Vietare cumulo tra redditi e indennità parlamentare

Vietare cumulo tra redditi e indennità parlamentare

ONOREVOLI DOPPIO STIPENDIO

La politica si difende affermando la sua dignità. L’indennità che la Costituzione assegna ai parlamentari è stata concepita come il corrispettivo di un impegno a tempo pieno, di una dedizione completa al mandato ricevuto dagli elettori. I doppi stipendi, il cumulo di redditi rappresentano non solo un cedimento in termini di sobrietà e di rigore, ma una possibile fonte di conflitto di interessi. E comunque svalutano quell’impegno solenne che deputati e senatori assumono con il Paese.

Se si vuole davvero contrastare l’antipolitica e riaffermare il valore della rappresentanza democratica, occorre stabilire regole severe. Una proposta di legge (a firma di Follini, Agostini e altri) è stata presentata in Senato.

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Dall’archivio di Travaglio

I veri vincitori/1
“Ho ricevuto i sondaggi della settimana: il Pdl è al 45%, il gradimento del presidente del Consiglio è al 75% e questo significa che tre italiani su quattro apprezzano l’operato del governo. Mi aspettavo un calo di consenso verso di me, ma questa campagna mediatica che si è scatenata negli ultimi giorni sulla base di un cumulo di falsità è stata capita bene dagli italiani, in maniera intelligente, e mi sta rafforzando” (Silvio Berlusconi, 9 maggio 2009).

“Siamo sopra il 40 per cento. Io poi sono più amato di Obama, che è al 59%, mentre io sono arrivato al 75%” (Silvio Berlusconi, 18 maggio 2009).

“Se avremo un risultato superiore al 40%, e gli ultimi sondaggi ci danno al 43-45, diventeremo decisivi a Strasburgo e potremo dare un drizzone all’Europa. La campagna su Noemi si è rivelata un boomerang contro la sinistra” (Silvio Berlusconi, 30 maggio 2009).

“Siamo tra il 43 e il 45 per cento, a quel punto avremo il presidente del Parlamento europeo” (Silvio Berlusconi, 2 giugno 2009).

“Assisterete a un grande cambiamento della geografia politica in Italia. Il governo è al 56% dell’apprezzamento degli italiani. Berlusconi è al 74%. La Lega Nord supera il 10%. Il Pdl è tra il 40 e il 45%. Lo sappiamo dai sondaggi, ma non ci sarebbe bisogno di sondaggi” (Silvio Berlusconi, 4 giugno 2009).

“Pdl vicino al 45 per cento. Sarà un trionfo” (Il Giornale, 5 giugno 2009)

°°° Sono veramente costernato per questo “trionfo” del mafionano. Soprattutto, sapendo che senza brogli, voti comprati (hanno fermato e denunciato alcuni corrotti che filmavano col cellulare i loro voti, a Napoli e in Sicilia), intimidazioni di mafia-camorra-‘ndrangheta… probabilmente avrebbe avuto un “trionfo” ben maggiore. Diciamo del 20%. E senza l’occupazione sistematica di tutte le tv, sicuramente avrebbe avuto un “trionfo” del 10%. Più che TRIONFO… mi pare un TRONFIO che si è sgonfiato miseramente.

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(8 giugno 2009)

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ELIO e le storie… inventate

il padre della diciottenne racconta a Il Mattino come è nata l’amicizia
Il padre di Noemi: «Ecco come
ho conosciuto Silvio Berlusconi»
Don Sciortino (Famiglia Cristiana): «Non si può rappresentare il popolo col velinismo»

Noemi Letizia
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ROMA – Una stretta di mano al presidente del Milan, e una serie di contatti in occasioni pubbliche, fino alla lettera «accorata» del premier alla famiglia Letizia, che perse tragicamente un figlio di 19 anni, nel 2001: il padre di Noemi -la ragazza di 18 anni al centro dell’attenzione in questi giorni per la sua conoscenza con il presidente del consiglio-, Benedetto (detto Elio), racconta al quotidiano Il Mattino la storia del legame con Silvio Berlusconi: «A Roma, era il 1990, lui era presidente del Milan, ancora non era in politica. Lo vidi, mi avvicinai e gli strinsi la mano, nulla di più». La vera conoscenza ci fu a Napoli nel 2001: «Era maggio, in piazza del Plebiscito, c’era un comizio con Berlusconi e Fini». Letizia andò a cena all’Hotel Vesuvio, dove era ospite, appunto, il premier: «Sapevo che gli piacevano libri e cartoline antiche. La mia era e resta una famiglia di librai. Mi avvicinai e chiesi se potevo portargli in dono delle cartoline antiche. Mi disse di prendere contatti con la segreteria attraverso una guardia del corpo, e così feci».

