Appello

Aung San Suu Kyi,
non smettiamo di difenderla

È iniziato a Rangoon, a porte rigidamente serrate — esclusi dunque giornalisti, diplomatici stranieri e pubblico — il processo ad Aung San Suu Kyi, 63 anni, tredici dei quali (nell’arco di 19) passati agli arresti domiciliari. Arresti che, beffa estrema, dovevano concludersi alla fine della settimana prossima. L’icona della resistenza contro il regime dei generali birmani ne rischia ora altri cinque di carcere per avere accolto e rifocillato il mormone americano, John William Yettaw, che il 6 maggio aveva attraversato a nuoto un lago per raggiungerla nella sua abitazione.

E c’è da scommettere che quest’ultimo, a sua volta sotto processo in un giudizio separato, pur essendo in teoria il vero responsabile dell’accaduto, avrà una pena ben più mite, se l’avrà. Perché è americano ma, ancora di più, perché la spina nel fianco del regime è lei e l’occasione per incarcerarla di nuovo va, evidentemente, colta. Duecento oppositori del regime hanno manifestato ieri davanti al tribunale in favore di Aung San Suu Kyi—nome da scrivere per intero e non, come vuole il regime, abbreviato in Suu Kyi, per far dimenticare alla cittadinanza che è figlia di un eroe nazionale, il generale Aung San — ma si vorrebbe che si manifestasse per lei in tutto il mondo, uscendo da quella certa diffusa, rassegnata indifferenza con la quale è stata accolta la notizia del suo nuovo arresto.

Innumerevoli volte si è, in effetti, già scritto di lei e delle persecuzioni delle quali è stata vittima, al punto che l’opinione pubblica — fatta di noi tutti — pare ormai assuefatta e incapace di ribellarsi ancora, di protestare e di difenderla. Ed è probabile che proprio su questa assuefazione faccia conto, e ne approfitti, il regime dei generali per colpirla di nuovo, chissà, in modo definitivo, viste l’età e le non brillanti condizioni fisiche. Chiudere o socchiudere gli occhi, anche solo per stanchezza, su una giustizia così tragicamente ingiusta vorrebbe dire, si sa, condannare altri forse numerosi sconosciuti alle medesime iniquità. La nostra grande centenaria, Rita Levi Montalcini, ancora una volta ha dato prova di tenace vitalità chiedendo al governo birmano la liberazione di Aung San Suu Kyi. Nella speranza che la sua voce sia di esempio e traino per molte altre.

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Isabella Bossi Fedrigotti

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Belle notizie

Scattata in Brasile l’esecuzione di una sentenza che difende le terre degli Indios
Per la prima volta sono i latifondisti
a essere cacciati dall’Amazzonia

Tensione per l’allontanamento forzato dei grandi coltivatori. Il governatore: «Diventerà uno zoo umano»

La scheda sui popoli indigeni che abitano nella zona di Raposa-Serra do Sol

Prima di lasciare le loro proprietà bruciano tutto, per non lasciare niente agli Indios. Per la prima volta a essere cacciati dalla loro terra, nell’Amazzonia brasiliana, non saranno gli indigeni: sono loro ad avere vinto, per la prima volta, una battaglia legale che riconosce i loro diritti e vieta ai latifondisti di frazionare un’altra fetta di foresta. A dover fare le valige, con le buone o con le cattive, sono i bianchi. Scaduta la data limite di 45 giorni per il ritiro volontario dei non-indios, la polizia federale brasiliana ha infatti cominciato le operazioni di espulsione dei grandi coltivatori di riso (arrozeiros), dei latifondisti e dei contadini che ancora occupano abusivamente la terra indigena Raposa/Serra do Sol, nello stato amazzonico settentrionale di Roraima.

LA RESISTENZA DEI LATIFONDISTI – Il capo degli “arrozeiros”, Paulo Cesar Quartiero, accusato di molteplici episodi di violenza contro i nativi locali e di danni all’ambiente, ha resistito quasi 12 ore allo sgombero opponendosi a una pattuglia di 25 agenti. La sua Fazenda Providencia, riferiscono i giornali brasiliani, è stata assegnata dal “tuxaua” (capo indigeno) Avelino Pereira della comunità di Santa Rita a dieci famiglie di nativi che vivranno di agricoltura. Le autorità locali stimano che il ritiro forzato degli occupanti da Raposa si protrarrà, tra le tensioni, almeno per due settimane.

