Stasera torna Santoro. Fa quello che sto facendo io a Olbia, dove da una piccola tv farò più ascolto di tutti gli altri videocitofoni sardi messi insieme.


Sanzione all’Auditel, Santoro
“Il vecchio attenta al nuovo”

Ascolti decisi da Rai e Mediaset. E il Pd è inadeguato alle novità. “Celentano, i Guzzanti, Luttazzi e Grillo non hanno voluto mettere la faccia sulla nostra sfida”

Nell’editoriale di domenica scorsa, il direttore del Fatto, Antonio Padellaroprendendo spunto dalla nomina di Alberto Maccari (“un lottizzato Pdl, attuale direttore dei Tg regionali”) al posto diAugusto Minzolini, criticava la “geniale operazione bipartisan Rai” che aveva messo alla porta Michele Santoro e il suo Annozero “al culmine degli ascolti e degli introiti pubblicitari”, e le successive critiche, da parte di quegli stessi, agli ascolti che il “termometro rotto” dell’Auditel aveva misurato per la complessa multipiattaforma (tv locali, satellite, Internet) che dà voce a Servizio Pubblico. Su quell’editoriale, oggi, interviene Santoro.

Intanto questa sera andrà in onda – sulla multipiattaforma delle tv locali, su SkyTg24 (sul canale 504 del satellite o su canali 100 e 500 accedendovi con la modalità “active”), sul web attraverso i siti del Fatto Quotidiano, del Corriere della Sera e di Repubblica e in esclusiva radiofonica su Radio Capital – la settima puntata del

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Dati d’ascolto falsi. Multa dell’Antitrust: ‘L’Auditel ha favorito la Rai e Mediaset’


Auditel sanzionata per abuso di posizione dominante. Multa dell’Antitrust da 1,8 milioni

Secondo l’Autorità, la società “ha posto in essere tre abusi in grado di causare un pregiudizio significativo alle dinamiche competitive dei mercati della raccolta pubblicitaria su mezzo televisivo”

L’Auditel ha rilevato gli ascolti, ma li ha rielaborati con il trucco. Di più: ha attribuito dati sbagliati anche “alle famiglie non dotate di apparecchi televisivi”. Con una prima conclusione: sovrastimare l’audiance delle tv che non vanno sul satellite. Da qua la

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Le minchiate dell’Auditel. Poi sembro io drastico…

“Oltre 8 milioni per la nazionale su Raiuno”

°°° C’è qualcuno che mi spiega come fa una nazione completamente rincoglionita dal calcio a totalizzare SOLO 8 milioni di telespettatori malati di calcio per la prima partita ufficiale del campionato europeo e con l’attesissimo ritorno di Cassano?

E ancora, come si fa a credere che le cagate della de filippo o quella porcheria di striscia con greggio e iacchetti faccia addirittura più ascolti della nazionale di calcio?!

Sarebbe come credere alla favola delle “grandi opere” che questo regimetto non faràMAI! o ai dati falsi dell’Istat  eterodiretto da berlusconi, o che davvero in Italia la disoccupazione è al 9%, che il popolo ha votatoe scelto silvio berlusconi e la sua carrettata di minus habens o che il governo abbia “lavorato bene”. Andatelo a dire agli abruzzessi e agli italiani in generale. Li trovate facile: sono tutti in fila alla Caritas…

GRANDI  OPERE

grandi opere

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Bandito corruttore, DIMETTITI!!!

Un leader in fuga dalla verità
di GIUSEPPE D’AVANZO

È giusto ricordare che, se Silvio Berlusconi non si fosse fabbricato l’immunità con la “legge Alfano”, sarebbe stato condannato come corruttore di un testimone che ha protetto dinanzi ai giudici le illegalità del patron della Fininvest. Condizione non nuova per Berlusconi, salvato in altre occasioni da norme che egli stesso si è fatto approvare da un parlamento gregario.

