MANGERA’ IL PANETTONE?

Marco Damilano per “l’Espresso”

Sa, presidente, Gianni Letta è bravissimo. Mi costa poco meno di Kakà, ma pazienza… Era il 7 maggio, Silvio Berlusconi a colloquio con Giorgio Napolitano al Quirinale si ritrovava a magnificare al solito le qualità del suo sottosegretario: governante eccezionale e per di più, massima soddisfazione, suo dipendente.

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Un mese e mezzo fa, un tempo felice. Oggi Silvio e Gianni sono ancora insieme, ma separati da una invisibile cortina di sfiducia. Alle cene di palazzo Grazioli, il sottosegretario era abituato ad arrivare dopo le nove di sera e ad andarsene intorno alle undici, quando arrivavano le dame e cominciavano le danze.

Negli ultimi mesi, poi, ha deciso di non farsi vedere più neppure nella prima parte della serata: meglio essere prudenti, viste le compagnie non sempre degne di uno statista. Ma nessuno sembrava accorgersi della sua assenza: era ancora la stagione del Berlusconi onnipotente, padrone d’Italia, con il gradimento del 75 per cento degli italiani, almeno nei suoi sondaggi.

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Oggi invece al primo piano di palazzo Grazioli sventola un moscio tricolore, Apicella non suona più, Berlusconi si ritrova in perfetta solitudine nel momento più difficile della sua avventura politica e umana. È un leader politico sotto ricatto, diffidente perfino nei confronti degli amici di sempre, con la corte dei nuovi favoriti pronta a soffiare sul fuoco per scalare posizioni: il deputato-interprete Valentino Valentini, il deputato-segretario Sestino Giacomoni, il deputato-avvocato Niccolò Ghedini. Un uomo sotto assedio, che vede spegnersi la tradizionale buona sorte, l’ottimismo, “il sole in tasca”.

“Si è trasformato in un Re Mida all’incontrario: quello che tocca sporca”, lo dipinge con ferocia chi gli è stato vicino per anni e ora non se la sente più di seguirlo. Dopo aver infilzato a lungo un avversario dopo l’altro, il Cavaliere per la prima volta si sente preda di una caccia grossa, dove sono in tanti a voler sparare il colpo di grazia.

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Nella stretta cerchia dei berluscones le voci si rincorrono. Complotti interni e internazionali: i servizi italiani e il prefetto Gianni De Gennaro (“sciocchezze”, replica un sottile conoscitore dell’ambiente: “Branciforte è una brava persona, Piccirillo è un servitore dello Stato, De Gennaro non ha grandi poteri”), anzi no, la Cia, Barack Obama che si vuole sbarazzare del leader italiano, troppo amico dei russi, scenari alla Ken Follett agitati da un esperto del ramo, Francesco Cossiga. I poteri forti: Berlusconi ha pestato i piedi alle banche, Cesare Geronzi si vendica. Luca Cordero di Montezemolo scalda i motori con l’associazione Italia Futura, pronta a partire il 1 luglio.

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Fantasmi, come quello di una giovane misteriosamente scomparsa dalle parti di villa Certosa. Assurdo? Certo: ma a invocare Wilma Montesi, la ragazza ritrovata morta sulla spiaggia di Capocotta negli anni Cinquanta, è un ministro in carica, Gianfranco Rotondi.

Lo spettro di un 25 luglio berlusconiano: “Alla caduta del Duce ci fu un solo suicida, il direttore dell’agenzia Stefani Manlio Morgagni, oggi chi potrebbe imitarlo? Sandro Bondi?”, scherza macabro un deputato di An.

E le previsioni catastrofiche sul G8 dell’Aquila che avrebbe dovuto consacrare la figura internazionale del Cavaliere: ecco invece le voci di capi di Stato che vorrebbero evitare di farsi fotografare con il premier. E le first ladies che potrebbero disertare l’evento. Anche se, a spaventare davvero il Cavaliere, sono incubi molto più consistenti: l’inchiesta di Bari, i contatti tra l’amico del premier Giampaolo Tarantini e il capo della protezione civile Guido Bertolaso, fronti che potrebbero aprirsi in altre procure, da Firenze a Napoli.

