Il mafionano e la sua cosca crollano ancora nei sondaggi, anche se i dati veri sono peggiori.

Intenzioni di voto, sale il centrosinistra
Centrodestra indietro di 10 punti

Ancora un calo per i partiti che sostengono il governo. Pdl e Lega Nord al 35,5%. Pd, Sel, Idv e i loro alleati al 45,5%. Fermi il Terzo Polo e il Movimento 5 Stelle. Cresce la Federazione delle sinistre. Fiducia nell’esecutivo e nel premier a livelli bassissimi. Male i ministri

di MASSIMO RAZZI

Intenzioni di voto, sale il centrosinistra  Centrodestra indietro di 10 punti (ansa)

ROMA – Sale al 10% esatto il vantaggio del centrosinistra sul centrodestra nel sondaggio mensile di Ipr Marketing per Repubblica.it. A un mese e mezzo dall’ultimo rilevamento, il centrosinistra arriva al 45,5% (era al 44%) e il centrodestra scende di due punti, dal 37,5% al 35,5%. In un quadro in cui la fiducia nel governo e nel premier è ormai scesa a livelli minimi, diventa dunque più rilevante il dato delle intenzioni di voto. Rispetto a settembre si muovono quasi esclusivamente i due blocchi maggiori l’uno in contotendenza rispetto all’altro. Restano fermi sia il Terzo Polo inchiodato da tempo al 13% che il Movimento 5 Stelle (3,5% come a settembre dopo l’impetuosa salita dal 2,5% di giugno), mentre la Federazione delle sinistre risale all’1,5% (era scesa allo 0,5%).

TABELLA: LE INTENZIONI DI VOTO 1

TABELLA: LA FIDUCIA NEL GOVERNO BERLUSCONI 2

All’interno del centrosinistra si assiste alla crescita del Pd (dal 27% al 28%) che non sembra subire troppo i contraccolpi dovuti alle divisioni interne e dell’Idv (dal 6% al 7%). Per Di Pietro, dunque, c’è stato un importante recupero dallo scorso giugno quando era sceso al 4,5%, recupero dovuto, forse, a una politica più attenta al rafforzamento della coalizione a dimostrazione

del fatto che, ormai, l’elettorato del centrosinistra, pur con tutte le sue storiche divisioni, sente fortemente l’obiettivo di tornare a vincere e di mandare a casa l’attuale governo. Fermo a un importante 7,5% il Sel, piccoli movimenti per gli altri con i Verdi ancora in difficoltà.

Nel centrodestra salta subito all’occhio il crollo della Lega Nord che era al 9,5% a giugno (ma, prima era arrivata anche oltre l’11%), al 9% a settembre e deve adesso accontentarsi del 7,7%. L’elettorato sembra avere meno fiducia in Bossi, vive negativamente la “dipendenza” dal Pdl e da Berlusconi e non apprezza nemmeno le divisioni interne del Carroccio. Quanto al Pdl, siamo arrivati al 25,3% con un calo dell’1,2% rispetto a settembre e di oltre due punti sullo scorso giugno. A questo punto, probabilmente, neanche un improbabile alleanza con i centristi di Casini potrebbe salvare il centrodestra dalla sconfitta. Tutto questo ferme restando le ben note e straordinarie capacità di recupero di Berlusconi in campagna elettorale.

Fiducia. Questa volta è necessario partire dal governo. L’esecutivo di centrodestra ha davvero toccato il fondo. Il tasso di fiducia (la somma di coloro che dicono di avere molta o abbastanza fiducia nella compagine ministeriale) è arrivato al 15%. Sono 40 punti in meno rispetto al massimo raggiunto del 55% nel giugno del 2008 e altri 4 perduti nell’ultimo mese. Anche Berlusconi (che perde solo 2 punti rispetto a settembre) deve subire l’umiliazione di un crollo di 40 punti esatti rispetto al suo record del 62% raggiunto nell’ottobre del 2008. Dopo tre anni esatti di governo si trova a quota 22%.