Le leggi ad personam, è vero, sono un lacerto dell’anomalia italiana che trova il suo perno nel conflitto di interessi, ma la legislazione immunitaria del premier è soltanto un segmento della questione che oggi l’Italia e l’Europa hanno davanti agli occhi. Le ragioni della condanna di David Mills (il testimone corrotto dal capo del governo) chiamano in causa anche altro, come ha sempre avuto chiaro anche il presidente del consiglio. Nel corso del tempo, il premier ha affrontato il caso “All Iberian/Mills” con parole definitive, con impegni che, se fosse coerente, oggi appaiono temerari: “Ho dichiarato pubblicamente, nella mia qualità di leader politico responsabile quindi di fronte agli elettori, che di questa All Iberian non conoscevo neppure l’esistenza. Sfido chiunque a dimostrare il contrario” (Ansa, 23 novembre 1999, ore 15,17). Nove anni dopo, Berlusconi è a Bruxelles, al vertice europeo dei capi di Stato e di governo. Ripete: “Non conoscevo Mills, lo giuro sui miei cinque figli. Se fosse vero, mi ritirerei dalla vita politica, lascerei l’Italia” (Il sole24ore. com; Ansa, 20 giugno 2008, ore 15,47). È stato lo stesso Berlusconi a intrecciare consapevolmente in un unico destino il suo futuro di leader politico, “responsabile di fronte agli elettori”, e il suo passato di imprenditore di successo. Quindi, ancora una volta, creando un confine indefinibile tra pubblico e privato. Se ne comprende il motivo perché, nell’ideologia del premier, il suo successo personale è insieme la promessa di sviluppo del Paese. I suoi soldi sono la garanzia della sua politica; sono il canone ineliminabile della “società dell’incanto” che lo beatifica; quasi la condizione necessaria della continua performance spettacolare che sovrappone ricchezza e infallibilità.

Otto anni fa questo giornale, dando conto di un documento di una società internazionale di revisione contabile (Kpmg) che svelava l’esistenza di un “comparto estero riservato della Fininvest”, chiedeva al premier di rispondere a qualche domanda “non giudiziaria, tanto meno penale, neppure contabile: soltanto di buon senso. Perché questi segreti, e questi misteri? Perché questo traffico riservato e nascosto? Perché questo muoversi nell’ombra? Il vero nucleo politico, ma prima ancora culturale, della questione sta qui perché l’imprenditorialità, l’efficienza, l’homo faber, la costruzione dell’impero ? in una parola, i soldi ? sono il corpo mistico dell’ideologia berlusconiana” (Repubblica, 11 aprile 2001). Berlusconi se la cavò come sempre dandosi alla fuga. Andò a farsi intervistare senza contraddittorio a Porta a porta per dire: “All Iberian? Galassia off-shore della Fininvest? Assolute falsità”.

La scena oggi è mutata in modo radicale. Se il processo “All Iberian” (condanna e poi prescrizione) aveva concluso in Cassazione che “non emerge negli atti processuali l’estraneità dell’imputato”, le motivazioni della sentenza che ha condannato David Mills ci raccontano il coinvolgimento “diretto e personale” di Silvio Berlusconi nella creazione e nella gestione di “64 società estere offshore del group B very discreet della Fininvest”. Le creò David Mills per conto e nell’interesse di Berlusconi e, in due occasioni (processi a Craxi e alle “fiamme gialle” corrotte), Mills mentì in aula per tener lontano Berlusconi dai guai, da quella galassia di cui l’avvocato inglese si attribuì la paternità ricevendone in cambio “enormi somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali”, come si legge nella sentenza.

È la conclusione che ha reso necessaria l’immunità. Berlusconi temeva questo esito perché, una volta dimostrato il suo governo personale sulle 64 società off-shore, si può oggi dare risposta alle domande di otto anni fa, luce a quasi tutti i misteri della sua avventura imprenditoriale. Si può comprendere come è nato l’impero del Biscione e con quali pratiche. Lungo i sentieri del “group B very discreet della Fininvest” sono transitati quasi mille miliardi di lire di fondi neri; i 21 miliardi che hanno ricompensato Bettino Craxi per l’approvazione della legge Mammì; i 91 miliardi (trasformati in Cct) destinati non si sa a chi (se non si vuole dar credito a un testimone che ha riferito come “i politici costano molto? ed è in discussione la legge Mammì”). E ancora, il finanziamento estero su estero a favore di Giulio Malgara, presidente dell’Upa (l’associazione che raccoglie gli inserzionisti pubblicitari) e dell’Auditel (la società che rileva gli ascolti televisivi); la proprietà abusiva di Tele+ (violava le norme antitrust italiane, per nasconderla furono corrotte le “fiamme gialle”); il controllo illegale dell’86 per cento di Telecinco (in disprezzo delle leggi spagnole); l’acquisto fittizio di azioni per conto del tycoon Leo Kirch contrario alle leggi antitrust tedesche; la risorse destinate poi da Cesare Previti alla corruzione dei giudici di Roma; gli acquisti di pacchetti azionari che, in violazione delle regole di mercato, favorirono le scalate a Standa, Mondadori, Rinascente. Sono le connessioni e la memoria che sbriciolano il “corpo mistico” dell’ideologia berlusconiana: al fondo della fortuna del premier, ci sono evasione fiscale e bilanci taroccati, c’è la corruzione della politica, delle burocrazie della sicurezza, di giudici e testimoni; la manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio in Italia e in Europa.

