L’ex servo Romani, spacciato per ministro. Se non son ladri…

Romani, bolletta del cellulare da 5mila euro in due mesi. Paga il Comune di Monza

di Olga Fassina

La spesa esorbitante scovata da un giornale locale. Al numero di telefonino, per di più, non risponde l’assessore ed ex ministro di Berlusconi, ma sua figlia. In arrivo verifiche della corte dei conti

Paolo Romani

Chiamate, connessioni a internet e sms per cifre «stratosferiche» che finivano sui conti del Comune di Monza, generate dal cellulare comunale in uso a Paolo Romani, ma in realtà gestito dalla figlia dell’ex ministro. Uno scandalo emerso stamattina che rischia di mettere in serio imbarazzo il fedelissimo di Silvio Berlusconi. A Monza, nella sua roccaforte, dove Romani è ancora assessore all’Expo, il dirigente pidiellino si fa vedere sempre poco. Ha intensificato le visite solo negli ultimi due mesi per via delle elezioni amministrative alle porte di cui si deve occupare per mandato dell’ex premier.

Non si è fatto vedere in Giunta che una volta e in Consiglio comunale non ci mette piede da anni. Nemmeno il tentativo di far

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Le toghe nere e le zoccole del mafionano: Bari

La partita che si gioca a Bari non riguarda la posizione penale di Tarantini ma il destino delle sue intercettazioni. Nel fascicolo ci sono decine di telefonate con il premier e le sue ragazze. Oggi sono segrete ma – dopo la chiusura dell’inchiesta – potrebbero finire sui giornali, imbarazzando certamente il premier ma anche chi ha mantenuto la sordina allo scandalo per due anni.

Alice-Frosinone

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Il padrone di Minchiolini con le sue telefonate a cazzo INVADE LE APERTURE DEL TG1 DELLE 20

Denise Pardo per “L’Espresso” in edicola domani

Il telefono, la sua voce, il Tg1. L’ultima incredibile frontiera o diabolica invenzione, o spudorato escamotage della comunicazione unica, nel senso del senso (unico), del presidente del Consiglio è il martellante inserimento delle sue telefonate nell’edizione delle 20 del tg più importante della Rai.

SILVIO BERLUSCONI GABRIELLA GIANMANCO AUGUSTO MINZOLIN

Secondo la ricerca curata dall’onorevole Pd Paolo Gentiloni, ex ministro per le Comunicazioni, e dal suo staff, negli ultimi cinque mesi, nel giornale firmato da Augusto Minzolini, le chiamate di Silvio Berlusconi vengono considerate avvenimento così clamoroso da diventare addirittura l’apertura. Ora, che il premier sia un utilizzatore smodato, imprudente e

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Oggi le comiche

Tentato colpo di spugna sulla concussione Ue. Li Gotti: “Quale eurodeputato state cercando di graziare?”
L’Osce: “Il ddl sugli ascolti non rispetta gli standard internazionali sulla libertà di stampa”
Prostituzione, la legge slitta a ottobre
Sicurezza e intercettazioni, ingorgo al Senato

di LIANA MILELLA

ROMA – Rinviato a dopo l’estate. Doveva essere uno dei fiori all’occhiello del governo Berlusconi, sicuramente del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna, che in questi mesi ne ha chiesto a gran voce una celere approvazione. Ma ora il ddl sulla prostituzione, che prevede il carcere per il cliente che va con una lucciola in luoghi pubblici, è divenuto fonte di profondo imbarazzo per la maggioranza, al punto da dovergli staccare l’etichetta “urgente” e sostituirla con un bel rinvio. Tutta colpa dell’ormai famosa (e infelice) definizione di Niccolò Ghedini su Berlusconi “utilizzatore finale” delle escort baresi. Dunque un cliente anche lui, seppure in luoghi chiusi, quindi non punibile.

Ma come si fa a discutere di un simile tema giusto in questi giorni? E mentre l’ex pm, e ora esponente Pd Felice Casson, preannuncia emendamenti sull’utilizzatore? Alla commissione Giustizia del Senato pure il presidente Filippo Berselli, che un anno fa voleva introdurre il foglio di via obbligatorio per le squillo, deve soprassedere. Mentre tra i banchi si svolge un ameno siparietto. Un senatore Pdl, con un sorriso sornione, dice a uno dell’opposizione: “Ma ti pare che adesso possiamo discutere delle norme della Carfagna?”.

Ufficialmente è colpa dell’ingorgo in commissione dove si ritrovano assieme ddl prostituzione, ddl sicurezza, ddl intercettazioni, ddl processo penale. A Berselli il presidente del Senato Schifani ed emissari del governo hanno chiesto di dare corsia preferenziale a sicurezza e ascolti, in coda il resto, a partire dalle norme anti-utilizzatori. Con due risultati. Via dibattiti a rischio per i facili doppi sensi, subito la sicurezza (in aula la prossima settimana forse con la fiducia) perché la Lega scalpita; a seguire gli ascolti, col governo che segue gli sviluppi del Bari-gate pronto a emendare il testo. Che comunque, lo confermano i senatori ex magistrati, sarà subito applicabile, ad esempio trasferendo un pm che parla del processo o che viene denunciato da un indagato, o bloccando l’uso delle telefonate di un’inchiesta per aprirne un’altra. Una legge bavaglio, che taglia le unghie ai pm (anche se il Guardasiglli Alfano lo nega), che fa dire a Miklos Haraszti, relatore per i media dell’Osce: “Non corrisponde agli standard internazionali sulla libertà si stampa”.

