Ma perché?

Pensionato condannato dal giudice
a mantenere le figlie «bamboccione»

 Le due figlie, 26 e 30 anni, sono entrambe fuori corso all’università. Il Tribunale civile impone al padre di versare un assegno mensile di 1800 euro: ne prede 2500 di pensione

°°° Due sicure “promesse”  dello scibile umano, che stanno a poltrire invece di studiare. Ma perché le deve mantenere il padre, quando potrebbero benissimo mantenerle alcuni deputati o senatori del PdL? Si sa che loro LE PROMESSE  sono abituati a MANTENERLE…

 

LE DUE RAGAZZE  MESSE IN MEZZO A UNA STRADA DAL PADRE SCOGLIONATO

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Bossi all’Università

Bossi all’Udc: “Non venga sopra il Po”

Con Berlusconi “un accordo di ferro”

Il leader della Lega all’università di Pavia. “Casini e Fini sono amici, ma come si può governare con chi tutti i giorni la pensa in maniera diversa?”

°°° E così, anche Bossi potrà vantarsi di aver visto un ateneo dall’interno.  Non parliamo dell’accordo di ferro… sappiamo quanti miliardi ci è costato e quanto sangue ci costerà per decenni…

BOSSI  MORE SOLITO

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Ecco un altro “disfattista” come me

Roberto Cotroneo

Un paese senza niente

Un paese cupo. Da un po’ di giorni i maggiori giornali italiani pubblicano foto di Berlusconi piuttosto corrucciate, e non c’è da stupirsi, l’aria dei suoi collaboratori è da: si salvi chi può. E la stampa inglese continua a dire che siamo agli ultimi giorni dell’impero, e che sicuramente Silvio si ritirerà. Cose tutte da dimostrare, e al momento piuttosto lunari. O a Londra sanno cose che ai giornalisti italiani non vengono dette, o forse sta accadendo qualcosa di peggio. Fuori dall’Italia nessuno ci capisce più nulla. E il nostro sta diventando un paese indecifrabile, dove avvengono cose che in paese normali di solito non accadono. E non si tratta soltanto del premier, delle escort, delle feste e delle inchieste. Tutto si è sfaldato. Tutto ha perso di valore.
Se anziché utilizzare degli indici economici per dire in che posizione mondiale siamo utilizzassimo degli altri indici, scopriremmo che siamo forse al duecentesimo posto. Per le nostre università, che quasi non compaiono nelle prime cento del mondo, per i nostri autori e i nostri libri, che nessuno traduce più, per i nostri film, che arrancano nei festival e sono brutti e mosci, per i nostri istituti di cultura all’estero, ridotti a niente, gestiti per buona parte da incompetenti, o da gente che vuole passarsi una vacanza in qualche capitale europea a spese del ministero degli Esteri. Per i nostri musei, tornati a una consuetudinaria inefficienza. Per i nostri giornali, e va detto anche questo, sempre più in caduta libera, sempre più in crisi di idee e e di lettori. E non perché siamo un paese che non legge, ma perché siamo un paese che non si fa leggere. Siamo duecentesimi al mondo, perché non sappiamo generare classe dirigente, duecentesimi al mondo perché non abbiamo formato giovani in grado di sostituirsi nei ruoli chiave. E non solo perché i vecchi impediscono il ricambio, ma perché siamo riusciti a fare un miracolo: le nostre giovani generazioni hanno coltivato in vitro i peggiori difetti delle vecchie, e sono già inservibili. Siamo cupi, abbiamo paura di dire la verità, pensiamo che un congresso di partito non si possa convocare se gli accordi non sono stati fatti prima. Fingiamo di vedere il nuovo dove il nuovo non c’è. E continuiamo a farci de male. Ma soprattutto siamo un paese incompentente, incompetente in tutto. Un paese di dilettanti allo sbaraglio. Guidati dal più gigantesco tra i dilettanti. Lui, quel premier che incarna quello che siamo diventati, con la complicità di tutti. E allora, di cosa possiamo lamentarci?

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I NODI AL PETTINE

La manifestazione fuori da Montecitorio
I comitati chiedono più trasparenza nelle scelte del governo
Roma, la protesta dei terremotati
In 1000 alla Camera gridano: “Buffoni”
Tanti gli slogan dei Comitati: “Forti e gentili sì, fessi no!”
I sindaci: “Vogliamo fatti, non promesse” E il Tg1 oscura la protesta

La tenda montata a
Montecitorio dagli studenti

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ROMA – E’ arrivata a Montecitorio per il sit-in dimostrativo, la marcia degli sfollati delle tendopoli dell’Aquila, che protestano proprio nel giorno in cui la Camera deve approvare il decreto legge sull Abruzzo.