LA DECISIONE DELLA CORTE – Con una decisione che avrà ripercussioni anche sulle terre indigene ancora da demarcare, il Supremo tribunale federale brasiliano si era pronunciato a metà marzo per l’allontanamento dei bianchi confermando l’omologazione in area continua e senza frazionamenti di Raposa, 1,7 milioni di ettari abitati da 17.000 indigeni Macuxi, Wapixana, Ingariko, Patamona e Taurepang, già firmata dal presidente Lula nel 2005 a conclusione di un iter legale durato quasi 30 anni.

IL GOVERNATORE: «DIVENTERA’ UNO ZOO UMANO» – A peggiorare le cose è intervenuto anche il governatore di Roraima, José de Anchieta Júnior, da sempre contrario ai diritti degli Indios. Nelle dichiarazioni al quotidiano “Globo” non ha certo nascosto il suo disappunto per la decisione della Corte suprema: « Non pretendo nè voglio discutere oltre. Ne abbiamo già parlato a fondo. La riserva indigena di Roraima si trasformerà in un autentico zoo umano. Senza contatto con i Bianchi, quelli che vedremo vivere là saranno animali umani».

NUOVE INSIDIE PER GLI INDIOS – Nella sentenza ci sono comunque alcune clausole che potrebbero avere gravi conseguenze per gli Indiani in tutto il Brasile. I giudici della Corte Suprema hanno infatti stabilito che i governi federali dello stato brasiliano – alcuni dei quali notoriamente anti-Indiani – dovrebbero essere coinvolti in modo più attivo nei processi di demarcazione dei territori indigeni. La loro partecipazione potrebbe rendere le demarcazioni più lente e difficoltose. La sentenza sancisce anche che i popoli indigeni non debbano essere consultati su progetti di sviluppo che, pur riguardando le loro terre, vengano dichiarati “di interesse nazionale”. I giudici hanno anche stabilito che i territori indigeni che sono già stati demarcati (e mappati) non devono essere ampliati. Questo preoccupa in modo particolare tribù come i Guarani, a cui sono state riconosciute legalmente solo piccole aree di terra prima della costituzione del 1988 che garantisce i loro “diritti originali” sulle terre ancestrali. Ana Paula Souto Maior, avvocato della ONG brasiliana ISA (Istituto Socio Ambientale), ha commentato: «Alcune di queste condizioni sono allarmanti e non resta che vedere che tipo di impatto potranno avere sui numerosi territori che ancora aspettano di essere demarcati o ampliati».

Stefano Rodi

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Bene, parliamo di cani

Onorate la Resistenza e la Liberazione, torniamo un po’ al cazzeggio del fine settimana. Oggi volevo parlare di cani. Molti di noi ospitano un cane, ma non tutti sanno come ci si comporta col miglior amico dell’uomo. Io ho capito subito perché il cane è il miglior amico dell’uomo… e ti credo! Gli dai da mangiare, da dormire, lo curi, lo vaccini, gli regali la medaglietta, lo porti a trombare… Anche io sarei il miglior amico dell’uomo (meglio della donna) se mi facesse trovare sempre la pappa pronta!
Mio padre aveva un bastardino, Furia, ma lo teneva legato con una catena corta in un orticello a un km da casa. Raramente gli portava da mangiare. Insomma, lo trattava come ha sempre trattato i figli e non fa testo. Nonno aveva un cane. L’aveva chiamato FERMO… ed era un casino quando gli dava gli ordini: “Vieni qui, Fermo!” Povera bestiola, l’hanno ricoverato alla neuro per cani dopo sei mesi. Allora ne ha preso uno da caccia. Si trovavano col suo amico Bustianu in piazza, alle sei del mattino: nonno portava il cane e le armi, Bustianu (Sebastiano) si sarebbe occupato del vino e del cibo. Non era cosa… Già la prima mattina ci fu uno screzio. Nonno aveva i fucili, i pugnali, le cartuccere e il nuovo cane da caccia. Bustianu si presentò con due panini microscopici, un pezzetto di salsiccia, e una damigiana da 50 litri di cannonau.
“Non capisci proprio niente! – lo rimbrottò mio nonno – E adesso, che cosa ce ne facciamo di tutto quel pane?!”
La giornata andò male, anche se il cane si confermò un autentico CANE DA RIPORTO… Ne senso che all’andata, tutto bene, arrivò a Monte Arci con le sue zampe, ma al ritorno lo ha dovuto RIPORTARE mio nonno in braccio. Era stanco.
Da ragazzo ero poverissimo e facevo tanti mestieri: tiravo la cinghia. Una volta ho fatto persino l’addestratore di cani. Io tiravo la cinghia e loro me la riportavano.
Una volta, mi avevano affidato un alano, alto e grosso. Ovviamente, usavo un guinzaglio bello robusto di cuoio e CORTISSIMO. L’alano tira come una locomotiva e se gli lasci il guinzaglio lungo può diventare pericoloso. Mi legavo bene il capo del guinzaglio al polso e mi era venuto un braccio come Maciste. Questo cane era parecchio stronzo e disubbidiente. La cosa che gli piaceva di più era passeggiare lungo il molo del porto di Cagliari. Un casino. Insisteva sempre che lanciassi un bastone in acqua e gli piaceva da matti tuffarsi per prenderlo. Poco male. Senonché io lanciavo il bastone e mi dimenticavo sempre di liberare il polso dal guinzaglio. Lui si tuffava beato e io tornavo sempre a casa fradicio e puzzolente di nafta: l’acqua del porto è proprio sporca e inquinata e il cane era davvero stronzo.
Adesso Melina, la mia piccola, ha un cane da cuccia. Dorme sempre. E’ un cane stranissimo: è una piccola stronza disubbidiente di nome Lilli, un incrocio tra un piccolo canguro, un pipistrello e una lontra. Fa schifo proprio. In compenso, piscia e caga dentro casa.
Mi toccherà disperderla nell’ambiente.