I ministri. Solo due ministri (Maroni col 57% e Sacconi col 51%) mantengono un livello accettabile di fiducia (somma di coloro che dichiarano “molta o abbastanza” fiducia). Entrambi, comunque, sono in calo rispettivamente di 3 e 2. Un anno fa erano sei i ministri sopra la soglia del 50%.  E in calo, questo mese, sono undici ministri su 22. Scendono di tre punti, oltre a Maroni, anche Tremonti (dal 42 a 39), Bossi (a quota 38) e Prestigiacomo a 31; di due punti (oltre a Sacconi) Carfagna, Brunetta, Calderoli, Gelmini e Romano. Quest’ultimo tocca il record negativo dell’8%. Lascia solo un punto sul terreno il ministro delle infrastrutture Matteoli. La sensazione, ormai che perdano di più i ministri che, per qualunque ragione e su qualunque posizione, abbiano fatto parlare di sé nell’ultimo mese. Prima, si notavano salite e discese che, in qualche modo, riguardavano il merito dei loro comportamenti e/o delle loro esternazioni. Ora si ha la sensazione che è sufficiente si siano fatti sentire per far sì che la loro popolarità scenda.

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Il proibizionista Giovanardi criticato dai proibizionisti: i dati del ministrino sono farlocchi

Lorenzo Galeazzi

Coro unanime di critiche alla relazione
di Giovanardi sulla droga

Anche la comunità di San Patrigano mette in discussione l’attendibilità del rapporto annuale curato dal sottosegretario. L’icona della tolleranza zero agli stupefacenti si unisce al fronte antiproibizionista nel sostenere che i dati sono farlocchi

Nel fronte dei proibizionisti scoppia la guerra. Non alla droga, ma a Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle politiche sulle sostanze stupefacenti. A lanciare il j’accuse è addirittura Andrea Muccioli, responsabile di San Patrignano, la celebre comunità d’accoglienza per tossicodipendenti fondata dal padre Vincenzo.

L’occasione è la presentazione della relazione annuale sulle dipendenze. Il rapporto, curato dall’ex ministro ogni anno viene presentato al Parlamento con il suo strascico di polemiche sull’attendibilità dei dati contenuti. La notizia è che quest’anno a contestare il sottosegretario, oltre ai radicali, alle associazioni che si occupano di riduzione del danno e ai movimenti antiproibizionisti, è l’icona per antonomasia della tolleranza zero nella lotta alla droga.

La relazione mette in evidenza, per il

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Istat, fatturato in crescita del 1,5% Ordini -6,4%: peggior calo da agosto 2009

http://www.repubblica.it/economia/2011/06/20/news/istat_fatturato-17946502/?ref=HREA-1

°°° Chi mi spiega con che faccia l’Istat di Burlesquoni spaccia questi dati falsi e assurdi? Con 300 mila aziende chiuse o fallite in tre anni, gli ordini e la produzione a gambero, la fame e la disperazione che tocchiamo tutti con mano da Aosta a Lampedusa… ma come si fa a dire che il fatturato cresce?! Quello della mafia, di Mafiolo e del vaticano, SICURO.

Scippo_ICI_CHIESA

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I dati FALSI e ADDOMESTICATI dell’Istat di berlusconi

La Caritas contesta l’Istat
“I poveri nel nostro Paese
sono mezzo milione in più”

http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2010/10/13/news/la_caritas_contesta_i_dati_dell_istat_i_poveri_sono_mezzo_milione_in_pi-8007197/?ref=HRER2-1

°°° Io direi che sono addirittura qualche milione in più: la Caritas fa riferimento solo alle grandi città, venissero a vedere che fame attanaglia i piccoli paesi, senza servizi, senza amministratori degni di questo nome, senza lavoro e senza risorse… Stesso discorso vale per il numero dei disoccupati: sono almeno il triplo rispetto ai dati Istat.

micini

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Bel colpo!

