All’estero e negli Usa siamo considerati alla stregua del Kenia e della Nigeria

Bersani: «L’immagine dell’Italia: corruzione e crisi sociale»
di Simone Collinitutti gli articoli dell’autore Che ci sia un problema di corruzione, oltre che sociale, che si sia aperta una questione di legalità e mancato rispetto delle regole, lo vedono bene gli italiani. E non solo gli italiani». Pier Luigi Bersani parla poche ore prima di imbarcarsi sull’aereo che dagli Stati Uniti lo riporta in Italia. Questa settimana di incontri e colloqui tra Washington e New York è stata caratterizzata qui da noi dall’uscita di notizie su loschi affari e nuove logge segrete, in cui i nomi dei faccendieri sono affiancati da quelli di esponenti del Pdl. E il segretario del Pd ha toccato con mano la «preoccupazione» che anche oltreoceano desta «l’instabilità italiana». Un’instabilità a cui si aggiungono anche evidenti «meccanismi di controllo dell’informazione» e pratiche tese a «deformare il sistema democratico».

«È inutile che Berlusconi dica che godiamo di una buona immagine all’estero», dice Bersani dopo aver incontrato membri del Dipartimento di Stato, del Congresso Usa, dell’Onu, sindacalisti, economisti. «Semplicemente, non risulta. L’Italia in questo momento viene guardata con un misto di apprensione e incredulità. In molti colloqui mi sono state rivolte le stesse domande. Cosa succede? E come è possibile?». Intercettazioni, arresti, dimissioni non trovano spazio sulle pagine dei quotidiani statunitensi, ma nei rapporti riservati che l’ambasciata di Via Veneto spedisce al Dipartimento di Stato Usa la situazione che sta attraversando l’Italia viene spiegata nei dettagli. Così anche una personalità come Phil Gordon, del Bureau per gli affari europei ed eurasiatici, ha rivolto domande a Bersani sulle possibili conseguenze degli ultimi avvenimenti. «Pur in un quadro di diplomazia nei rapporti – racconta il leader del Pd – si capisce che da queste parti il nostro premier non gode di grande stima». Non è solo questione delle ultime ore, perché a non mettere in buona luce Berlusconi, oltreoceano, c’è quella che Bersani definisce una politica estera fatta di «relazioni privilegiate e rapporti speciali». La situazione è però ora aggravata dagli scandali e da una legge sulle intercettazioni che per gli americani mette a rischio il successo di molte indagini anche internazionali (come già dichiarato dal sottosegretario del dipartimento Giustizia Usa Lanny Brauer) e fa diminuire ancora di più il livello di libertà di stampa in Italia. Bersani racconta della visita al Newsmuseum di Washington, il museo dell’informazione in cui è presente anche una cartina del mondo su cui le nazioni sono colorate a seconda del grado di libertà di stampa. «L’Italia è gialla, parzialmente libera, unico paese europeo, mentre è allo stesso livello di Tailandia, Colombia, Kenya, Nigeria». Il modo in cui viene trattata da noi l’informazione, racconta, «qui non piace a nessuno, che si tratti di liberal o di conservatori».

Così come non piace a nessuno il modo in cui il governo italiano sta venendo meno agli accordi internazionali per i paesi in via di sviluppo: «Il fatto che non stiamo pagando patti che abbiamo sottoscritto ci fa perdere posizione anche in partite delicate che stavamo conducendo, compreso il rinnovo del Consiglio di sicurezza dell’Onu». Una situazione che metterà sempre più l’Italia «ai margini», quando invece dovrebbe «giocare più seriamente un ruolo» per favorire l’integrazione europea, o per affrontare in modo diverso il protrarsi del conflitto in Afghanistan.
Al presidente della commissione Affari esteri del Senato John Kerry, al presidente del Comitato economico e sociale dell’Onu Hamidon Aly, così come agli esponenti della comunità italoamericana incontrata a Brooklyn Bersani l’ha detto che «la situazione politica in Italia si sta complicando». Ma, racconta, a tutti loro ha anche assicurato che questa fase non durerà a lungo: «Non c’è solo l’Italia di Berlusconi».

