Sgambetto alla Dandini. Il Cda Rai boccia l’accordo già raggiunto

E MACHISSENEFREGA  non ce lo metti?! Ma quando la smetteranno i giornali, presunti seri, di dare tutto questo spazio alle dandini, ai marcocarta, alle elisatetta banalis, e via smerdacchiando? Detto questo, non esiste che cinque culi inutili venduti al mafionano decidano cosa gli italiani debbano vedere o non vedere. Già li hanno puniti i cittadini questi bluff di partito: NON GUARDANDOLI.

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Il premier e l’Italia vanno a puttane

ALCUNI TITOLI DALLA STAMPA (BENEVOLA) DI OGGI. e NON PARLIAMO DELLA STAMPA E DELLE TV STRANIERE… DA ACCAPPONARE LA PELLE.

– L’anno scorso 1.120 vittime del lavoro
Tir investe operai: un morto e 5 feriti

– Rai, Garimberti porta il caso Tg1 in Cda
Il varietà di Crozza scompare da La 7

– Tremonti dai commercianti critica le banche
E Berlusconi non ci va: “Ho il torcicollo”

– Istat, vendite al dettaglio in calo dello 0,6% sull’anno

– Ocse rivede le previsioni al rialzo
Ma in Italia la situazione peggiora

– G8 all’Aquila con l’allarme terremoto

– Annunci sul web, organi in cambio di soldi
Videoinchiesta. “100 mila euro, affare fatto”
Fegato, midollo, sangue: su internet le offerte di chi, travolto dai debiti, vende parti del proprio corpo. Malgrado la legge lo vieti. E’ la classe media piegata dalla crisi

– Giornalisti e magistrati: no al dl intercettazioni

– Pestata dal branco, c’è identikit dei colpevoli
Napoli, una giovane aggredita a pugni e calci per aver difeso degli amici gay. Rischia di perdere un occhio. Caccia agli aggressori.

°°° Ecco, amici miei, un piccolo spaccato del degrado che questa italietta ha subìto in un solo anno di governicchio scellerato. Queste sono alcune delle notizie che i telegiornali di regime NON danno, oppure danno in modo artatamente subdolo e incomprensibile: ben lontano dalla portata degli eventi reali. Per esempio… avete visto un solo Tg italiano che dedichi qualche minuto al giorno per raccontarci le vicissitudini dei terremotati? Per monitorare le loro reali condizioni di salute e di assistenza da parte degli organi competenti? No, vero? Beh, in uno Stato civile e democratico sarebbe IL PRIMO SERVIZIO ad andare in onda, ogni giorno, fino a soluzione del problema. Ma questo è uno Stato civile e democratico? No, certo. Qui, tolti Santoro, Travaglio, e pochissimi altri… chi si sognerebbe di fare il giornalista per davvero?


VIVIAMO AVVOLTI DALLA NEBBIA

nebbia

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La società dei magnaccioni

(da l’Unità)

Scoppia la crisi al Comune di Roma
di Jolanda Bufalini

È sparito l’assessore. In giunta mercoledì scorso non c’era. Il sindaco Alemanno, non si sa se in qualità di detective o di principale imputato, a domanda risponde: «Non ci sono novità». Francesco Storace, anche lui celebre per la passione da detective, dice di avere la soluzione del giallo: «Fonti autorevoli mi dicono che l’assessore si è dimesso il 5 giugno, un giorno prima delle europee, in una lettera in cui denuncia il caos delle controllate del comune». I sindacati non confermano la data. «L’ho sentito l’ultima volta venerdì 12», dice Salvatore Biondo, sindacalista della funzione pubblica Cisl «avevamo fissato un incontro sul riassetto delle società comunali per lunedì prossimo». Ma poi la riunione è stata “sconvocata” dal capogabinetto del sindaco Sergio Gallo. L’assessore desaparecido non è un due di briscola. Si tratta di Ezio Castiglione, assessore al Bilancio. Ovvero, secondo Roberto Morassut, «con Urbanistica e Lavori pubblici l’architrave del governo della città». Tecnico da tutti riconosciuto per la competenza, amico personale del sindaco Gianni Alemanno, Castiglione tace. Ma il silenzio anziché dissipare infittisce le nebbie del giallo. Anche perché, ufficiale o «ufficiosa», come sostiene Alemanno, la lettera c’è e dunque anche la crisi. Ma nessuno riferisce in Consiglio mentre si accavallano le ipotesi per la successione. E Maurizio Leo, tecnico targato An, il più papabile, fa professione di stima verso il dimissionario.