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“Dobbiamo tornare a fare politica. Possiamo finire in molti modi, ma non così”, si dispera fino alle lacrime su un divano del Transatlantico la deputata Beatrice Lorenzin, pasionaria azzurra che è arrivata a Montecitorio dalla militanza nelle borgate romane, il contrario della velina. Non può finire così: con l’inedito duello Silvio-Patrizia, lui sull’house organ ‘Chi’ che da vero signore si vanta di non aver pagato una donna (“non sarebbe una conquista”), lei, la sdoganatrice del termine escort, che lo smentisce via agenzia.

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Con la fila delle ragazze che ostentano farfalline e tartarughe, ognuna con il suo regalino da esibire e una indimenticabile serata con Papi da raccontare. Con l’Italia mai così screditata a livello internazionale, come dimostra il flop della candidatura del ciellino Mario Mauro alla presidenza del Parlamento europeo. Berlusconi ne aveva parlato per tutta la campagna elettorale, il settimanale ‘Tempi’ gli aveva già dedicato la copertina (“Il Presidente”), niente da fare, anche Mauro ha pagato la vicinanza a Silvio, il re Mida all’incontrario.

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La caduta è stata appena bloccata dalla vittoria del centrodestra al ballottaggio per la provincia di Milano, per soli quattromila voti, però, e con il centrosinistra che ha superato la coalizione Pdl-Lega in città. Ma il tritacarne si è rimesso subito in azione. Alimentato dalle ambizioni personali dei tanti che fiutano l’odore dell’animale ferito, la precoce fine del berlusconismo, se non ancora di Berlusconi, dopo appena un anno di legislatura, reclamano il loro pezzetto di eredità, si preparano al dopo. Il più rapido a farsi avanti è stato il ministro Claudio Scajola, con un’intervista al ‘Corriere’.

In apparenza di solidarietà con il premier, in realtà carica di richieste e di condizioni. La più pressante: “Rilanciare il Pdl strutturandosi meglio sul territorio”. Quando hanno letto queste parole in via dell’Umiltà hanno sospirato: “Ci risiamo. Berlusconi è in difficoltà e Claudio si candida alla guida del partito…”. Lo scontento dei parlamentari verso il triumvirato che guida il Pdl non si può più arginare. I due ex Forza Italia, Bondi e Denis Verdini, entrambi toscani di Fivizzano, ex vicini di casa a Roma, in piazza dell’Ara Coeli, non si parlano più, alle riunioni se c’è uno manca l’altro.

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Il terzo del trio, il post-missino Ignazio La Russa, è sbeffeggiato quotidianamente dagli amici di An. “I triumviri o quadriumviri hanno sempre fatto una brutta fine: ai tempi di Mussolini uno è caduto dall’aereo, uno è stato fucilato, un altro è diventato partigiano. Tutte cose che non auguro a La Russa”, ridacchia l’ex capo della segreteria di Gianfranco Fini Donato Lamorte. Di certo, il Pdl, il primo partito italiano, si è rivelato più permeabile di palazzo Grazioli: porte girevoli, gente che va gente e che viene, candidature imbarazzanti, nomi arrivati nelle liste per le elezioni europee o amministrative senza nessuna trafila o competenza.

E a immolarsi per difendere il leader-fondatore dalle accuse delle escort sono rimasti il solito Daniele Capezzone e la coppia dei Beni culturali, il ministro Bondi e il sottosegretario Francesco Giro, il bunker del Collegio romano, li chiamano nel partito. Così in tanti invocano un cambio di rotta immediato: un segretario organizzativo al posto di Verdini-Bondi-La Russa da nominare subito, entro l’estate, una macchina da guerra da mettere in campo subito, per non farsi cogliere impreparati quando arriverà il terremoto politico più sconvolgente degli ultimi anni.

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Le prossime settimane, infatti, decideranno il futuro di Berlusconi. Prima il G8, ad alto rischio flop. Poi le leggi più delicate da varare entro la pausa estiva, a partire da quella sulle intercettazioni approvata dalla Camera e ora in discussione al Senato. Infine, il passaggio più a rischio, la sentenza della Corte costituzionale sul lodo Alfano che impedisce i procedimenti a carico del premier fino alla scadenza del mandato: una bocciatura della Consulta sarebbe letale per il Cavaliere, in una maggioranza dove ognuno gioca la sua partita, come se la legislatura fosse al capolinea e non all’inizio.