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Altre rapine del delinquente berlusconi (leggete e fate circolare)

Il Pd: con la manovra, Alfano demolisce il processo civile

Demolire, con un emendamento, senza discussione parlamentare e quasi di nascosto quel che è il processo civile e le garanzie per i cittadini. E al contempo trovare il modo di far risparmiare, e molto, al premier quanto deve per il Lodo Mondadori. «Il ministro Alfano vuole approfittare della manovra economica per riformare, con un colpo di mano, il processo civile – Lo afferma Silvia Della Monica, capogruppo Pd in commissione Giustizia – Per questo invece di riempire i vuoti di organico dei magistrati, la risposta è sostituirli con “ausiliari”, e delegare a precari della giustizia il giudizio e ai cancellieri l’assunzione delle prove. L’ordine giudiziario viene così demolito e lo stesso sistema della giurisdizione e delle garanzie per i cittadini in piena violazione dei principi costituzionali».

«Questo emendamento – prosegue – che sovverte la giustizia civile, senza nessun vantaggio effettivo per i diritti dei cittadini e per l’economia del Paese rischia di essere approvato a breve con il voto di fiducia e senza la possibilità di riflessione e confronto. Continua, quindi, quel pericoloso processo di degiurisdizionalizzazione, cui questo Governo dedica particolare impegno».
C’è poi lo sconto al premier. «Contemporaneamente – conclude Della Monica – giunge in commissione Bilancio, tramite il ministro della Giustizia, anche un altro emendamento, sicuramente gradito al Premier, e che perfeziona una norma ad personam del marzo 2010. Mentre a tutte le istituzioni e al paese si impongono irragionevoli sacrifici e tagli,

sarà difatti consentito a Berlusconi estinguere il contenzioso tributario per il Lodo Mondadori con il pagamento i una modesta somma: il 5% del dovuto».

Concorda il presidente dei senatori del Gruppo Misto-MpA, Giovanni Pistorio: «L’introduzione degli articoli di modifica del codice di procedura civile presentati oggi dal ministro Alfano, rappresentano una forzatura politica e istituzionale». «Presentare una profonda modifica del processo civile – spiega Pistorio – all’interno di una manovra di bilancio, attraverso una serie di mega emendamenti in Commissione proprio l’ultimo giorno prima del passaggio in Aula risulta oltraggioso della funzione parlamentare, tanto più che su questo provvedimento è stata annunciata la fiducia che, ovviamente, impedirà qualsiasi modifica. Il ministro Alfano interviene in modo drastico esercitando una sorta di potestà d’imperio, in spregio di quella che è la corretta dialettica politica e parlamentare».

°°° Ora voglio proprio vedere Napolitano firmare queste ennesime schifezze e voglio vedere anche se il Pd continua a balbettare, mentre tutta l’Italia è in piazza o sul lastrico, o si comporta veramente da OPPOSIZIONE.

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SCAJOLA: «Ecco le prove di quegli 80 assegni»

Le sorelle che hanno venduto la casa
«Ecco le prove di quegli 80 assegni»

Accertamenti su 30 conti intestati alla segretaria di Anemone. I pm: schermo per altre operazioni
http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_04/sorelle-venduta-casa-scajola-sarzanini_f675cee6-573c-11df-8ce3-00144f02aabe.shtml

°°° Caro farabutto, ladro e delinquente, mazzettaro e maniaco sessuale, un po’ di galera non ti farebbe affatto male. Anche se forse non ti erano piaciuti moltoi tre mesi che facesti per le poircate al casinò di S.Remo. Ti ricordi, cazzone?

MEDICO DEL  PDL  CERCA LA DIGNITA’  DI SCAJOLA

B.programma elettorale

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Altre porcate del gangster Berlusconi

Rai, ecco il piano segreto del governo

“Via tutto dal satellite di Murdoch”

Dietro alla trattativa fallita c’è un nuovo capitolo della guerra con Sky. Pronta la revisione del contratto di servizio. L’emittente pubblica perde 57 milioni che non figurano, però, nel budget.

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Pacco dono

per Mediaset

di GIOVANNI VALENTINI (Repubblica)

Stupito, irritato, amareggiato. Il , ha tutto il diritto di esprimere la propria delusione sulla “rottura annunciata” fra la Rai e Sky che priverà l’azienda pubblica di un ricavo di oltre cinquanta milioni di euro all’anno, in seguito al trasferimento dei canali Raisat su una nuova piattaforma satellitare. E in particolare, ha ragione Giorgio Napolitano a lamentarsi delle modalità con cui è maturato il fallimento della trattativa: una decisione per così dire unilaterale che la direzione generale ha praticamente imposto – come un diktat – a tutto il Consiglio di amministrazione.