La prima pista è quella del «gruppo dei corvi» appollaiato in Campidoglio. «Un manipolo che condiziona il sindaco, svuota il lavoro del consiglio comunale, spossessa la giunta del suo ruolo», sostiene il segretario regionale del Pd Morassut. Il quadrumvirato, secondo Athos De Luca, è formato da Andrea Augello, Fabio Rampelli, Vincenzo Piso, Claudio Barbaro. «Lui cerca di far quadrare i conti, il sindaco di far quadrare le poltrone», stigmatizza Alfredo Ferrari, vice capogruppo Pd alla commissione Bilancio: «Alemanno, invece di preoccuparsi dell’efficienza e della tutela dei lavoratori si affanna a accontentare i potenti del momento». «Confondono il governo della città con il potere», rafforza Morassut.

Il casus belli è un documento di attuazione delle linee guida approvate il 15 maggio 2009 sul «Riassetto del gruppo comune di Roma». Prevede sostanzialmente tre cose: 1) riportare sotto controllo le aziende indebitate. Ama, per esempio, i cui nuovi vertici politicamente targati fanno piani megagalattici e bypassano i controlli tecnici trattando direttamente con il sindaco. Le entrate non migliorano e la pulizia della città è un disastro. 2) La dismissione di quote di minoranza in società di servizi «non strettamente necessari» alla pubblica amministrazione. Fra questi la società Gemma, 20% del comune. Ma quello è un punto di forza dell’Ugl e si sconta la fiera resistenza di Luca Malcotti, sindacalista e consulente del sindaco. O la Multiservizi, che fa pulizie nelle scuole e ha 4000 dipendenti, il comune dismetterebbe il suo 5% ma in favore di Ama. 3) L’integrazione o semplificazione di altre società: un gestore unico per i trasporti pubblici ma, dopo la sparizione dell’assessore i CdA di Atac, Trambus e Metro sono stati prontamente congelati. L’integrazione di Zetema e Palaexpò. Risorse per Roma è invece una società che si trova in una situazione kafkiana. Occupa, ormai, personale qualificato alla progettazione e al controllo del PRG. Ma il Campidoglio continua a ripianarle, unico committente, non dà più commesse. Il piano prevede una verifica economica «propedeutica a un nuovo contratto di servizio».

Ricordate il “buco”? Lo spauracchio agitato da Alemanno appena insediato contro Veltroni. A un anno di distanza si può fare un bilancio: sul piano della riduzione degli sprechi tanti passi in dietro. In compenso il sindaco è riuscito a ottenere 500 + 500 milioni dal governo (2008-2009). Per farne cosa? Investimenti nelle periferie, dice Ivano Caradonna presidente del municipio della Tiburtina, non se ne vedono. Si vedono invece i regali pronti per la rendita fondiaria, per il contenzioso: il più ricco è una roba da 200 milioni per il conte Vaselli a Tor bella Monaca. Ma i comuni, invece di tenere da parte i soldi, dovrebbero combattere giuridicamente fino all’ultimo colpo.

°°° Cari amici, ecco l’ennesima dimostrazione della pericolosità di questa destra. Sono assolutamenti incapaci di governare e di amministrare, dediti come sono soltanto al potere a a mangiare. Altri tre anni così e Roma diventerà una città morta e incolta come una Cagliari o una Potenza qualunque.

I CITTADINI ROMANI SONO PIENI DI DUBBI E DI PENSIERI BRUTTI.

