Questo regime di ladri

Un mega impianto eolico nel paradiso della Sardegna

di Paola Medde

VEDUTA DI S’ARCHITTU ( che potremmo perdere)

mare

L’assalto alle coste sarde ha raggiunto l’ultima frontiera, quella del mare. Dopo che il cemento ha inghiottito ettari di costa, ora è da lì, dal fronte opposto, che arriva la minaccia. S’Archittu è un imponente monumento di terra lunare in cui il mare nei

millenni ha cercato la sua via di fuga, scavando un arco profondo dieci metri. Situato nel litorale occidentale della Sardegna, fra Bosa e Oristano, è uno dei ventiquattro siti naturali dell’isola protetti da una legge regionale dell’85. Un mito di pietra, prima ancora che uno scatto da cartolina. Presto alle sue spalle potrebbe sorgere il più grande impianto eolico off shore del Mediterraneo: una foresta di alberi artificiali da ottanta turbine dell’altezza di cento metri ciascuna, ad appena un miglio dalla costa. Capace di produrre 320 megawatt di potenza – abbastanza da sfamare d’energia 40 mila abitazioni – la fattoria del vento occuperebbe oltre duemila ettari di specchio d’acqua e 450 metri quadrati di area demaniale. Un orizzonte d’acciaio si aprirebbe al largo di Punta Tonnara fino a Santa Caterina di Pittinuri, passando per Is Arenas, una pineta di 163 ettari catalogata fra i SIC, Siti di Interesse Comunitario.
Travolti dalle pale eoliche, tramonterebbero il miraggio turistico – eterna terra promessa in questo lembo di Sardegna, che qui conta tre campeggi e diversi villaggi turistici – e la pesca, che nella migliore delle ipotesi dovrebbe essere convertita in mitilicoltura, con uno stravolgimento dell’ecosistema. Eppure è questo che potrebbe accadere se, entro il prossimo 9 ottobre, sarà dato l’ok all’impianto.

La storia della fattoria del vento al largo delle coste oristanesi prende il via in sordina, lo scorso 9 settembre, con un’inserzione sui quotidiani locali e nazionali in cui la Capitaneria di Porto di Oristano rende nota la richiesta di concessione demaniale marittima sessantennale presentata dalla “Is Arenas Renewables Energies”, società con sede in Lussemburgo e capitale sociale di diecimila euro: trenta giorni di tempo per le obiezioni. Tutto sotto silenzio per un po’. Finché a scoperchiare il caso non interviene il deputato oristanese del Partito Democratico Caterina Pes che, insieme al collega Giulio Calvisi, presenta un’interrogazione parlamentare in cui chiede che i siti in questione siano risparmiati da uno stravolgimento paesaggistico di quelle proporzioni. «Non siamo contrari alle energie rinnovabili, ma qui si tratta di un uso indiscriminato – sottolinea la parlamentare – non possiamo accettare l’eolico selvaggio».

L’eolico selvaggio, appunto. Finora, il far west del vento si era accontentato di comprare la terra sarda a basso costo: la negoziazione, asimmetrica, avveniva tra le multinazionali dell’energia e i Comuni che, affamati da finanziarie avare, hanno barattato terreni per una manciata di posti di lavoro, spesso addirittura con pagamenti in natura: persino gli arredi delle scuole erano buona merce di scambio. Con margini di guadagno irrisori per gli enti locali rispetto al business delle multinazionali verdi. Eppure un minimo di contrattazione con la popolazione fino a oggi c’era stato. Ora no: con la formula off shore si issano gli alberi d’acciaio in territorio demaniale, senza potere di veto da parte delle autorità locali. A un miglio nautico dalla costa – meno di due chilometri – non è più Sardegna. Scavalcati la Regione, la Provincia, i Comuni costieri, unico referente resta il Governo, il solo che potrà consentire o bloccare l’operazione. Operazione che dovrà passare dalla Commissione tecnica di VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale).

Ed è qui che la storia si complica, perché, come emerge da una seconda interrogazione della Pes, Giuseppe Venturini, membro della Commissione, è fratello di Isabella Venturini, amministratrice della Pro.En., società consulente della Is Arenas Renewables Energies. Un affare di famiglia: fratello controllore, sorella controllata. Giuseppe Venturini fa sapere però di non essere membro della sottocommissione che esaminerà il progetto ma che, qualora la pratica dovesse approdare alla sua scrivania – fatto che non esclude, evidentemente – lui si tirerebbe fuori cavallerescamente. Più o meno come il premier risolve il suo conflitto di interessi: uscendo dall’Aula quando si parla di tv.

L’opposizione, da queste parti, resta netta e trasversale: i sindaci, i consiglieri provinciali e regionali hanno alzato le barricate. Anche l’ex governatore Renato Soru, uno dei primi a dire no all’anarchia eolica, affila le armi. Ma rischia di non bastare. «Vedrete che proveranno a comprarci – ha avvertito Antonello Chessa, primo cittadino di San Vero Milis, centro costiero coinvolto – con la promessa di nuovi posti di lavoro». Che in paesi dove i tassi di disoccupazione lievitano in maniera direttamente proporzionale a quelli dell’emigrazione, sono l’arma di ricatto più insidiosa. Per ora resistono, però, questi Don Chisciotte sardi, davanti al mare che porta di nuovo conquistatori, questa volta conquistatori del vento.

°°° MI domando quanto dovranno ancora tirare la corda, ormai logora, questi delinquenti di burlesquoni prima che i sardi si incazzino davvero e mettano mano alle armi.

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