Patrizia e le altre

Patrizia e le agendine sui viaggi a Roma
“Sono stata da lui con un’amica modella”

di CARLO BONINI (Repubblica)

Patrizia D’Addario
e Silvio Berlusconi

patri

BARI – Chi è Patrizia D’Addario? E racconta il vero sulle due serate che nell’ottobre e nel novembre del 2008 l’avrebbero vista professionista pagata nei saloni di Palazzo Grazioli? Un racconto, si scopre ora, che aveva cominciato a condividere con un amico due mesi fa. Con parole – ricorda lui, chiedendo l’anonimato – che suonavano così: “Lo sai che sono stata a casa di Berlusconi con un’amica modella?”.

In attesa del riscontro investigativo di un’istruttoria ai suoi primi passi che di ragazze, con Patrizia, ne conta cinque, c’è una sola strada. Incrociare il suo racconto di oggi con la parabola di una vita complicata che, nel tempo, ha lasciato tracce nelle stanze della questura, negli uffici della Procura della Repubblica, nei salottini del “Gorgeous”, negli studi di posa fotografica, nelle strade delle periferie di san Girolamo e Carbonara.

Perché c’è un prima che forse spiega il dopo: i 2000 euro pattuiti a Roma all’hotel de Russie con l’imprenditore Gianpaolo Tarantini “per una notte con il premier”; la improbabile candidatura proposta da Tato Greco nella lista “La Puglia prima di tutto” di Raffaele Fitto; la decisione di “registrare tutto” di quei due viaggi a Roma prima di rovesciare il tavolo per non aver ottenuto quel che aveva chiesto. “Lo sblocco di una licenza per edificare un residence” sui terreni di proprietà della famiglia.

Raccontano dunque che quando, a 14 anni, Patrizia, nata il 17 febbraio del 1967 a Bari, lascia la casa dei suoi genitori e dei suoi due fratelli (ne perderà uno), in testa ha due passioni. L’uomo che ha deciso di seguire e la magia. Del primo si libera presto. Della seconda, a quanto pare, no. Ai suoi amici, nel tempo, racconta di aver lavorato con David Copperfield (famoso illusionista) e il mago Alexander. I suoi abiti virano regolarmente sul nero. E il suo modo di misurare gli altri e quel che le accade ha sempre un fondo di misterico.

Qualcuno la prende per una sbandata. Anche perché la sua vita, quando di anni ne ha 31, si complica. Ha una figlia da un imprenditore da cui presto si separa. Una bimba che oggi ha 11 anni e vive con lei e la nonna. E che con lei condivide il momento forse più doloroso della sua esistenza. Patrizia è diventata infatti la compagna di un tipo che, al quartiere san Girolamo, conoscono come “Spaghetto”. Fa il movimento terra nei cantieri edili. E fa dell’altro. Patrizia ha la forza di denunciarlo, farlo arrestare e condannare per sfruttamento della prostituzione (l’uomo sarà rimesso in libertà con l’indulto). Ed è qui – raccontano oggi nelle stanze della Questura e negli uffici della Procura – che qualcosa o, forse, molto, cambia.

Patrizia comincia a frequentare la “Bari che conta”. “Escort” senza mistero di esserlo, dicono di lei in modo spiccio. La si vede spesso al “Gorgeous”, il locale notturno il cui proprietario, Roberto Trione, è amico personale di Raffaele Fitto. Fa qualche apparizione su “Telenorba”. Si propone a “Tele Bari”. Racconta agli amici di aver girato degli spot per la “Coca Cola”, tanto che, per un periodo, si fa chiamare “Coca”. Di fatto si sceglie anche un nome d’arte: Patrizia Brummel e con questo appare in un calendario e nei book che mette insieme negli studi di alcune agenzie fotografiche in città.