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La stampa oggi… deprimente

Apri i giornali e vedi che esistono ancora i pirati. E rapiscono marinai italiani! Ma dove cazzo sono Tremal-Najk e Sandokan? Ma chi l’ha scritto questo film nel 2009? Ma soprattutto: chi cazzo ha messo due ebeti come burlesquoni e frattini al posto degli eroi della mia gioventù?
Una coppia di spostati tedeschi, pure giovani, va ad Aosta a mangiare la pizza… come il mondo sa, è ad Aosta che si deve mangiare la pizza. A Napoli, semmai, ci vai per gustare la fonduta… accompagnato da Apicella che fa tintinnare il suo sonaglio. PerBach! Lo sanno tutti. Ma questi due non vanno da soli, naaaaa: ci vanno coi tre figlioletti di lei. Dice la mammina: «Non potevamo sfamarli, così li ho abbandonati». Giustamente. Mica da un ciabattino, li hanno mollati in una fornita pizzeria! Poi, dicono “Usciamo a fumare” e spariscono. Non hanno pagato il conto, ma hanno lasciato una sontuosa mancia: tre bambini! Potevano farsi dare il resto in capperi e acciughe. Mollano i bambini e scappano. E come scappano? Con un’Apixedda!!! Minca. Bonnie & Clyde si staranno rivoltando nella tomba. Ibra vuole mollare l’Inter: “Voglio provare qualcosa di nuovo” dice. E c’è bisogno di scappare? Trombati la de filippi e il suo moglio: come fanno tutti quelli che vogliono fare carriera in tv e al festival di Sanscemo e non rompere i coglioni all’uomo moderno!
Marchionne litiga col commissario Ue, Verheugen… Ma come cazzo fai a litigare con uno che si chiama come una minaccia pesante?! Quello, già come si presenta: TI SPETTINA!
Minorenne ucciso, in due in manette:
«Accoltellato e sepolto in giardino»
Due italiani hanno ucciso malamente questo ragazzo croato e sono stati arrestati. Giustamente. Primo, perché non sono rumeni. Secondo, perché hanno seppellito la vittima in giardino. Ben gli sta! Se lo seppellivano in salotto, non li avrebbero mai presi. Certo… sarebbe stato un lavoraccio: smontare il pavimento in cotto, scavare, seppellire, riptistinare le mattonelle, pulire, lucidare… No, no. Meglio che li abbiano catturati. Almeno si riposano.
Ancora sangue e attentati in Iraq:
bombe in una moschea, 60 morti

Muoiono come le moschee in quel cazzo di Iraq. E poi l’assassino era Saddam…
Ma anche in Abruzzo non scherzano: Nuove scosse Grasso: vigilare sulla ricostruzione. Speriamo che non ricostruiscano come avevano costruito. Magari finisce di crollare tutto in pieno G20 e speriamo che burlesquoni venga beccato dai crolli senza il casco da scemo. Almeno gli sfollati saranno in pari. E l’Italia si potrà finalmente rialzare.
Napolitano, nuova difesa della Carta «Resistenza vive nella Costituzione»
Beh, bossi e burlesquoni ci si puliscono il culo con la bandiera, figuriamoci con la Carta. Ma che vuoi difendere? Riempila di vetrini!
A Vigevano, sacrestano con svastica, la diocesi: pronti ad agire.
Ad agire come? Deporteranno a Dachau tutti i bigotti?
A Frosinone, Ragazzino si lancia da una finestra
della sua scuola al terzo piano: morto. Morto? Cazzo… strano!
E pensare che fino a un metro dal suolo non si era fatto un cazzo.

