Tra topi e montagne di monnezza Casal di Principe è Cosentino-city

Ecco l’impero affaristico del boss del Pdl campano, oggi composto da Aversana gas, Aversana Petroli, Ip service, Immobiliare 6 C e Agripoint. Sul decreto del governo sono attive le manine camorriste: discariche e termovalorizzatori sono affari miliardari
di ALBERTO STATERA
CASAL DI PRINCIPE –

Passi il checkpoint Charlie, che non è sulla berlinese Friedrichstrasse, ma è qui sulla cosiddetta via americana del casertano, e ti trovi finalmente a Cosentino-City dopo aver costeggiato, tra Succivo e Gricignano d’Aversa, la U. S. Navy Support City, dove stazionano i marines. Eccolo, sotto un cielo plumbeo di pioggia e di miasmi, il cuore, o meglio la testa, dei rifiuti napoletani, padani e forse europei, dove il percolato fu trasformato in

oro, le discariche in business miliardari, gli orti di carciofi, finocchi e cavolfiori, i frutteti e le vigne, in un’anticamera dell’inferno.

Quasi tutto questo, dicono le inchieste, avvenne ad opera di Nicola Cosentino, detto Nick ‘o americano, ex sottosegretario all’Economia tuttora supremo coordinatore berlusconiano in Campania e inventore del modulo aureo terra-rifiuti-soldi-politica-potere.

Quando gli americani sbarcarono qui, trovarono abilissimo a trafficare non Nicola, nato nel 1959, ma suo padre Silvio, detto ‘o americano, che con gli alleati e i traffici di tutti i tipi del dopoguerra nella patria dell’arrangiarsi, s’intese con loro alla grande. Furono i socialdemocratici ai tempi di Saragat, quando i finanziamenti americani transitanti per Giulio Andreotti passavano pro quota al partito più filoamericano d’Italia, che lanciarono negli affari e in politica la dinastia dei Cosentino, oggi capace di condizionare le sorti del governo Berlusconi. Altro che Mara Carfagna e Italo Bocchino, sodali politici. Le chiavi del vero potere bisogna venire a cercarle
qui nell’umido autunno partenopeo, dove un imprenditore in odore di affari e di camorra può condizionare con le sue manine romane i decreti decisi in Consiglio dei ministri, come quello sui rifiuti campani che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dovuto dichiarare di non aver mai visto, dopo che per alcuni giorni il testo fu bloccato in una copertina lasciata per giorni interi alla decisiva delibazione dei plenipotenziari locali delle cosche camorriste.

Per capire dove nasce l’economia del percolato e delle discariche a cielo aperto occorre seguire per pochi chilometri dalle periferie napoletane coperte di sacchetti immondi e purulenti, l’autostrada Roma-Napoli, fino a questo paesone di 21 mila abitanti che sembra un serpente senza testa. Un checkpoint di guerra. Entri nel territorio comunale e t’imbatti in un posto di blocco di polizia ed esercito munito di blindato. Dicono che si tratta del cosiddetto modello-Caserta del ministro dell’Interno Bobo Maroni: polizia più esercito coadiuvanti in funzione deterrrente. Le truppe maroniane, stancamente, controllano qualche trasportatore di latte o mozzarelle e lasciano sfrecciare nugoli di Porsche 911 che si avventano sicure nel degrado di centinaia di scheletri di cemento armato. Del resto i casalesi, oltre la camorra, hanno l’oscar del calcestruzzo, i muratori di qui vanno a lavorare, richiestissimi, in ogni parte d’Italia. Qui, case costruite senza alcuna regola e mai terminate, forse sequestrate a capetti camorristi, avvolte in una calda coperta di munnezza organica e disorganica. Un cimitero che non ha forse l’eguale neanche nell’Africa del nord, fatto di plastica, di odori che ti prendono quasi materiali, di cadaveri animali, compresi cani morti da trenta chili, che giacciono a sfaldarsi sotto la pioggia in un turbinio di zoccole festanti, nel senso proprio del termine, non in quello che le gentili lady della Casa delle libertà hanno tradotto negli ultimi giorni, rivolgendoselo, con il sinonimo campano di vajassa, che se si declina in vajassona e che si traduce in troiona. A cotè, nell’ingresso alla Cosentino-City, a guardia di improbabili rotonde per regolare il traffico di Porsche camorriste e di trasporti di latte e mozzarelle di bufale cresciute su terreni che la regione ha recintato perché intrise di rifiuti tossici, un crescendo di santità.

Santi e martiri ritratti scultoreamente in dimensioni reali. Tolto Gesù, ci imbattiamo, alla seconda rotonda, nel papa tedesco Ratzinger e – non poteva mancare – in Padre Pio. Devozione dovuta. A chi si doveva rivolgere il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe, quando doveva sistemare una paio di nipoti disoccupati? Naturalmente al satrapo di Casal di Principe, ai suoi accoliti e all’antico sodale Guido Bertolaso, l’uomo di tutte le emergenze che qui evitò rigorosamente di certificare una sola emergenza: quella rappresentata dal sistema camorrista dei rifiuti come grande affare campano e nazionale del secolo.