In quanto custode e garante della Costituzione, il presidente della Repubblica non può evidentemente disinteressarsi di quel servizio pubblico su cui s’imperniano nel nostro Paese principi fondamentali come il pluralismo e la libertà d’informazione, sanciti solennemente dall’articolo 21. Anzi, con tutto il rispetto che si deve alla sua figura e alla sua persona, è lecito pensare che un intervento più tempestivo sarebbe valso forse a impedire o magari a prevenire un tale esito.

Danno emergente e lucro cessante, avevamo avvertito su questo giornale nelle settimane scorse, mentre già si preparava la rottura. Danno emergente: perché il prossimo bilancio della Rai s’impoverirà di questa cospicua entrata finanziaria e staremo a vedere che cosa avrà da eccepire in proposito la Corte dei Conti. Lucro cessante: perché, oltre a perdere l’audience e quindi la pubblicità raccolta attraverso la pay-tv, ora l’azienda di viale Mazzini dovrà sostenere “pro quota” l’onere della nuova piattaforma di Tivùsat. E tutto ciò, in buona sostanza, per fare un favore o un regalo a Mediaset nella sfida della concorrenza con Sky, come ha riconosciuto – tardivamente – perfino il presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza, Sergio Zavoli.

Si dà il caso, così, che l’ex segretario generale della presidenza del Consiglio, appena trasferito alla direzione della televisione pubblica, non trovi di meglio che confezionare subito un pacco-dono per l’azienda televisiva privata che fa capo allo stesso presidente del Consiglio. Un voto di scambio o una partita di giro, si potrebbe anche dire. Naturalmente, a spese del cittadino contribuente, telespettatore e abbonato alla Rai. Come già a suo carico era stata la multa di oltre 14 milioni di euro inflitta dall’Autorità sulle comunicazioni a viale Mazzini per la nomina dell’ex direttore generale, Alfredo Meocci, insediato alla guida dell’azienda dal centrodestra nonostante la palese incompatibilità con il precedente mandato di commissario nella medesima Authority.

Con buona pace del presidente Garimberti e dei consiglieri di minoranza, siamo dunque alla definitiva subordinazione della Rai agli interessi e alle convenienze di Mediaset. Un’azienda di Stato, la più grande azienda culturale del Paese, che via via si trasforma in una filiale, una succursale, una dépendance del Biscione. Già omologata al ribasso sul modello della tv commerciale, quella della volgarità e della violenza, delle veline e dei reality fasulli, adesso la tv pubblica si allea e si associa con il suo principale concorrente sotto il cielo tecnologico della tv satellitare.

Sarà verosimilmente proprio di fronte a questo scempio che il centrosinistra, risvegliandosi da un lungo e ingiustificabile letargo, s’è deciso finalmente a riproporre con forza la questione irrisolta del conflitto d’interessi: prima, con una dichiarazione di guerra del segretario reggente del Pd, Dario Franceschini, il quale ha annunciato bellicosamente che su questa materia (e speriamo anche su altre) il suo partito non resterà più fermo e silente; poi, addirittura, con una proposta di legge presentata da Walter Veltroni e sottoscritta da tutte le opposizioni, sostenuta dal contributo di un esperto costituzionalista come l’ex presidente della Rai, Roberto Zaccaria. Meglio tardi che mai, dobbiamo ripetere. Ma che cosa avevano fatto nel frattempo Veltroni e Franceschini per risolvere l’anomalia di un presidente del Consiglio che controlla direttamente tre reti televisive private e indirettamente anche le tre reti pubbliche? E pensare che c’è ancora qualche illustre professore che esorta il Pd a emanciparsi dall’influenza di “alcuni giornali” (quanti e quali?), mentre una maggioranza di governo condiziona impunemente giornali, telegiornali e giornali radio.
Nel regno del conflitto d’interessi, la rottura fra la Rai e Sky diventa la prova regina di un’occupazione “manu militari” di tutto il sistema dell’informazione. Un attentato al pluralismo, alla libertà d’opinione. E anche questa, purtroppo, si rischia di apprezzarla solo quando la si perde.

