Il cazzaro, la cosca e… la dura realtà

Conti Pubblici
COSA CI SARÀ DOPO LA CRISI
di Andrea Boitani e Massimo Bordignon

15.06.2009

E’ la peggiore crisi dagli anni Trenta. Ma è utile guardare più lontano nel tempo, per capire le possibilità del nostro paese, che oltretutto ha beneficiato meno della crescita precedente. Aumenteranno disavanzi e debiti pubblici, in particolare nei paesi avanzati. Si ridurrà la domanda Usa ed è illusorio contare sulla Cina per riavviare un modello fondato sulle esportazioni. Servirebbero una politica fiscale sempre più europea e riforme strutturali. Difficili da realizzare. Ma l’alternativa è una progressiva emarginazione dell’Europa. E dell’Italia.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, che la diritta via era smarrita”. L’incipit dantesco rappresenta un’eccellente descrizione della situazione economica attuale. La selva è davvero oscura: quest’anno il Pil mondiale si ridurrà dell’1,3 per cento; del 2,8 per cento negli Stati Uniti e del 4,2 per cento nell’area euro, del 4,4 per cento in Italia (il 5 per cento secondo BankItalia). Il tasso di disoccupazione, nell’area euro, salirà sopra il 10 per cento nel 2010: la peggior crisi dagli anni trenta. (1) Perché si sia persa la “diritta via” è ancora dibattuto. Sappiamo ormai tutto sui meccanismi della crisi finanziaria e della bolla del debito. Capiamo meno come vi si sia potuti arrivare, se per imbecillaggine dei controllori, esuberanza irrazionale dei mercati, cecità dei cantori del libero mercato o altro. Non sappiamo neppure quando qualche raggio di luce illuminerà la selva, se già alla fine del 2009, nel 2010 o ancora più lontano nel tempo. Per ora, gli unici segnali di conforto sono che la velocità di caduta del prodotto è diminuita e che le borse hanno un po’ recuperato, aiutate dall’inondazione di liquidità prodotta dalle banche centrali. Ma i prezzi delle materie prime e del petrolio sono in deciso rialzo, probabilmente per le strozzature presenti dal lato dell’offerta, e questo potrebbe far abortire la ripresa prima ancora che si consolidi. Forse, è però utile gettare uno sguardo un po’ più lontano nel tempo, anche per capire quali possibilità abbia un paese come il nostro, che oltre a essere uno dei più colpiti dal fallout della crisi, è anche quello che ha di meno beneficiato della crescita che l’ha preceduto.

FATTI

Intanto, nonostante che il dibattito si sia quasi esclusivamente concentrato sulla crisi finanziaria, all’origine della stessa c’è soprattutto una situazione di perdurante squilibrio internazionale, alimentato dagli Stati Uniti e dagli altri paesi che impiegano più risorse di quante ne producano, e della Cina e di alti paesi, petroliferi, ma non solo, che producono più risorse di quante ne impieghino. La bolla finanziaria aveva reso conveniente (e perciò possibile) il continuo afflusso di risorse dai paesi in surplus ai paesi in deficit, sotto la forma di capitali in cerca di rendimenti e, perciò, la perpetuazione degli squilibri mondiali. Con ciò era stata anche resa possibile una continua crescita della domanda mondiale, trainata dagli Usa, che, a sua volta, aveva consentito la crescita trainata dalle esportazioni di tanti paesi, asiatici ma anche europei, a cominciare dalla Germania. La crescita del valore della ricchezza finanziaria e del credito ha permesso l’espansione della domanda Usa, nonostante che gran parte dei redditi da lavoro siano rimasti costanti in termini reali per molti anni e la distribuzione del reddito sia divenuta sempre più squilibrata. Un fenomeno del genere si era verificato anche negli anni precedenti alla Grande Depressione, almeno negli Stati Uniti.
Per contrastare la crisi, gli Usa, che hanno pochi stabilizzatori automatici, hanno fatto ricorso a massicce dosi di stimolo fiscale discrezionale, il 2 per cento del Pil, al netto di quanto speso per i salvataggi bancari: il crollo della ricchezza finanziaria e il credit crunch minacciavano infatti di far crollare la domanda interna, che non poteva essere alimentata dallo smobilizzo di risparmi privati, ormai da tempo inesistenti presso il ceto medio e le classi popolari. In Europa, lo stimolo fiscale discrezionale è stato complessivamente più contenuto; il Fondo monetario internazionale lo ha di recente giudicato “nel complesso adeguato”, ma in Italia è stato quasi nullo: lo 0,2 per cento del Pil nel 2009. In Cina è stato annunciato uno stimolo di dimensioni simili a quello Usa: 2 per cento del Pil nel 2009 e nel 2010. Ma è difficile sapere in che misura la spesa effettiva corrisponderà agli annunci. Come effetto di questi interventi e della recessione, disavanzi e debiti pubblici cresceranno in tutti i paesi, e in quelli avanzati in particolare, fino a un livello massimo del rapporto debito su Pil del 140 per cento nel 2010, secondo le stime dell’Fmi. Nel marasma, una buona notizia per noi è che il differenziale tra l’Italia e i paesi europei “virtuosi” si va riducendo: mentre prima della crisi si prevedeva per il 2009 un differenziale di 40 punti tra Italia e Germania, ora si prevede un differenziale di “soli” 30 punti. Comunque abbastanza per frenare l’azione di stimolo fiscale “unilaterale” del nostro governo.