PD: NO RINVIO CONGRESSO, PRIMARIE IL 25 OTTOBRE

°°° Guardavo i dati e scopro che hanno perso, dove ha vinto il candidato della destra, quasi ovunque pur avendo il 65/68% dei voti.
A Belluno la destra ha preso il sindaco col 31%, così come in Sardistan, un paio di mesi fa, la destra vinse con un misero 33%. Ma quando si svegliano questi?
I cittadini onesti si sono davvero stufati di questo sparpagliamento della sinistra e quindi: o non vanno a votare o disperdono i consensi in partitini. Congresso a ottobre? E perché non a maggio 2010, quando gli italiani disperati saranno già dovuti emigrare tutti a cercare lavoro in Romania o a lavare macchine in Polonia?

CENTROSINISTRA SFORACCHIATO

si-sparicchia

tafazzi3

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Allegriaaaaaaaaa! Ottimismoooooooooo!

POVERA ITALIA!
di Antonio Frenda n(La Voce.it) 18.06.2009

Gli italiani si sono impoveriti negli ultimi anni? Le indagini di Istat e Banca d’Italia fotografano una situazione difficile per le famiglie numerose, per chi non ha lavoro e per il Sud. Ma nelle indagini sulla povertà si dovrebbe considerare un paniere che per tutta l’area euro rappresenti l’insieme dei beni e servizi considerati essenziali per uno standard di vita di una famiglia minimamente accettabile. E poi analizzare la percentuale di famiglie che si avvicina o si allontana da quella soglia ogni anno e nel corso degli anni.

Gli italiani si sono impoveriti negli ultimi anni?
È questa la domanda alla quale hanno cercato di rispondere l’Istat, con l’ultima indagine sulla povertà, e la Banca d’Italia con l’Indagine conoscitiva sul livello dei redditi di lavoro.
Una premessa è essenziale per analizzare i dati e provare a fornire delle risposte: gli indicatori statistici campionari sono indizi utili a comprendere i fenomeni e possono non fornire risposte univoche.

I DATI

poveri

Dall’indagine Istat sulla povertà emergono alcuni dati particolarmente significativi.
La stima dell’incidenza della povertà assoluta, cioè la percentuale di famiglie e di persone povere sul rispettivo totale delle famiglie e delle persone residenti in Italia, è aumentata significativamente dal 2005 al 2007 per le famiglie con tre o più figli minori, contro una sostanziale stabilità statistica del fenomeno povertà per gli altri nuclei familiari considerati, con un’incidenza evidentemente più elevata al Sud rispetto al resto del paese. Inoltre, circa un quinto delle famiglie che non hanno un reddito da lavoro né un reddito derivante da una pregressa attività lavorativa risulta in condizione di povertà assoluta.

Altri utili dati Istat sulla povertà oggi disponibili, quelli cioè quelli sulla povertà relativa (in cui le soglie di povertà sono definite solo rispetto all’ampiezza familiare e non al territorio), presentano dal 2003 al 2006 una sostanziale stabilità della povertà in Italia nel periodo considerato, circa l’11 per cento, con un Sud in cui si presenta con valori superiori al 20 per cento.
Come opportunamente rileva su questo sito Linda Laura Sabbadini, “la misura della povertà assoluta è particolarmente utile per la progettazione di politiche di contrasto al fenomeno”.
La Banca d’Italia, invece, restringendo l’attenzione agli ultimi quindici anni, rileva giustamente come non vi sia evidenza, nei dati campionari sulla distribuzione dei redditi, di un assottigliamento dei ceti medi o ancora di un impoverimento delle famiglie. Sottolinea però come il contrasto tra Nord e Sud determini un livello della povertà e della disuguaglianza dei redditi familiari in Italia ben superiore a quello dei paesi nordici e dell’Europa continentale.
La Banca d’Italia, tramite l’indagine campionaria sui bilanci delle famiglie italiane nel 2006, evidenzia però già da tempo che nel periodo 2000-2006 il reddito delle famiglie con capofamiglia dipendente, in termini reali, è rimasto sostanzialmente stabile, rispetto a una crescita del 13,86 per cento per le famiglie con capofamiglia autonomo.
Letti i dati, e fatte le dovute premesse, è necessario proporre una diagnosi, lasciando ad altri esperti una prognosi completa. I dati Istat evidenziano che il problema della povertà concerne le famiglie (di tre o più figli dice l’indagine), ma interpretandoli con buon senso si può ipotizzare un problema di povertà, quantomeno soggettiva, sempre più sentito al crescere della prole: la povertà soggettiva indica la percezione degli individui circa l’adeguatezza del proprio reddito familiare per condurre una vita considerata dignitosa. Tale povertà soggettiva è probabilmente alimentata dall’assenza di una tassazione dei redditi basata sui quozienti familiari.
I dati citati inoltre rappresentano il ben conosciuto problema di un Sud depresso e di chi non ha un lavoro: questi ultimi sono impoveriti dall’assenza di un organico sistema di welfare state. Potrà rappresentare un importante passo avanti in tal senso il sistema degli ammortizzatori sociali, che a regime potrebbe essere organizzato su due pilastri, pubblico e privato, come spiega il Libro Bianco sul welfare presentato dal ministro Maurizio Sacconi.