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Da Travaglio

Sono pazzi questi spagnoli

Ci corre l’obbligo di scusarci con i nostri telespettatori per un errore umano di inaudita gravità accaduto nella nostra emittente: violando le regole della casa, l’altro giorno non abbiamo trasmesso in diretta integralmente i fischi dei tifosi catalani e baschi che hanno accolto l’inno nazionale prima dell’incontro di calcio Barcellona-Atletico Bilbao, finale della coppa del Re allo stadio Mestalla di Valencia, alla presenza di re Juan Carlos e della regina Sofia». Così, tre sere fa, la speaker del primo canale della tv pubblica spagnola, Tve, s’è rivolta alla nazione nell’ora di massimo ascolto. Intanto, nel bel mezzo di un putiferio politico con interventi di ministri e leader di partito, il direttore generale della Tve faceva pubblica ammenda annunciando la destituzione del capo dei servizi sportivi Julian Reyes responsabile della censura, che peraltro s’era subito dimesso. Cose che càpitano in Spagna, naturalmente, dove chi censura viene cacciato, anziché promosso. In Italia il vicedirettore di Raisport, Oliviero Beha, non può lavorare da cinque anni perché ha il brutto vizio di non censurare. In compenso si attende da una settimana che la Commissione di Vigilanza e il Cda Rai, ma anche le “authority” e i “comitati etici” dicano qualcosa, una parola non di più, sulla censura subìta da Vauro e Beatrice Borromeo all'”Era glaciale” a opera del direttore Marano e nel silenzio della cosiddetta conduttrice Daria Bignardi. Che poi è la versione giornalistica di Lorena Bianchetti. In Spagna avrebbe qualche problemino, ma in Italia Daria Sbianchetti farà un carrierone.

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Altro che veline!

Lei: ad ognuno il 20 per cento. Ma così Marina e Piersilvio finiscono in minoranza. I più giovani vogliono avere posti di responsabilità nelle aziende
Otto miliardi tra Silvio e Veronica
la lite di Arcore sull’eredità dei figli
di ETTORE LIVINI

Otto miliardi tra Silvio e Veronica la lite di Arcore sull’eredità dei figli

Silvio Berlusconi e Veronica
MILANO – Va bene la polemica sulle veline in lista alle europee. Ok le questioni di principio sul “potere senza pudore”. Dietro le quinte della telenovela di Arcore però – dove gli scontri Veronica-Silvio si alternano ai sorridenti ritratti di famiglia (allargata) sui giornali di casa – c’è anche una piccola questioncina da 8 miliardi, ville escluse: la divisione dell’impero del presidente del Consiglio.

L’argomento, per ovvie questioni di delicatezza, non è mai stato esplicitato da nessuno. Da anni però i più fidi consiglieri del premier, da Bruno Ermolli a Ubaldo Livolsi, sono al lavoro con il bilancino per trovare un punto di equilibrio – emotivo, manageriale e finanziario – tra le due “anime” (che non si sono mai troppo amate) di casa Berlusconi: Marina e Piersilvio, figli di primo letto del matrimonio con Carla dall’Oglio, da una parte; Barbara, Eleonora e Luigi, nati dalle nozze con Veronica Lario, dall’altra. E la quadratura del cerchio, ad oggi non è ancora stata trovata.

Le certezze sono solo due. La prima – evidente a tutti – è che la posta in palio è altissima: nelle disponibilità del Cavaliere, oltre alle ville sparse per il mondo, ci sono 3 miliardi di euro in azioni Mediaset, Mondadori e Mediolanum, 4 tra liquidità e riserve in Fininvest e qualche spicciolo – 752 milioni – parcheggiato nelle holding personali. La seconda certezza è che qualunque cosa succeda nessuno finirà sul lastrico. Una prima fettina del tesoro di famiglia, infatti, è stata già distribuita nel 2005 quando Berlusconi, per questioni di equità, ha aperto il capitale Fininvest ai tre figli di Veronica che sono andati ad affiancare nell’azionariato del Biscione Marina e Piersilvio con una quota del 7% a testa. Tutti così, un dividendo dopo l’altro, sono già riusciti a mettere da parte un piccolo tesoretto personale: Barbara e i fratelli hanno accumulato 315 milioni di disponibilità liquide. Marina ne ha in cassa un’ottantina. Piersilvio, più parsimonioso, ha sul conto in banca più o meno 200 milioni.

