gandus ha detto questa frase al suo interlocutore. “A questo str… di Berlusconi gli facciamo un c… così. Gli diamo sei anni e poi lo voglio vedere fare il presidente del Consiglio”” (la Stampa, 18.06.08). Dov’è finito questo testimone? Perché non ha mai raccontato in pubblico e a un altro giudice la volontà pregiudiziale della Gandus? Di questo testimone non si è avuta più notizia né nelle carte della ricusazione presentata dai legali del capo del governo né, dopo un anno, ora che Berlusconi è ripartito lancia in resta contro la magistratura.
Quel testimone non è mai esistito, quella conversazione non c’è mai stata. Berlusconi ha inventato l’una e l’altra di sana pianta calunniando il giudice milanese, mentendo a tutti coloro che lo hanno ascoltato e magari lo hanno preso sul serio.

La Gandus accoglie da anni in silenzio gli insulti del capo del governo, ascolta imperturbabile le frottole che sparge sul suo conto. Fa bene a tacere. Berlusconi chiede soltanto la rissa per superare le curve che lo stanno screditando (o rivelando). Il premier ci va a nozze nel discorso pubblico che si fa nebbia e rissa. Ne ricava la radicalizzazione del suo consenso, e questo è l’unica cosa che gli serve e vuole. E tuttavia, anche per Berlusconi, ci deve essere un limite alla manipolazione della realtà e proporgli quel limite, la necessaria coerenza delle sue parole alle cose, ai fatti, alla storia delle persone, deve essere fatica quotidiana di chi lo ascolta. Può continuare, il premier, a ripetere senza che alcuno lo interrompa di non aver mai conosciuto David Mills nonostante l’avvocato inglese abbia detto e scritto di averlo incontrato, per lo meno, in due occasioni? Quando Berlusconi verrà a spiegarci che la seconda guerra mondiale è scoppiata perché un dissennato Belgio ha invaso il distratto Terzo Reich? O che il Sole gira intorno alla Terra immobile? Può credere il premier di essere sempre nella poltrona bianca di Porta a Porta?


°°° Ed ecco, amici, dopo le minchiate di ghedini, di gasparri, di lupi, e di tutti i picciotti della cosca – A RETI UNIFICATE – il serio e documentato D’Avanzo ci porta un po’ di verità su questi attacchi volgari, mafiosi, e falsi di silvio berlusconi nei confronti di una giudice ESEMPLARE, corretta, e di onestà specchiata. Fate girare.

gandus

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Speriamo bene

D’Alia sarà cancellato. E nasce la lobby dei deputati digitali

Due appuntamenti internet per i deputati in questo martedì di diluvio romano. Prima con il voto che dovrebbe portare alla cancellazione dell’articolo 50 bis del decreto sicurezza, che ha avuto origine in senato all’inizio di Febbraio, con la presentazione dell’ormai famigerato “emendamento D’Alia” (Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet). In secondo luogo con la costituzione di “Intergruppo Parlamentare 2.0″, associazione di deputati e senatori che, presentata a Monte Citorio, con tanto di dichiarazione dei promotori, ha lanciato ieri la sua intenzione di aumentare il tasso di cultura digitale del parlamento italiano.

“L’emendamento della censura”
In serata arrivano in votazione gli emendamenti soppressivi del testo D’Alia che, ad opera del senatore Udc, prevedeva la facolta per il governo di chiudere, su segnalazione della magistratura, i siti o le piattaforme che ospitino affermazioni o contenuti che integrino un ampio arco di fattispecie riconducibili all’apologia di reato. Un testo criticato da più parti per le sua vaghezza, le sue evidenti ricadute censorie oltre che per la totale ignoranza delle modalità tecniche implicate nell’operazione eventualmente disposta dal governo, modalità che creerebbero catene di responsabilità di tipo “cinese”.