LE CAUSE DEL MALESSERE

Dalla diagnosi alle cause del malessere.
– Nel 1995, il reddito italiano pro capite era superiore di circa il 4 per cento a quello medio relativo ai quindici paesi dell’UE; nel 2008 è invece sceso sotto la media circa del 10 per cento: in pratica, “l’italiano medio” si è impoverito quasi di 1 punto percentuale all’anno in rapporto agli altri partecipanti all’Unione Europea. Anche il confronto con i salari medi netti annuali nei paesi Ocse è poco soddisfacente per il nostro paese, come risulta dal grafico che segue. Occorre considerare che se la crescita del Pil di un paese si ferma, o addirittura vi è decrescita, gli altri Stati possono comportarsi anche in maniera opposta o comunque diversa. Infatti, i dati relativi al 2008 disponibili per gli altri paesi indicano per il Pil un aumento dell’1,3 per cento in Germania, dell’1,1 per cento negli Stati Uniti, dello 0,7 per cento in Francia e nel Regno Unito, e una diminuzione dello 0,7 per cento in Giappone. In Italia il prodotto interno lordo è invece calato dell’1 per cento rispetto all’anno precedente;
– Secondo le statistiche della Commissione europea per il 2008, considerando i dati corretti per il potere di acquisto, fatto pari a 100 il reddito pro capite medio nell’area euro, esso è pari a 104,8 in Germania, a 91,7 in Italia, a 84,5 in Slovenia: gli italiani quindi possiedono un reddito medio molto più vicino a quello sloveno che a quello tedesco;
– Per capire l’impatto rilevante del Pil sulla vita delle persone, occorre considerare che una delle sue componenti è rappresentata dai consumi delle famiglie, ad esempio di beni durevoli.

(elaborazione grafica dei dati di Francesco Pugliese)

pover

Concludendo, è bene rilevare come le soglie di povertà corrispondano alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un determinato paniere di beni e servizi: nelle indagini sulla povertà, può essere utile considerare anche un paniere che rappresenti l’insieme dei beni e servizi che, nell’area euro, e per una determinata famiglia, sono considerati essenziali al fine di conseguire uno standard di vita minimamente accettabile e analizzare la percentuale di famiglie che si avvicina o si allontana (a seconda del punto di partenza) da tali soglie annualmente, nel corso degli anni. Per i paesi primi entranti potrebbe poi contribuire all’analisi il definire una soglia di “malessere”, superiore a quella della povertà.
In una società globalizzata, per comprendere le condizioni di vita delle collettività, è bene operare confronti anche su sottoinsiemi con caratteristiche economiche comuni, per avere comparazioni omogenee ed esaustive. I cittadini, nel giudicare l’adeguatezza del proprio reddito familiare per condurre una vita dignitosa, osservano territori anche lontani, grazie ai mass media, a Internet, alla sempre maggiore mobilità. E sono soggetti a prezzi, come quelli dei beni durevoli, che spesso tendono a convergere in presenza di politiche monetarie comuni.

* L’articolo e le opinioni in esso contenute sono presentate dall’autore a titolo personale e non impegnano l’Istat, presso cui egli svolge l’attività di ricercatore.


