B. al Giornale “Un dovere aiutare Minetti e le De Vivo” Ma va?Comprare testi è un dovere solo per la mafia, ciccio.

“Danneggiate da chi ha condotto le indagini con l’intento di danneggiarmi in Italia e all’estero”

°°°Ma guarda un po’ sti cazzo di magistrati che indagano sui crimini e i reati, ma roba da matti! Invece che pigliare le mazzette come le toghe blu e nere… Non ci si crede! C’è ancora gente seria non in vendita! E pensa che sei stato talmente danneggiato che tutti i soldi che mancano a milioni di famiglie italiane TE LI SEI RUBATI TU, FACCIA DA CAZZO MOSCIO!

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cossu e zara, ora, a trecento metri da casa mia, ci sono due merdine che spacciano testi miei per roba loro.

Questa coppia patetica e ridicola veniva in ginocchio a casa mia, quando abitavo a Oristano, per chiedere una mano. GRATIS. L’ho sempre fatto, ma di mia sponte. Questi sono danarosi: hanno imbrogliato un sacco di gente per 20 anni! Però io sono un coglione generoso e quindi ho deciso di aiutarli. In 15 anni non riuscivano nemmeno a fare seratine nelle pizzerie. Scroccavanmo qualche marchetta estiva a due lire, ma la gente si infastidiva e non gli chiamavano più. Morale… scrivo dei testi, invento dei personaggi, gli faccio la regia (tutto documentato dalle date dei testi sul mio PC e da numerosi testimoni ache assistevano alle MIE  sedute di lavoro), insomma, ero alla fine dell’opera. Giusto per dimostrare a mia moglie che non ero proprio fesso del tutto…   Un giorno mi chiamano e mi chiedono se potevo riceverli di martedì. “Certo, faccio io, portatemi una stecca delle mie sigarette. “Notate che, oltre a lavorare per loro GRATIS, quando un testo e una regia non costano meno di 100 mila euro ANTICIPATI (dato che io metto a disposizione il mio nome, il mio talento, la mia esperienza, e tu col MIO lavoro ci campi decine di anni…), oltre a spendermi per questi due guittacci, dicevo, li invitavo sempre a pranzo e… a casa mia si mangia e si beve solo roba di eccellenza… queste merdine vengono con la stecca di sigarette, si scofanano con la mia cucina, si fottono il copione terminato e… spariscono. Io li dimentico subito: altri devastati mentali che si credono furbi e credono di avermi preso per il culo… i cimiteri sono pieni di questa marmaglia, da nord a sud. Dopo qualche mese, decido di depositare alcuni di copioni e… la Siae me ne respinge uno: quello che avevo scritto per queste due merdine! “L’ha già depositato a nome suo un certo cossu” mi dice la funzionaria. CAPITO?

PREFERISCO LE ALTRE MERDINE NAZIONALI E REGIONALI CHE MI COPIANO I TESTI, MA ALMENO NON CERCANO DI DEPOSITARLI A NOME LORO, SAPENDO BENISSIMO  DI RUBARE!

Un amico mi dice: denunciali immediatamente; un altro: pestali, altri due: li pesto io. Vado a Sant’Antioco (dove abitano e imbrogliano con scuole truffaldine e concorsi di ragazzini) e li piglio a calci per due giorni finché non cagano i TUOI SOLDI!

Ma lasciate perdere.  Grazie a me, hanno fatto centinaia di seratine, sono stati a Rai2, a Zelig off, in alcuni videocitofoni locali, ecc. Tutte cose che nemmeno sotto peyote si sarebbero mai immaginati. E ora sono qui a due passi, meno male che nemmeno qui se li caga nessuno…

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reato

Accuse al Cavaliere nel libro Einaudi rifiuta Saramago
Il Nobel: con lui c’è da temere per la democrazia

