Salute e grano e bella settimana! Cicorio Feltri

Ieri abbiamo sentito Fini fare un discorso politico copiato dai nostri discorsi quotidiani, che facciamo  da lameno 17 anni. In questo capolavoro di plagio, c’erano alcune zone tipiche di questa destra: ad esempio la balla secondo cuiin tutti i paesi d’Europa esiste una legge che tutela il premier dai processi“. Ma dove? Ma quando? Non esiste in nessuna democrazia MONDIALE una cazzata del genere! Nei paesi civili, un pregiudicato non solo non può fare il premier, ma non gli passa , a lui medesimo, nemmenoper l’anticamera del cervello  l’idea di candidarsi: non verrebbe MAI votato né eletto! Esiste una tutela esclusivamente per la regina d’Inghilterra e per ilpresidente della repubblica francese (voluta da un presidente corrotto), ma in questo caso NON SI CANCELLA IL PROCESSO, viene semplicemente stoppato fino alla fine del  suo mandato E… non esiste la prescrizione! Gli stessi presidenti degli Stati Uniti sono stati processati DA PRESIDENTI IN CARICA, Clinton, o sono stati costretti a dimettersi con ignominia, Nixon. Sorvolo su altre balle, tipo è evidente che il presidente del consiglio è sottoposto -da una piccola parte di magistrati politicizzati- a una persecuzione giudiziaria“… Ma quando? Da chi? Dove? Ma che cazzo dici?! Quando si fanno affermazioni del genere, etica e serietà vorrebbero che si facessero esempi credibili e precisi. Giustizia e onestà vorrebbero che ci si recasse alla procura della Repubblica e si denunciassero i colpevoli. Ma fini non è serio, né onesto. E’ solo un fascistello che ha cambiato molte casacche  pur di rstare abbarbicato alla poltrona. Ma passiamo a Sicario Feltri, ospite di Chicco Mentana, colquale mi complimento ancora  per la sua ottima televisione,  in questa discarica di immondezza perenne cui siamo abituati. Questo sedicente giornalista è il fedele bastardino che lega l’asino dove vuoleil padrone e, per 16 milioni di euro l’anno, riporta il manganello tra i denti.  Cicorio Feltri ancora ce lo mena con questa stronzata del loculo di Montecarlo (che non contempla  alcun reato), ma su cui ha fondato tutto il suo scibile estivo di imbrattacarte a comando, dimenticando almeno un centinaio di REATI VERI commessi dal suo addestratore SOLAMENTE IN CAMPO EDILE E DELLE PROPRIETA’: a cominciare dal FURTO della reggia di Hardcore e di tutti i terreni circostanti, per finire con la villa di Macherio o  villa Certosa: acquistata coi soldi della banda della Magliana, con la graziosa complicità di Flavio Carboni e Beppe Pisanu!  Ma la cosa più esilarante, sentita stamattina ad Omnibus, è una gallina miracolata che starnazzava di “squadristi della libertà”… un vero ossimoro berlusconico.  Dato che squadrista gli si addice, ma l’unica libertà che conosce è quella condizionale.

MA PERCHE’  NON ANDATE A CAGARE?  VI PRESTO LA MACCHINA IO!

B.auto

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Ha parlato il piduista marcio!

CICCHITTO, DA REPUBBLICA UN NUOVO TIPO EVERSIONE

“E’ chiaro che il gruppo editoriale Repubblica-Espresso non gioca una partita giornalistica, ma politica con l’obiettivo di scardinare gli equilibri politici usciti dalle elezioni. Adesso si usa come fattore di destabilizzazione l’attacco ad ogni aspetto, meglio se falsi, della vita privata di Berlusconi, ricorrendo ad ogni mezzo con prevalenza a quelli illeciti. E’ evidente che ci troviamo di fronte ad un nuovo tipo di eversione. Coloro i quali a livello politico cavalcano questa tigre non si rendono conto che da ora in avanti la vita privata di ogni personaggio pubblico sara’ esposta ad ogni possibile ricatto e ad ogni possibile manipolazione. Mancava solo questo per arrivare all’imbarbarimento totale della vita politica italiana”. Lo afferma il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto.