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C’è il presidente della Camera Gianfranco Fini, sempre più compreso nel suo ruolo istituzionale. Pronto a passare da un convegno sul parlamentarismo con la tedesca fondazione Adenauer a un incontro a Madrid con il think tank dell’ex premier Josè Maria Aznar, dalla benedizione per l’associazione ‘Italia Decide’ presieduta da Luciano Violante al lavoro sul ‘patriottismo costituzionale’, tra frasi di Habermas, Daherendorf, Piero Calamandrei, Giuseppe Mazzini e Rousseau: “La patria non esiste senza virtù”. Citazione perfetta per un aspirante inquilino del Quirinale, soprattutto ora che il candidato naturale, Berlusconi, su vizi e virtù manifesta qualche segnale di evidente confusione.

Con i suoi interlocutori il presidente della Camera giura di non essere disponibile per eventuali governi istituzionali, in caso di caduta di Berlusconi: la sua strada lo porta verso il Colle più alto, ogni deviazione rischia di allontanarlo dall’obiettivo. Per questo, segretamente, tifa perché Berlusconi resista ancora un po’ al suo posto: un premier ferito, azzoppato, per mandare avanti la legislatura di qualche anno. Non a caso, dopo la polemica sulle veline in lista che provocò la reazione della signora Veronica Berlusconi, il sito della fondazione finiana Fare Futuro è rimasto silenzioso: meglio non infierire ora che il risultato di far precipitare Silvio tra i comuni mortali è stato raggiunto. Mentre l’ex sdoganato Fini, al contrario, sta ascendendo tra i padri della patria.

Silenzio condiviso dall’altro big della maggioranza, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Non ha speso una parola per difendere Silvio. È toccato a un amico, un deputato veneto del Pd, raccogliere il suo sfogo nell’emiciclo di Montecitorio: “Mi parli di federalismo? Ma non vedi che qui sta crollando tutto…”. E in pochi ricordano che la rottura con Berlusconi si è consumata non sulla politica economica, ma su un terreno più politico.

Durante la seduta del Consiglio dei ministri chiamato ad approvare il decreto che avrebbe imposto l’alimentazione a Eluana Englaro, lo scorso gennaio, Tremonti fu l’unico ministro a mettere in guardia sulle conseguenze del provvedimento: “Attenzione, se Napolitano non firma il decreto andiamo dritti allo scontro istitzionale”. Berlusconi non gradì per niente, e da allora Tremonti è entrato nella lista nera dei potenziali traditori. Ma anche in testa ai possibili candidati per la guida di un governo di emergenza nazionale in caso di caduta di Berlusconi, con l’appoggio di Massimo D’Alema e del Pd.

Il favorito a Palazzo Chigi, se la situazione dovesse precipitare, resta però l’attuale sottosegretario Gianni Letta. L’unico in grado di garantire la tregua tra i poteri dello Stato dopo un cataclisma di tale portata. Non a caso Sua Eminenza da Avezzano è finito sotto gli attacchi neppure tanto velati di una parte del Pdl. Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello ne hanno chiesto l’audizione al comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti come responsabile politico dell’intelligence e dunque della sicurezza e della privacy del premier.

“Letta è troppo istituzionale per occuparsi di servizi segreti, qui siamo in guerra, serve un personaggio che abbia la mentalità del militare”, detta un falco ex Forza Italia, esponente della corrente che spinge Berlusconi verso la linea dura e vorrebbe bloccare la strada verso un eventuale governo delle larghe intese, presieduto dallo stesso Letta. Ma sulla reazione allo scandalo delle escort, per la prima volta, gli azzurri appaiono spaccati. Il dopo-Berlusconi non è un tabù, neppure nel Pdl.

C’è chi se la prende con i più scalmanati del governo: “Ministri come Sacconi o Brunetta che in tempi di crisi invocano la spaccatura con i sindacati. Gente che ha i glutei al posto della testa”. E c’è chi invoca il ritorno dei vecchi saggi, i padri nobili, i Pisanu, i Martino, i Pera, da affiancare a Berlusconi: una specie di cordone sanitario, un collegio di badanti per il premier sull’orlo di una crisi di nervi.

