Ecco un altro “disfattista” come me

Roberto Cotroneo

Un paese senza niente

Un paese cupo. Da un po’ di giorni i maggiori giornali italiani pubblicano foto di Berlusconi piuttosto corrucciate, e non c’è da stupirsi, l’aria dei suoi collaboratori è da: si salvi chi può. E la stampa inglese continua a dire che siamo agli ultimi giorni dell’impero, e che sicuramente Silvio si ritirerà. Cose tutte da dimostrare, e al momento piuttosto lunari. O a Londra sanno cose che ai giornalisti italiani non vengono dette, o forse sta accadendo qualcosa di peggio. Fuori dall’Italia nessuno ci capisce più nulla. E il nostro sta diventando un paese indecifrabile, dove avvengono cose che in paese normali di solito non accadono. E non si tratta soltanto del premier, delle escort, delle feste e delle inchieste. Tutto si è sfaldato. Tutto ha perso di valore.
Se anziché utilizzare degli indici economici per dire in che posizione mondiale siamo utilizzassimo degli altri indici, scopriremmo che siamo forse al duecentesimo posto. Per le nostre università, che quasi non compaiono nelle prime cento del mondo, per i nostri autori e i nostri libri, che nessuno traduce più, per i nostri film, che arrancano nei festival e sono brutti e mosci, per i nostri istituti di cultura all’estero, ridotti a niente, gestiti per buona parte da incompetenti, o da gente che vuole passarsi una vacanza in qualche capitale europea a spese del ministero degli Esteri. Per i nostri musei, tornati a una consuetudinaria inefficienza. Per i nostri giornali, e va detto anche questo, sempre più in caduta libera, sempre più in crisi di idee e e di lettori. E non perché siamo un paese che non legge, ma perché siamo un paese che non si fa leggere. Siamo duecentesimi al mondo, perché non sappiamo generare classe dirigente, duecentesimi al mondo perché non abbiamo formato giovani in grado di sostituirsi nei ruoli chiave. E non solo perché i vecchi impediscono il ricambio, ma perché siamo riusciti a fare un miracolo: le nostre giovani generazioni hanno coltivato in vitro i peggiori difetti delle vecchie, e sono già inservibili. Siamo cupi, abbiamo paura di dire la verità, pensiamo che un congresso di partito non si possa convocare se gli accordi non sono stati fatti prima. Fingiamo di vedere il nuovo dove il nuovo non c’è. E continuiamo a farci de male. Ma soprattutto siamo un paese incompentente, incompetente in tutto. Un paese di dilettanti allo sbaraglio. Guidati dal più gigantesco tra i dilettanti. Lui, quel premier che incarna quello che siamo diventati, con la complicità di tutti. E allora, di cosa possiamo lamentarci?

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Il disincanto di Severgnini

Noemi, quattro cose ovvie

Beppe Severgnini,

Un pesce rosso convinto d’essere un cardinale, gli economisti che ammettono di non averci capito niente, la politica fuori dalla nomine Rai, José Mourinho che lavora gratis. Sono molte le notizie surreali che avrebbero potuto colorare questa torrida primavera, ma è toccato a una ragazzina e ai suoi bizzarri rapporti col presidente del Consiglio.

Bizzari: ecco la parola. Potete essere di destra o di sinistra, atei e cattolici, giovani o meno giovani, ma sarete d’accordo: se uno sceneggiatore avesse scritto un film con quella trama, gli avrebbero detto “Ragazzo, hai bevuto?”. Invece è accaduto. Noemi, le feste, il papi, i genitori, le smentite, i fidanzati che compaiono e scompaiono. I marziani guardano giù dicendo: “E quelli strani saremmo noi?”.

Quattro punti ovvii, per ridurre i litigi e provare a ragionare. Il primo: la frequentazione tra un settantenne e una diciassettenne – al di là del ruolo di lui – è insolita. La famiglia Letizia non sembra stupita, decine di milioni d’italiani sì. Una spiegazione plausibile ancora non l’hanno avuta. Se tanti lavorano di fantasia, a Palazzo Chigi non possono stupirsi.

Ovvietà numero due. Alcune affermazioni del protagonista sono state smentite. “L’ho sempre vista coi genitori”: poi Noemi – ma cosa s’è fatta? era così carina! – salta fuori alla festa del Milan, sbuca al galà della moda, compare in Sardegna. Per cose del genere, nelle altre democrazie, i potenti saltano come tappi di spumante. Noi siamo più elastici – succubi, rassegnati, distratti, disinformati: scegliete voi l’aggettivo – ma un leader politico, perfino qui, dev’essere credibile.

Ovvietà numero tre. Le abitudini e le frequentazioni di Silvio B. riguardano solo Veronica L. (che peraltro s’è già espressa con vigore sul tema)? Be’, fino a un certo punto. Il Presidente del Consiglio guida una coalizione di governo che organizza il Family Day, mica il Toga Party o il concorso Miss Maglietta Bagnata. Michele Brambilla – vicedirettore del “Giornale”, bravo collega e uomo perbene – spiega che, per il mondo cattolico, contano le azioni politiche, non i comportamenti coerenti. Io dico: mah!

Ovvietà numero quattro. L’opposizione, in tutte le democrazie, cerca i punti deboli dell’avversario, soprattutto alla vigilia delle elezioni. Dov’è lo scandalo, qual è la novità? Se Piersilvio s’indigna, non ha idea di cosa avrebbe passato suo padre in America, in Germania o in Gran Bretagna (dov’è inconcepibile che i capi di governo possiedano televisioni). Non solo in questi giorni: negli ultimi quindici anni.
Bene: quattro cose ovvie, in attesa di sviluppi. Intanto s’è insediato quietamente il governo Letta. Qualcuno che coordini ci vuole. C’è da lavorare, e il Capo è altrove.

Dal Corriere della Sera del 28 maggio 2009

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