Gli spot di Mafiolo e Bertolaso SMENTITI dai fatti

L’Aquila: +439% cassintegrati e 16mila senza lavoro dopo il sisma
ultimo aggiornamento: 18 febbraio, ore 13:43

La regione Abruzzo ha previsto un bando destinato alle piccole imprese che rappresentano il 60% dell’economia aquilana, ma non basta.Roma, 18 feb. (Labitalia) – E’ cresciuto del 439% in un anno, dalla data del sisma ad oggi, il numero dei cassaintegrati de L’Aquilla: oltre 8.000 a cui si aggiungono altrettanti autonomi che non riusciranno a ripartire senza aiuti. Secondo il quotidiano ‘Avvenire’, sono molte le promesse del governo sui fondi destinati ai piccoli imprenditori, che però fino ad oggi non hanno avuto un seguito concreto. “Ancora non arrivano i soldi dal governo – precisano gli uffici del comune abruzzese – e il sindaco, Massimo Cialente, ha richiesto 70 milioni di euro per coprire gli indennizzi per le 4.000 domande pervenute dai lavoratori autonomi. Ma oltre all’iniziale contributo di 800 euro per tre mesi, previsto per tamponare i danni all’attività dovuti dal terremoto, i privati non hanno ricevuto nulla”. Questa la situazione, nonostante un’apposita ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri per permettere al commissario delegato, Gianni Chiodi, di anticipare fino a 80 milioni di euro per aiutare gli imprenditori danneggiati dal sisma. Annunci Google

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“Corriamo il rischio – afferma il direttore di Confindustria de L’Aquila, Antonio Cappelli – dopo aver avuto le case di avere il deserto, senza nessuno che ci abita, perché qui non si lavora. Si parla di tutto meno che di attività produttive”. La regione Abruzzo ha previsto un bando destinato alle piccole imprese che rappresentano il 60% dell’economia aquilana, con fondi fino a 35 milioni di euro ma, continua Cappelli, “non basta, è meno di un quinto di quanto servirebbe per far ripartire il tessuto economico del territorio. Una soluzione è la zona franca e gli incentivi fiscali per aiutare le società che c’erano prima del terremoto a sopravvivere e spingere le aziende a venire anche da altre parti d’Italia”.

Qualcuno, però, si è rimboccato le maniche, e ha provato a rialzarsi da solo. Emanuela Minervino, ad esempio, che solo due mesi prima del terremoto aveva rilevato una piccola bottega sartoriale nel centro storico de L’Aquila, ha deciso di non mollare e di riaprire il suo negozio nel borgo di Sant’Elia, a qualche chilometro dalla città e lontano dalle macerie. “Ho fatto un ulteriore debito a tasso zero per riparte – afferma – e abbiamo rintracciato le vecchie clienti, andiamo avanti con determinazione, ma è dura. Però c’è tanta rabbia e delusione, perché qui stanno lasciando morire una città”.

 

BERLUSCONI  E  BERTOLASO, SPARATE MENO SCORREGGE IN TV E SUI GIORNALI!

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L’ITALIETTA DI UN MALATO IMPOTENTE

Rotto l’incantesimo
del nuovo Don Rodrigo

di GAD LERNER

Forse ora la smetterà d’insistere sulla propria esuberanza sessuale, sulle belle signore da palpare anche tra le macerie del terremoto e sulle veline che purtroppo non sempre può portarsi dietro.

A quasi 73 anni d’età, Silvio Berlusconi si trova per la prima volta in vita sua a fare davvero i conti con l’universo femminile così come lui l’ha fantasticato, fino a permearne la cultura popolare di massa di questo paese. Lui, per definizione il più amato dalle donne, sente che qualcosa sta incrinandosi nel suo antiquato rapporto con loro.