CICCHITTO CICCHETTA

Dopo essersi iscritto (fascicolo n. 945, tessera 2232, data di iniziazione 12 dicembre 1980) alla loggia massonica P2, venne estromesso dal PSI. Riammesso verso la fine degli anni Ottanta da Bettino Craxi, seppure in ruoli marginali, ha poi adottato le posizioni del segretario del PSI, fino alla dissoluzione del partito a causa delle inchieste di Mani Pulite. A seguito del congresso di scioglimento del PSI, prima di aderire a Forza Italia, ha fondato nel 1994 a Roma insieme ad Enrico Manca, il Partito socialista riformista (PSR).

Da Travaglio:

L’altra mattina a Omnibus, su La7, si parlava del revival di Craxi. Dibattito molto equilibrato: dalla parte di Craxi, quattro craxiani (Bobo Craxi, Fabrizio Cicchitto, Giorgio Benvenuto, Filippo Facci); dalla parte dei fatti, un giornalista di “Diario” (Gianni Barbacetto), per giunta collegato da Milano con lo studio di Roma. Mezz’oretta di incenso per il fu Bettino, poi – quando stava per toccare a Barbacetto – il Facci l’ha avvertito: «Se è venuto a parlarci delle solite sentenze, lo faccio secco». Purtroppo Barbacetto era venuto proprio a parlare delle solite sentenze: quelle che fanno di Craxi un corrotto pregiudicato e latitante per aver accumulato sui suoi conti svizzeri qualcosa come 50 miliardi di lire, poi suddivisi fra se stesso (investimenti in alberghi, appartamenti in Italia e in Spagna, un jet privato, qualche miliardo in Cct), il barista Raggio, la contessa Vacca Agusta, l’attricetta Anja Pieroni, il fratello Antonio (seguace del guru Sai Baba) e il figlio Bobo per l’affitto di una villa a Saint Tropez. Ma non gli hanno neppure lasciato finire una frase. «Noto provocatore! Informatore dei servizi segreti!», tuonavano Cicchitto e Bobo, alzandosi dalla sedia. Poi lasciavano lo studio strillando: «Ci avete attirati in una trappola!». Han detto proprio così: trappola. Nella democrazia che hanno in mente, non basta essere in quattro contro uno: bisogna eliminare anche quell’uno. Il conduttore Antonello Piroso è un bravo giornalista, ma non proprio un cuor di leone: siccome ormai il regime s’è fatto ambiente, gli era parso del tutto naturale chiamare quattro persone a difendere il corrotto pregiudicato latitante e una sola a dire la verità. Così, mentre il piduista e il figlio d’arte fuggivano starnazzando, lui s’è scusato con loro anziché con Barbacetto.

CICCHETTA IN UNA BELLA  IMMAGINE

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QUI  UN ROTOLO DI  CARTA PER CULO

cicchitto

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Maria Novella Oppo

In Taormina Veritas

Antonello Piroso ieri ha annunciato la conclusione della sua stagione a Omnibus, dicendosi convinto che il pubblico possa sopportare la sua assenza. Infatti, per fortuna, il programma de La7 va in onda anche in piena estate. La puntata era dedicata alla crisi del Pd, che è il tema politico più sviscerato dalla tv pubblica e privata, con abbondanza di punti di vista interni ed esterni, tutti ugualmente spietati. E va bene così, se non fosse che, della totale assenza di democrazia dentro il Pdl, invece, non se ne preoccupa nessuno. Anzi, pare naturale lasciare sotto padrone un partito che si definisce addirittura popolo, con decisioni calate dall’alto come lo Spirito Santo, anche se, in realtà, si tratta di uno spirito piuttosto sporcaccione. Per fortuna ci sono gli ex, ogni tanto, a vuotare il sacco. E parliamo dell’avvocato Taormina, secondo il quale Berlusconi è un dittatore. Solo perché ha dato il suo cuore (e un posto in Parlamento) a Ghedini, che non è neanche minorenne.