MILANO — Einaudi non pubblicherà Il quaderno, il libro che raccoglie testi let­terari e politici scritti sul blog dallo scrittore porto­ghese José Saramago, pre­mio Nobel per la letteratura nel 1998. Ne dà notizia «L’Espresso» oggi in edico­la anticipando che l’editore della raccolta di saggi sarà sempre torinese, Bollati Bo­ringhieri, ma soprattutto svelando il motivo della momentanea rottura tra l’autore di Cecità e la casa dello Struzzo. «La nuova opera — scrive Mario Porta­nova — contiene giudizi a dir poco trancianti su Silvio Berlusconi, che di Einaudi è il proprietario». Sarama­go è severo con Berlusconi ma anche con gli italiani, il cui sentimento «è indiffe­rente a qualsiasi considera­zione di ordine morale». Ma «nella terra della mafia e della camorra che impor­tanza può avere il fatto pro­vato che il primo ministro sia un delinquente?». L’au­tore del Quaderno arriva a paragonare il nostro capo del governo a «un capo ma­fioso ».

«L’Einaudi — spiega per parte sua un comunicato della casa editrice che ha pubblicato quasi tutti i ro­manzi del premio Nobel — ha deciso di non pubblicare O caderno di Saramago per­ché fra molte altre cose si dice che Berlusconi è un ‘delinquente’. Si tratti di lui o di qualsiasi altro espo­nente politico, di qualsiasi parte o partito, l’Einaudi si ritiene libera nella critica ma rifiuta di far sua un’ac­cusa che qualsiasi giudizio condannerebbe».

Saramago, 87 anni, che in questi giorni è nella sua casa di Lanzarote, nell’arci­pelago delle Canarie, ha ac­cettato di rispondere via e-mail ad alcune nostre do­mande. «Non pubblico la mia nuova raccolta di saggi con Einaudi — ci scrive il premio Nobel — perché in essa critico senza censure né restrizioni di alcun tipo Berlusconi, il quale è il ca­po del governo ma anche il proprietario della casa edi­trice, come di tanti altri mezzi di comunicazione in Italia. La verità è che quella che si è creata potrebbe es­sere definita una situazione pittoresca se il fatto che un politico accumuli tanto po­tere non facesse temere per la qualità della democra­zia ».

Lo scrittore portoghese, che si rivelò nel 1982 con Memoriale del convento e che non ha mai nascosto le sue simpatie per la sinistra (si iscrisse clandestinamen­te al partito comunista por­toghese nel 1969 riuscendo a evitare le galere del ditta­tore Salazar), ci scrive che nessuno gli ha mai propo­sto di cancellare i passaggi su Berlusconi: «Ho cono­sciuto la censura durante la dittatura portoghese, l’ho sofferta e combattuta e nes­suno in una situazione di apparente normalità demo­cratica mi potrebbe chiede­re di amputare una mia ope­ra ».

Facciamo notare che cer­ti giudizi ci sembrano quan­tomeno eccessivi. Sarama­go non si scompone: «Le qualificazioni che ho dato di Berlusconi non nascono dalla mia testa ma si basa­no su informazioni giornali­stiche che ogni giorno appa­iono sulla stampa europea. Io semplicemente osservo e concludo. Con dispiacere, naturalmente». Insistiamo: perché arrivare a paragona­re Berlusconi a un «capo della mafia»? Saramago ri­sponde: «Davvero le sem­bra esagerato? È sicuro? Al­meno mi concederà che ha una mentalità mafiosa».

L’autore del Vangelo se­condo Gesù è severo anche con l’Italia: «Quando tutte le opinioni che si diffonde­vano sulla capacità creati­va, sulla modernità e talen­to artistico erano favorevo­li, non ricordo nessuno che si lamentasse di questi giu­dizi. Ora le cose sono cam­biate. L’Italia non è più il Pa­ese che emoziona, ma sor­prende non certo per le mi­gliori ragioni. Né l’Italia né coloro che amano questo Paese meritano lo spettaco­lo politico di fascinazione malata per Berlusconi».