LA MORTE DEL PICCOLO YURI – Nel luglio 2001, la famiglia Letizia fu colpita dalla morte di Yuri, 19 anni, in un incidente stradale: «Feci arrivare la notizia al presidente, e due giorni dopo mi viene recapitata una lettera accorata, toccante. Credo che sia nato quel giorno il mio rapporto con lui. Lo sentii vicino, sincero, partecipe. Poi seguì una telefonata. Fui colpito dalla sua straordinaria sensibilità». A Natale dello stesso anno, a Roma con la famiglia, Letizia presenta la moglie e la figlia a Berlusconi: «Fu la prima volta che vide Anna e Noemi. Proprio in quella occasione, per sdrammatizzare dopo aver ricordato la tragica fine di mio figlio, lui disse a Noemi, che aveva 10 anni: considerami come il tuo nonnino. Allora intervenni io e dissi: «Nonno mi sembra ingeneroso, meglio che lo chiami papi».

°°° Questo cumulo di minchiate, scritte sicuramente da ghedini e fede o rossella o’hara, non stanno né in cielo né in terra. Il bischero è separato dalla moglie da dieci anni e vive da tutt’altra parte. Nessuno, nemmeno i domestici o i gorilla di Mafiolo, può confermare nulla senza prendersi una bella pernacchia sul muso. Assolutamente inattendibile e delirante. Fosse vero (ma ci sono le dichiarazioni di Gino a smentire tutta questa balla in maniera clamorosa e PROVATA)… ipotizziamo che fosse vero questo delirio. Ma allora qualcuno ci deve mostrare un miliardo di altre cose analoghe: dove abitano le famiglie che burlesquoni aveva promesso di ospitare dopo il terremoto del 2002? In quali delle sue case vivono le famiglie terremotate dell’Aquila che lui ha giurato di ospitare “in qualcuna delle mie case”? Dove lavorano i ragazzi albanesi che lui spergiurò di “sistemare” quand’era all’opposizione e spandeva merda su Prodi, che invece risolse immediatamente e bene il problema delle “carrette del mare” provenienti con gli scafisti dall’Albania? Cioè, A CAZZARO! Qui siamo svegli e documentati, non ci puoi certo prendere per il culo tu, vecchio malato. Di queste domande ne abbiamo almeno mille. Poi ci spieghi come mai, scrivi a uno sconosciuto inesistente una lettera accorata e gli telefoni… e te ne fotti di milioni di altre persone più importanti e molto più bisognose. Ma vacccagare, silvio!

a_cazzaro7

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riecco il cazzaro: ennesima truffa

L’Aquila e il decreto abracadabra
E’ stato ribattezzato “decreto abracadabra” per le innumerevoli devianze creative con le quali accompagna il processo di ricostruzione dell’Aquila e dei paesini circostanti. La luna di miele tra gli abruzzesi e Silvio Berlusconi ha subito una prima e significativa increspatura. La lettura approfondita del decreto legge, e la verifica che i soldi all’Abruzzo in gran parte (4,7 miliardi di euro) saranno racimolati dall’indizione di nuove lotterie, dagli interventi sul lotto, e dai sempreverdi provvedimenti anti-evasione, soldi veri niente, e che in più le risorse saranno spalmate su un periodo lunghissimo (da oggi al 2033) hanno creato fremiti di rabbia dapprima isolati e poi sempre più partecipati.

Il tam tam (“Berlusconi ci inganna!”) è iniziato, e non è una novità, sui blog. Prima Facebook e poi i partiti. Prima i conclavi nelle tende poi le riunioni istituzionali. Una giovane donna, Rosella Graziani, che sa far di conto, ha messo a frutto tutto il tempo ritrovato e fino alla settimana scorsa inutilizzato per radiografare il decreto legge e poi bollarlo in una lettera pubblica: “Mai nella storia dei terremoti italiani avevamo assistito a una ingiustizia tanto grande e a un tale cumulo di menzogne che ha ricoperto L’Aquila più di quanto non abbiano fatto le macerie”.

Quali le menzogne e dove l’inganno? I soldi veri, il cash disponibile che Tremonti rende immediatamente spendibile si aggira sul miliardo di euro. Tolte le spese per l’emergenza, restano 700 milioni di euro destinati alla costruzione delle casette temporanee. E qui il primo punto: 400 milioni saranno spesi per edificarle nel 2009 e 300 milioni nel 2010. Se ne dovrebbe dedurre che la totalità delle case provvisorie sarebbero, è bene riusare il condizionale, realizzate totalmente entro l’anno prossimo. Dunque qualcuno avrebbe un tetto a settembre, qualcuno a ottobre, qualche altro a gennaio, o nella primavera che verrà. E’ così? E’ il dubbio, maledetto, che affligge e turba.