Sulla capacità di tenuta di Berlusconi di fronte alla raffica di inchieste, rivelazioni, interviste, memoriali, fotografie, aspiranti ragazze immagine, trans, slave vestite da babbonataline e altri colpi di scena (“la coca, quella no!”, giura un forzista della prima ora, forse per darsi coraggio) si regge la possibilità della legislatura di proseguire. La minaccia di riportare il Paese alle elezioni anticipate, per l’ennesima ordalia, il referendum pro o contro Berlusconi, è sempre sul tavolo, un copione già ripetuto con successo in altre occasioni.

La Lega di Umberto Bossi lo spinge a sfidare i nemici, sicura di sopravvivere al cataclisma, una parte del Pdl lo invita a dare la caccia al traditore interno. Ma il Cavaliere sembra colto da un’improvvisa esitazione, da una malinconia. L’effetto che fanno le luci che si spengono al termine di una festa, come quelle che allietavano il premier al primo piano di palazzo Grazioli. Un’atmosfera deprimente da spettacolo concluso, uno show che si interrompe all’improvviso, un’emozione spezzata. Ma il timore di Silvio è che ora la giostra possa finire anche a palazzo Chigi.

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AGGHIACCIANTE

Mandato ai legali dopo le frasi del primo giugno al convegno di Santa Margherita Ligure
Parlò di “trama eversiva” e disse agli industriali di non dare pubblicità ai “media catastrofisti”
Accuse di “eversione” e “niente pubblicità”

Il gruppo Espresso querela Berlusconi
Il Cavaliere: “Non tengono vergogna”. E insiste: “Giusto non dargli pubblicità”

vecchio

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Se permettete…

E ora la procura indaga
anche sulle feste a Cortina
«Undici anni fa mio padre si è ucciso perché non riusciva a portare a termine il progetto del residence»

Patrizia D’Addario (Rocco De Benedictis)
PATRIZIA D'ADDARIO

BARI — La replica di Patrizia D’Addario all’accusa del premier di essere stata «mandata e retribuita» è secca: «Smentisco che ciò sia accaduto. Qualora l’onorevole Berlusconi sia in possesso della minima prova a sostegno della sua affermazione, lo invito a volerla trasmettere all’autorità giudiziaria. Se così non fosse vorrei pregarlo di astenersi da simili affermazioni». Reagisce duro la donna. Dopo essere rimasta «blindata» per una settimana, consapevole che ogni sua mossa sarebbe stata controllata e analizzata parla per rispondere «a frasi infamanti». E la rabbia monta «perché le altre si spacciano per ragazze-immagine e prendono soldi, mentre io che ho soltanto raccontato la verità vengo massacrata». C’è soprattutto un punto che Patrizia ribadisce: «Non sono stata io a presentare una denuncia. Il magistrato mi ha convocata perché voleva sapere che rapporti avessi con Gianpaolo e se lui mi avesse portata a palazzo Grazioli. È stato in quel momento che ho deciso di ammettere quanto appariva già evidente».

Il pubblico ministero aveva infatti ascoltato centinaia di conversazioni telefoniche dell’imprenditore barese che ingaggiava squillo da portare a feste e vacanze a Roma e a Villa Certosa in Sardegna. E lei, che in quei colloqui compare spesso, è stata chiamata come testimone. Non nega Patrizia di aver maturato in questi mesi risentimento nei confronti del premier «ma solo perché sono stata ingannata. La seconda volta che l’ho visto, quando ho trascorso la notte con lui, non ho preso soldi: mi sono fidata della sua promessa di aiutarmi a costruire il residence sul terreno della mia famiglia. È il cruccio della mia vita perché mio padre si è ucciso quando ha capito che non sarebbe riuscito a portare a termine quel progetto. Ci aveva investito tutti i suoi soldi, pur di realizzarlo aveva accumulato debiti. Undici anni fa, quando era ormai sull’orlo del fallimento, si è suicidato».