Saramago pubblicherà il suo prossimo romanzo da Einaudi? «Del mio nuovo romanzo, che credo vedrà la luce in autunno, non si è ancora parlato e non so do­ve porterà questa faccen­da ».

Il premio Nobel non sa che altre opere di critica a Berlusconi sono state rifiu­tate da Einaudi, dalle poe­sie politiche postume di Giovanni Raboni al Duca di Mantova di Franco Cordel­li, sino al Corpo del capo di Marco Belpoliti, che l’auto­re ha preferito pubblicare da Guanda, però commen­ta: «Dev’essere duro vivere quando il potere politico e quello imprenditoriale si riuniscono. Non invidio la sorte degli italiani, però in­fine è nella volontà degli elettori mantenere questo stato di cose o cambiarlo».

Dino Messina

°°° Il vecchio Saramago, dando del delinquente e del capomafia a burlesquoni ha commesso un gravissimo reato: divulgazione di segreto di Stato!

SARAMAGO

saramago

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La ciofeca mogol

Mogol: costretto a censurare
il mio brano per Celentano

«Diffidato con una lettera, Adriano mi vieta di usare il suo nome»

MILANO – Una canzone su Adriano Celentano. L’ha scrit­ta Mogol. Ma non la sentirete mai. Almeno nella sua ver­sione originale. Il destina­tario si è arrabbiato per il ritratto e l’autore si è au­tocensurato. La storia inizia lo scorso anno quando Mogol è al lavoro con gli Audio2. Sta compo­nendo i testi delle can­zoni e una melodia («Parto sempre da lì, mai da una storia o da un soggetto») gli suggerisce la parola Adriano: «Così ho pen­sato di scrivere una cosa per un amico. Con affetto e ironia, intesa non come presa in gi­ro ma come alleggerimento di caratteristiche del perso­naggio che magari non sono apprezzate da tutti».

Nel testo Mogol scherza sul volontario isolamento che tiene Adriano lontano dal pubblico: «Anche un ca­stello diventa prigione/ Se ti rinchiudi fra divani e pol­trone/ Esci e non solo nel tuo giardino/ Tutta la gen­te ti vuole vicino». C’era pure una bonaria presa in giro dei tic dell’amico: «E prova a dirmi una sola paro­la/ Poi fa una pausa di al­meno mezz’ora». E anche un accenno al disprezzo per i politici e alle batta­glie contro il degrado urba­nistico e la caccia. Quindi l’omaggio diretto: «Oh Adriano/ Dammi la tua mano/ Oh Adriano». Alla fine della stesura Mogol spedisce un provi­no a Celentano. Che gli ri­sponde con una letterac­cia: «Ti diffido dall’utiliz­zare il mio nome. Quella canzone dedicala a Va­sco Rossi». E così, nell’al­bum in uscita a maggio e che verrà lanciato pro­prio da questa canzone, il nome del Molleggiato non verrà pronunciato. Sparito. La nuova versio­ne prevede un «Lo dico piano/ Un aeroplano/ Non si abbassa con la mano» e un nuovo tito­lo, «La voce di un amico». Per­ché? «Sono a posto con la mia coscienza, ma per non contra­riarlo ho deciso la modifica» di­ce con gran pudore Mogol. E aggiunge: «Da quella lettera emergeva chiaramente che si sentiva offeso. Eppure quelle cose gliele dicevo anche di per­sona, come si fa con un fratello o un figlio. Mi è spiaciuto quel­lo che mi ha fatto Celentano. Fa male essere fraintesi: io vole­vo fargli una carezza e in cam­bio ho ricevuto una sberla». A spingere verso la scelta prudente anche la Carosello, etichetta del progetto Mogo­lAudio2. Lo spiega il mana­ging director Claudio Ferran­te: «Da un controllo effettuato dai nostri avvocati è emerso che ‘Adriano’ è un marchio re­gistrato che non può essere usato in contesti musicali con riferimento diretto a Celenta­no. Curioso che il deposito ri­salga a tre mesi fa, tempo do­po i contatti fra i due. Aveva­mo il disco già pronto e abbia­mo dovuto rifare la registra­zione ».