Lo stato maggiore dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino, dimissionario dopo la richiesta di arresto per camorra, ma tuttora ineludibile boss campano del partito di Berlusconi che con la rivendicazione dei suoi diritti elettorali ha provocato la crisi delle vajasse animata dal ministro Mara Carfagna, ex showgirl amata dal capo, e Alessandra Mussolini, vajassa di antica nomina, è all’inizio di via Umberto primo. È proprio l’inizio di un serpentone di chilometri e chilometri, dove ha sede la sua società AP, Aversana Petroli, capofila di un gruppo ormai da centinaia di milioni di euro.

Bombole di gas, lubrificanti, simpatie dell’Eni berlusconizzata con la direzione di Paolo Scaroni, che ha ceduto centinaia di punti vendita superando agevolmente lo scoglio dell’antitrust: è qui che nidifica il business dei rifiuti. Nella putrefazione morale e non solo mondezzaia (copyright Piero Calamandrei e “La Peste”, il libro di Sodano e Trocchia che giustamente cita il detto). È qui che Cosentino ha scoperto l’oro del percolato e delle discariche come veri strumenti di potere.

Correranno forse cinquecento metri tra lo stato maggiore dell’ex sottosegretario berlusconiano, dimissionario dopo aver rischiato l’arresto per camorra, e il bar dove fu trucidato da un commando camorrista Michele Orsi, imprenditore dei rifiuti che aveva dichiarato come suoi veri padroni Cosentino e l’ex leader di An Mario Landolfi. Aveva confermato il camorrista Gaetano Vassallo: “Ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nella società Euro 4 gestita dai fratelli Orsi. Posso dire che la società Euro 4 era controllata dall’onorevole Nicola Cosentino e anche l’onorevole Mario Landolfi vi aveva svariarti interessi”.

Testimoni dicono che in un’occasione pubblica questo Cosentino esclamò: “Eco 4 song’io!”. E Eco 4 significa il consorzio per la raccolta dei rifiuti controllato dalla camorra.

Tra Giggino ‘o drink, Giggino a Purpetta (l’attuale presidente della provincia di Napoli Luigi Cesaro, della cordata Cosentino), Peppe ‘o Padrino, confessiamo che è difficile identificare questa nuova classe dirigente campana, rispetto ai tempi pur turpi dei Gava, dei Di Donato e dei Cirino Pomicino. Questi, rispetto ai capiscuola di una repubblica fa, sono come dire?, ben oltre.

L’impero Cosentino, salvo errore o omissione, è oggi composto da Aversana Gas, Aversana Petroli, Ip Service, Immobiliare 6 C, Agripoint e chissà che altro, in un turbinio di affari opachi che qui a Cosentino-City, tra le statue del Papa germanico e di Padre Pio, confondono tutto. Salvo una sorta di una holding che sul decreto governativo rimasto incerto tra le azioni delle manine camorriste per alcuni giorni, tratta un affare miliardario di discariche e termovalorizzatori. Prima l’affare era non farli, i termovalorizzatori. Oggi può diventare un grande affare farli.

Cos’è il genio imprenditoriale se non quello di sfruttare le occasioni che periodicamente mutano? E alla cupola camorrista tutto mancherà, ma non la capacità di subodorare gli affari in fieri, come quelli delle nuove discariche e dei nuovi termovalorizzatori, centinaia di milioni di euro, che alla vecchia maniera possono essere assegnati agli amici e agli amici degli amici. Capite ora perché la crisi Carfagna, prodotto berlusconiano che minaccia di abbandonare il berlusconismo, entra come un coltello nella carne stessa del sistema di potere berlusconiano ?

Per la prima volta gli affari senza controllo che hanno segnato tre lustri di berlusconismo senza regole, appaltati alle mafie locali a onore del motto “andate e arricchitevi”, incontrano all’interno stesso del moloch di potere qualche inceppo.

A Santa Lucia, il presidente della regione Stefano Caldoro, un ex socialista sul quale Cosentino preparò i dossier per distruggerlo, ci confessa: “Saviano, diciamolo, non fa che fotografare la realtà. Questa è una terra invasa per decenni dai veleni provenienti da tutta l’Italia e da mezza Europa e nessuno può negarlo. La camorra ci sta sempre, soprattutto quando l’emergenza diventa lucro, come accade sempre a Napoli e in Campania. Noi non siamo in Trentino e giorno dopo giorno dobbiamo subire la controspinta camorristica. Ci vorranno tanti anni e centinaia di milioni. Ma giuro che ce la faremo”.

Mentre il giovane governatore Caldoro, figlio di un socialista di quelli che all’etica ci tenevano, ci diceva a Napoli queste parole, a Roma il sottosegretario Gianni Letta, stretto tra la Carfagna, la Mussolini e il suo padrone, trattava con Nick ‘o Americano le deleghe per le operazioni antirifiuti in onore a Casal di Principe. Vince Cosentino-City.
a.statera@repubblica.it

(25 novembre 2010)

B-FAMIGGHIA

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