SCENARI

1 – Visto che la crisi è dovuta a squilibri internazionali, è probabile che il processo di aggiustamento spinga verso una loro riduzione. La domanda privata interna Usa si ridurrà e, con essa, le importazioni (la domanda pubblica, ammesso che compensi quella privata, dovrebbe essere meno import-intensive). Se verrà a mancare il traino Usa, sembra anche poco sensato contare sulla Cina per riavviare un modello fondato sulle esportazioni. Il Pil cinese è ancora troppo piccolo per trainare e non c’è alcuna garanzia che la Cina abbandoni, lei per prima, la via dell’export-led, che finora le è servito egregiamente.

2 – I paesi europei, presi singolarmente, sono troppo indebitati o troppo piccoli per potersi avventurare nel finanziamento in disavanzo di un volume di spesa pubblica aggiuntiva sufficiente a sostenere la domanda aggregata. Inoltre, c’è un problema di free-riding: un’espansione in un singolo paese, in un’economia fortemente integrata come quella europea, finisce per avvantaggiare soprattutto i partner commerciali, così disincentivando l’espansione stessa.

3 – Non è impossibile che gli Stati Uniti scelgano la via di un’inflazione controllata per bruciare un po’ di debito e di liquidità accumulati in questi anni. Un po’ di svalutazione del dollaro serve a riequilibrare almeno parzialmente i conti con l’estero. Ma gli Usa non possono permettersi un’eccessiva svalutazione della loro moneta se devono, come devono, continuare ad attrarre capitali dall’estero per finanziare i loro debiti interni. In Europa, la via dell’inflazione sembra comunque sbarrata dalla Bce e dalla tradizionale avversione tedesca; ma questo, a sua volta, impedisce una più coraggiosa politica di indebitamento da parte dei singoli stati membri.

4 – Non sembrano riscuotere grande consenso, né in Italia né in altri paesi europei, quelle manovre “intertemporali” che sarebbero capaci di dare credibilità al consolidamento della finanza pubblica nel medio periodo, a fronte di un più robusto stimolo fiscale oggi. Le raccomandazioni dell’Fmi e del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi vanno in quella direzione, ma rischiano di rimanere inascoltate. Sebbene i periodi di crisi siano quelli in cui sarebbe più necessario e utile fare le riforme “strutturali”, sembra che proprio in questi periodi governi nazionali siano più timorosi del solito e, perciò, incapaci di vincere le resistenze delle corporazioni.

5 – La crisi avrebbe potuto essere l’occasione per una politica più forte da parte dell’Unione Europea. Ma ciò non è avvenuto. Anche l’idea di una regolazione comune dei mercati finanziari stenta a farsi strada, nonostante le pressanti raccomandazioni degli organismi finanziari internazionali, mentre forme varie di protezionismo mascherato emergono in molti settori. L’idea stessa di mercato unico europeo è ora in difficoltà.

RISCHIO EMARGINAZIONE

Le conclusioni sono ovvie e un po’ sconfortanti. Servirebbe una politica fiscale sempre più “comunitaria” (cioè europea) e sempre meno nazionale. Una politica che, non potendo più contare sul traino delle esportazioni, insista di più su una crescita della domanda interna europea, eliminando le residue barriere agli scambi, soprattutto nei servizi, e sui grandi progetti infrastrutturali europei, provvedendo finanziamenti europei non solo simbolici, come per gli attuali progetti Ten. In questo senso vanno le proposte di molti. Peccato che sembrino di difficilissima realizzabilità. I risultati delle elezioni europee, con l’affermazione delle forze nazionalistiche e anti-europee, sono un pessimo segnale in questo senso. Eppure, non pare che ci siano molte altre possibilità, se l’obiettivo è quello di riuscire presto “a riveder le stelle”. Altrimenti, la progressiva emarginazione dalla storia dell’Europa, e con essa dell’Italia, sembra un rischio molto concreto.

(1) Imf, World Economic Outlook, aprile 2009.

NON SI VEDE LA FINE DELLA CRISI

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IL MALE DELL’ITALIA

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IL PESSIMO PILOTA GEORGE W. BUSH HA CREATO IL DISASTRO:
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Grande attore

Dall’Aquila nuovo, duro attacco del premier alla magistratura
“Con le loro decisioni vogliono ribaltare la volontà popolare”
Berlusconi: “Giudici eversivi
vogliono ribaltare il voto”

Berlusconi: “Giudici eversivi vogliono ribaltare il voto”

Silvio Berlusconi

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L’AQUILA – “Quando con delle sentenze basate sul ribaltamento della realtà si vuole ribaltare la decisione popolare e si vuole sostituire chi è stato eletto dal popolo, questa si chiama con una parola sola: volontà eversiva e eversione”. Silvio Berlusconi ribadisce i suoi attacchi ai “grumi eversivi” della magistratura. Stavolta lo fa dall’Aquila, durante un sopralluogo all’ospedale gravemente danneggiato dal terremoto del 6 aprile.