Il problema è cosa succederà ora. I soldi, va detto, non sono tutto. Anche se sulla spartizione dell’impero berlusconiano Silvio – che vuol dividerlo a metà: il 50% a Marina e Piersilvio e il 50% agli altri – e Veronica – che spinge per distribuire il 20% a testa, regalando il controllo ai propri figli – hanno idee diverse e poco conciliabili. La vera bomba ad orologeria che spiega forse il nervosismo di questi mesi è però un’altra: i piccoli Berlusconi crescono. I 18 anni li hanno passati da parecchio (senza il padre alla festa di compleanno, ha fatto sapere Veronica). E più che denaro si preparano a chiedere un posto nelle aziende di famiglia.

Su questo fronte la situazione è un po’ più complessa. Marina in Mondadori e Piersilvio in Mediaset – dopo essersi fatti le ossa sotto le ali di Maurizio Costa e Fedele Confalonieri – sono oggi in pratica i capi delle due società. Difficile insomma trovare un posto al sole per altri. Non solo. Nelle loro rare esternazioni pubbliche, i tre fratelli minori hanno dimostrato, in merito, di aver già le idee chiare. E non sempre si tratta di concetti in linea con lo status quo di Arcore. “Fosse stato per noi, avremmo venduto da tempo le tv di casa a Murdoch”, hanno dichiarato nel 2004 Barbara (24 anni e autocandidata a un posto in Mondadori) ed Eleonora (22). Il ventenne Luigi, che pareva volersi occupare solo di Milan e fede (“ogni volta che lo cerco al telefono mi dicono di richiamare perché sta pregando”, ha raccontato qualche anno fa il premier), ha iniziato a camminare con le sue gambe: studia alla Bocconi, gestisce i soldi delle sorelle, è entrato nel cda Mediolanum e – “per una questione di responsabilità”, ha spiegato – ha già fatto sapere di voler lavorare nel gruppo.

Non solo: il suo primo investimento autonomo (5 milioni) l’ha fatto in un fondo della Sator di Matteo Arpe, l’ex ad di Capitalia uscito dalla banca romana dopo uno scontro al calor bianco con Cesare Geronzi. Peccato che il 73enne presidente di Mediobanca sia il banchiere di fiducia del padre e il regista dell’ingresso di Fininvest in Piazzetta Cuccia, il salotto buono da cui il premier può monitorare con discrezione dossier caldissimi come Rcs-Corriere della Sera, Telecom e Generali.

Mettere assieme tutti questi tasselli per i consiglieri del Cavaliere non sarà semplicissimo. Veronica, che con la sua Finanziaria Il Poggio controlla immobili a Milano, Bologna, Olbia, Londra e New York, pare sistemata. La differenza d’età tra i due figli maggiori e i tre minori, in teoria, potrebbe consentire di trovare spazio per tutti. In fondo quando Barbara avrà l’età che ha oggi Marina (42 anni), la sorella maggiore sarà una splendida sessantenne che a quel punto, forse, potrebbe lasciarle senza troppi rancori il timone della Mondadori.

Il presidente del Consiglio, scosso dalle fibrillazioni familiari di questi giorni, ci conta, nella speranza che alla fine tutti i pezzi del puzzle vadano a posto senza troppi drammi. Intanto, visto il gelo a Macherio, ha iniziato a mettere qualcosa da parte anche per sè. E a gennaio, alla faccia della crisi e dei guai dinastici, si è regalato dividendi per 169 milioni.


°°° Ecco cosa c’è dietro le fibrillazioni in casa di Al Cafone: soldi, soldi, soldi e solamente SOLDI!
Soldi facili, fatti senza lavorare. Soldi sporchissimi, dato che solo sedici anni fa – ricordiamolo – burlesquoni stava finendo in galera per fallimento, debiti e bancarotta.

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ladro

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b-manette

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Venghino, siòri!

Europee, letteronze e la figlia di Bertolaso

Europee, in lista per il Pdl letteronze e la figlia di Bertolaso. Sono gli ultimi boatos in casa del centro destra a poco più di 24 ore dalla scadenza della presentazione delle liste.