Slogan e proteste. Senza bandiere di partito e scandendo vari slogan tra cui “forti e gentili sì, fessi no!“, “100% ricostruzione, partecipazione e trasparenza” e “Buffoni, buffoni”, 1000 aquiliani dei Comitati dei cittadini sono arrivati a Roma con 20 pullman partiti questa mattina alle 9 e 30 da Collemaggio. Presente anche un grande striscione con la scritta: “Case, scuole, Università. Subito. Contro la speculazione ricostruzione dal basso”. Ad imitazione delle tendopoli, alcuni ragazzi montano tende da campeggio sotto l’obelisco che domina la piazza. Sono scesi in piazza anche gli studenti dell’Onda che chiedono che a occuparsi della ricostruzione non sia Impregilo poiché fu proprio “la stessa azienda a costruire l’ospedale che poi crollarono”.

Le richieste. Gli organizzatori hanno chiesto garanzie sulla riparazione dei danni causati dal terremoto, la riapertura del centro storico, risorse adeguate per risarcire gli imprenditori che hanno avuto le imprese distrutte o danneggiate e un maggiore coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte della ricostruzione.

Il Pd presente. Alla manifestazione erano presenti alcuni parlamentari del Pd e dei radicali, Legambiente,il sindaco di L’Aquila, Massimo Cialente, il presidente della Provincia Stefania Pezzopane e molti dei sindaci delle città colpite dal terremoto, che hanno chiesto che le promesse vengano messe “nero su bianco”. La vicepresidente della Camera, Rosy Bindi ha raggiunto il sit-in dei terremotati per esprimere la sua solidarietà e ha detto: “Non sono più venuta perché in campagna elettorale non volevo strumentalizzare le vostre difficoltà. Ma, dopo i ballottaggi – ha detto la Bindi -, vi assicuro che verrò una volta alla settimana nelle tendopoli de L’Aquila e a Pescara dagli sfollati”. Poi ha aggiunto: “E’ finito il tempo delle passerelle e della false promesse. Il governo deve mettere risorse vere per la ricostruzione e dare certezze a tutti sul futuro delll’Aquila e di tutti gli altri centri colpiti dal terremoto. Avete pienamente ragione -ha concluso la vicepresidente della Camera -, e sarebbe una vergogna se anche in questo caso il Governo decidesse di porre la fiducia, rifiutando di accogliere le vostre richieste e di cambiare il decreto legge”. Critico anche il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini: “Abbiamo assistito ad una passerella di ministri a L’Aquila e in Abruzzo. Oggi in aula c’è solo il sottosegretario Menia. Avrei gradito che la presenza del governo fosse adeguata al dramma che abbiamo vissuto”.

Il presidente della regione, Gianni Chiodi, ha invece invitato gli aquilani “ad avere piena fiducia nell’operato del governo, che sta cercando di venire incontro a tutte le esigenze e alle necessità legate alla fase della ricostruzione”.

Blackout del Tg1. Ma evidentemente i motivi della protesta non erano abbastanza importanti per il Tg1 che ha mostrato un servizio sulla ricostruzione della casa dello studente per opera della regione Lombardia del governatore Roberto Formigoni. Per il Pd ha protestato Lanfranco Tenaglia che ha detto: “Nel giorno in cui si sta svolgendo la marcia degli sfollati delle tendopoli dell’Aquila, conclusa con un sit-in a Montecitorio, il Tg1 sceglie di parlare del terremoto in Abruzzo con un servizio sulla ricostruzione della Casa dello studente, certamente una buona notizia ma riferita con stile celebrativo, e con tanto di intervista, al presidente della regione Lombardia Formigoni. Gli avvenimenti in corso a Roma sono stati invece del tutto ignorati”. Tenaglia ha poi aggiunto: “Ci avevano
raccontato che con un giornalista a tutto tondo come direttore il Tg1 aveva scelto la strada dell’informazione pura, scomoda e senza compromessi. Tutto ciò, invece, non sta avvenendo e avviene anzi il contrario”.

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L’ITALIA è una Repubblica…

… FONDATA SULLE CORNA?


Chiama il 113: “Ho un ladro in casa”
ma l’intruso è l’amante di sua moglie

Una storia che ha messo in subbuglio l’università di Pavia, una delle più antiche e prestigiose d’Italia, perché i protagonisti sono due docenti e un assistente dell’ateneo. In città e nell’ambiente accademico è cominciata la caccia ai nomi. Ma per il momento di noto e confermato c’è solo il rapporto dei poliziotti
Quando rientrando in casa all’improvviso ha visto la sagoma di un uomo sgusciare tra i corridoi di casa, non ha avuto dubbi. Convinto che fosse un ladro ha chiamato subito il 113, ma all’arrivo di una volante l’imbarazzante scoperta: non c’era alcun tentativo di furto, ma l’intruso era l’amante della moglie accolto nel suo letto appena il marito era uscito. Una storia che ha messo in subbuglio l’università di Pavia, una delle più antiche e prestigiose d’Italia, perché i protagonisti sono due docenti e un assistente dell’ateneo. In città e nell’ambiente accademico è cominciata la caccia ai nomi. Ma per il momento di noto e confermato c’è solo il rapporto dei poliziotti che non hanno potuto fare a meno di stendere la relazione del loro intervento.