Mogol e Celentano si cono­scono da decenni e negli anni 90 hanno costruito, assieme a Gianni Bella, quattro album che hanno lasciato il segno nelle classifiche: 4 milioni di copie vendute e successi come «L’emozione non ha voce». «Ci siamo aiutati vicendevol­mente. Lui ha dato ai miei la­vori un’interpretazione di pe­so e fascino. Per ora non abbia­mo altri progetti assieme, ma non serbo rancore e lo consi­dero ancora un amico». Lettera a parte non c’è stato nessun contatto. «Non sento il bisogno di parlargli — preci­sa l’autore —. Quello che dovevo dirgli è scritto nella canzone. Dove, non a caso, di­co ‘ma non riconosci la voce di un amico’. Avevo anche pensato di buttare via tutto, ma poi ho pensato che non c’era nessu­na offesa». Dal Celentano e dal Clan nessuna replica. Per Mogol il giudizio finale è nelle mani del pubblico: «Sarà la gente a valutare se sono stato affettuo­so o offensivo. Spero solo che Adriano non sia stato influen­zato da nessuno».
Andrea Laffranchi

°°° L’ho detto e scritto parecchie volte, ma non credo di averlo mai fatto qui, nella mia casa virtuale. Questo fascistone di mogol… alias Giulio Rapetti non ha mai scritto nemmeno un biglietto d’auguri. E’ un bluff come antonio ricci: quello che mi ha fottuto i testi del Drive in e Striscia la notizia e che fotte tutti i filmati di Paperissima dalle tv di tutto il mondo… coprendo pacchianamente il logo delle stazioni originali col suo scarabocchio di merdaset. Ricci NON ha mai scritto un cazzo, così come mogol NON ha mai scritto una bella canzone! Non è capace. Passa per il miglior autore italiano di canzoni… ma per piacere!
Mi hanno dato cinque premi della critica da ragazzo, come autore di canzoni, e non ero nessuno. Non conoscevo nessuno. Ho conosciuto il padre di questo attrezzo, il grande Mariano Rapetti, ex direttore della Ricordi di Milano. Lui sì che era qualcuno. Rapetti chiese a me di andare a lavorare con lui, di fargli da assistente e da “autore principe”. Diceva proprio così. Perché non lo chiese a quella capra di suo figlio? Dopo un anno, lui sarebbe andato in pensione e io sarei diventato il direttore della Ricordi. Questa la sua proposta. Un sogno. Ma rifiutai. Stavo troppo bene a fare il gallo nel mio pollaio della Belldisc – Produttori Associati. Io sapevo scrivere. Mio figlio sa scrivere. Ho prodotto Fabrizio De Andrè, che mogol non lo vedeva nemmeno col microscopio. E dove mettiamo i testi di Dalla, De Gregori, Guccini, Vecchioni, Jannacci, Paolo Conte, ecc.? Ma persino Masini, Venditti, Fossati, e cento altri… sono anni luce al di sopra di questo scribacchino banale e vanesio. Battisti, dite? Ma era Lui il genio, mica questo stalentato, che pigliava i testi di sfigatelli (che inondavano le Edizioni Ricordi di poesie e canzonette dalla melodia incerta, ma con alcune buone idee) e li copiava pari pari, storpiandoli per giunta! Ma rileggete le minchionerie che scrive, nemmeno bondi, burlesquoni, o gasparri scriverebbero stronzatine del genere:

«Anche un ca­stello diventa prigione/ Se ti rinchiudi fra divani e pol­trone/ Esci e non solo nel tuo giardino/ Tutta la gen­te ti vuole vicino»«E prova a dirmi una sola paro­la/ Poi fa una pausa di al­meno mezz’ora»«Oh Adriano/ Dammi la tua mano/ Oh Adriano».

Cioè, Melina ha nove anni, ma scrive molto meglio.

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