E’ un glamour di provincia il suo, che sogna altri palcoscenici. Appare come presentatrice in una serata benefica del 2006 sul palco di villa Romanizzi Carducci. E, per un periodo, risulta socia amministratrice della “Stadium Pictures”, società in nome collettivo che ha come ragione sociale “Produzioni cinematografiche e video” e che verrà messa in liquidazione e cancellata dal registro delle imprese il 28 aprile del 2000.

Ma è anche un glamour che si sposa a un’ossessione personale, coltivata – a quel che raccontano magistrati e poliziotti che con lei hanno avuto a che fare prima di questa vicenda – con precisione maniacale: annotare quotidianamente ogni dettaglio della sua giornata, dei suoi incontri, dei suoi colloqui. La prova se ne ha due anni fa, 2007. Viene trovato il cadavere di Marisa Scopece, una giovane prostituta di cui Patrizia è amica. Lei si presenterà al magistrato con quattro pagine di appunti manoscritti in cui sono ricostruiti gli ultimi giorni della ragazza.

Non deve sorprendere, allora, che Patrizia, oggi, conservi le ricevute dei biglietti aerei dei due voli per Roma che, ad ottobre e novembre dello scorso anno, l’avrebbero portata a Roma per il “lavoro” a Palazzo Grazioli. Né che annoti i nomi delle ragazze che con lei avrebbero condiviso quell’esperienza (una sarebbe un'”amica modella”). O quelli dei due hotel dove soggiorna per l’occasione: il “Valadier” e un albergo in via Margutta.

Né dovrebbe sorprendere lì dove racconta di “avere la registrazione dei due incontri” con il presidente del Consiglio (audio o video, non è chiaro). “Perché – riferisce una fonte in Questura – quello era il sistema che usava. Documentava tutto. Sempre. Qualcuno sostiene girasse con una piccola telecamera nella borsa. Anche quando, e accadeva spesso, veniva per denunciare soprusi di cui sarebbe stata vittima”. L’ultima volta, il 15 maggio, per “uno strano furto in casa”. Dopo aver accettato la candidatura alle comunali con la lista “La Puglia prima di tutto”.

°°° Lo squallore di burlesquoni, sedicente uomo più potente d’Europa, non ha limiti. Pagare per avere a disposizione delle escort… lui che ha fatto un puttanaio di zoccole pronte a tutto delle televisioni e del parlamento.

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Brambillen

La Brambilla e il saluto romano – Video (Repubblica)
la ripresa che imbarazza il ministro
La responsabile del Turismo ripresa col braccio teso a Lecco alla festa dei carabinieri. A fianco a lei il padre nella stessa posa. “Fa ridere soffermarsi sull’angolazione del mio braccio”, disse quando uscirono le foto. Dopo aver visto il video non commenta.

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BRAMBILLEN, MINISTRO DEL TURISMO AMMAZZATO, A LECCO

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Puzza insopportabile

ISSO, ESSA E ‘A MALAVITA
di ROSITA PRAGA [ 29/05/2009]

A Napoli gli investigatori della Direzione Antimafia stanno indagando sui possibili collegamenti fra Elio Benedetto Letizia, il padre dell’ormai celebre Noemi, e il ceppo che a Casal di Principe ha visto per anni egemone il clan capitanato da Armando, Giovanni e Franco Letizia, gruppo di fuoco del boss Giuseppe Setola, area Bidognetti. Tutti alleati degli Scissionisti di Secondigliano. Qui, nell’attesa di sviluppi giudiziari, proviamo a mettere in fila alcune impressionanti coincidenze, con le tessere di un puzzle che vanno al loro posto una dopo l’altra. Ed un Paese che, se le ipotesi investigative fossero confermate, si troverebbe a dover raccogliere la sfida finale.