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IL CAZZARO dalla faccia da culo

Maria Novella Oppo

Le bugie preventive

Problemi di giornalismo televisivo (e non solo). Primo fra tutti quello segnalato ieri a Omnibus dal professor Sartori: come mai, quando Berlusconi nega di aver detto quello che ha appena detto, nessuno osa rimandare in onda la registrazione delle sue parole? E – aggiungiamo noi – possibile che nessuno si permetta di fargli domande precise e incalzanti come quelle che, tanto per fare un esempio, sono state fatte durante tutta la campagna elettorale a Franceschini? Si vede che col leader del Pd certi giornalisti si sentono stimolati a fare il loro porco mestiere, mentre con Berlusconi si accontentano di fare atto di presenza-assenza, in vista di possibili sviluppi di carriera futura. E per il passato, manco a dirlo, nessuna memoria e nessuna autocritica. Nemmeno quando Obama cancella la politica estera di Bush e tutti lo elogiano, compresi quelli che hanno sostenuto le guerre e le bugie preventive di Bush e Berlusconi.

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Grande OPPO

Maschi da Pdl

Beatrice Lorenzin (Pdl) ieri mattina ad Omnibus ha lamentato il fatto che, quando viene candidata una donna, le vengano fatte «le analisi del sangue» (per non parlare delle misure anatomiche). Insomma, lo scandalo non sta, per la Lorenzin, nel fatto che Berlusconi metta in lista attricette e amichette sue, ma nel fatto che queste vengano giudicate dalla stampa solo per l’apparenza. Cioè per l’unica dote che di loro si conosca. La difesa della Lorenzin è ad personam, ma qualche ragione ce l’ha. Diciamo pure che non ci riguardano i rapporti che Berlusconi ha avuto, ha o spera di avere con le belle candidate, ma la sua idea della politica sì. I ricchi anzianotti si sono sempre circondati di ragazze in fiore: è squallido, ma umano. Un po’ disumano è invece che Berlusconi si sia sempre circondato, in azienda, in Parlamento e fuori, di condannati per mafia, corruzione e altri gravi reati. Questi signori sono tutti maschi e tutti piuttosto bruttini.

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Porcate su porcate di Mafiolo

GIù LE MANI DA MONTANELLI – TRAVAGLIO CONTRO LE “APPROPRIAZIONI INDEBITE” E I REVISIONISMI STORICI DELLA FIGURA DI INDRO: ECCO TUTTA LA VERITà SUL DIVORZIO CON BERLUSCONI – FELTRI? “COME UN FIGLIO DROGATO. ASSECONDA IL PEGGIO DELLA BORGHESIA”…
Travaglio Montanelli

Esce in questi giorni, nel centenario della nascita del grande giornalista, la nuova edizione di “Montanelli e il Cavaliere. Storia di un grande e di un piccolo uomo” (prefazione di Enzo Biagi, Garzanti, pp.490, 18 euro) di Marco Travaglio, con un saggio introduttivo inedito dell’autore che raccoglie e smonta le “appropriazioni indebite” della figura di Montanelli tentate, a destra come a sinistra, dopo la sua morte (22 luglio 2001). A cominciare dall’opera di revisionismo tentata da giornalisti e “storici” berlusconiani sul divorzio fra Montanelli e il Cavaliere dopo la famosa irruzione di Berlusconi nella redazione de Il Giornale l’8 gennaio ‘94, vigilia della “discesa in campo”. A questo proposito anticipiamo alcuni brani del saggio:

Montanelli e il Cavaliere
Non essendo più, dal 1990, l’editore del Giornale, avendolo girato al fratello Paolo, Silvio Berlusconi non aveva alcun titolo per arringarne i giornalisti. Dunque violò platealmente la legge Mammì che vieta ai proprietari di tv di possedere giornali. Dunque confessò che il passaggio di proprietà fra lui e il fratello minore Paolo era stato puramente fittizio.