Sono le 8 del mattino di alcuni giorni fa quando il docente esce da casa per recarsi all’Università. La moglie, pure lei docente, resta a letto. Quel giorno non ha né corsi né esami. Il professor si incammina verso l’ateneo, ma dopo qualche centinaio di metri si accorge di aver dimenticato qualcosa a casa (pare le chiavi della sua scrivania). Non è neppure passata mezz’ora e, convinto che la moglie stia ancora dormendo, rientra silenziosamente. Nel buio vede un’ombra furtiva nel corridoio. La sagoma cerca una via di fuga, ma l’accesso verso la porta di casa è sbarrato dal docente. Allora si infila in una stanza e si chiude a chiave.

Con il cellulare in mano digitando il 113, il professore corre preoccupato in camera da letto, ma la moglie sembra tranquillamente addormentata. La volante nel frattempo è arrivata. I poliziotti salgono in casa, intimano all’intruso di uscire dalla stanza in cui si è rifugiato. Ed ecco la sorpresa: il ladro è un assistente che il docente conosce bene. Pare anche sia seminudo e questo particolare non lascia più dubbi. Si è alzata anche la donna, l’atmosfera è talmente turbata, i volti così pallidi che nessuno sa dove guardare. “Vi prego di scusarmi”, dice il docente ai poliziotti. Gli agenti fanno il loro lavoro, prendono le generalità di tutti ed escono. Nella relazione accennano semplicemente a un equivoco: un falso allarme, insomma. Quello che si sono detti dopo marito e moglie non è più materia da verbale di polizia.

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Avanti così

Santus: «Sono finiana ma non posso votare Pdl»

È stata presidente del “Comitato per Fini premier”, capolista di An alle ultime comunali di Torino, scrive sul “Secolo d’Italia” ed è tra i promotori di “Farefuturo”, la fondazione del presidente della Camera. Insomma è, come lei stessa precisa, una «finiana di ferro». Eppure Daniela Santus, docente di Geografia Culturale all’Università di Torino, alle europee voterà Ivan Scalfarotto, candidato del Pd nella sua circoscizione (Nord Ovest).

Lo ha anche scritto in una lettera che ha spedito ad alcuni amici, rassicurandoli sul fatto che da parte sua non c’è «nessuno spostamento a sinistra»: «Io sono sempre la stessa, le mie idee sono quelle di sempre, sulla stessa linea del presidente Gianfranco Fini. Ma è proprio per questo motivo che non posso votare Pdl. Un partito che è l’incarnazione del premier Silvio Berlusconi». In particolare, la docente di Geografia culturale punta il dito contro la riforma Gelmini, la mancanza di rispetto della Costituzione, la vicenda Englaro, la poca difesa della laicità dello Stato.

Raggiunta al telefono, Daniela Santus conferma che quella lettera non è uno scherzo. «Se Fini fosse stato candidato avrei votato lui, chiaro. No, a mio parere non c’è nessuno nella lista del Pdl che rappresenti le sue idee. Sì, ho scelto Scalfarotto, un voto alla persona, non al partito. Perché? Ho fatto un po’ di ricerche sul periodo precedente alla sua candidatura (perché sappiamo quanto valgano le promesse fatte in campagna elettorale) e ho visto che si è speso per la laicità dello Stato, per il diritto di tutti a non essere discriminati in base al proprio genere o al proprio orientamento sessuale, per il rinnovamento della classe politica». E poi c’è il fatto che Scalfarotto, «come me, fa parte dell’associazione Luca Coscioni, e non ha avuto paura a prendere le distanze dalla dalemiana equivicinanza e dichiarare che sta con Israele».

È proprio dai tempi del viaggio di Fini in Israele che la Santus si è avvicinata all’attuale presidente della Camera. Gli scrisse anche che aveva «un sogno», cioè «un Kadima italiano costruito dalle migliori menti italiane, di destra e di sinistra». Racconta: «Lui mi rispose di suo pugno che avrebbe partecipato volentieri ad un simile progetto. Da allora tra noi c’è, spero sia anche lui d’accordo, una bella amicizia intellettuale». Dice che al congresso fondativo del Pdl l’ha visto «molto solo» e che lei continua a sperare nella nascita del Kadima italiano «magari sotto la guida di Gianfranco Fini».

Superfluo domandarle che cosa ne pensi di Berlusconi. Un po’ perché risponde «volevo Fini premier, non basta?». Un po’ perché ribadisce che non voterà Pdl proprio perché è «l’incarnazione» del capo del governo.

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