Amici, e questo era solamente il Corriere della serva!!! Ma come cazzo li fanno i titoli questi qui?

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Culi in vendita: capezzone

COSI’ PARLO CAPEZZONE… poi arrivò il primo assegno!!!

” tutto ciò che leggerete adesso lo diceva Capezzone di Berlusconi” ora è il suo portavoce.
PECUNIA NON OLET … questa è la politica oggi in italia. nessuno escluso.
Rinunciamo a votare per qualche anno e cacciamoli via questi parassiti. ( e berlusconi questa volta non c’entra nulla, io non lo vedo come il nemico numero uno della democrazia perchè il nemico numero uno è il qualunquismo il lecchinaggio il vassallaggio ….ed adesso leggete leggete… è tutto vero

“Berlusconi ha pagato magistrati”In nessun paese al mondo avremmo un premier
così. Per essere chiaro, voglio prescindere dall’esito dei processi di ieri
e di oggi, e perfino, se possibile, dalla rilevanza penale dei fatti che
sono emersi. Ma è però incontrovertibile che Silvio Berlusconi, prescrizione
o no, abbia pagato o fatto pagare magistrati.Così come da Palermo, quale che
sia la qualificazione giuridica di questi fatti, emergono fatti e
comportamenti oscuri di cui qualcuno, Berlusconi in testa, dovrà assumersi
la responsabilità politica”. Lo ha dichiarato Daniele Capezzone a proposito
della sentenza di condanna nei confronti di Marcello Dell’Utri. 11 dicembre
2004

Berlusconi più ricco grazie alla politicaCosa è cambiato in 12 anni di
Governo Berlusconi? Nel suo intervento alle assise radicali, il segretario
Daniele Capezzone risponde a questa domanda così: “Silvio Berlusconi è
entrato in politica con 5mila miliardi di debiti (di lire, o del vecchio
conio, come direbbe Bonolis), e con le banche che – indegnamente, lo
sottolineo – tentavano di strozzarlo; oggi (essendosi misurato con…come si
chiama? Ah sì, il perfido regime comunista…), vanta 29mila miliardi di
attivo (sempre in lire), ed è entrato nel G7 dei sette uomini, appunto, più
ricchi del pianeta. Ecco questa è una cosa che è cambiata in questi 12 anni.
Il resto – conclude riferendosi alle riforme promesse dal premier – un po’
meno”. 29 ottobre 2005

Da Berlusconi solo leggi ad personam”Tre anni fa – ha detto Daniele
Capezzone, segretario dei Radicali Italiani -i Radicali proposero tre
referendum che avrebbero cambiato il sistema giudiziario. Ci fu chi si
oppose legittimamente, ma Berlusconi invitò a non votare perché tanto lui
avrebbe fatto le riforme. In questi tre anni non è stato fatto nulla, solo
leggi di interesse personale, che non funzioneranno e che molto
probabilmente verranno dichiarate incostituzionali”. 14 novembre 2003

L’Italia non può avere altri cinque anni di Berlusconi”L’Italia non può
permettersi altri cinque anni di governo di Silvio Berlusconi: non sarebbero
“ecosostenibili” Lo ha detto nella sua relazione introduttiva al Congresso
dei Radicali Italiani il segretario Daniele Capezzone “In questa
legislatura – ha aggiunto Capezzone – Berlusconi ha avuto a disposizione una
maggioranza parlamentare amplissima (“più 100” deputati e “più 50″
senatori): eppure, le riforme non si sono viste. Dall’economia alla
giustizia, è enorme il divario tra le promesse di cinque anni fa e le cose
effettivamente realizzate. Per non parlare di ciò che è accaduto sul terreno
dei diritti civili, con un’autentica aggressione contro le libertà
personali: contro il divorzio breve (eppure, anche tanti leader del
centrodestra sono tutti divorziati.), contro l’aborto, contro i pacs, contro
la fecondazione assistita e la libertà di ricerca scientifica, fino all’ultimo
tentativo di sbattere in carcere i ragazzi per qualche spinello”. 29 ottobre
2005