Dunque avrebbe dovuto subire la sanzione della revoca immediata delle concessioni televisive alle tre reti Fininvest. Inoltre Paolo Granzotto scrive (nella sua biografia di Montanelli, ndr) che, “se Montanelli non l’avesse voluta ammettere (l’incursione di Berlusconi, ndr), gli sarebbe bastato dire alla redazione di negare a Berlusconi il permesso di intervenire all’assemblea. E la redazione, soprattutto quella redazione, avrebbe eseguito”.
LA Principessa Tiana

Già, peccato che Montanelli quel permesso lo negò. Me lo ha rivelato alcuni anni fa un testimone oculare: l’allora capo del Comitato di redazione, Novarro Montanari. “Quel pomeriggio – racconta Montanari – fui raggiunto sul cellulare da Antonio Tajani (ex capo della redazione romana, appena divenuto portavoce del Cavaliere, n.d.a.), che mi disse: ‘Siamo qui per caso con Berlusconi in Cordusio: che ne diresti se il Cavaliere salisse in assemblea?’.

Lo fermai: ‘Aspetta, scendo a chiedere al direttore’. Scesi, chiesi, e il direttore – davanti al condirettore Biazzi Vergani – rispose: ‘Non se ne parla nemmeno’. Risalii al quinto piano per richiamare Tajani, ma trovai già Berlusconi in assemblea per arringare i redattori”.
Indro Montanelli

Del resto, come avrebbe mai potuto Montanelli accettare che un signore che non era nemmeno il suo editore tentasse di rivoltargli contro la sua redazione, incitandola a ribaltare la linea politica del direttore, per giunta in sua assenza, promettendo in cambio investimenti e benefit? Perché questo esattamente avvenne l’8 gennaio 1994 nella sede di via Gaetano Negri, come poi Montanelli raccontò mille volte senza che nessuno potesse smentirlo, almeno finché fu in vita.

L’ultima volta fu il 23 marzo 2001, quattro mesi prima di morire, quando Indro telefonò in diretta a Il raggio verde di Michele Santoro per smentire le bugie appena raccontate da Feltri (le stesse poi fatte proprie da Granzotto nel libro) e subito smontate dal sottoscritto: “Io intanto voglio ringraziare Travaglio, il quale ha detto l’assoluta e pura verità. Assolutamente. La versione che lui ha dato degli avvenimenti è quella esatta…

Io ho conosciuto due Berlusconi: il Berlusconi imprenditore privato che comprò il Giornale, e noi fummo felici di venderglielo – perché non sapevamo come andare avanti – su questo patto: tu, Berlusconi, sei il proprietario del Giornale; io, direttore, sono il padrone del Giornale, nel senso che la linea politica dipende solo da me. Questo fu il patto fra noi due.
marco travaglio

Quando Berlusconi mi annunziò che si buttava in politica, io capii subito quel che stava per accadere. Cercai di dissuaderlo d’accordo con Confalonieri e con Gianni Letta: nemmeno loro volevano che il Cavaliere entrasse in politica. Ma tutto fu inutile. Dal momento in cui lo decise, mi disse: ‘Da oggi il Giornale deve fare la politica della mia politica’. Io gli dissi: ‘Non ci pensare nemmeno’.

Allora lui riunì la redazione a mia totale insaputa, come ha raccontato Travaglio, e disse: ‘D’ora in poi il Giornale farà la politica della mia politica’. E a quel punto me ne andai. Cosa dovevo fare? Questo Feltri lo sa!”.