°°°Non c ‘è nulla da commentare, se non che questa è l’ennesima dimostrazione di forza di un regime alla fine dei suoi giorni. Un delinquente che ha preso in mano i , con la frode e con l’inganno, dopo essersi salvato il culo dalla galera per i mille reati efferati commessi, ora spera solo di continuare a rincoglionire i cittadini con le solite bugie. E quale mezzo migliore che la televisione becera e asservita che la mafia e la P2 hanno voluto e ottenuto?

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Il disastro continua

Milano, alta tensione alla Innse

operaio minaccia di gettarsi da gru

I lavoratori protestano contro lo smantellamento dello stabilimento. Hanno cercato di forzare il blocco della polizia e di entrare in fabbrica. Poi, in quattro si sono arrampicati sulla struttura. Ieri fallita la mediazione

°°° Non c’è niente da fare. Burlesquoni è come una piantagione di banane: NON GLIENE RIESCE UNA DRITTA! Tutto quello che tocca, o che fa toccare ai suoi picciotti, si trasforma in merda. Vedi i conti pubblici, le televisioni, Alitalia, il milione di posti di lavoro persi, la libertà di stampa, il cinema, il teatro, i musei… DIMETTITI, FARABUTTO!!!

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Legittimamente un par de palle!

Sapete che c’è? Da quando mi hanno svegliato i sedicenti muratori a mazzuolate: ormai si sono presi il vizio di rompere le scatole alle sette del mattino, mi frulla per la testa questa minchiata galattica… “è stato eletto legittimamente”. Non c’è esponente del centrosinistra che non si abbeveri a questa fonte di sciocchezze. Ma legittimamente un cazzo!
In maniera legittima sono stati eletti, da sempre, gli esponenti della sinistra… giacché la dc ha sempre fatto ricorso ai voti della mafia e al clero. Io mi ricordo di quando le suorine, invisibili per tutto l’anno, sotto elezioni andavano a prelevare moribondi-ciechi-paralitici e affini e li portavano ai seggi. E magari facevano esse stesse la croce. Vorrei chiedere ai d’alema, ai veltroni, ai Franceschini cosa ci sia di legittimo nell’elezione di una masnada di pregiudicati, inquisiti, zoccole e veline imposti al parlamento. Vorrei sapere da quando e in quale paese occidentale un farabutto , che si è appropriato ILLEGITTIMAMENTE di tutto ciò che possiede, può comprarsi un partito, fare società col cognato di Totò Riina e con Riina stesso, amalgamare “Sicilia libera” (creatura di Leoluca Bagarella) con gli avanzi malavitosi di Dc-Psi-Psdi-Monarchici-Liberali- ecc. e fondare Forza Italia.
Infine, vorrei sapere da lorsignori cosa c’è di legittimo nel possedere e/o controllare il 90% dei media nazionali e, dopo aver condizionato malamente le menti più deboli e indifese, passare a riscuotere i voti. E quando non bastano, fare incetta di voti comprati a livelli capillari e… praticare sistematicamente BROGLI! Mi spiegate almeno voi, amici del blog, COSA CAZZO C’E’ DI LEGITTIMO IN TUTTO QUESTO?

LA SUORINA DELL’URNA ELETTORALE

suorina

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Se permettete…

E ora la procura indaga
anche sulle feste a Cortina
«Undici anni fa mio padre si è ucciso perché non riusciva a portare a termine il progetto del residence»

Patrizia D’Addario (Rocco De Benedictis)
PATRIZIA D'ADDARIO

BARI — La replica di Patrizia D’Addario all’accusa del premier di essere stata «mandata e retribuita» è secca: «Smentisco che ciò sia accaduto. Qualora l’onorevole Berlusconi sia in possesso della minima prova a sostegno della sua affermazione, lo invito a volerla trasmettere all’autorità giudiziaria. Se così non fosse vorrei pregarlo di astenersi da simili affermazioni». Reagisce duro la donna. Dopo essere rimasta «blindata» per una settimana, consapevole che ogni sua mossa sarebbe stata controllata e analizzata parla per rispondere «a frasi infamanti». E la rabbia monta «perché le altre si spacciano per ragazze-immagine e prendono soldi, mentre io che ho soltanto raccontato la verità vengo massacrata». C’è soprattutto un punto che Patrizia ribadisce: «Non sono stata io a presentare una denuncia. Il magistrato mi ha convocata perché voleva sapere che rapporti avessi con Gianpaolo e se lui mi avesse portata a palazzo Grazioli. È stato in quel momento che ho deciso di ammettere quanto appariva già evidente».