°°° Sì, amici miei, certo… l’avvento di Silvio Burlesquoni nell’agone politico italiano ci ha praticamente disastrato. Nonostante l’ottimo lavoro di Prodi per mettere pezze su pezze ai danni fatti da Mafiolo, la devastazione è stata ed è così massiccia che stiamo finendo davvero malissimo. In compenso però siamo diventati il paese più conteso dai comici satirici di tutto il mondo. In effetti un capo di governo così patetico e clownesco e dei ministri così inutili e improbabili… li abbiamo solamente noi in tutto il mondo. E vi sembra poco? ALLEGRIAAAAAAAAAAAAA!

b-pinotto

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Crolla anche l’economia

Su base annua il prodotto interno lordo ha registrato un -6%
Si tratta dei dati peggiori dal 1980, quando l’Istat diede inizio alla serie storica
Pil primo trimestre rivisto -2,6%
Nel 2009 calo acquisito del 4,7%

ROMA – Il prodotto interno lordo italiano nel primo trimestre è calato del 6% rispetto allo stesso trimestre del 2008 e del 2,6% rispetto al trimestre precedente. Lo comunica l’Istat che ha corretto la stima preliminare diffusa a maggio secondo la quale il calo tendenziale era del 5,9% e quello congiunturale del 2,4%. Il calo del primo trimestre 2009 è il peggiore dal 1980, cioè dall’inizio della nuova serie storica delle rilevazioni statistiche.

L’Istat corregge pertanto anche il dato ‘acquisito’ del Pil per il 2009 (cioè la stima del prodotto interno lordo nel caso in cui nei prossimi tre trimestri non ci fosse alcuna variazione): sarà del 4,7% rispetto al 4,6% diffuso nelle stime preliminari.

Rispetto al trimestre precedente, le importazioni di beni e servizi sono diminuite del 9,2%, il totale delle risorse (Pil e importazioni di beni e servizi) del 4,1%. Dal lato della domanda, le esportazioni sono diminuite dell’11,8%, i consumi finali nazionali dello 0,8%, gli investimenti fissi lordi del 5%. Nell’ambito dei consumi finali, la spesa delle famiglie residenti è diminuita dell’1,1%, quella delle amministrazioni pubbliche è rimasta stazionaria.

La diminuzione degli investimenti è stata determinata da una contrazione del 21,2% degli acquisti di mezzi di trasporto, del 6,8% degli investimenti in macchine, attrezzature e altri prodotti, e dello 0,8% degli investimenti in costruzioni. In termini tendenziali, le esportazioni sono diminuite del 21,7%, le importazioni del 17%. La spesa delle famiglie residenti è diminuita del 2,6%, la spesa delle AP è cresciuta dello 0,8%. La spesa delle famiglie sul territorio nazionale è diminuita, in termini tendenziali, del 2,8%.

Gli investimenti fissi lordi sono diminuiti del 12,6% (contrazioni del 29,8% per i mezzi di trasporto, del 14,6% per i macchinari e gli altri prodotti e del 7,9% per le costruzioni).

Nel primo trimestre del 2009 si rilevano diminuzioni congiunturali del valore aggiunto dell’industria in senso stretto (-7,7%), del settore che raggruppa le attività del commercio, alberghi e pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni (-2,4%), del settore del credito, assicurazioni, attività immobiliari e servizi professionali (-1,4%), dell’agricoltura (-1,3%) e delle costruzioni (-0,8%). Il valore aggiunto delle altre attività dei servizi mostra un lieve aumento (+0,1%).

In termini tendenziali, il valore aggiunto dell’industria in senso stretto è diminuito del 16,7%, quello delle costruzioni del 5,6% e quello dei servizi del 2,6%.
L’agricoltura ha registrato un lieve incremento (+0,1%).

Facendo un confronto con i principali Paesi industrializzati, nel primo trimestre il Pil è diminuito in termini congiunturali del 4% in Giappone, del 3,8% in Germania, dell’1,9% nel Regno Unito, dell’1,5% negli Usa e dell’1,2% in Francia. In termini tendenziali il Pil è sceso del 9,1% in Giappone, del 6,9% in Germania, del 4,1% nel Regno Unito, del 3,2% in Francia e del 2,5% negli Usa. Nel complesso, il Pil dell’area Euro è diminuito del 2,5% in termini congiunturali e del 4,8% in termini tendenziali.
(10 giugno 2009)

°°° Ecco l’ottimo lavoro del governo, al netto delle cazzate di berlusconi: siamo tornati alla grande crisi del 1980. UN DISASTRO TOTALE!