Questo è il quadro che dovrebbe convincere Berlusconi ad affrontare con coraggio, in pubblico e in parlamento, la sua crisi di credibilità, la decadenza anche internazionale della sua reputazione. Magari con un colpo d’ala rinunciando all’impunità e accettando un processo rapido. Non accadrà. Il premier non sembra comprendere una necessità che interpella il suo privato e il suo ufficio pubblico, l’immagine stessa del Paese dinanzi al mondo. Prigioniero di un ostinato narcisismo e convinto della sua invincibilità, pensa che un bluff o qualche favola o una nuova nebbia mediatica possano salvarlo ancora una volta. Dice che non si farà processare da questi giudici e sa che non saranno “questi giudici” a processarlo. Sa che non ci sarà, per lui, alcun processo perché l’immunità lo protegge. Come sa che, se la Corte Costituzionale dovesse cancellare per incostituzionalità lo scudo immunitario, le norme sulla prescrizione che si è approvato uccideranno nella culla il processo. Promette che in parlamento “dirà finalmente quel che pensa di certa magistratura”, come se non conoscessimo la litania da quindici anni. Finge di non sapere che ci si attende da lui non uno “spettacolo”, ma una risposta per le sue manovre corruttive, i metodi delle sue imprese, i sistemi del suo governo autoreferenziale e privatistico. S’aggrappa al solito refrain, “gli italiani sono con me”, come se il consenso lo liberasse da ogni vincolo, da ogni dovere, da ogni onere. Soltanto un potere che si ritiene “irresponsabile” può continuare a tacere. Quel che si scorge in Italia oggi ? e non soltanto in Italia ? è un leader in fuga dalla sua storia, dal suo presente, dalle sue responsabilità. Un leader che non vuole rispondere perché, semplicemente, non può farlo.

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Il cazzaro e i suoi pappagallini

Berlusconi è il leader mondiale meno popolare
Pubblicato da Massimo Brignolo alle 13:08 in Diario
Con buona pace di Euromedia, di Silvio Berlusconi e de Il Giornale che nei giorni scorsi ha dedicato anche un infografica alla notizia (vedi dopo il salto) della popolarità record del Presidente del Consiglio, arriva da Harris Interactive un sondaggio sulla popolarità dei leader mondiali eseguito per conto di France24 e International Herald Tribune e segnalato nei giorni scorsi da Termometro Politico.Il campione rappresentativo considerato è il seguente

Un campione di adulti da Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Stati Uniti e Italia, nel periodo di tempo che va dal 25 febbraio al 3 marzo ha messo in luce come il leader più popolare in assoluto sia Barack Obama con un dato eccezionale, l’80% dei consensi. Il leader europeo più popolare è Angela Merkel (51%) e il meno popolare è Silvio Berlusconi con il 17%. Un dato che Harris Interactive sottolinea è come Silvio Berlusconi sia di gran lunga più popolare in Italia (38%) che nel totale (17%); si tratta di un fatto non così diffuso che si verifica ma con un differenziale molto inferiore anche per Zapatero (48% vs 35%) e Angela Merkel (59% vs 51%).

Nel comunicato stampa che ha diffuso i risultati, si trova anche un tentativo di spiegazione di questo fenomeno: “la grande differenza tra la popolarità in Italia e globale di Silvio Berlusconi riflette il suo controllo sulla maggioranza dei media italiani”.

A proposito di controllo dei media, come detto in apertura, nei giorni scorsi Il giornale ha dato spazio ad un sondaggio Euromedia che è passato sulla bocca di tutti dopo la discussione tra Gad Lerner e Maurizio Belpietro ad Anno Zero. Non vi sono molte indicazioni sulla natura del sondaggio ma verrebbe da pensare si tratti di un sondaggio sulla popolarità in patria dei diversi leader. Appare subito singolare come il dato che si riferisce a Silvio Berlusconi appaia esattamente il doppio di quanto registrato da Harris Interactive tra gli intervistati italiani.

Prescindendo dal lotto di leader presenti nel sondaggio di Euromedia, vale la pena sfogliare la classifica della popolarità in Italia così come emerge da Harris: anche in Italia la classifica è guidata da Barack Obama (86%). Silvio Berlusconi, all’undicesimo posto (38%) precede il presidente brasiliano Lula (31%) e Fidel Castro (29%) di qualche incollatura.

