Obama? Non se lo caga di striscio!

MURDOCH
Chiamato da Berlusconi per quello scherzetto, Murdoch ha capito che il mercato italiano era promettente e ci si è installato. Si è impadronito della pay tv satellitare italiana, che in mani italiane (L’IMPRENDITORE DEI NOSTRI COGLIONI: silvio burlesquoni…) aveva perso per anni centinaia di miliardi di lire all’anno, trasformandola nel successo che è oggi Sky; poi Mediaset gli ha sparato nelle gambe il calcio sul suo digitale terrestre e poi, peggio di tutto, il governo italiano ha raddoppiato l’Iva sulla pay tv.

OBAMA

Il fantasma che spaventa di più Berlusconi è però quello del presidente americano Barack Obama. In fondo, può pensare Berlusconi, con Murdoch alla fine ci si metterà d’accordo. Siamo imprenditori, siamo ricchi, abbiamo la stessa età, siamo fatti per intenderci. Probabilmente se pensasse davvero così sbaglierebbe, ma un fondo di ragione può avercelo.

Con Obama, invece, la paura è più che giustificata. Al di là del santino neo kennediano che ne è stato fatto in Italia, Obama è un giocatore durissimo, cresciuto alla spietata scuola della politica di Chicago, la città più violenta d’America e in cui anche la lotta politica segue regole che non sono quelle bizantine della costa orientale e meno che mai quelle di un consiglio comunale italiano. Tutto vero quello che si è detto e scritto sugli ideali, le grandi strategie, l’essere profondamente di sinistra di Obama.

Ma Obama ha anche imparato, nella città di “The Jungle”, le regole della politica, che non sono quelle di un collegio di Orsoline. Che sia un duro nel gioco politico basta vedere come ha scaricato il suo compagno di partito Rod Blagojevich, infilatosi da solo in un mare di guai ma finito nel mirino della procura della Repubblica locale proprio in quanto compagno di partito di Obama. Per convincersi che sia un duro nella gestione, basta vedere come ha affrontato i finanzieri di Wall street e i loro stipendi, l’industria dell’auto e anche i pirati somali.

Umanamente ha tutte le ragioni per detestare Berlusconi, che gli ha dato pubblicamente del negro e non in una serata a Villa Certosa, ma in Russia, in una conferenza stampa inter nazionale sghignazzando sul colore della pelle di Obama con un altro campione di tolleranza razziale, il presidente russo Medvedev.

Ma anche sul piano politico Obama ha molte ragioni per infliggere all’Italia di Berlusconi qualche umiliazione. Berlusconi si è appiattito per anni su Bush, in modo totale e assoluto, senza avere l’aplomb (che è tutto dire) dell’inglese Tony Blair; inoltre, insiste nel volere essere il grande mediatore con lo zar russo Vladimir Putin. e anche questa cosa è fatta per non piacere agli americani, che il gioco con la Russia lo vogliono condurre loro, con le loro mani, come serve alle loro strategie.

L’Italia, per gli americani, dopo la fine dell’impero russo, è un paese marginale. Per chi governa l’Italia, che è colonia americana (meglio dell’America che di chiunque altro, ma sempre colonia) la legittimazione americana è fondamentale e anche per questo Berlusconi si buttò subito nelle braccia di Bush, certamente non credendo una parola delle fandonie sulla guerra al terrore ma sapendo che se non si fosse schierato con il padrone di Washington, avrebbe avuto vita ben più difficile, in Italia e fuori.

E Obama non ha fatto certo mistero della sua freddezza verso Berlusconi e l’Italia. È stato in Europa, ai primi di aprile, è andato dappertutto tranne che in Italia, a Londra ha visto anche gente di Stati meno importanti dell’Italia ma non Berlusconi. Una riprova della freddezza dei rapporti tra i due viene anche dal noto episodio che tanto irritò la regina Elisabetta, quando Berlusconi chiamò con un tono di voce non da corte il presidente americano. “Mister Obama” gli disse, invitandolo a posare assieme per una foto ricordo. Obama accettò, anche perché con lui e Berlusconi posarono praticamente tutti gli altri capi di governo presenti.

Ma non sono passati a chiamarsi col primo nome, che per gli americani è il nostro tu. In quell’occasione, Berlusconi ha strappato a Obama, un invito a andare a Washington, per parlare del G8 (della cui nuova location il povero Obama non ha bene contezza) ma, a quel che si legge, finora la conferma definitiva dell’incontro alla Casa Bianca non è arrivata.