°°° Certo, certo. Noto che il silenzio di napolitano è assordante e che l’opposizione non occupa palazzo Chigi. Noto anche, come ho scritto in altro blog, che il lader del pdl si permette di sparare queste minchiate solamente DOPO aver fatto bonificare la zona dalle migliaia di cittadini e sfollati incazzati. Mia figlia di nove anni ha commentato: “Però, se non avesse tutte le televisioni e i giornali, che dicono solo bugie, non lo voterebbe nessuno e sarebbe in galera, vero babbo?
Devo ammettere che recita benissimo ed ha parecchio fascino, oltre che mestiere. Sto parlando di Gigi Proietti, naturalmente. Visto ieri notte in tv. Devo aver sbagliato blog…

b-uffone

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Dall’archivio di Travaglio

Trova l’errore

“Repubblica ha fatto un titolo in cui si sottintendeva una mia frequentazione con una ragazza che compiva quel giorno 18 anni e quindi, fino a quel momento, era minorenne. E’ tutta una menzogna” (Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, a Rai1, Porta a Porta, 6 maggio 2009).

“Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che lui desidera da me. Poi, cantiamo assieme” (Noemi Letizia, 18 anni appena compiuti, intervista a corrieredelmezzogiorno. corriere. it, 28 aprile 2009).

“Gli ho telefonato e lo voglio dire pubblicamente perché ho apprezzato il modo leale ed equilibrato con cui ha trattato la notizia” (Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, fa i complimenti a Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, Rai1, Porta a Porta).

(7 maggio 2009)

berlusconi-governo

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A proposito del latrin lover

Scandali e dimissioni all’estero
di Cesare Buquicchio

Esistono motivi di opportunità morale, prima che politica. Pressioni di alleati. Richieste formali degli oppositori politici. Spinte dell’opinione pubblica. Sollecitazioni della stampa. Sono tanti i percorsi che hanno portato i politici di mezzo mondo a rassegnare le dimissioni se coinvolti in scandali sessuali più o meno gravi.

Ilkka Kanerva, ministro degli Esteri del governo finlandese, sposato e padre di due figlie trentenni, è stato costretto a rassegnare le dimissioni, nell’aprile 2008, in seguito alle rivelazioni di una spogliarellista di 29 anni, che ha fatto sapere di essere stata bombardata di sms a sfondo sessuale. Solo sms.

Jin Renging, ministro delle Finanze del governo cinese si è dimesso nell’agosto del 2007 ufficialmente per ragioni personali. Secondo un giornale di Hong Kong, sarebbe legato costretto a rassegnare l’incarico a causa dello scandalo sessuale in cui era coinvolto con la sua amante.

Moshe Katsav, presidente dello Stato di Israele, si è autosospeso dall’incarico nel gennaio 2007 dopo uno scandalo sessuale. Andrzej Lepper, vicepremier e ministro dell’Agricoltura in Polonia, è stato licenziato dal Capo di Stato nel settembre 2006 a causa di uno scandalo sessuale. E si potrebbe continuare a lungo.

Il caso più celebre di tutti rimane quello del presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, coinvolto nel 1998 in un eclatante scandalo sessuale dopo le rivelazioni di Monica Lewinsky, una ex stagista della Casa Bianca. Il Presidente fu sottoposto a formale richiesta di “impeachment” dai suoi oppositori politici e fu giudicato “non colpevole” dal Senato. Secondo stampa e opinione pubblica, a pesare sulla decisione fu il “perdono” di sua moglie, l’attuale segretario di Stato, Hillary Clinton.

Chissà come sarebbe finita per un presidente con la moglie “contro”…

clinton_monica

carfagna-berlusconi

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LO SCEMPIO TOtAlE

Il costo della vita cresce dopo 7 mesi di cali: + 0,3% su marzo
Grandi Imprese: scende l’occupazione, giù anche le retribuzioni
Istat, l’inflazione torna a salire
Ad aprile tasso a +1,3%

Autostrade, al via aumenti del 2,4%
su alcune tratte rincari anche maggiori
Previsti dalla Convenzione Unica del 12 ottobre 2007. Sulla Tirrenica +5,14%, sulla Tangenziale di Napoli +6,63%, sulle Autostrade Meridionali +4,89%
Aerei, il ministro differisce gli scioperi del 4 maggio

Decreto sicurezza, Maroni in pressing
“Chiarimento, oppure chiederò la fiducia”
Il ministro dell’Interno attacca sulle norme bocciate nei precedenti passaggi parlamentari, come i sei mesi di permanenza nei Cie. Attacco anche sull’emendamento che modifica l’anti-racket: “Sostenuto da lobby”

b-repellente2

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