Il Premier a Vicenza? Lo ‘sciancato di Arcore’Dopo la performance di Silvio
Berlusconi al convegno di Confindustria il commento più velenoso è quello
dell’editorialista di Markette, alias segretario dei radicali Italiani,
Daniele Capezzone: “Dopo la ‘cieca di Sorrento’, la ‘muta di Portici’, e lo
‘smemorato di Collegno’, arriva lo ‘sciancato di Arcore'”. 18 marzo 2006

Berlusconi, altro che don Sturzo. E’ don Lurio”Silvio Berlusconi non è l’erede
di don Sturzo, ma di don Lurio” Così Daniele Capezzone, segretario dei
Radicali italiani ha commentato le parole di oggi del Presidente del
Consiglio che in un discorso aveva rivendicato l’eredita del fondatore del
Partito Popolare Italiano Don Luigi Sturzo. 12 novembre 2005

Berlusconi al Congresso Usa, come Totò e Peppino”Sto ascoltando l’esordio
del discorso di Silvio Berlusconi al congresso Usa, pronunciato in lingua
inglese, o almeno questa doveva essere l’intenzione… Torna alla mente,
ascoltandolo in questa che appare per lui un’improba fatica, l’immortale
scena di Totò e Peppino a Milano col colbacco, che si rivolgono al vigile
dicendo: ‘Noio volevàn savuar…’ Così Daniele Capezzone, segretario dei
Radicali Italiani ha commentato il discorso del Presidente del Consiglio
italiano al Congresso USA. 1 marzo 2006

Berlusconi è Wanna Marchi e Tremonti il mago do NascimentoSulle tasse
“Berlusconi è come Wanna Marchi e Tremonti è il suo Mago do Nascimento”. Lo
afferma Daniele Capezzone, della direzione della Rosa nel Pugno. “Berlusconi
aveva detto: ‘Abolirò l’Irap e ridurrò a due le aliquote’. Non lo ha fatto,
e invece – aggiunge Capezzone – ha aumentato tariffe, bolli, tasse sul
gasolio. Tutte cose particolarmente odiose, perché colpiscono anche la parte
più debole del paese”. “Dopo che, in queste ore, sono stati resi noti i dati
della trimestrale di cassa, il paragone appare quanto mai calzante. Quello
(il mago) dava ‘numeri personalizzati’ alle sue televittime; Tremonti fa lo
stesso con tutti gli italiani. Fuor di scherzo (anche perché c’è poco da
scherzare), c’è da segnalare una specie di ‘taroccamento continuativo’ dei
dati”. 1 aprile 2006

Berlusconi è Cetto La QualunqueBerlusconi “mente per la gola”, perché si
dovrebbe credere anche stavolta a “promesse tanto mirabolanti e
irrealizzabili?” È il commento di Daniele Capezzone, della segreteria della
Rosa nel Pugno, all’impegno del premier sull’Ici. “Cinque anni fa disse che
avrebbe ridotto le aliquote a due. Non l’ha fatto. Cinque anni fa disse che
avrebbe abolito l’Irap. Non l’ha fatto. Cinque anni fa disse che avrebbe
ridotto la pressione fiscale, che è invece scesa solo dello 0,6. Ma, in
compenso, ha tagliato i finanziamenti agli enti locali. E poi, in questo
quinquennio, c’è stato l’aumento di bolli, tariffe e della tassa sul
gasolio: cioè tutte cose che incidono anche sugli strati più deboli della
popolazione. Perché dovremmo credere anche stavolta a promesse tanto
mirabolanti e irrealizzabili? Ormai il premier – conclude Capezzone – è come
Cetto La Qualunque di Antonio Albanese, che promette promette promette…”.
4 aprile 2006

Noi coglioni? È Berlusconi che si è fatto una canna”Dopo l’ultima sortita di
Berlusconi che pensa bene di trattare da ‘coglioni’ la maggioranza degli
italiani, mi sorge il dubbio che si sia fatto una canna”. È quanto afferma
in una nota Daniele Capezzone, della segreteria della Rosa nel pugno. “Ma
forse una canna normale non avrebbe prodotto effetti simili: e allora che
gli ha dato lo spacciatore per fargli dire una cosa del genere?”. 4 aprile
2006

Berlusconi bollito nella sfida tvCommentando la sfida tv appena conclusa tra
Romano Prodi e Silvio Berlusconi, Daniele Capezzone, della segreteria della
Rosa nel pugno, ha dichiarato: “Non c’è dubbio: il risultato della sfida è
decisamente sfavorevole a Berlusconi, che ha perso e – calcisticamente
parlando – non è stato capace di fare un solo tiro in porta pericoloso (a
parte la bufala finale sull’Ici, completamente priva di copertura), ma è
stato per due ore lagnoso, lamentoso, vittimista (e a tratti nervosissimo e
arrogante), contro un Prodi più tonico e reattivo. Il “bollito” sembra
proprio il Presidente del Consiglio, ormai quasi ex. 7 “Quanto infine alla
reiterata gaffe del Premier sulle ‘categorie’ (donne, giovani), sbagliare è
umano, perseverare è berlusconiano…” ha concluso Daniele Capezzone. 3
aprile 2006