Cristina Ravot, giovane cantante sassarese. Rachele Restivo, giornalista tv. E poi Laura Comi. E potrebbero spuntarla anche le più famose Eleonora Gaggioli, Barbara Matera e Angela Sozio: dovrebbero essere loro le fortunate vincitrici del corso di formazione tenutosi a via dell’Umiltà per accedere alle liste del Pdl. Trattative in corso, continui contatti del gruppo dirigente e soprattutto il tentativo degli apparati di partito di cercare di non escludere gli uscenti. Silvio Berlusconi nei giorni scorsi ha annunciato di volere molte facce nuove, ma dovrebbero essere recuperati i vari Bonsignore, Iva Zanicchi, Albertini, Gargani, Zappalà, Antoniozzi.

Per An in lista sicuramente la Angelilli e la Muscardini, mentre si rincorrono i boatos –

l’ultimo è la possibile presentazione ai nastri di partenza della figlia di Guido Bertolaso – e si contano gli esclusi. Alla fine dovrebbe spuntarla il capogruppo alla Regione Lazio, Alfredo Pallone, non invece Ventre e Gawronsky (per propria scelta).

Le liste per le Europee dovranno essere presentate entro mercoledì mattina. E proprio mercoledì ci sarà anche un nuovo Cda della Rai. Dovrebbe terminare con una nuova fumata nera per quanto riguarda le nomine che a questo punto, presumibilmente, si faranno dopo le Europee.

°°° Un sacco di tam tam per candidare qualche altra zocciletta senza arte né parte. Ve lo dico io in cosa consistono questi famosi corsi che fanno nella tana di Mafiolo: si mettono queste disperate (disperati) su una sedia, si accendono tre telecamere (che registrano tutto, perché poi il padrone delle vacche deve scegliere e commentare) e una squadra di zerbini come Belpietro, Jannuzzi, Fede, e via vomitando li stimola. Studiare STORIA? Naaaaaa. La Costituzione? Naaaaa. Diplomazia e strategia politica? Giammai! Imparano solo a mettersi in posa a favore di camera, a strillare i propri miseri slogan e… ad interrompere qualunque interlocutore. Di giorno. Poi, come cala la sera, si muovono in branco verso ristoranti di lusso, discoteche piene di droga, e alcove nascoste e clandestine. Chettelodicoaffa’?

CANDIDATE PER I LETTI DI BRUXELLES

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Annozero e censure

Riunione del cda di viale Mazzini dopo le polemiche
Il vignettista potrà continuare a collaborare alla trasmissione
Vauro torna ad “Annozero”
Masi incontrerà Santoro

Vauro torna ad “Annozero” Masi incontrerà Santoro
ROMA – Vauro può tornare ad ‘Annozero’. Michele Santoro potrà richiamare il vignettista a collaborare con lui, tenendo però conto degli “obblighi” del servizio pubblico e delle condizioni contrattuali. E’ quanto stabilito nella riunione del cda di viale Mazzini.

Nessun provvedimento disciplinare è stato preso nei confronti di Santoro ma è stato dato un mandato al direttore generale Mauro Masi per un incontro con il conduttore di ‘Annozero’.

La seduta del cda si è aperta con la relazione del direttore generale. in pratica una ricostruzione delle due ultime puntate del programma: quella del 9 aprile, da cui avevano preso il via le polemiche per come era stato affrontato il capitolo dei soccorsi e dell’intervento della Protezione Civile ed anche per la vignetta di Vauro sull’aumento delle cubature dei cimiteri, e quella di giovedì 16, la puntata ‘riparatrice’.

Masi ha sottolineato “la necessità di un approfondimento della contrattualistica aziendale nell’ottica del rispetto delle linee editoriali dell’azienda e delle responsabilità connesse”.

Dopo la relazione di Masi è stata la volta dei diversi componenti del Cda. Diverse le posizioni. C’è stato anche chi ha proposto e richiesto che il Cda mettesse nero su bianco una propria e netta posizione sulla vicenda, ovvero una lettera di biasimo o comunque di critica a Santoro, ma alla fine a prevalere è stato l’orientamento di considerare ormai esaurita la questione.

Anzi c’è chi ha sottolineato che “di temi da affrontare ce ne sono ben altri, e di rilevanza non indifferente”. Per esempio il bilancio di previsione, le scelte in chiave strategica dell’azienda e il suo essere servizio pubblico.