Le telefonate notturne a una ragazzina, irrompendo con la sproporzione del suo potere – come un don Rodrigo del Duemila – dentro quella vita che ne uscirà sconvolta. E poi il jet privato che le trasporta a gruppi in Sardegna per fare da ornamento alle feste del signore e dei suoi bravi. Ricompensate con monili ma soprattutto con aspettative di carriera, di sistemazione. L’immaginario cui lo stesso Berlusconi ha sempre alluso nei suoi discorsi pubblici è in fondo quello di un’Italietta anni Cinquanta, la stagione della sua gioventù: vitelloni e case d’appuntamento; conquista e sottomissione; il corpo femminile come meta ossessiva; la complicità maschile nell’avventura come primo distintivo di potere. Nel mezzo secolo che intercorre fra le “quindicine” nei casini e l’uso improprio dei “book” fotografici di Emilio Fede, riconosciamo una generazione di italiani poco evoluta, grossolana nell’esercizio del potere.

Di recente Lorella Zanardo e Marco Maldi Chindemi hanno riunito in un documentario di 25 minuti le modalità ordinarie con cui il corpo femminile viene presentato ogni giorno e a ogni ora dalle nostre televisioni, con una ripetitiva estetica da strip club che le differenzia dalle altre televisioni occidentali non perché altrove manchino esempi simili, ma perché da nessuna parte si tratta come da noi dell’unico modello femminile proposto in tv. La visione di questa sequenza di immagini e dialoghi è davvero impressionante (consiglio di scaricarla da www. ilcorpodelledonne. com). Viene da pensare che nell’Italia clericale del “si fa ma non si dice” l’unico passo avanti compiuto nella rappresentazione della donna sia stato di tipo tecnologico: plastificazione dei corpi, annullamento dei volti e con essi delle personalità, fino a esasperare il ruolo subalterno, spesso umiliante, destinato nella vetrina popolare quotidiana alla figura femminile senza cervello. Cosce da marchiare come prosciutti negli spettacoli di prima serata, con risate di sottofondo e senza rivolta alcuna delle professioniste, neppure quando uno dopo l’altro si sono susseguiti gli scandali tipicamente italiani denominati Vallettopoli.

In tale contesto ha prosperato il mito del leader sciupafemmine, invidiabile anche per questo. Fiducioso di godere della complicità maschile, ma anche della rassegnata subalternità di coloro fra le donne che non possano aspirare a farsi desiderare come veline.

Tale è stata finora l’assuefazione a un modello unico femminile – parossistico e come tale improponibile negli Stati Uniti, in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Spagna – da far sembrare audacissima la denuncia del “velinismo politico” quando l’ha proposta su “FareFuturo” la professoressa Sofia Ventura. Come se la rappresentazione degradante della donna nella cultura di massa non avesse niente a che fare con la cronica limitazione italiana nell’accesso di personalità femminili a incarichi di vertice. Una strozzatura che paghiamo perfino in termini di crescita economica, oltre che civile.

Così le ormai numerose indiscrezioni sugli “spettacolini” imbanditi nelle residenze private di Berlusconi in stile harem – mai smentite, sempre censurate dalle tv di regime – confermano la gravità della denuncia di Veronica Lario: “Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica”. Una sistematica offesa alla dignità della donna italiana resa possibile dal fatto che “per una strana alchimia il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore”.

Logica vorrebbe che dopo le ripetute menzogne sulla vicenda di Noemi Letizia tale indulgenza venga meno.
La cultura misogina di cui è intriso il padrone d’Italia – ma insieme a lui vasti settori della società – risulta anacronistica e quindi destinata a andare in crisi. Si rivela inadeguata al governo di una nazione moderna.
Convinto di poter dominare dall’alto, con l’aiuto dei suoi bravi mediatici, anche una realtà divenuta plateale, l’anziano don Rodrigo del Duemila per la prima volta rischia di inciampare sul terreno che gli è più congeniale: l’onnipotenza seduttiva, la cavalcata del desiderio. L’incantesimo si è rotto, non a caso, per opera di una donna.

°°° Aggiungo solamente che umilio fede NON ha dimenticato il book con le ragazzine a cena da Mafiolo, ma il suo compito principale è quello di CERCARE SEMPRE CARNE FRESCA! E’ lautamente pagato, con soldi rubati, solamente per fare da laido paraninfo.
E aggiungo anche, avendo notizie di prima mano da un amico che lavora da anni a villa Certosa, che i festini finiscono SEMPRE allo stesso modo:
minorenni drogate sparse ovunque, vomito, montagne di cocaina, e medici corrotti sempre pronti a rianimazioni spesso laboriose.

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

sniffa1

festicciola

festino

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