Secondo punto: le casette sono sì temporanee ma il decreto le definisce “a durevole utilizzazione”. Durevole. Moduli abitativi condominiali, magari lindi e comodi, a due o tre piani. In legno. Ecocompatibili, risparmiosi, caldi. Perfetti. Possono durare decenni.
E dunque: sarebbero provvisori ma purtroppo paiono proprio definitivi. E, questa è una certezza, sono le uniche costruzioni ad avere pronta una linea di finanziamento. Piccole e sparse new town. New town aveva detto Berlusconi, no? E le case vere? Quelle di pietra?

Qui la seconda questione campale: sembra, a scorrere gli allegati al decreto, che Berlusconi non possa concedere più di 150 mila euro per la ricostruzione dell’abitazione principale. E per di più questi soldi sarebbero veri fino a un certo punto, perciò la definizione di decreto abracadabra. 50 mila euro li concederebbe – cash – il governo; 50 mila li tramuterebbe in credito di imposta (anticipata dalla famiglia terremotata e ammortizzata in un arco temporale di 22 anni); altri cinquantamila sarebbero coperti con un mutuo a tasso agevolato a carico però del destinatario del contributo.

Non si sa bene ancora se sarà così strutturato il fondo. Le norme del decreto possono subire fino al prossimo giovedì emendamenti e correzioni. Quel che comunque sembra chiaro è che la somma ipotizzata (150 mila euro) ammesso che venga confermata, sarà sufficiente per una casa di tipo popolare e di nuova costruzione, ma totalmente sottodimensionata per finanziare i lavori di recupero e restauro conservativo. Nel centro storico dell’Aquila ci sono 800 edifici pubblici e 320 edifici privati, sottoposti a vincoli per il loro pregio.

Recuperi dispendiosi economicamente e, secondo questo decreto, sostanzialmente a carico dei privati.
Così ieri i sindaci delle aree terremotate si sono ritrovati in conclave e hanno iniziato in un borbottio che è poi sfociato in un documento di dura protesta. “Vogliamo vedere nero su bianco i soldi per la ricostruzione e non solo quelli per le casette transitorie. L’Aquila va costruita dov’era e com’era. Così non sarà: a leggere il decreto i tempi sono dilatati fino al 2033, una data ridicola”, ha dichiarato la presidente della Provincia Stefania Pezzopane.

Ai dubbi che già gonfiano i primi timori si aggiunge poi l’offesa istituzionale subita dagli enti locali. Il governo, promotore della prima legge costituzionale a vocazione federalista, ha accentrato ogni potere di spesa negando finanche al sindaco dell’Aquila, città epicentro del terremoto e capoluogo di regione, le funzioni commissariali esecutive. Penserà a tutto, come al solito, Guido Bertolaso…

(5 maggio 2009)

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governicchio dimmmmerda

LE CONSEGUENZE DELL’IMMOBILISMO
di Tito Boeri e Pietro Garibaldi 05.05.2009

Finalmente abbiamo la Relazione unificata sull’economia e la finanza. Era un documento atteso e importante per capire come è evoluta la strategia di politica economica del governo dopo l’aggravarsi della crisi e per avere un quadro più preciso sullo stato dei conti pubblici. Certifica le conseguenze dell’immobilismo di fronte alla crisi. La spesa pubblica aumenta accentuando il suo squilibrio a favore di pensioni e dipendenti pubblici, mentre disavanzo e debito peggiorano in modo consistente. E le stime potrebbero essere troppo ottimistiche sul lato delle entrate.

LA PEGGIORE RECESSIONE DEL DOPOGUERRA

È molto, molto difficile fare previsioni nel mezzo di una crisi così profonda. Il governo con la Relazione unificata sull’economia e la finanza (Ruef) mostra sostanzialmente di condividere le previsioni del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, rese pubbliche una settimana prima della pubblicazione della Ruef, per quanto riguarda l’andamento dell’economia nel 2009. Il prodotto interno lordo cala, secondo le previsioni, del 4,2 per cento (contro il meno 4,4 per cento delle previsioni del Fondo e della Commissione Europea). Se così fosse, sarà la peggior recessione del Dopoguerra. La Ruef prevede un peggioramento di ben due punti percentuali del disavanzo: l’indebitamento in rapporto al Pil passerà dal 2,7 per cento al 4,6 per cento. Il peggioramento è dovuto interamente a un incremento delle spese, che dovrebbero aumentare di tre punti in rapporto al prodotto interno lordo, mentre le entrate dovrebbero aumentare di un punto percentuale rispetto al Pil.