L’inchiesta della Procura di Bari va avanti e trova nuove conferme. Alcune ragazze hanno ammesso quanto emergeva già dalle intercettazioni: fine settimana trascorsi a Cortina in compagnia di facoltosi clienti nelle suite di alberghi di lusso oppure nella villa di un noto industriale. E soprattutto hanno confermato il ruolo di un «mediatore» che avrebbe aiutato Tarantini a organizzare le trasferte. Si chiama Max ed è l’uomo che gli ha presentato Patrizia. Nelle audiocassette che la donna ha consegnato due giorni fa, la voce di Max è stata registrata più volte. A metà ottobre 2008 fu lui a dirle che c’era una festa a Roma e poi la portò da Gianpaolo. L’accordo fu chiuso in meno di un’ora: «2.000 euro per una cena da Berlusconi», anche se poi Patrizia ne prese «soltanto 1.000 perché non ero rimasta». Max era ospite nella villa di Tarantini durante la vacanza in Sardegna nell’estate dello scorso anno e a metà agosto partecipò con lui alla cena per una sessantina di invitati a Villa Certosa. Portarono un gruppo di amici e lì trovarono Sabina Began, la donna ritenuta molto vicina al presidente del Consiglio che gli avrebbe presentato l’imprenditore barese. Un vorticoso giro di eventi mondani nel quale Patrizia è stata coinvolta e che adesso ha contribuito a svelare. «Sapevo che mi avrebbero accusata delle peggiori nefandezze — chiarisce — ma io sono inattaccabile perché ho sempre detto la verità e infatti Berlusconi non può negare le circostanze che ho rivelato. Io non sono in cerca di successo. Avevo soltanto chiesto un aiuto per finire la costruzione di quel residence. I ritardi mi hanno costretto a pagare un mutuo altissimo».

La donna — che il Pdl ha candidato alle elezioni comunali con la lista «La Puglia prima di tutto» — spiega che «tutti erano a conoscenza di quello che facevo per mantenere la mia famiglia, visto che da quando mio padre non c’è più sono io ad occuparmi di mia madre, oltre che di mia figlia. E se ho deciso di raccontare la verità l’ho fatto anche per loro. Ero stata chiamata dal magistrato e volevo che non ci fossero ombre. In questi mesi Tarantini mi ha chiesto più volte di tornare a Roma, gli ho detto di no perché il patto non era stato mantenuto. Lui sapeva che avevo le prove degli incontri e quando casa mia è stata svaligiata ho cominciato ad avere paura. Ho capito che non dovevo nascondere nulla di quanto era accaduto».

Fiorenza Sarzanini
24 giugno 2009

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°°° Se permettete, amici, tra una ragazza coraggiosa che ammette di fare un mestiere non proprio invidiato: pur sapendo di attirarsi contro le ire del farabutto più potente d’Italia, e uno dei più grandi cazzari della Storia del mondo… beh, mi sembra evidente che credo fino all’ultima virgola di ciò che dice Patrizia. Conosco sulla mia pelle i metodi di Mafiolo. Patrizia D’Addario svetta in questo confronto mille anni luce avanti. Il Cavaliere (de ‘stogazzo) è sempre più patetico: pensate che a un attacco del Guardian (uno dei più prestigiosi quotidiani del mondo) replica con un’intervistina fasulla a “Chi”… Questo è il livello, gente!

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ma guarda cos’ho trovato

Robina vecchia anche di 35 anni, ma sempre buona. Specialmente rispetto a quello che si sente oggiPerché non ci sono quelle politiche?

http://it.wikiquote.org/wiki/Lucio_Salis

Aforismi di Lucio Salis (1947 – vivente), cabarettista italiano.

* Ma toglietemi una curiosità: è vero che qui in continente ci mettete la panna sopra le fragole? Perché noi a Santa Giusta se non ci mettiamo il letame col cavolo che crescono! [1]