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

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BROGLI soliti di berlusconi

martedì 9 giugno 2009
Brogli elettorali. Imbrogli berlusconiani all’estero.
Repubblica Ceca: seggi elettorali inesistenti, ma che figurano. Elettori italiani iscritti nelle liste 355, ma che sono diventati magicamente 668! 2 sezioni ufficiali sono invece diventate 10! Nella III circoscrizione i votanti risultano essere più degli elettori (103,51%).
Com’è possibile tutto ciò? Il Ministero degli Interni gonfia i dati a vantaggio di Berlusconi!
Il Consolato è già stato avvertito e si è messo in comunicazione con il Ministero degli Interni.
E’ probabile che questi dati verranno presto cancellati dal sito del Ministero, ma noi conserviamo una mail che ci giunge da un testimone oculare, presente ai seggi nella Repubblica Ceca. Il nome dell’autorevole testimone non lo riportiamo, a meno che egli stesso non lo voglia. In questo caso lo invitiamo a scriverci nuovamente. In ogni caso, lo ringraziamo.
Italiani, sveglia!
Sito del Ministero
La III circoscrizione
Le dieci sezioni dichiarate (anziché le due reali – vedere ‘comunicazioni pervenute’)


°°° Come ho scritto precedentemente, questi sono i soliti brogli e le solite truffe di burlesquoni. Truffe e brogli che, aggiunti ai voti di mafia e ai voti comprati danno la somma finale. Ma io non me la prendo contro di lui… MI INCAZZO CONTRO UN’OPPOSIZIONE INESISTENTE! La stessa opposizione che si presta al salottismo micidiale o ai telegiornali più devastanti e falsi del mondo: in perenne propaganda elettorale per mafia e P2. Me la prendo contro questa opposizione del cazzo, PD e comunisti, che permettono al TG2 di oggi pomeriggio di fare un servizio sui DATTERI DI MARE nei ristoranti del Salento (proibitissimi per legge, in quanto per prenderli si devastano i fondali marini) e NON CORRONO A DENUNCIARE PUBBLICAMENTE E ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA la stronza che ha fatto il servizio, i direttori del Tg2 e di raidue e TUTTI COLORO CHE RACCOLGONO E VENDONO I DATTERI DI MARE. L’opposizione si fa anche così: denunciando, facendo casino, facendosi sentire e DANDO IL BUON ESEMPIO!!! Io sono ghiottissimo di datteri crudi, ma da quando ho scoperto che danni provoca la loro raccolta, evito anche di pensarci. E se lo volessi, me li porterebbero fino a casa…

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

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I conti a puttane: grazie, Mafiolo!


L’ECONOMIA ITALIANA DOPO LEHMAN BROTHERS

di Francesco Daveri 22.05.2009

I dati ora disponibili permettono di leggere con maggiore precisione quanto è successo in Italia e negli altri paesi nei sei mesi dopo il fallimento di Lehman Brothers, l’inizio ufficiale della crisi. Ma non ci dicono tanto che l’Italia sta facendo meglio o peggio degli altri. Più che altro ci ricordano che in difficoltà ci siamo entrati molto prima degli altri. Per questo, rinviare le riforme è un lusso che l’economia italiana non può permettersi.