°°° Ma che minchiate ci tocca sentire?! “Lettera di biasimo… censura…obblighi del servizio pubblico…” Ma di che cazzo parlano questi servi del padrone?! Che cianciano i fattorini della peggior televisione del mondo? L’unico limite alla satira è il Codice Penale. Punto. Come in tutti i Paesi civili senza un regime mafioso al potere. E noi lotteremo fino alla morte per conservare questo diritto. Berlusconi vaffanculo! Masi, vaffanculo! CdA affanculo!!!

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Dal grande Scalfari

Chi canta fuori dal coro è comunista
di EUGENIO SCALFARI

Non si può non cominciare con le nomine alla Rai. Gli altri giornali minimizzano con l’aria di dire che si è sempre fatto così: la Rai è proprietà del governo e quindi è il governo che ha il potere di decidere trasmettendo le sue indicazioni all’obbediente maggioranza del Consiglio d’amministrazione.

E’ vero, sostanzialmente è sempre stato così ma con qualche differenza di non poco conto. La prima differenza è questa: nessun governo, tranne quelli guidati da Silvio Berlusconi, ha mai avuto a sua disposizione le televisioni commerciali, cioè l’altra metà del cielo televisivo. Il fatto che l’attuale presidente del Consiglio abbia a sua completa mercé la propria azienda televisiva privata e l’intera azienda pubblica (salvo la riserva indiana di Raitre finché durerà) configura quindi una situazione che non ha riscontro in nessuna democrazia del mondo. Non so se sia vero che le nomine siano state decise l’altra sera nella riunione di tre ore nell’abitazione romana del premier. E’ certo comunque che i nomi proposti dal direttore generale Masi saranno ratificati senza fiatare dal Cda della Rai di mercoledì prossimo e saranno tutti “famigli” di Berlusconi, provenienti dalle sue televisioni private o dai suoi giornali o pescati tra le giovani speranze già inserite nell’accogliente acquario dell’azienda pubblica, collaudati custodi del credo berlusconiano nel circuito mediatico.

Non ci sarà purtroppo una sola persona che abbia mai mostrato un barlume d’indipendenza, un soprassalto di dignità professionale, un dubbio sull’assoluta verità predicata dal Capo.

Questo è lo scandalo, questa è la vergogna, alla quale quel poco di cosiddetta indipendenza che ancora esiste nella stampa italiana si sta ormai adattando per assuefazione esprimendo tutt’al più qualche sommesso brontolio subito seguito da rimbrotti all’opposizione, colpevole di ideologismo e di conservatorismo.

Il quadro è desolante. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Il controllo dei “media” non serve soltanto a procacciar voti ma soprattutto a trasformare l’antropologia d’una nazione. Ed è questa trasformazione che ha imbarbarito la nostra società, l’ha de-costruita, de-politicizzata, frantumata, resa sensibile soltanto a precarie emozioni e insensibile alla logica e alla razionalità.

Chi non è d’accordo è comunista. E firme di intellettuali o sedicenti tali accreditano questo scempio culturale e questa menzogna.

Dedicherò dunque al predetto scempio il seguito del mio ragionamento.

* * *

Quindici anni fa partecipai alla presentazione di un libro di Achille Occhetto al circolo della stampa estera a Roma, in quell’occasione il corrispondente di un giornale tedesco mi domandò che fine avrebbero fatto i comunisti dopo che il Pci aveva buttato alle ortiche il suo nome e la sua ideologia.

Risposi che i comunisti dovevano morire e così i loro figli e nipoti fino alla settima generazione. Solo quando fossero tutti fisicamente estinti sarebbe cessata la polemica nei loro confronti. Infatti è quanto è avvenuto e sta ancora avvenendo e poiché siamo ancora lontani dalla settima generazione l’anatema contro di loro continua e continuerà per un bel pezzo. Non è soltanto il tema prediletto dal nostro premier e dai Bonaiuti di turno, è anche diventato il piatto forte di molti belli ingegni transumanti che all’ombra del revisionismo sono passati dall’anticomunismo di “Lotta continua” e di “Potere operaio” all’anticomunismo di destra. Per loro ormai i comunisti sono diventati un’ossessione, ne vedono la presenza ovunque, alimentano i loro incubi e le loro farneticazioni e ai comunisti attribuiscono tutti i mali antichi, recenti, attuali e futuri che affliggono la politica italiana.