* Blocchi di ghiaccio dal cielo, non sarà il Polo che perde i pezzi?
* Cadendo da quell’aereo tu salisti in cielo.
* Cicciolina, quando era in Parlamento, non aveva peli sulla lingua… e quei pochi che aveva non erano neppure suoi!
* Craxi è morto: sono i milioni che se ne vanno…
* Emilio Fede si è comprato una bambola di gomma. A sua moglie ha detto che gli serve per cancellare…
* Epitaffio sulla lapide di uno morto dopo aver usato una pillola di Viagra: “Come è venuto se ne è andato”.
* Era così umida quella casa che i mobili erano rosicchiati dalle anguille.
* Eravamo poveri, ma così poveri, che mio nonno aveva un pezzo di terra e non la lavorava nemmeno: la mangiava così com’era!
* Il Tirreno pieno di catrame? Ma è così perché non l’hanno ancora finito. Quando sarà tutto asfaltato, potremo andare in continente in macchina.
* Lo sai come si chiamano gli abitanti di Santa Giusta? Gavino Marroccu, Anna Pirastu, Bachisio Mureddu…
* Mia moglie è andata da un celebre dietologo; in due mesi ha perso 300.000 lire.
* Mio nonno ha 93 anni e vuole cambiare sesso. No, non nel senso di Amanda Lear, nel senso che ne vuole uno più nuovo.
* Mio nonno mi diceva sempre che noi sardi non siamo sottosviluppati. Siamo sviluppati sotto!
* Ogni mattina mi sveglio e tocco duecento volte le punte delle mie scarpe. Poi mi alzo dal letto e me le infilo.

lu

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Frasi marito

Frasi marito

1) Certo che te la bacio, anche se manca l’acqua da due giorni.
2) Sei sicura che non vuoi invitare tua mamma a stare due settimane da noi?
3) Mi sto annoiando, Dài, dammi i piedi che te li massaggio finché non finisce il film.
4) Che fai, non vai a giocare a canasta dalle tue amiche?
5) (durante un 69) Wow! Che bella scorreggia, sai anche ruttare?
6) Ho deciso che d’ora in poi, oltre a lavarmi le mani così spesso, mi laverò anche i piedi e le ascelle.
7) Sei così sexy con tutta quella cellulite, la panza che ti copre le mutande e una calza su e una giù.
8) Oggi niente partita di coppa: andiamo in giro a fare shopping e pago tutto io.
9) Perché, invece che guardare filmini porno e fare foto sexy, non andiamo tutte le sere in chiesa?
10) Ti piacerebbe che invitassi il ragazzo della macelleria e vi lasciassi soli per tutto il week-end?

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Lo squallore del mafionano

Bugie e domande senza risposta
di GIUSEPPE D’AVANZO

C’È IN giro una semplificata idea di democrazia. “Le regole del gioco in una democrazia decente sono chiare: ciascuno dice la sua”. Memorabile e coerente perché è appunto questo che abbiamo nelle orecchie, a proposito di Silvio, Veronica e le altre.

Slogan demagogici (tra moglie e marito…); frasi fatte (i panni sporchi si lavano in famiglia); chiacchiericcio (la vicenda è privata). Dire democrazia, questo frastuono, pare un azzardo. E’ rumore che ogni cosa confonde. E’ un dispositivo che distrugge la realtà nell’immagine riflessa del contenitore vuoto dei media. L’operazione non è senza conseguenze perché “il falso indiscutibile” prima cancella l’opinione pubblica che diventa incapace di farsi sentire; poi anche solo di formarsi. C’è chi in questo andazzo ci sta come il topo nel formaggio o perché ha già conquistato il suo posticino a corte o perché spera di conquistarlo al prossimo turno o perché, più umanamente, non ha voglia di darsi il coraggio necessario per chiedere di non essere preso per il naso, almeno. Sarà anche legittimo non farselo piacere l’andazzo, no? Sarà ancora legittimo credere ancora che la realtà esista o che la rimozione non aiuta a guarire le nevrosi – siano esse di un individuo o di una società. E’ ancora legittima, per questa destra nichilista, l’esistenza di chi crede che negare la verità significa sempre negare dei fatti e quindi concedergli di conoscerli? Si potrà forse acconsentire che un principio della cultura dominante (Lietkultur) dell’Occidente europeo e liberale è l'”uso pubblico della ragione”. Allora, diciamo che è in nome della ragione o, senza esagerare, di una mediocre ragionevolezza che si può chiedere a Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, di inventare meglio la frottola perché così come ce la offre è troppo taroccata per crederla vera. Dovunque la sfiori, suona falsa.