Potrebbe suonare solo come un’omonimia, un cognome strano, uguale al nome di una donna. E che ricorre. Poi il cerchio delle coincidenze comincia a stringersi. E prende corpo l’ipotesi che Benedetto Letizia detto Elio, padre dell’aspirante starlette Noemi, lungi dall’essere mai stato autista di Craxi o militante di Forza Italia o qualsiasi altra boutade messa in circolazione, sia originario dello stesso ceppo di Casal di Principe dal quale provengono Franco e Giovanni Letizia, gruppo di fuoco del boss Giuseppe Setola. Lo stesso commando capace di sparare in fronte ed ammazzare sei extracomunitari in un colpo solo per avvertire gli altri che, se si intende trafficare droga in zona, bisogna sottostare alle “regole”. E pagare.

Ma chi e’ veramente Benedetto-Elio Letizia? Da Castelvolturno all’Agro Aversano fino a Secondigliano, molti lo sanno fin dall’inizio di questa storia. Ma non parlano. Tacciono di fronte ai tanti cronisti venuti da ogni parte del mondo. Pero’ a Enrico Fierro, inviato dell’Unita’, qualcuno ha detto: lascia stare, su questa storia meglio non metterci le mani. Bolle, scotta. Il cinquantenne Benedetto Letizia, noto finora al Comune di Napoli (dove e’ in servizio) piu’ che altro per un vecchio inciampo giudiziario – fu arrestato nel ’93 nell’ambito di un’inchiesta sulle compravendite di licenze commerciali – per tutti e’ un uomo tranquillo. E anche la gazzarra di visure camerali e catastali messa su dai giornali, non ha potuto scoprire altro che modesti immobili intestati a Noemi e un paio di societa’ dedite al commercio di profumi. Solo una bufala, allora, la storia della parentela? “Non dimentichiamo – dice un attento osservatore di queste dinamiche – che molto spesso i clan si servono proprio di personaggi “puliti”, o quasi, per tenere i contatti con esponenti delle istituzioni”.

A gettare benzina sul fuoco, realizzando la classica “excusatio non petita”, sono poche settimane fa alcuni giornalisti del casertano. Ventiquattr’ore di fuoco, quel 19 maggio. Dopo la cattura in Spagna del boss Raffaele Amato, a Secondigliano un blitz porta in manette quasi cento persone ritenute affiliate agli Scissionisti. In nottata arriva l’arresto a San Cipriano d’Aversa del boss Franco Letizia, uno fra i cento latitanti piu’ ricercati d’Italia. E siamo proprio negli stessi giorni in cui, fra gossip e cronaca, i giornali, le tv e il web sono letteralmente invasi da quel nome: Letizia. Alle 12 e 18 in punto nelle redazioni arriva un lancio Ansa. E’ firmato dalla giovane corrispondente casertana Rosanna Pugliese: nessuna parentela – si legge – tra l’arrestato Franco Letizia ed il papa’ di Noemi, lo affermano “gli inquirenti che operano nel casertano”. Che bisogno c’era di quella perentoria smentita, a fronte di una notizia mai data? E soprattutto, perche’ rifarsi ad un termine generico come “gli inquirenti”, senza precisare se si tratta della squadra mobile, della Procura (di Napoli o di Caserta?) oppure di altre forze dell’ordine? Un sito locale, Caserta Sette, non perde l’occasione per rilanciare la non-notizia. E con tono stizzito se la prende con chiunque osi pensare che esista quella parentela.

Mentre scriviamo, alla Voce risulta invece che sono in corso indagini top secret alla Procura di Napoli proprio per accertare il possibile collegamento fra i Letizia di Secondigliano (Benedetto detto Elio, ma anche altri suoi stretti congiunti) e il clan Letizia affiliato ai Casalesi. Un legame che, se fosse accertato, nella “vicenda Papi”, spiegherebbe tutto. O quasi. Qualcuno, in Campania ed oltre, sa bene da tempo cosa significa pronunciare alcuni grossi nomi. E perche’, se telefona uno con quel nome, se si spinge fino a chiedere a un leader politico di mostrarsi alla nazione intera, intervenendo ad una festa di paese, lui potrebbe essere costretto ad acconsentire. Ma in ossequio alla ragion di stato sarebbe obbligato a far credere – perfino alla moglie e ai figli – che si tratti d’una storia di corna e minorenni, piuttosto che rivelare al Paese e al mondo la verita’.