Il pubblico ministero aveva infatti ascoltato centinaia di conversazioni telefoniche dell’imprenditore barese che ingaggiava squillo da portare a feste e vacanze a Roma e a Villa Certosa in Sardegna. E lei, che in quei colloqui compare spesso, è stata chiamata come testimone. Non nega Patrizia di aver maturato in questi mesi risentimento nei confronti del premier «ma solo perché sono stata ingannata. La seconda volta che l’ho visto, quando ho trascorso la notte con lui, non ho preso soldi: mi sono fidata della sua promessa di aiutarmi a costruire il residence sul terreno della mia famiglia. È il cruccio della mia vita perché mio padre si è ucciso quando ha capito che non sarebbe riuscito a portare a termine quel progetto. Ci aveva investito tutti i suoi soldi, pur di realizzarlo aveva accumulato debiti. Undici anni fa, quando era ormai sull’orlo del fallimento, si è suicidato».

L’inchiesta della Procura di Bari va avanti e trova nuove conferme. Alcune ragazze hanno ammesso quanto emergeva già dalle intercettazioni: fine settimana trascorsi a Cortina in compagnia di facoltosi clienti nelle suite di alberghi di lusso oppure nella villa di un noto industriale. E soprattutto hanno confermato il ruolo di un «mediatore» che avrebbe aiutato Tarantini a organizzare le trasferte. Si chiama Max ed è l’uomo che gli ha presentato Patrizia. Nelle audiocassette che la donna ha consegnato due giorni fa, la voce di Max è stata registrata più volte. A metà ottobre 2008 fu lui a dirle che c’era una festa a Roma e poi la portò da Gianpaolo. L’accordo fu chiuso in meno di un’ora: «2.000 euro per una cena da Berlusconi», anche se poi Patrizia ne prese «soltanto 1.000 perché non ero rimasta». Max era ospite nella villa di Tarantini durante la vacanza in Sardegna nell’estate dello scorso anno e a metà agosto partecipò con lui alla cena per una sessantina di invitati a Villa Certosa. Portarono un gruppo di amici e lì trovarono Sabina Began, la donna ritenuta molto vicina al presidente del Consiglio che gli avrebbe presentato l’imprenditore barese. Un vorticoso giro di eventi mondani nel quale Patrizia è stata coinvolta e che adesso ha contribuito a svelare. «Sapevo che mi avrebbero accusata delle peggiori nefandezze — chiarisce — ma io sono inattaccabile perché ho sempre detto la verità e infatti Berlusconi non può negare le circostanze che ho rivelato. Io non sono in cerca di successo. Avevo soltanto chiesto un aiuto per finire la costruzione di quel residence. I ritardi mi hanno costretto a pagare un mutuo altissimo».

La donna — che il Pdl ha candidato alle elezioni comunali con la lista «La Puglia prima di tutto» — spiega che «tutti erano a conoscenza di quello che facevo per mantenere la mia famiglia, visto che da quando mio padre non c’è più sono io ad occuparmi di mia madre, oltre che di mia figlia. E se ho deciso di raccontare la verità l’ho fatto anche per loro. Ero stata chiamata dal magistrato e volevo che non ci fossero ombre. In questi mesi Tarantini mi ha chiesto più volte di tornare a Roma, gli ho detto di no perché il patto non era stato mantenuto. Lui sapeva che avevo le prove degli incontri e quando casa mia è stata svaligiata ho cominciato ad avere paura. Ho capito che non dovevo nascondere nulla di quanto era accaduto».

Fiorenza Sarzanini
24 giugno 2009

berlusconi_urlomunch_bis

°°° Se permettete, amici, tra una ragazza coraggiosa che ammette di fare un mestiere non proprio invidiato: pur sapendo di attirarsi contro le ire del farabutto più potente d’Italia, e uno dei più grandi cazzari della Storia del mondo… beh, mi sembra evidente che credo fino all’ultima virgola di ciò che dice Patrizia. Conosco sulla mia pelle i metodi di Mafiolo. Patrizia D’Addario svetta in questo confronto mille anni luce avanti. Il Cavaliere (de ‘stogazzo) è sempre più patetico: pensate che a un attacco del Guardian (uno dei più prestigiosi quotidiani del mondo) replica con un’intervistina fasulla a “Chi”… Questo è il livello, gente!