Parole ribadite qualche giorno più tardi in un editoriale sul Corriere della sera: “Riunita a mia insaputa la redazione, egli (Berlusconi, n.d.a.) l’avvertì, in parole povere, che, se volevano più quattrini anche nella busta-paga, non avevano che da mettersi al servizio dei suoi interessi politici, ora che aveva deciso di scendere in lizza. La risposta della redazione furono 35 lettere di dimissioni”.
Quel che accadde quel fatidico 8 gennaio 1994 segna uno spartiacque indelebile nella storia dell’editoria e della politica italiana. Ecco perché gli house organ e i trombettieri berlusconiani seguitano, a tanti anni di distanza, a negarlo contro ogni evidenza. (…)

Il 4 settembre 2003, due anni dopo la morte di Montanelli, Berlusconi dichiarò a The Spectator: “Credo ci sia un elemento di gelosia in ognuna di queste persone perché non riesco a trovare un’altra spiegazione. Tutti questi giornalisti, Biagi, Montanelli, erano più anziani di me e credevano di essere loro quelli importanti nel nostro rapporto. Poi il rapporto si è capovolto e io sono diventato ciò che loro stessi volevano essere…”.

E lo ripetè il 23 ottobre 2006: “Montanelli era geloso”. Poi il 9 aprile 2008, nel pieno dell’ultima campagna elettorale, Berlusconi usò addirittura Montanelli come testimone postumo della propria autocelebrazione come editore tollerante e amante del dissenso. Antonello Piroso, a Omnibus (La7), gli rammentò l’editto bulgaro contro Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi.

Il Cavaliere rispose piccato: “Io non ho mai fatto licenziare in vita mia nessuno: tanto meno in Rai dove io non ho mai messo il naso e dove chi lo ha fatto lo ha fatto contro la mia volontà. Biagi ha lasciato la Rai contro la mia volontà. Non volevo assolutamente che si arrivasse alla decisione. Io ho insistito fino all’ultimo affinché Biagi rimanesse in Rai, ma lui ha preferito una lauta buonuscita.

Lei si vergognerebbe di avere una trasmissione come Annozero: non la permetterebbe mai. Ma io sono l’editore più liberale mai comparso sulla scena italiana. Basta domandarlo ai miei giornalisti e a Indro Montanelli”. Il quale, purtroppo, non può più rispondere. E nemmeno Biagi.(…)

Molto comica, è l’appropriazione tentata da Vittorio Feltri sul quotidiano «Libero» il 21 luglio 2006, nel quinto anniversario della scomparsa di Indro, con un editoriale dal titolo: “Se Montanelli fosse vivo lavorerebbe a Libero”. Uno scoop sensazionale, anzi paranormale: evidentemente Feltri è riuscito a comunicare con l’Aldilà e a strappare all’anima di Montanelli quella clamorosa confidenza.

Magari con l’ausilio del Sismi e dell'”agente Betulla”, al secolo Renato Farina, che di Libero in quel momento è vicedirettore, indagato (patteggerà poi 6 mesi di reclusione) per favoreggiamento nel sequestro di Abu Omar. Confidenza davvero sorprendente, se si pensa che Feltri sostituì spudoratamente Montanelli appena cacciato dal Giornale (…).
Enzo Biagi

Che cosa pensasse Montanelli di Feltri, lo disse papale papale al Corriere il 12 aprile 1995: “Il Giornale di Feltri confesso che non lo guardo nemmeno, per non avere dispiaceri. Mi sento come un padre che ha un figlio drogato e preferisce non vedere. Comunque, non è la formula ad avere successo, è la posizione: Feltri asseconda il peggio della borghesia italiana. Sfido che trova i clienti!”.

Perché mai, se pensava così da vivo, dovrebbe aver cambiato idea da morto? Chi vorrà inoltrarsi nella lettura di questo libro, troverà i violenti attacchi sferrati da Libero contro Montanelli (…).

Poi, nel 2006, confidando nell’amnesia generale e soprattutto nell’impossibilità di Montanelli a rispondergli, ecco la furbata di Feltri: “Oggi Montanelli scriverebbe su Libero”. Ma certo, come no: pur di affiancare la sua firma a quelle di Feltri e Betulla, quel diavolo di un Indro sarebbe capace di resuscitare…

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