Berlusconi ha finito i tappetiMeglio Prodi, mentre il “venditore di tappeti”
Berlusconi ha dato l’impressione di aver esaurito la mercanzia: Daniele
Capezzone, della segreteria della Rosa nel pugno, ritiene che sia stato il
leader dell’Unione a vincere la sfida tv. “A mio avviso, è andato molto
meglio Romano Prodi, che quindi, secondo me, ha vinto il confronto. La prima
impressione è che il grande venditore Berlusconi abbia esaurito la scorta
dei suoi tappeti. E la piccola valanga di cifre sciorinate è sembrato un
modo per non affrontare un tema reale, e cioè la situazione difficile del
Paese che gli italiani hanno sotto gli occhi”. 3 aprile 2006

Berlusconi in bandana, povero Blair”Esprimo tutta la mia solidarietà a Tony
Blair e a sua moglie”. Lo ha affermato il segretario radicale Daniele
Capezzone a proposito della festa organizzata in Sardegna in onore del
premier britannico e di sua moglie dal Presidente del consiglio Silvio
Berlusconi.
Berlusconi fa una politica estera da quarta elementare”Siamo alla
trasposizione su scala internazionale del ‘t’aspetto fuori’, che va bene,
forse, per le liti in quarta elementare, ma funziona meno, temo, in contesti
un po’ più articolati e complessi”. Lo ha detto oggi a Bruxelles il
segretario dei radicali italiani, Daniele Capezzone, riferendosi
esplicitamente alla recente intervista concessa dal presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi al NewYork Times. Berlusconi – ha sostenuto il leader
radicale – avrebbe parlato di “Comunità delle democrazie” riducendola “al
meccanismo per cui se c’è un dittatore, prima lo si minaccia e poi lo si
picchia. Anzi, lo picchia il fratello americano, che è più grosso, mentre
noi siamo gracilini”. 7 dicembre 2003

Berlusconi? Lo difenderanno Bondi, Cicchitto e Cornacchione”L’odierna
performance televisiva del Cavaliere è francamente indifendibile, anche
perché denota proprio l’atteggiamento psicologico di chi non è più abituato
a interloquire, a rispondere, a fronteggiare una domanda. Penso che a
difenderlo resteranno in tre: Bondi, Cicchitto e Cornacchione…”. Lo
afferma l’esponente della segreteria della Rosa nel Pugno, Daniele
Capezzone. 12 marzo 2006

Berlusconi complice di Putin”Si è presentato con questo nuovo abito, di
avvocato e complice di Putin, Silvio Berlusconi, che giovedì scorso in
occasione del vertice euro-russo ha parlato non solo a proprio nome, ma a
nome di tutta l’Europa. L’8 ottobre, un consiglio dei ministri europei aveva
commentato le recenti elezioni-truffa in Cecenia (un solo candidato, tutti
gli altri obbligati a ritirarsi). Lo stesso consiglio europeo, presieduto
dal governo italiano, aveva espresso viva preoccupazione per le condizioni
in cui queste elezioni si sono tenute. Tutto questo Berlusconi ha finto di
ignorarlo, quando ha parlato della guerra cecena come di una ‘leggenda’
inventata da giornali ostili, quando ha messo sullo stesso piano le critiche
che la stampa italiana rivolge a lui stesso e le critiche che la stampa
internazionale rivolge a Putin, quando ha difeso le elezioni in Cecenia o
quando ha giudicato del tutto legittimo l’arresto di Chodorkovsky. Proprio
lui, che si vanta d’aver costruito una visione del mondo sulla lotta al
comunismo e che sempre ricorda i disastri prodotti dal totalitarismo
comunista, abbraccia oggi un regime che di quel disastro è figlio e
continuatore, e sul quale regna sempre più fortemente l’ex Kgb da cui Putin
proviene”. 9 settembre 2003