Intanto Obama va a Riyad, in Arabia Saudita, a vedere re Adbullah (indicativo della dipendenza americana dai sauditi fu l’inchino di Obama davanti al sovrano a Londra), va al Cairo, va in Germania. Cosa gli costerebbe un piccolo detour su Roma, giusto una toccata e fuga, tanto per consentire a Berlusconi di non parlare più di lui come «mister Obama», ma «il mio amico Barack», come faceva con «l’amico George». E invece nulla, solo un glaciale silenzio. Nemmeno con la melatonina uno normale riuscirebbe a dormire.

MARCO BENEDETTO

°°° Murdoch non mi piace, è di destra, ma è un cazzutissimo imprenditore internazionale. Burlesquoni un malavitoso di piccolo cabotaggio che sarebbe finito in galera da decenni IN QUALUNQUE PAESE CIVILE.
Obama è un grandissimo statista e lo sta dimostrando. Burlesquoni un vecchio pedofilo miserabile e cocainomane che politicamente non conta un cazzo nemmeno a Malta o a Corfù… Ma di che parliamo?

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Figure di merda

Il premier: «Non servono più chiarimenti, sU NOEMI HO GIà detto TUTTO»
Il Times attacca Berlusconi
La replica: falsità insufflate da sinistra
Il giornale: «Il peggio non sono le ragazze candidate a Europarlamento, ma il disprezzo verso gli italiani»

Silvio Berlusconi: pedofilo bugiardo e malavitoso

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LONDRA – Durissimo attacco del Times nei confronti di Silvio Berlusconi. «L’aspetto peggiore del comportamento di Berlusconi non è il fatto che sia un buffone sciovinista. E nemmeno che si accompagni con donne di 50 anni più giovani, abusando della sua posizione per offrire loro lavoro come modelle, assistenti personali e anche, suona assurdo, candidate al Parlamento europeo. La cosa più scioccante è l’assoluto disprezzo con il quale tratta gli italiani». Inizia così l’editoriale del quotidiano londinese, di proprietà del magnate Rupert Murdoch, padrone anche di Sky, dedicato al presidente del Consiglio italiano.

«ANZIANO LIBERTINO» – Continua poi l’articolo: «L’anziano libertino (Lothario sul Times, ndr) può trovare divertente, o anche temerario, fare il playboy, vantandosi delle sue conquiste, umiliando sua moglie, o facendo commenti che per molte donne sono grottescamente inappropriati. Non è il primo o il solo il cui comportamento privo di dignità sia inappropriato per la sua carica. Ma quando vengono poste domande legittime su rapporti che toccano lo scandaloso e i quotidiani lo invitano a spiegare associazioni che, nella migliore delle ipotesi, lasciano perplessi, la maschera del clown cade». Berlusconi «invoca la legge per proteggere la sua “privacy”, rilascia dichiarazioni elusive e contraddittorie e poi promette melodrammaticamente di dimettersi se verrà scoperto a mentire». L’editoriale prosegue ricordando le domande alle quali Berlusconi non ha mai risposto, le foto di Villa Certosa fatte sequestrare e il ministro degli Esteri Frattini che ha puntualizzato che in Italia i rapporti sessuali non consenzienti riguardano solo i minori di 14 anni. Infine il Times ricorda che tutto ciò non è solo una questione interna italiana, ma l’Italia ha la presidenza di turno del G8, è un importante membro della Nato e Berlusconi si è dichiarato amico personale di Putin.

putin

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

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Speriamo bene

D’Alia sarà cancellato. E nasce la lobby dei deputati digitali

Due appuntamenti internet per i deputati in questo martedì di diluvio romano. Prima con il voto che dovrebbe portare alla cancellazione dell’articolo 50 bis del decreto sicurezza, che ha avuto origine in senato all’inizio di Febbraio, con la presentazione dell’ormai famigerato “emendamento D’Alia” (Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet). In secondo luogo con la costituzione di “Intergruppo Parlamentare 2.0″, associazione di deputati e senatori che, presentata a Monte Citorio, con tanto di dichiarazione dei promotori, ha lanciato ieri la sua intenzione di aumentare il tasso di cultura digitale del parlamento italiano.