Scrive Fierro sull’Unita’ del 22 maggio: “La camorra, soggetto da maneggiare con cura in questa storia. Anche se i tanti set di questo reality non aiutano a tenerla a debita distanza. Secondigliano (il quartiere monstre dove i Letizia hanno alcune loro attivita’); Portici, la citta’-quartiere dove vivono Noemi e sua madre, e Casoria, il paesone della festa. In ognuno di questi luoghi i clan hanno un controllo ferreo del territorio. Sanno tutto. Di tutti”. In attesa delle conclusioni alle quali giungeranno i pm della Dda, noi qui proviamo a mettere insieme le tessere del puzzle. Che cominciano a combaciare in maniera impressionante. Se risultasse provato il collegamento fra i Letizia, sarebbe allora piu’ realistico immaginare quale sia stato il vero motivo di quell’appuntamento cui il premier, suo malgrado, non poteva mancare, pur avendo cercato con ogni mezzo fin dalla mattina – e poi nelle frenetiche telefonate fatte in quei misteriosi 50 minuti di sosta dentro l’aereo, a Capodichino – di sottrarsi. Alla fine va. E resta per quasi un’ora a colloquio “riservato” – dice chi c’era – con Elio Benedetto Letizia, prima di darsi in pasto ai fotografi.

. IL POTERE DI GOMORRA

Troppo forte, il potere d’intimidazione di quella holding multinazionale che, come ci ha raccontato Gomorra, comunica i suoi messaggi attraverso i simboli. L’uomo accusato di essersi portato via la donna di un boss, per esempio, viene crivellato non alla testa o al cuore, ma “mmiez ‘e palle”; quello che ha tradito gli accordi, facendo catturare uno del clan, dovra’ essere “incaprettato”, legato come un capretto sul banco della macelleria, e fatto ritrovare nella posa piu’ grottesca e mostruosa che si possa immaginare per un essere umano. Cosi’ anche la presenza fisica di una personalita’, in certi luoghi ed occasioni, vale piu’ di cento rassicurazioni verbali. Magari arriva a suggello di un condizionamento che durava gia’ da mesi. E del quale la bella – e quasi certamente ignara – Noemi non era che un altro “segnale”. La sua presenza al fianco del primo ministro (come nell’ormai famoso ricevimento di fine anno a Villa Madama) serviva per affermare all’esterno che il rapporto con gli uomini del napoletano e del casertano stava andando avanti.

Del resto, lo strapotere finanziario raggiunto dalle imprese dei clan camorristici – anche attraverso la presenza di loro vertici nelle logge massoniche coperte – praticamente non ha uguali. Lo ha spiegato poche settimane fa Roberto Saviano agli studenti della Normale di Pisa nel corso di una lezione: nessuna, fra le altre mafie del mondo (russa, cinese o slava che sia) e’ autonoma rispetto alle cosche italiane. Tutte hanno come modello di partenza Cosa Nostra, ‘Ndrine e Camorra. Ma i gruppi esteri non si sono mai del tutto affrancati: sullo scacchiere internazionale, nei paradisi fiscali, per muovere da un capo all’altro dei contimenti denaro, armi, stupefacenti, organi ed esseri umani, devono sempre e ancora in qualche modo “dare conto” ai clan italiani.