Capezzone: con Putin Berlusconi dimentica il comunismo”Berlusconi vede
ovunque comunisti, o, se non comunisti già in servizio, quanto meno
possibili comunisti. Curiosamente, però, il Premier dimentica la sua vena
anticomunista solo quando incontra qualcuno che è nato e cresciuto all’interno
del Kgb, e che questi metodi continua a usare per governare la Russia:
VladimirPutin”. Lo afferma Daniele Capezzone, membro della segreteria della
Rosa nel Pugno. “Perciò – prosegue – ho due domande per Berlusconi. Ci dica
qualcosa sia sulla tragedia cecena, dove (purtroppo) al terrorismo
indifendibile di tanta parte della resistenza si contrappone un’azione
letteralmente nazicomunista delle truppe di Mosca, con veri e propri campi
di concentramento, mutilazioni ed eccidi orribili. E poi – sottolinea
ancora – ci dica qualcosa sull’assassinio del giornalista, del radicale
Antonio Russo, eliminato a sua volta con metodi da Kgb, mentre svolgeva i
suoi servizi informazione per Radio Radicale” “In qualche villa della
Sardegna – conclude Capezzone – o in qualche dacia siberiana, nel corso dei
prossimi incontri con l’amico Vladimir, sarebbe bene che Berlusconi trovasse
le convinzioni e il coraggio per porre qualche domanda”. 29 marzo 2006

LA MERDINA CAPEZZONE
LA COERENZA GLI FA UNA PIPPA, A LUI…

cap

capez

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Dal grande Scalfari

Chi canta fuori dal coro è comunista
di EUGENIO SCALFARI

Non si può non cominciare con le nomine alla Rai. Gli altri giornali minimizzano con l’aria di dire che si è sempre fatto così: la Rai è proprietà del governo e quindi è il governo che ha il potere di decidere trasmettendo le sue indicazioni all’obbediente maggioranza del Consiglio d’amministrazione.

E’ vero, sostanzialmente è sempre stato così ma con qualche differenza di non poco conto. La prima differenza è questa: nessun governo, tranne quelli guidati da Silvio Berlusconi, ha mai avuto a sua disposizione le televisioni commerciali, cioè l’altra metà del cielo televisivo. Il fatto che l’attuale presidente del Consiglio abbia a sua completa mercé la propria azienda televisiva privata e l’intera azienda pubblica (salvo la riserva indiana di Raitre finché durerà) configura quindi una situazione che non ha riscontro in nessuna democrazia del mondo. Non so se sia vero che le nomine siano state decise l’altra sera nella riunione di tre ore nell’abitazione romana del premier. E’ certo comunque che i nomi proposti dal direttore generale Masi saranno ratificati senza fiatare dal Cda della Rai di mercoledì prossimo e saranno tutti “famigli” di Berlusconi, provenienti dalle sue televisioni private o dai suoi giornali o pescati tra le giovani speranze già inserite nell’accogliente acquario dell’azienda pubblica, collaudati custodi del credo berlusconiano nel circuito mediatico.

Non ci sarà purtroppo una sola persona che abbia mai mostrato un barlume d’indipendenza, un soprassalto di dignità professionale, un dubbio sull’assoluta verità predicata dal Capo.

Questo è lo scandalo, questa è la vergogna, alla quale quel poco di cosiddetta indipendenza che ancora esiste nella stampa italiana si sta ormai adattando per assuefazione esprimendo tutt’al più qualche sommesso brontolio subito seguito da rimbrotti all’opposizione, colpevole di ideologismo e di conservatorismo.

Il quadro è desolante. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Il controllo dei “media” non serve soltanto a procacciar voti ma soprattutto a trasformare l’antropologia d’una nazione. Ed è questa trasformazione che ha imbarbarito la nostra società, l’ha de-costruita, de-politicizzata, frantumata, resa sensibile soltanto a precarie emozioni e insensibile alla logica e alla razionalità.

Chi non è d’accordo è comunista. E firme di intellettuali o sedicenti tali accreditano questo scempio culturale e questa menzogna.

Dedicherò dunque al predetto scempio il seguito del mio ragionamento.

* * *

Quindici anni fa partecipai alla presentazione di un libro di Achille Occhetto al circolo della stampa estera a Roma, in quell’occasione il corrispondente di un giornale tedesco mi domandò che fine avrebbero fatto i comunisti dopo che il Pci aveva buttato alle ortiche il suo nome e la sua ideologia.