E’ in cerca di risposta qualche domanda: Berlusconi “frequenta minorenni”, come sostiene Veronica Lario quando si convince a divorziare? Che rapporto, negli anni, Berlusconi ha intrattenuto con Noemi Letizia, 18 anni il 26 di aprile? In quale clima psichico vive il premier? “Ha bisogno di aiuto perché non sta bene”, come sostiene preoccupata sua moglie? La febbre o l’inclinazione psicopatologica che lo accalda può definirsi, come hanno scritto il Riformista e l’Unità senza ricevere smentite, un’impotente satiriasi o sexual addiction sfogata in “spettacolini” affollati di escort e “farfalline” tra materassi extralarge in quel palazzo Grazioli, impernacchiato di tricolore, dove si decidono le politiche del Paese? E, per ultimo ma non ultimo – perché questione politica per eccellenza – può essere, per dirla con le parole di Veronica Lario, “il divertimento dell’imperatore”, questo “ciarpame senza pudore in nome del potere”, a selezionare le classe dirigenti, a decidere della rappresentanza politica? Non emerge oggi “attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile (ancora la Lario) la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte le donne soprattutto di quelle che sono state sempre in prima linea e che ancora lo sono, a tutela dei loro diritti”?

Abituato a scriversi in solitudine l’agenda dell’attenzione pubblica, assuefatto a dettare il menabò dell’informazione scritta e televisiva, Berlusconi barcolla quando lo assale l’imprevisto e non ha il copione scritto. Bersaglio delle critiche al “velinismo in politica” di Sofia Ventura, politologa di Fare Futuro, sorpreso a festeggiare a Casoria, Napoli, una diciottenne, Berlusconi da Varsavia improvvisa e sbaglia le sue mosse. Dice che non ha mai pensato a sistemare “veline” (escluse a sorpresa e in gran fretta, una miss Veneto, una “meteorina” di Retequattro lo smentiscono mentre tacciono deluse una “rossa” del Grande Fratello, una valletta Mediaset, un star di “Incantesimo”, un'”Elisa di Rivombrosa”). Dice che Noemi è soltanto “la figlia di un vecchio amico, ex autista di Craxi” (lo smentiscono Bobo Craxi e Giulio Di Donato, vicesegretario del Psi e per di più un napoletano che dovrebbe conoscere l’autista napoletano del segretario). Dice che si tratta di un “tranello mediatico” in cui è caduta anche “la signora”, cioè sua moglie. Trappola di chi? Di Fare Futuro, think tank di Gianfranco Fini? La teoria del complotto non fa molta strada, è buona soltanto per babbei e turiferari. Muore lì.

Tornato in Italia da Varsavia, Berlusconi guadagna qualche ora per rimettere insieme e meglio i cocci della sua storia. Che, sulla scena gregaria di Porta a Porta, diventa questa. “E’ una menzogna che frequento minorenni. Il padre della ragazza mi ha chiamato perché voleva un appuntamento con me per parlarmi delle candidature nel sud di Franco Malvano e Flavio Martusciello. E’ stata soltanto Repubblica a sottendere la frequentazione della ragazza”. La favola è scritta male, può contare – per essere accettata – soltanto su una pulsione servile. E’ stata Noemi, che lo chiama “papi”, a raccontare come sono andate le cose in questi anni. “Papi mi ha allevata. Non mi ha fatto mai mancare le sue attenzioni. Un anno, ricordo, mi ha regalato un diamantino; un’altra volta, una collanina. Domenica, una collana d’oro con un ciondolo. Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo a Milano, a Roma. Resto ad ascoltarlo. E’ questo che lui desidera da me. Poi cantiamo assieme. No, non mi candiderò alle prossime regionali. Preferisco candidarmi alla Camera. Ci penserà papi Silvio”. Di questi incontri e promesse, Berlusconi non parla. Lascia pubblicare a un periodico della Casa le foto della festa di Casoria. E che c’entrano? Mica Veronica Lario lo ha accusato di atti osceni in luogo pubblico? La strategia di Berlusconi è nota, e le foto la confermano. Non confuta, ma distrae. Non offre alcun certo punto di riferimento per orientarsi nella polemica, ma disintegra nel rumore quel che poco che si sa nella convinzione che, presto, affiorerà la consueta “indifferenza per come stanno davvero le cose”.