Dal punto di vista dell’economia criminale, poi, che interi pezzi dell’Italia siano ormai ricattabili da parte dei clan camorristici, non e’ una novita’. Una holding multinazionale, ma pur sempre malavitosa; forze strutturate e uomini che, pur trovandosi ormai a gestire le leve del potere finanziario (il giro di affari delle mafie, secondo uno studio recente di Confesercenti, e’ pari a 125 miliardi di dollari l’anno, circa il 7% del Pil nazionale), non rinunciano ai vecchi e collaudati metodi per affermare il loro potere. Un commando di fuoco pronto a sequestrare, a sparare in faccia, tenere in ostaggio magari i figli di un alto esponente politico. Ed e’ cosi’ che possono maturare, per i posti chiave di governo – ad esempio la presidenza di una strategica Provincia o un sottosegretariato – le nomine di personaggi ritenuti gia’ nelle lore stesse zone di origine impresentabili, per i legami con la camorra dei loro uomini piu’ stretti.

MARONI ALLA CARICA

Come s’inscrive, nello scenario che stiamo ipotizzando, l’autentica impennata nella lotta ai clan camorristici impressa nelle ultime settimane da Roberto Maroni, ministro degli Interni, e da Antonio Manganelli, capo della Polizia? “Berlusconi – dice un esperto di intelligence che preferisce restare anonimo – probabilmente sara’ presto lasciato al suo destino. Lo dimostra il livello di fibrillazione da cui e’ stato colto dopo l’episodio di Casoria, gli errori a raffica, le dichiarazioni avventate. A reggere saldamente il timone dello Stato che non si arrende e’ ora il Viminale, da cui non a caso negli ultimi mesi e’ partito un pressing senza precedenti nel contrasto ai Casalesi e ai loro alleati, gli Scissionisti di Secondigliano. Operazioni che hanno liquidato quasi interamente il clan Letizia”.

L’escalation nella lotta alla malavita organizzata del casertano ha inizio esattamente dopo la strage di Castelvolturno, il 19 settembre dello scorso anno, quando sei nordafricani residenti nella vasta area a rischio della Domiziana, sul litorale di Caserta, vengono massacrati in un raid di camorra teso – si capira’ in seguito – a riaffermare il predominio sulla zona del boss dei Casalesi Giuseppe Setola, al cui clan sono affiliati i Letizia. Appena dieci giorni dopo, il 30 settembre, i Carabinieri del comando di Caserta arrestano gli artefici dell’eccidio. Sono Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo ed il ventottenne Giovanni Letizia, gia’ ricercato per un altro omicidio collegato alla connection politica-rifiuti: quello dell’imprenditore Michele Orsi. I militari li sorprendono in due villini di villeggiatura a Quarto, sempre in zona domizia. “Secondo il pentito Oreste Spagnuolo – scrivera’ Roberto Saviano – Giovanni Letizia quando uccise Michele Orsi indossava una parrucca e ai piedi aveva un paio di Hogan di tela. Poi gli venne fame e andarono a mangiare con Letizia che aveva ancora le scarpe sporche di sangue ma preferiva pulirle con la spugnetta anziche’ buttarle. Quando il suo capo chiese perche’ perdesse tempo a lavarle rischiando di essere beccato, Giovanni Letizia gli rispose che Orsi non valeva le sue scarpe”. 14 gennaio 2009. In un edificio diroccato di Trentula Ducenta, al confine con il Lazio, finisce la latitanza del boss Giuseppe Setola. Con lui viene fermata la moglie, Stefania Martinelli. Fra il 9 e l’11 marzo la Dda partenopea mette a segno un altro colpo mortale per i Casalesi con l’arresto di altri uomini legati a Franco Letizia, cugino di Giovanni, considerato il reggente del clan. Fra loro anche il trentatreenne Vincenzo Letizia detto ‘o schizzato. 3 aprile 2009. La Mobile di Caserta arresta Armando Letizia, 56 anni. Considerato elemento di spicco del clan, Armando e’ zio di Giovanni Letizia e padre del latitante Franco. Il cerchio si stringe intorno a quest’ultimo, che sara’ tratto in manette il 19 maggio. Ma quella domenica 26 aprile, il giorno dell’arrivo di Berlusconi a Casoria per il compleanno di Noemi, un’altra e piu’ rilevante cattura forse e’ gia’ nell’aria. All’alba del 29 aprile la Direzione Investigativa Antimafia di Napoli sorprende Michele Bidognetti, fratello del boss Francesco Bidognetti (detenuto al 41 bis eppure ancora in grado – secondo gli inquirenti – di impartire ordini), ma soprattutto parente del collaboratore di giustizia Domenico Bidognetti.

