Gas, da Yukos al Kazakistan gli affari tra Putin e Berlusconi

Gas, da Yukos al Kazakistan

gli affari tra Putin e Berlusconi

Gas connection, i segreti della spartizione. Quali i vantaggi per il Paese della relazione tra i due? Chi sono i reali beneficiari dell’intreccio? Un esponente del board di Gazprom riferisce di un investimento del premier italiano in un giacimento kazako
da Roma GIUSEPPE D’AVANZO, da Milano ANDREA GRECO, da New York FEDERICO RAMPINI

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Si deve ricordarlo, parliamo della corruzione negli affari energetici. Di come, per usare le parole del Dipartimento di Stato, “la relazione tra Putin e Berlusconi sia funzionale a inoculare corruzione negli altri Paesi, dividere l’Europa, renderla vulnerabile al ricatto energetico della Russia”. Questo lo sfondo. Ora un dettaglio: c’è un biglietto autografo di Berlusconi. Il Cavaliere lo consegna nelle mani di Putin per indicare un “signor Nessuno” (Bruno Mentasti) come la testa di legno – di chi? di Berlusconi stesso? di una consorteria amica e quale? – che dovrà favorire l’ingresso dei russi nel mercato italiano. Quel biglietto autografo è un’impronta digitale. È il sigillo di un metodo che consiglia a Hillary Clinton di chiedere notizie della “torbida connection” tra Putin e Berlusconi segnalata dall’ambasciatore a Roma, Ronald Spogli. Mostra abitudini costanti.

Gazprom “che fa tutt’uno con Putin” dirotta – denuncia il Dipartimento di Stato – “pagamenti ai politici nei paesi “a valle” perché assecondino i piani della Russia”. Queste parole descrivono con cura l'”affare Mentasti”. Fallito il colpo gobbo, condotto con troppa rozzezza, le grandi manovre non s’interrompono. Tracce di corruzione si avvistano, per lo meno, in altre due storie che vale la pena raccontare.

“La spartizione della refurtiva”
(dove, questa volta, è Putin a chiedere un “aiutino” a Berlusconi)

Se parliamo di politica energetica, si confrontano due argomenti tra Europa e Russia. Gli europei in coro chiedono ai russi di giocare con le stesse regole. I russi dicono a ciascuno degli europei: ti do il gas, se mi fai entrare nel tuo mercato. Berlusconi accetta le pretese di Putin. Se necessario, corre a dargli una mano. Sostiene, per esempio, il premier russo quando, nel novembre del 2003, Vladimir Vladimirovic caccia in galera Mikhail Khodorkovskij, l’uomo più ricco di Russia, proprietario della quinta compagnia petrolifera del mondo, la Yukos. Le accuse parlano di frode fiscale e appropriazione indebita – in pochi giorni gli sequestrano il suo 40 per cento di azioni Yukos – ma in realtà, come tutto il mondo sa, Khodorkovskij paga la decisione di finanziare la campagna dei partiti di opposizione a Putin. Berlusconi è l’unico leader occidentale a trovare legittimo l’agguato “sovietico” dell’amico del Cremlino. Un giudizio che ribadisce il 20 maggio 2004. Un paio di mesi ancora – è ormai novembre – e il Cavaliere accompagnato da tre ministri ritorna a Mosca per occuparsi ancora di energia. Come scrive Lorenzo Gianotti in una biografia di Putin di prossima pubblicazione, un quotidiano moscovita (Izvestija) svela (9 novembre 2004) che il possibile acquirente di Menatep (la società finanziaria cui fanno capo gli attivi di Yukos) è “il primo ministro e confidente di Putin, Silvio Berlusconi”. È un

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