Risposi che i comunisti dovevano morire e così i loro figli e nipoti fino alla settima generazione. Solo quando fossero tutti fisicamente estinti sarebbe cessata la polemica nei loro confronti. Infatti è quanto è avvenuto e sta ancora avvenendo e poiché siamo ancora lontani dalla settima generazione l’anatema contro di loro continua e continuerà per un bel pezzo. Non è soltanto il tema prediletto dal nostro premier e dai Bonaiuti di turno, è anche diventato il piatto forte di molti belli ingegni transumanti che all’ombra del revisionismo sono passati dall’anticomunismo di “Lotta continua” e di “Potere operaio” all’anticomunismo di destra. Per loro ormai i comunisti sono diventati un’ossessione, ne vedono la presenza ovunque, alimentano i loro incubi e le loro farneticazioni e ai comunisti attribuiscono tutti i mali antichi, recenti, attuali e futuri che affliggono la politica italiana.

I comunisti. Il Partito comunista italiano. La sinistra italiana. Sono ancora tra noi. Non sono affatto scomparsi. Non sono estinti. Non sono stati rinnegati. Finché questo lavacro definitivo non sarà compiuto l’Italia sarà in pericolo e con essa anche la democrazia.
Ne ha fatto le spese l’ultimo libro di Aldo Schiavone il quale ha risposto al mitragliamento di cui era bersaglio con un articolo su “Repubblica” di qualche giorno fa. Con pungente ironia Schiavone domandava ai suoi interlocutori: che cosa volete che faccia? Debbo suicidarmi? Vi contentereste invece se promovessi un salmodiante corteo di pentiti che percorrano le strade d’Italia autoflagellandosi e invocando perdono per il peccato d’essere stati nel Pci?

La risposta non è ancora arrivata ma sarà sicuramente quella da me anticipata nel 1994, all’alba della stella berlusconiana: dovete morire fino alla settima generazione. Caro Aldo Schiavone, non c’è altra espiazione che basti a cancellare il vostro peccato mortale.

* * *

Tra le persone che mi onorano della loro amicizia c’è Alfredo Reichlin. Abbiamo più o meno la stessa età, ci conosciamo e stimiamo da mezzo secolo sebbene i nostri percorsi culturali siano stati assai diversi. Lui entrò nel Pci ai tempi della Resistenza, io sono di cultura liberale e tale sono rimasto anche se dopo la morte di Ugo La Malfa ho sempre votato per il Pci, poi per i Ds e infine per il Partito democratico che è il più conforme alle mie idee liberal-democratiche.

Reichlin ha scritto qualche anno fa un libro insieme a Miriam Mafai e a Vittorio Foa, che ha avuto molto successo ed è stato portato in teatro da Luca Ronconi. La domanda che quel libro si poneva era appunto perché un democratico è potuto diventare comunista e che cosa faranno i comunisti dopo che il comunismo è scomparso dalla scena politica del mondo.

Tra le risposte ce n’è una di Reichlin che riassumo così: il Pci ha certamente commesso molti errori, ha condiviso un’ideologia sbagliata, ha perfino coperto alcuni crimini, ma non è una realtà discesa sull’Italia come un meteorite. La domanda da porsi è dunque questa: perché la società italiana ha reso possibile la nascita d’un partito come il Pci, al quale si sono iscritti o per il quale hanno votato operai e borghesi, artigiani e contadini, marxisti e liberali, atei e credenti? Che al suo culmine ha quantitativamente raggiunto i voti della Democrazia Cristiana? Che Aldo Moro ha associato negli anni di piombo al governo del paese?

Questa domanda meriterebbe un’analisi seria. Almeno altrettanto seria quanto l’altra domanda speculare: perché la società italiana attuale ha reso possibile la nascita del berlusconismo e gli ha dato uno strapotere che somiglia sempre più ad un regime?

Con una differenza tra le due domande: ragionare sul Partito comunista sta diventando col passare degli anni materia per gli storici; ragionare sul berlusconismo è un tema maledettamente attuale e riguarda la politica e non ancora la storia.

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Si dice che ormai non c’è più differenza tra destra e sinistra. Si inventano nuove classificazioni, per esempio quella tra progressisti, moderati, conservatori. Discorsi inutili e abbastanza noiosi. Scolastici. Lontani dalla realtà.

Il tema di oggi è il rapporto tra i grandi ideali della modernità: libertà eguaglianza fraternità. L’ho già scritto altre volte: l’età moderna è nata da questo trittico di principi e ha dato segnali di decadenza tutte le volte che quel trittico si è indebolito nelle coscienze e nella politica.

Il tema di oggi è quello di ridurre le disuguaglianze senza mettere a rischio la libertà. Questo distingue la sinistra dalla destra.

Bisogna tradurlo in atti politici. Bisogna cambiare l’antropologia del Paese. Bisogna superare l’indifferenza e l’apatia. Bisogna resistere per costruire il futuro.

enrico

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E LA VERGOGNA

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