Un gruppo criminale strettamente collegato a quello dei Setola e, quindi, ai Letizia. “Una storia – fanno notare in ambienti giudiziari del casertano – che puzza lontano un miglio di rifiuti. Non va dimenticato che per i Bidognetti questa e’ stata sempre una fra le piu’ lucrose attivita’. E che molte operazioni messe a segno recentemente dalle forze dell’ordine nascono dalle rivelazioni su quel maleodorante business rese da una gola profonda del settore come Gaetano Vassallo”. Senza contare, su tutto, la presenza degli imprenditori-camorristi del settore rifiuti Michele e Sergio Orsi: il primo ucciso proprio per mano del clan Letizia quando era in procinto di collaborare con la magistratura. Il secondo, arrestato nell’ambito di un’operazione anticamorra di febbraio scorso, era invece stato prosciolto nel 2007 da analoghe accuse. Al suo fianco, come penalista, c’era l’avvocato Ferdinando Letizia dello studio Stellato di Santa Maria Capua Vetere. Casertano, 35 anni, Ferdinando Letizia e’ anche consigliere comunale a Castelvolturno e capogruppo della lista “Liberamente”, sul cui sito internet si esaltano le gesta del leader Silvio Berlusconi. Il colpo inferto ai trafficanti di rifiuti con l’apertura dell’inceneritore di Acerra, il timore di perdere gli appalti da milioni di euro che ruotano intorno all’affare munnezza, potrebbero insomma essere fattori non del tutto estranei al clima rovente delle ultime settimane.

IL MILAN? ALL’OLIMPIA

Ma torniamo ai segnali. A quegli avvenimenti forse solo in apparenza “curiosi” che avevano preceduto la famosa sera del 26 aprile. Quella domenica a giocare sul campo del San Paolo c’era stata l’Inter. Ma il 22 marzo a Napoli per una sfida di campionato era sbarcato il Milan. Che per la prima volta aveva abbandonato i consueti, sfavillanti hotel del lungomare partenopeo con vista sul golfo, per andare ad alloggiare in una delle piu’ desolate periferie dell’hinterland: Sant’Antimo, Hotel Olimpia. Terra di inceneritori, ecoballe e Cdr. Al confine col triangolo della morte Nola-Marigliano-Acerra. Comune, Sant’Antimo, due volte sciolto per infiltrazioni camorristiche. Area infestata da sversamenti illegali di materiali tossici. E non lontana da quell’agro aversano da cui trae le sue origini il gruppo Setola-Bidognetti-Letizia.

L’Hotel Olimpia rientra nell’impero economico della famiglia Cesaro, che in zona possiede anche l’unico presidio sanitario disponibile per uno fra i territori piu’ densamente popolati d’Italia, il Centro Igea, ed una serie di altre lucrose attivita’. Leader della famiglia e’ Luigi Cesaro, deputato Pdl, candidato in pole position per la presidenza della Provincia di Napoli. Sui suoi pregressi legami coi clan della zona si soffermava a lungo (come la Voce ha ricordato nel numero di maggio scorso) la relazione di fuoco redatta dai commissari prefettizi inviati a Sant’Antimo dopo lo scioglimento per camorra del 1991.