La fanfaluca (“non frequento minorenni”) non regge nemmeno se la si verifica, diciamo così, dal lato del padre di Noemi, Benedetto Letizia. E’ lui, Benedetto, il “contatto” tutto politico di Berlusconi? L’uomo, commesso in municipio, dovrebbe essere un influente esponente del Popolo della Libertà meridionale se il presidente del Consiglio discute con lui, proprio con lui e solo con lui senza intermediari, le candidature europee. Purtroppo nel Popolo della Libertà nessuno conosce Benedetto Letizia. Ignorano chi sia Benedetto anche Franco Malvano e Flavio Martusciello. Il primo è stato questore di Napoli e, investito da Berlusconi, candidato sindaco di Napoli. Il secondo è il fratello di Antonio Martusciello, dirigente di Publitalia prima di entrare nella task force di Marcello Dell’Utri che creò Forza Italia, diventato parlamentare e anche viceministro dei Beni culturali. Un buon veicolo, il fratello, per raggiungere il Capo. E’ ragionevole credere che se i due avessero voluto discutere delle loro candidature si sarebbero rivolti direttamente a Berlusconi e non ai buoni uffici di un commesso del Comune che nel PdL non si è mai visto. Berlusconi ammette di aver incontrato la ragazza in qualche occasione, ma sempre alla presenza dei genitori. Né la madre né il padre di Noemi hanno mai parlato di incontri a Milano o a Roma con Berlusconi. Si può scommettere qualche euro che lo faranno nei prossimi giorni. Se si sbriciolano tutti gli argomenti preparati per smentire gli incontri con una minorenne (tre regali, tre compleanni vuol dire che Noemi incontra Berlusconi da quando aveva sedici anni e lo ha conosciuto quindicenne), è più assennato credere alle parole inquiete di Veronica Lario: è vero, il presidente del Consiglio frequenta minorenni che “magari” fossero sue figlie segrete. Trascuriamo le ricostruzioni degli “spettacolini” e gli “accappatoi di un bianco che quasi abbaglia” e il vigore ritrovato con un misterioso “farmaco che si inietta”, assunto ormai “fuori da ogni controllo medico”. Abbandoniamo queste scene tra le cose dette e mai contraddette perché è ben più critico (o molto coerente) che la questione politica, sollevata all’inizio di questa storia da due donne, Sofia Ventura e Veronica Lario, sia stata affrontata soltanto da altre donne (Aspesi, Bindi, Bonino, Spinelli, Dominijanni) nel raggelante silenzio dell’élite nazionale come se questa “valorizzazione” delle donne non riducesse “la loro libertà a libertà di mostrarsi in tv e offrirsi come gadget al circuito del potere” o a un dominio proprietario e “spettacolare”. Sembra che soltanto le donne abbiano capito che quest’ambigua, violenta atmosfera che consente di ridicolizzare le loro storie e il loro destino, tra sghignazzi, ironie e magari qualche “palpatina di classe”, educa “la gente per bene ad abituarsi ad ascoltare cose che, nel passato, sarebbe stata orripilata di pensare e alle quali non sarebbe stata concessa pubblica espressione”. O alcun “uso pubblico della ragione”.


°°° Aggiungo soltanto una cosa… ma può un povero “messo comunale” abbandonare il lavoro quando e come gli pare, ogni volta che sua figlia minorenne viene pervasa dalla fregola di andare a Roma o a Milano o in Sardegna a solleticare un vecchio viscido e impotente? Insomma: se Noemi era accompagnata dal padre nelle sue scorribande pedofile, costui è uno che RUBA LO STIPENDIO, altrimenti IL PADRE NON C’ERA. Perché?

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L’INGENUA SEDICENNE NOEMI

noemi

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Flavia vento

La fascistella dai begli occhi parla delle “veline” della sinistra e nomina flavia vento… Era candidata con Mastella, MASTELCARD, mica con la sinistra! E poi: “le veline che Berlusconi ha candidato “conoscono varie lingue”?! SEMMAI L’USO DELLA LINGUA! Ma se non conoscono nemmeno l’italiano!!! Come il loro magnaccia. Vorrei ricordare alcune perle di Mafiolo: “Romolo e Remolo…Mi saluti papà Cervi… e noi corravAmo incontro a papà… e insieme andEvamo ad abbracciare la mamma…” Frasi ripetute più volte in tv e quindi non “incidentali”.
Ghedini che si arrapica sugli specchi… è pagato (DA NOI) per difendere l’indifendibile: il culo del suo proprietario.

b-porc11

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