°°° Non avevamo dubbi. Berlusconi tarocca se stesso (plastiche, soprattacchi,parrucchini,trapianti,cerone a chili,pennellamenti,ecc.), tarocca la verità, tarocca i dati Auditel, tarocca i conti delle “sue” aziende, tarocca coi brogli i risultati elettorali… truffa continuamente i cittadini e volevate che non taroccasse i sondaggi?


I PIU’ POPOLARI REALMENTE

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il taroccamento di euromedia

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a_cazzaro

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Interessante

LA PERFORMANCE
Urliamo, arte e nuove tecnologie
“Contro il potere della tv”
Un progetto che dal virtuale approda al reale sfruttando le potenzialità del social network, da Facebook a MySpace di GIUDITTA MOSCA

Urliamo, arte e nuove tecnologie “Contro il potere della tv”

Il social networking non è più solo un mezzo per socializzare: c’è chi si inventa un lavoro tramite Facebook, chi promuove la propria attività e c’è chi cerca di creare un senso per arrivare al consenso. E’ quello che cerca di realizzare Domenico Gioia, curatore d’arte, e promotore di Urliamo, movimento figlio del Web 2.0, nato e cresciuto grazie alla viral-comunication, al passaparola digitale.

L’intento comune è creare “qualcosa di colto”, un’insieme di artisti accomunati dalla voglia di far conoscere la propria arte attraverso canali aperti a tutti e la volontà di promuovere un pensiero meno standardizzato. I lavori degli artisti di “Urliamo” saranno raccolti in una mostra ma sono già disponibili su MySpace.

Domenico Gioia cosa vuole comunicare con il progetto Urliamo?
“La società nella quale viviamo risente fortemente della massificazione dei mezzi di comunicazione e del dominio della televisione. L’arte e la cultura sono, non i soli, ma importanti elementi per riappropriarsi di una identità vera, lontana dai luoghi comuni”.

Adesioni aperte a tutti?
“Certamente, siamo alla ricerca della libertà, non di vincoli. Vorrei aggiungere che non solo gli artisti, ma tutte le persone che hanno qualcosa da dire possono aderire, con qualsiasi tipo di espressione.”

Quali sono gli obiettivi di Urliamo?
“Promuovere la capacità dell’essere umano di dire qualcosa di sensato, di abituarsi a convivere con l’arte. Una volta l’arte, la pittura e la scultura erano gli unici elementi di comunicazione e funzionavano. Oggi siamo di fronte alla degenerazione del marketing, i pubblicitari ci dicono cosa e come dobbiamo comprare, io dico che dobbiamo fare a meno dei loro consigli, anzi le aziende stanno provando sulla loro pelle cosa questa degenerazione voglia dire. Sono entrate in un circolo vizioso assurdo e inutile. L’arte può aiutarci a ritrovare una giusta espressione nella comunicazione di qualità. Urliamo serve a sensibilizzare la gente a come con un quadro, una foto si possa giungere a risultati strabilianti. Basta con la cattiva televisione attenta solo all’auditel, basta alla comunicazione urlata, figlia anch’essa delle rilevazioni. Credo che la gente voglia sincerità e cose reali e tangibili.”
Può spiegarci come ha realizzato il progetto e come lo sta promuovendo?
“La promozione avviene attraverso il social networking, sono convinto che il web 2.0 abbia delle possibilità enormi di comunicazione, ma è sfruttato malissimo: invece di fare cultura, far girare cose sensate, vedo che c’è gente che organizza serate nei locali. E’ sbagliato usare i contatti del social networking per promuovere locali da ballo, ristoranti, ecc. Occorre utilizzarli per veicolare le persone verso cose vere, di contenuto. Basta con i ‘vuoti a perdere mentali’.”

Facebook è un network libero? E’ mai incorso nel pericolo di censura?
“Assolutamente no, mai avuto problemi. Anzi tutto il progetto si basa sulla possibilità di promozione tramite il social networking e devo dire che funziona. Vorrei invitare tutte le persone che usano Facebook di farne un uso intelligente ed evitare quel chiacchiericcio inutile, già ce n’è tanto in giro.”

Può fare un bilancio degli obiettivi realizzati fin’ora dal progetto e parlarci di quelli futuri?
“Gli obiettivi sono molteplici, oltre 1400 amici su fb, senza contare quello che si sta facendo su Myspace: inoltre il progetto è promosso su Twitter, Brooklin art Project, Premio celeste, insomma una valanga di contatti che si traducono in una operazione di visibilità per tutti quelli che inviano le loro opere, artisti per primi. Gli obiettivi sono tanti: “Prima di tutto una mostra”

(22 aprile 2009)

boccachiusa

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