“L’emendamento della censura”
In serata arrivano in votazione gli emendamenti soppressivi del testo D’Alia che, ad opera del senatore Udc, prevedeva la facolta per il governo di chiudere, su segnalazione della magistratura, i siti o le piattaforme che ospitino affermazioni o contenuti che integrino un ampio arco di fattispecie riconducibili all’apologia di reato. Un testo criticato da più parti per le sua vaghezza, le sue evidenti ricadute censorie oltre che per la totale ignoranza delle modalità tecniche implicate nell’operazione eventualmente disposta dal governo, modalità che creerebbero catene di responsabilità di tipo “cinese”.

Sebbene al senato sia stato approvato da una maggioranza schiacciante, formata da Pdl e Udc, ora gli emendamenti che chiedono l’eliminazione di quell’articolo sono due. Uno del Pdl (presentatori Cassinelli e Mannucci) e uno del Partito Democratico con la firma di un grande numero di deputati. In passato anche Antonio Di Pietro è stato durissimo su quel testo e c’è quindi da immaginare che l’Italia dei valori dia una mano ad eliminarlo. Secondo fonti della maggioranza, la proposta soppressiva potrebbe partire dallo stesso governo. Al meglio non c’è limite…

Un parlamento rinsavito?
Meglio non essere ottimisti, ma forse c’è anche la mano dei dodici che ieri hanno costituito Intergruppo 2.0, organismo che ha un blog e che ieri è stato presentato con grande enfasi alla Camera. L’elenco dei promotori è breve e doveroso (i link, collegati al nome, sono quelli forniti dai deputati in sede di presentazione). Per il Pd: Paola Concia, Sandro Gozi, Alessia Mosca , Vinicio Peluffo, Federica Mogherini Rebesani, il radicale eletto-pd Matteo Mecacci e il senatore Vincenzo Vita, fresco di presentazione del disegno di legge sulla neutralità delle rete. Per il Pdl: il benemerito Roberto Cassinelli, primo presentatore (nel tempo) di un testo anti-D’Alia, Nicola Formichella, Beatrice Lorenzin (un carnivoro tra vegetariani: è colei che ha chiesto “l’impedimento di accesso” ai siti contenenti istigazione alla bulimia e all’anoressia. E allora perché sta nell’Intergruppo?) , il leghista Massimiliano Fedriga. Infine Pierfelice Zazzera (Idv).

Come che sia, questo gruppo sembra perlomeno “digitalmente alfabetizzato”. Farà audizioni “on line”, non ha ancora un’agenda, ma sembra avere tutta l’intenzione di costruirsela. E’ ben consapevole che dovrà fare lavoro di missione all’interno delle sue stesse fila, visto che l’ignoranza digitale è patrimonio solido e diffuso della rappresentanza politica italiana. Infine, e non guasta, sono tutti abbastanza giovani.

Formichella (Pdl) si è spinto a dire che nel caso Down-YouTube (il video sull’abuso fisico ai danni di un minore disabile, filmato dai suoi stessi assalitori e messo on line), per i quali a Milano sono a processo dirigenti di Google, non ci sono responsabilità dei gestori.” L’unica responsabilità è di chi i contenuti li pubblica” ha detto. E’ un elementare principio da stato di diritto ma non pare avere molti consensi tra i politici italiani.

Ne viene a riprova l’aneddoto raccontato dalla democratica Mogherini Rebesani, che di recente è rimasta assente dalla camera per malattia. Sul suo blog qualcuno le ha contestato la mancata presenza in aula e lei ha potuto chiarire che era malata. “Una volta tornata in aula – racconta – i colleghi mi hanno dato solidarietà. Ma non per la malattia, bensì per l’inaudito attacco subito sul blog”. E va be’…

Era ora
Inutile dire “era ora”. Semmai la domanda da fare ai nuovi associati è “perché siete così pochi?” e cosa intendete fare anche al di fuori della camera. Le domande, per oggi, non gliele abbiamo fatte, ma ce ne sono alcune che urgono: la rete è sotto attacco, non solo da parte dei D’Alia, ma anche dei potenti “doganieri” delle Telco, che stanno per far passare una direttiva europea devastante per l’accesso paritario alle diverse applicazioni e dati. Ne parla Repubblica.it.

Gli effetti della direttiva Telecoms Package potrebbero essere devastanti. Il problema è sempre lo stesso: la cultura dell’establishment che, nell’interesse solido di aziende Telco, televisive, musicali e magari editoriali, sogna di far rientrare il dentrificio nell’astuccio o il genio nella bottiglia.Ma la bottiglia è rotta. Per sempre.

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