Ecco i passaggi chiave. “I collegamenti di taluni degli amministratori con la malavita organizzata – clan Puca e Verde – si estrinsecano attraverso rapporti di parentela e/o cointeressi in attivita’ economiche e patrimoniali”. “La cointeressenza in attivita’ economiche si coglie soffermandosi sugli accordi in materia di appalti fra i clan di Pasquale Puca ed il clan Verde, che operano rispettivamente attraverso le cooperative “La Paola” e “Raggio di Sole”, addivenendo in tal modo ad una spartizione dei settori dell’economia locale. Della Cooperativa “Raggio di Sole” e’ socio il consigliere comunale Antimo Cesaro unitamente ai fratelli Raffaele (legale rappresentante) e Luigi”. Ancora: “Lo stesso consigliere Aniello Cesaro risulta citato a comparire dalla Autorita’ Giudiziaria in ordine a molteplici attivita’ estorsive messe in atto da Pasquale Puca, capo dell’omonimo clan camorristico operante in Sant’Antimo e Casandrino; risulta avere in atto procedimenti per truffa, interesse privato in atti d’ufficio, omissione in atti d’ufficio e peculato”. Diciannove anni dopo, di Luigi Cesaro (e del suo “gemello” politico Nicola Cosentino, sottosegretario all’Economia), parla Gaetano Vassallo, come ricorda l’Espresso in un’inchiesta di settembre 2008. E qui tornano le coincidenze. Perche’ se le verbalizzazioni del pentito dovessero trovare conferma, a favorire l’attivita’ imprenditoriale dei Cesaro non sarebbe stato un clan qualsiasi. Ma il gruppo di Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e mezzanotte.

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

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Venghino, siòri!

Europee, letteronze e la figlia di Bertolaso

Europee, in lista per il Pdl letteronze e la figlia di Bertolaso. Sono gli ultimi boatos in casa del centro destra a poco più di 24 ore dalla scadenza della presentazione delle liste.

Cristina Ravot, giovane cantante sassarese. Rachele Restivo, giornalista tv. E poi Laura Comi. E potrebbero spuntarla anche le più famose Eleonora Gaggioli, Barbara Matera e Angela Sozio: dovrebbero essere loro le fortunate vincitrici del corso di formazione tenutosi a via dell’Umiltà per accedere alle liste del Pdl. Trattative in corso, continui contatti del gruppo dirigente e soprattutto il tentativo degli apparati di partito di cercare di non escludere gli uscenti. Silvio Berlusconi nei giorni scorsi ha annunciato di volere molte facce nuove, ma dovrebbero essere recuperati i vari Bonsignore, Iva Zanicchi, Albertini, Gargani, Zappalà, Antoniozzi.

Per An in lista sicuramente la Angelilli e la Muscardini, mentre si rincorrono i boatos –

l’ultimo è la possibile presentazione ai nastri di partenza della figlia di Guido Bertolaso – e si contano gli esclusi. Alla fine dovrebbe spuntarla il capogruppo alla Regione Lazio, Alfredo Pallone, non invece Ventre e Gawronsky (per propria scelta).

Le liste per le Europee dovranno essere presentate entro mercoledì mattina. E proprio mercoledì ci sarà anche un nuovo Cda della Rai. Dovrebbe terminare con una nuova fumata nera per quanto riguarda le nomine che a questo punto, presumibilmente, si faranno dopo le Europee.

°°° Un sacco di tam tam per candidare qualche altra zocciletta senza arte né parte. Ve lo dico io in cosa consistono questi famosi corsi che fanno nella tana di Mafiolo: si mettono queste disperate (disperati) su una sedia, si accendono tre telecamere (che registrano tutto, perché poi il padrone delle vacche deve scegliere e commentare) e una squadra di zerbini come Belpietro, Jannuzzi, Fede, e via vomitando li stimola. Studiare STORIA? Naaaaaa. La Costituzione? Naaaaa. Diplomazia e strategia politica? Giammai! Imparano solo a mettersi in posa a favore di camera, a strillare i propri miseri slogan e… ad interrompere qualunque interlocutore. Di giorno. Poi, come cala la sera, si muovono in branco verso ristoranti di lusso, discoteche piene di droga, e alcove nascoste e clandestine. Chettelodicoaffa’?

CANDIDATE PER I LETTI DI BRUXELLES

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