Il 15 maggio sono usciti i dati sull’andamento del Pil nel primo trimestre 2009. Si può quindi parlare con maggiore precisione di cosa è successo in Italia (e negli altri paesi) nei sei mesi dopo il fallimento di Lehman Brothers, cioè da quando è ufficialmente cominciata la crisi. Lo si può fare distinguendo tra gli effetti immediati della crisi (nel quarto trimestre 2008) e quelli meno immediati (del primo trimestre 2009), effetti che incorporano già in misura parziale alcune delle reazioni di politica economica nei paesi più rapidi a rispondere alla crisi. Per ottenere una valutazione ancora più precisa vale anche la pena di considerare gli indicatori mensili sul settore industriale (produzione, fatturato e ordinativi) e sulle vendite al dettaglio che arrivano fino al marzo 2009 e appena pubblicati dall’Istat. Infine, questi dati per così dire oggettivi possono essere incrociati con quelli che risultano dall’andamento del “sentiment”, di ciò che pensano le famiglie e le imprese, per vedere se esiste una correlazione tra le variabili soggettive e quelle oggettive.

IL PIL ITALIANO DOPO LEHMAN BROTHERS

I dati Istat indicano che, da quando è fallita Lehman Brothers, il Pil italiano è sceso di 4,4 punti percentuali in sei mesi, nel quarto trimestre del 2008 e nel primo del 2009, rispetto al valore del Pil registrato in media nei tre mesi che compongono il terzo trimestre 2008. Èun dato peggiore di pochi decimi di punto percentuale rispetto a quello dell’area euro e peggiore di un punto percentuale e più di quello dell’economia americana. Rispetto agli altri grandi paesi dell’Europa, l’Italia ha fatto molto meglio dell’economia tedesca che, con il –5,8 per cento dei sei mesi considerati, sta pagando duramente il fatto di essere diventato negli precedenti alla crisi il primo paese esportatore del mondo. E sta facendo molto meglio praticamente di tutti i paesi dell’Europa dell’Est, così legati all’economia tedesca e all’economia russa. L’economia italiana sta invece facendo meno bene del Regno Unito (-3,5 per cento) e in modo ancora più evidente di Spagna (-2,8 per cento) e Francia (-2,4 per cento).
Se si distinguono gli effetti immediati della crisi da quelli meno immediati, viene fuori che l’Italia ha subito un effetto immediato molto più forte degli altri, uguale a quello patito della Germania, e più alto di mezzo punto rispetto al dato medio per l’area euro. Gli effetti meno immediati della crisi sul Pil italiano sono stati invece quasi del tutto in linea con il dato medio dell’area euro.

Tabella 1: In Italia la crisi è meno peggio che altrove?

Ita Eu27 Usa Ger Fra UK Spagna
q4 2008 vs q3 2008 -2.1 -1.6 -1.6 -2.1 -1.2 -1.6 -1.0
q1 2009 vs q4 2008 -2.4 -2.5 -1.6 -3.8 -1.2 -1.9 -1.8
Il Pil dopo Lehman -4.4 -4.1 -3.2 -5.8 -2.4 -3.5 -2.8
q1 2009 vs q1 2008 -5.9 -4.6 -2.6 -6.9 -3.2 -4.1 -2.9

Nota: Prime due righe: dati trimestrali. Terza riga: dati trimestrali cumulati.

Ultima riga: dati tendenziali (stesso trimestre, a distanza di 12 mesi)
I dati del Pil possono essere letti anche con riguardo al cosiddetto “andamento tendenziale” dell’economia (trimestre in corso rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente), che è spesso confuso con l’andamento “congiunturale” (trimestre attuale sul trimestre precedente) nel dibattito pubblico. Su questo occorre essere chiari: il meno 5,9 per cento di crescita tendenziale del Pil enfatizzato nei giorni scorsi ha a che vedere solo parzialmente con la crisi. Si tratta infatti di un dato spurio che riflette l’andamento cumulato dell’economia nei due trimestri discussi qui (il “dopo Lehman”) e dei due trimestri precedenti (il secondo e il terzo del 2008), in cui l’economia italiana – lo abbiamo appreso in novembre – era già in recessione e gli altri paesi no. Il dato tendenziale dice che l’Italia andava peggio della media euro e degli altri grandi paesi europei (tranne la Germania) ben prima che la crisi cominciasse. Come più volte sottolineato in passato, i problemi dell’Italia non derivano tanto dalla crisi, ma da quello che era venuto prima. A causa della crescita economica più lenta degli altri dopo il 1995 abbiamo perso circa venti punti di Pil rispetto alla media degli altri quattro grandi paesi europei.