I comunisti. Il Partito comunista italiano. La sinistra italiana. Sono ancora tra noi. Non sono affatto scomparsi. Non sono estinti. Non sono stati rinnegati. Finché questo lavacro definitivo non sarà compiuto l’Italia sarà in pericolo e con essa anche la democrazia.
Ne ha fatto le spese l’ultimo libro di Aldo Schiavone il quale ha risposto al mitragliamento di cui era bersaglio con un articolo su “Repubblica” di qualche giorno fa. Con pungente ironia Schiavone domandava ai suoi interlocutori: che cosa volete che faccia? Debbo suicidarmi? Vi contentereste invece se promovessi un salmodiante corteo di pentiti che percorrano le strade d’Italia autoflagellandosi e invocando perdono per il peccato d’essere stati nel Pci?

La risposta non è ancora arrivata ma sarà sicuramente quella da me anticipata nel 1994, all’alba della stella berlusconiana: dovete morire fino alla settima generazione. Caro Aldo Schiavone, non c’è altra espiazione che basti a cancellare il vostro peccato mortale.

* * *

Tra le persone che mi onorano della loro amicizia c’è Alfredo Reichlin. Abbiamo più o meno la stessa età, ci conosciamo e stimiamo da mezzo secolo sebbene i nostri percorsi culturali siano stati assai diversi. Lui entrò nel Pci ai tempi della Resistenza, io sono di cultura liberale e tale sono rimasto anche se dopo la morte di Ugo La Malfa ho sempre votato per il Pci, poi per i Ds e infine per il Partito democratico che è il più conforme alle mie idee liberal-democratiche.

Reichlin ha scritto qualche anno fa un libro insieme a Miriam Mafai e a Vittorio Foa, che ha avuto molto successo ed è stato portato in teatro da Luca Ronconi. La domanda che quel libro si poneva era appunto perché un democratico è potuto diventare comunista e che cosa faranno i comunisti dopo che il comunismo è scomparso dalla scena politica del mondo.

Tra le risposte ce n’è una di Reichlin che riassumo così: il Pci ha certamente commesso molti errori, ha condiviso un’ideologia sbagliata, ha perfino coperto alcuni crimini, ma non è una realtà discesa sull’Italia come un meteorite. La domanda da porsi è dunque questa: perché la società italiana ha reso possibile la nascita d’un partito come il Pci, al quale si sono iscritti o per il quale hanno votato operai e borghesi, artigiani e contadini, marxisti e liberali, atei e credenti? Che al suo culmine ha quantitativamente raggiunto i voti della Democrazia Cristiana? Che Aldo Moro ha associato negli anni di piombo al governo del paese?

Questa domanda meriterebbe un’analisi seria. Almeno altrettanto seria quanto l’altra domanda speculare: perché la società italiana attuale ha reso possibile la nascita del berlusconismo e gli ha dato uno strapotere che somiglia sempre più ad un regime?

Con una differenza tra le due domande: ragionare sul Partito comunista sta diventando col passare degli anni materia per gli storici; ragionare sul berlusconismo è un tema maledettamente attuale e riguarda la politica e non ancora la storia.

* * *

Si dice che ormai non c’è più differenza tra destra e sinistra. Si inventano nuove classificazioni, per esempio quella tra progressisti, moderati, conservatori. Discorsi inutili e abbastanza noiosi. Scolastici. Lontani dalla realtà.

Il tema di oggi è il rapporto tra i grandi ideali della modernità: libertà eguaglianza fraternità. L’ho già scritto altre volte: l’età moderna è nata da questo trittico di principi e ha dato segnali di decadenza tutte le volte che quel trittico si è indebolito nelle coscienze e nella politica.

Il tema di oggi è quello di ridurre le disuguaglianze senza mettere a rischio la libertà. Questo distingue la sinistra dalla destra.

Bisogna tradurlo in atti politici. Bisogna cambiare l’antropologia del Paese. Bisogna superare l’indifferenza e l’apatia. Bisogna resistere per costruire il futuro.

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E LA VERGOGNA

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