LA CAVALCATA DELLE PENSIONI E DELLA SPESA PER I DIPENDENTI PUBBLICI

È normale che la spesa pubblica in recessione aumenti. In quasi tutti i paesi avanzati, con il peggiorare della crisi, stiamo assistendo a un forte incremento della spesa pubblica in percentuale al Pil. Èun fenomeno legato all’operato dei cosiddetti “stabilizzatori automatici”, quelle spese che crescono in recessione per poi ridursi quando le cose vanno meglio, come le risorse per pagare i sussidi di disoccupazione. In Italia la crescita della spesa ha una natura diversa dagli altri paesi perché riguarda spese destinate a durare nel corso del tempo, ben oltre la recessione. Accentueranno gli squilibri della nostra spesa pubblica a favore di pensioni e pubblico impiego e a svantaggio di misure di contrasto alla povertà e disoccupazione. Secondo la Ruef, il 93 per cento degli incrementi della spesa sono “discrezionali”, anziché legati ad automatismi (p. 58). Se fosse vero, si tratterebbe di una massiccia operazione di redistribuzione di risorse a favore del pubblico impiego e dei percettori di pensioni.
Questa recessione verrà ricordata per un ulteriore aumento della spesa pensionistica in rapporto al Pil e per un incremento dei redditi dei dipendenti pubblici. In valore assoluto la spesa corrente nel 2009 aumenterà di 22 miliardi di euro. La metà circa dell’aumento (approssimativamente 10 miliardi) è dovuto alla spesa per pensioni: cresceranno nel 2009 del 4 per cento, pur in presenza di un calo del prodotto interno lordo superiore al 4 per cento. Questo provocherà un forte spostamento di risorse verso la previdenza, che in rapporto al Pil passa da 14,2 a 15,2 per cento. Ogni recessione in Italia provoca un ulteriore incremento degli squilibri nella nostra spesa sociale. Come documentato dalla Ragioneria Generale dello Stato, la spesa pensionistica sul Pil è destinata a crescere da qui al 2013 in presenza di tassi di crescita annuali della nostra economia inferiori all’1,8 per cento. Come dire che se la recessione dovesse continuare, rischieremmo di trovarci con pensioni che ammontano al 20 per cento del prodotto nazionale, assorbendo quasi la metà della spesa corrente. Non solo non si è intervenuti per ridurre questo spostamento delle risorse pubbliche, ma addirittura lo si è rafforzato con provvedimenti come la rimozione del divieto di cumulo fra pensioni e redditi da lavoro (che vale circa 500 milioni).
Anche i dipendenti pubblici vedranno un aumento di due punti percentuali delle risorse pubbliche loro destinate pur in presenza di una recessione così profonda. Da notare che i dipendenti pubblici con contratti a tempo indeterminato, i maggiori beneficiari degli aumenti, non corrono alcun rischio di perdita del posto di lavoro. Il totale della spesa per retribuzioni registra così un ulteriore incremento (fino all’11,4 per cento) della quota delle risorse nazionali destinate, il tutto rigorosamente in nome della battaglia per ridurre i costi del pubblico impiego.

L’OTTIMISMO SULLE ENTRATE

Pur concordando con il Fondo monetario internazionale sulla profondità della recessione, la Ruef è decisamente più ottimista del Fmi nelle stime del disavanzo e del debito pubblico (vedi tabella qui sopra) in virtù di un miglioramento delle entrate.
A cosa si deve l’ottimismo del governo sulle entrate? Leggendo fra le righe della Relazione si scopre che il governo ritiene che il calo del gettito sia già stato anticipato dalle famiglie nell’autotassazione di novembre. Può darsi. Ma cosa accadrà al gettito dell’autotassazione del 2009? Se le previsioni del governo sull’andamento dell’economia sono corrette, ci dovrebbe essere un effetto di trascinamento, con una forte riduzione delle entrate nel 2009. Fatto sta che alla forte revisione al ribasso delle stime sul Pil 2009 (-2,2 per cento rispetto alla nota di aggiornamento del Programma di Stabilità) si accompagna una più modesta revisione delle stime sulle entrate (-1,7 per cento). E questo nonostante i dati sul primo trimestre 2009 segnalino un forte calo delle entrate tributarie, diminuite di circa il 7 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2008. Il governo assume che nel 2009 ci sarà un aumento della pressione fiscale, dal 42,8 al 43,5 per cento. Il che significa che le entrate caleranno proporzionalmente meno del prodotto interno lordo. Normalmente, in fasi recessive le entrate calano proporzionalmente più del prodotto interno lordo.
Insomma la Ruef dimostra che la strategia del governo di fronte alla crisi – il suo scegliere di non scegliere – ci consegnerà un paese con squilibri nell’allocazione delle risorse pubbliche ancora più stridenti di quelli che già avevamo. Non sarà neppure servita a contenere la crescita del debito pubblico, avviato a tornare sui massimi storici, come previsto dal Fondo monetario internazionale, forse con più realismo di quello mostrato dal nostro governo.

lucio1

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