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“La sinistra mi odia”

Belpietro: “L’ex fidanzato di Noemi ha avuto una condanna”
E la campagna elettorale del Cavaliere procede in sordina
Berlusconi: “La sinistra mi odia”
Bondi attacca Repubblica a Ballarò
di GIANLUCA LUZI

ROMA – Da qualche giorno il Cavaliere furente evita il contatto con la folla. Insolito per lui e infatti, dopo un periodo di clausura costellato solo di interviste tv e sfoghi con i giornali amici, ha deciso di farsi vedere di nuovo in piazza. Stasera intanto, dopo l’incontro con Zapatero, sarà all’Olimpico per assistere alla finale di Champion’s. Poi, forte della sicurezza di avere con sé gli italiani, sarà venerdì all’Aquila, sabato alla Maddalena per controllare i lavori dopo lo spostamento del G8. Domenica andrà a Bari per un comizio e dopo la parata del 2 giugno ai Fori Imperiali potrebbe intervenire a qualche altra tappa elettorale a partire da Milano. Convinto che ci sia un’offensiva che mette in fila la sentenza Mills e il caso Noemi, Berlusconi si sfoga: “Ogni giorno mi stanno gettando del fango adosso, ma io sono sereno, vado avanti per la mia strada…”.

Di tutto il caso Noemi si è occupata ieri sera una infuocata puntata di Ballarò in cui il ministro Bondi ha attaccato aspramente il nostro giornale e il direttore di Panorama Maurizio Belpietro, polemizzando con il direttore di Repubblica Ezio Mauro, ha sostenuto che l’ex fidanzato di Noemi, Gino Flaminio, sarebbe stato condannato in passato a due anni e sei mesi. La strategia del premier scelta con il suo avvocato-deputato Niccolò Ghedini – che ieri è entrato a Palazzo Grazioli appena il premier è tornato da Arcore – è ormai consolidata: la sinistra allo sbando e a corto di argomenti si butta sul gossip “per inventare storie false, gettare fango. Tutta una messinscena per disarcionarmi”. Questo lo ha detto al telefono a un convegno di partito a Milano. E gli uomini della sinistra – ha rincarato la dose a un’emittente toscana – sono “politici professionisti che non sanno fare altro mestiere se non la politica e che quindi lo fanno non per gli altri ma per se stessi e sono malati di odio politico”.
……………………………………………………………………………….

°°° Il farabutto è lesso, cotto, finito. Noi tutti sappiamo che non direbbe una verità nemmeno in punto di morte, ma arrivare a partorire un vermetto da formaggio marcio, dopo tutti i brain storming durati due settimane con tutti i “geni” della sua cosca… è davvero sintomo di mesto tramonto definitivo. Poi, per carità: coi tg che oscurano i fatti e col fatto che i suoi elettori – mafie a parte – sono solamente dei poveri analfabeti che si cibano esclusivamente di tv, potrebbe anche arrivare al 40% dei voti. Che però sono sempre forte minoranza nel paese. Ancor più minoranza se si pensa ai carri armati impiegati contro cerbottane e freccette delle opposizioni. Sarà, ma è davvero triste riscontrare che ancora una volta – e ora più che mai – i suoi pappagallini per difenderlo sono stati costretti a scendere nell’abisso della comunicazione, utilizzando metodi da giallo di serie C mescolati coi soliti metodi mafiosi. Ma come si fa a parlare di Gino (l’ex di Noemi) come di un pericoloso rapinatore e con i toni inquisitori usati da belpietro e bondi? Ghedini, come ho sempre pensato, davanti a un avvocato vero, farebbe la misera figura del peracottaro che è. E questo è il migliore che Mafiolo ha… Infine, crede che dare dei “politici professionisti” agli uomini della sinistra sia un’offesa. E per lui lo è, visto che non sa un cazzo nemmeno di politica, visto che ha usato e usa la politica esclusivamente per non andare in galera.

berlus_cazzaro3

surreale

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