Sebbene al senato sia stato approvato da una maggioranza schiacciante, formata da Pdl e Udc, ora gli emendamenti che chiedono l’eliminazione di quell’articolo sono due. Uno del Pdl (presentatori Cassinelli e Mannucci) e uno del Partito Democratico con la firma di un grande numero di deputati. In passato anche Antonio Di Pietro è stato durissimo su quel testo e c’è quindi da immaginare che l’Italia dei valori dia una mano ad eliminarlo. Secondo fonti della maggioranza, la proposta soppressiva potrebbe partire dallo stesso governo. Al meglio non c’è limite…

Un parlamento rinsavito?
Meglio non essere ottimisti, ma forse c’è anche la mano dei dodici che ieri hanno costituito Intergruppo 2.0, organismo che ha un blog e che ieri è stato presentato con grande enfasi alla Camera. L’elenco dei promotori è breve e doveroso (i link, collegati al nome, sono quelli forniti dai deputati in sede di presentazione). Per il Pd: Paola Concia, Sandro Gozi, Alessia Mosca , Vinicio Peluffo, Federica Mogherini Rebesani, il radicale eletto-pd Matteo Mecacci e il senatore Vincenzo Vita, fresco di presentazione del disegno di legge sulla neutralità delle rete. Per il Pdl: il benemerito Roberto Cassinelli, primo presentatore (nel tempo) di un testo anti-D’Alia, Nicola Formichella, Beatrice Lorenzin (un carnivoro tra vegetariani: è colei che ha chiesto “l’impedimento di accesso” ai siti contenenti istigazione alla bulimia e all’anoressia. E allora perché sta nell’Intergruppo?) , il leghista Massimiliano Fedriga. Infine Pierfelice Zazzera (Idv).

Come che sia, questo gruppo sembra perlomeno “digitalmente alfabetizzato”. Farà audizioni “on line”, non ha ancora un’agenda, ma sembra avere tutta l’intenzione di costruirsela. E’ ben consapevole che dovrà fare lavoro di missione all’interno delle sue stesse fila, visto che l’ignoranza digitale è patrimonio solido e diffuso della rappresentanza politica italiana. Infine, e non guasta, sono tutti abbastanza giovani.

Formichella (Pdl) si è spinto a dire che nel caso Down-YouTube (il video sull’abuso fisico ai danni di un minore disabile, filmato dai suoi stessi assalitori e messo on line), per i quali a Milano sono a processo dirigenti di Google, non ci sono responsabilità dei gestori.” L’unica responsabilità è di chi i contenuti li pubblica” ha detto. E’ un elementare principio da stato di diritto ma non pare avere molti consensi tra i politici italiani.

Ne viene a riprova l’aneddoto raccontato dalla democratica Mogherini Rebesani, che di recente è rimasta assente dalla camera per malattia. Sul suo blog qualcuno le ha contestato la mancata presenza in aula e lei ha potuto chiarire che era malata. “Una volta tornata in aula – racconta – i colleghi mi hanno dato solidarietà. Ma non per la malattia, bensì per l’inaudito attacco subito sul blog”. E va be’…

Era ora
Inutile dire “era ora”. Semmai la domanda da fare ai nuovi associati è “perché siete così pochi?” e cosa intendete fare anche al di fuori della camera. Le domande, per oggi, non gliele abbiamo fatte, ma ce ne sono alcune che urgono: la rete è sotto attacco, non solo da parte dei D’Alia, ma anche dei potenti “doganieri” delle Telco, che stanno per far passare una direttiva europea devastante per l’accesso paritario alle diverse applicazioni e dati. Ne parla Repubblica.it.

Gli effetti della direttiva Telecoms Package potrebbero essere devastanti. Il problema è sempre lo stesso: la cultura dell’establishment che, nell’interesse solido di aziende Telco, televisive, musicali e magari editoriali, sogna di far rientrare il dentrificio nell’astuccio o il genio nella bottiglia.Ma la bottiglia è rotta. Per sempre.

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Criminali arroganti e incompetenti!

Al civico 11 di via D’Annunzio ho visto delle lesioni sui muri. Ho chiesto spiegazioni e mi hanno risposto che la situazione era sotto controllo. Nicola, caro viceministro, è stato ucciso dall’imprudenza delle istituzioni. Lettera a Guido Bertolaso di Sergio Bianchi, padre di Nicola, 22 anni, studente morto nel terremoto

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