Crescita del Pil in Italia e nella media degli altri quattro grandi paesi europei, 1995-2008


INDUSTRIA E SERVIZI NEI DATI MENSILI

A partire dall’inizio del mese di marzo la Borsa italiana è ripartita, anche più velocemente delle altre borse europee, il che – a fianco di episodiche buone notizie provenienti da un certo recupero di dinamismo delle esportazioni dei distretti in qualche mercato di sbocco – ha spinto all’ottimismo molti commentatori ed esponenti politici. Dai dati mensili destagionalizzati sul settore industriale e sulle vendite al dettaglio non è però molto evidente da dove tragga origine tutto questo ottimismo. Èvero che, nel marzo 2009, il fatturato dell’industria è sceso solo dello 0,8 per cento, il dato migliore dal giugno 2008 dopo mesi di “meno tre” e “meno quattro” per cento. Un segno di rallentamento, non si sa quanto duraturo, dell’intensità della crisi. Èanche vero che le vendite al dettaglio hanno fatto registrare in marzo +0,1 per cento rispetto al mese di febbraio.
Ma il dato sulle vendite al dettaglio è un indicatore che risente sia dell’andamento dei prezzi che dei volumi venduti e quindi può anche rispecchiare una certa capacità dei distributori italiani di far pagare la crisi ai consumatori in presenza di una contrazione dei volumi venduti. Come emerge dalle interviste coni responsabili marketing di aziende del largo consumo, del terziario innovativo riportate in una recente ricerca di Carlo Erminero & Co., “vista dal lato del marketing, l’attuale crisi economica è un fenomeno ancora dai contorni sfuggenti”.
Il dato meno negativo che in passato del fatturato industriale si affianca poi a un dato inalterato per la produzione industriale che ha invece confermato in marzo il -4,6 per cento di febbraio 2009. E il dato degli ordinativi dell’industria (-2,7 per cento in marzo) è sostanzialmente in linea con la media di gennaio e febbraio 2009. (1) Semmai, i dati disponibili potrebbero indicare che la crisi economica si sta svolgendo come preventivato, avendo colpito più duramente nei primi quattro o cinque mesi i settori che producono beni durevoli – i cui acquisti sono i primi ad essere posposti nel tempo durante una recessione – per poi estendersi al settore dei beni non durevoli, i quali hanno fatto registrare una riduzione congiunturale del fatturato, della produzione, rispettivamente di circa due e tre punti percentuali, nel marzo 2009 – un calo ben più serio di quello sperimentato nei primi mesi della crisi. Se questi dati saranno confermati nel mese di aprile, saranno indice del fatto che la crisi del settore industriale si sta approfondendo e sta raggiungendo i settori non coperti dagli incentivi del governo.

PIÙ CORAGGIO CON LE RIFORME PER TORNARE A CRESCERE DAVVERO

Anche se le informazioni disponibili sul dopo Lehman sono ancora troppo scarse per trarre conclusioni definitive, i dati esistenti (fino al marzo 2009) non indicano un’attenuazione dell’entità della crisi che giustifichi l’ottimismo delle borse. In ogni caso, se anche i pochi segnali positivi si moltiplicassero, ciò non toglierebbe che, se il governo non vince la timidezza nel proseguire con le riforme (età pensionabile, università, mercato del lavoro), l’economia italiana potrà – al più – ritornare al tasso di crescita medio di cui ha goduto negli ultimi quindici anni: +1 per cento l’anno, troppo poco per ridare fiducia duratura alle famiglie e alle imprese.

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°°° E’ UNA PARTITA A DAMA CHE STIAMO PERDENDO PER COLPA DEL MAFIONANO E DELLA SUA ACCOLITA DI IGNORANTI, LADRI, E PASTICCIONI.

dama

(1) Il dato di gennaio – pari a -3,7 per cento – è stato particolarmente negativo “per colpa” dell’annuncio degli incentivi all’acquisto di beni durevoli (auto, elettrodomestici, eccetera) mentre il dato di febbraio (pari a -2,1 per cento) è stato migliore essenzialmente grazie all’entrata in funzione degli incentivi.

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