Tra giustizia e sicurezza sarà un luglio di fuoco. E se n’è avuta un’anticipazione ieri quando il governo, con l’ennesimo colpo di mano, ha cercato di emendare pure la legge (presentata da Casson e Luigi Li Gotti dell’Idv) che ratifica la convenzione Onu sulla corruzione vecchia del 2003. Sorpresa: ecco la richiesta di approvare una nuova versione dell’articolo 322bis del codice penale che disciplina corruzione, concussione, peculato commessi da europarlamentari o funzionari Ue, cancellando la concussione.

Martedì sera se ne accorge Casson che subemenda il testo, in aula grida Li Gotti: “Quale eurodeputato state cercando di graziare?”. Casson non ha dubbi: “Per il principio del favor rei la legge si applica ai reati precedenti”. E Li Gotti: “È un colpo di spugna”. Il centrista Gianpiero D’Alia: “Come si può pensare che, per lo stesso reato di concussione, un funzionario di Regione venga imputato e uno di Stasburgo no?”. Il governo tenta la prova di forza, boccia la modifica di Casson che risponde con la richiesta di voto segreto. Seduta sospesa. Alla ripresa la maggioranza ritira l’emendamento. “Tutto è bene quel che finisce bene” chiosa la capogruppo Pd Anna Finocchiaro.

°°° C’è poco da commentare. Semplicemente, siamo nelle mani di un’accolita di malavitosi che si parano il culo a forza di leggi ad personam e di voti di fiducia. E l’Italia è in completo disfacimento…

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REGIME ALL’AMATRICIANA

Quando Tremonti ordinò sanzionate la Gabanelli

«Con la presente il sottoscritto prof. avv. Giulio Tremonti chiede l’immediato esercizio dei poteri sanzionatori». Inizia così l’ultimo affondo del ministro dell’Economia contro l’informazione, avviato ai danni di Milena Gabanelli e la sua «pericolosa» trasmissione Report. Non è piaciuta al ministro la puntata su social card e Tremonti bond, nonostante fosse stato intervistato lui stesso.

Così ha scritto 5 cartelle di esposto-denuncia alla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e alla Commissione parlamentare per l’Indirizzo generale e la Vigilanza dei servizi radiotelevisivi. L’intento è chiaro: dimostrare la poca obiettività del programma, e dunque la lesione del dovere di informazione imparziale e completa imposto dal servizio pubblico. Insomma, non è una rettifica, tantomeno una querela. Ma Tremonti vuole comunque farsi sentire, esercitare «il potere sanzionatorio».

In effetti il rapporto del ministro con giornali e mass media in generale è costellato di eventi leggendari. Rumors più disparati raccontano di telefonate infuocate, battibecchi nervosi, arrabbiature furibonde. Certo, tutti i politici si arrabbiano con la stampa. E tutti vorrebbero averla amica e, se possibile, asservita. Ma Tremonti è tra i pochi (non l’unico, nell’intero arco parlamentare) a prendere iniziative in prima persona, a guerreggiare all’arma bianca con chi si occupa di lui. È quasi un corpo a corpo che il ministro ingaggia a colpi di pressioni indebite e invettive. Anche perché – lo sanno bene anche i non addetti ai lavori – la verve non gli manca.

A scorrere le cinque cartelle anti-Gabanelli traspare un furore montante. Tremonti parla di «lesione dei principi di completezza, correttezza, – si legge – obiettività ed imparzialità dell’informazione». Poi procede per punti, elencandone sette. Nel primo parla di «sintesi deformata di alcuni delicati e rilevanti aspetti dell’attualità, che ha assunto i contorni della propaganda negativa». Si riferisce forse il ministro al fatto che la social card è stata fornita solo a pochi, e che molti l’hanno ricevuta scarica? O che rappresenta anche uno strumento su cui MasterCard riesce a fare un buon business grazie alle commissioni versate dai commercianti? Tremonti parla di «tesi preconfezionata», ma la realtà non è molto lontana da questa tesi. Anzi. Il ministro non dimentica di difendere, naturalmente, il «legittimo esercizio del diritto di critica». Peccato però che questo secondo lui non sia il caso: perché tutto il contesto sarebbe stato creato da Gabanelli attraverso una «capziosa estrapolazione di brani tratti da conferenze stampa».

Si arriva così all’accusa (terzo punto) di «utilizzo strumentale del mezzo televisivo». Tremonti rammenta come «tutte le trasmissioni di informazione devono rispettare la pluralità dei punti di vista e la necessità di contraddittorio». Peccato che (troppo) spesso molti esponenti di governo appaiono in video davanti a un microfono e senza neanche una «faccia» a porgere la domanda. A proposito di contraddittorio. Naturalmente meglio se all’ora di cena, e in una giornata in cui qualcun altro ha lanciato critiche all’operato dell’esecutivo.


°°° La sintesi è questa: la libertà di stampa e la democrazia reale questi cialtroni li disintegrerebbe in due settimane. Ecco perché a loro serve il regime e l’oscuramento delle notizie. BUFFONI!!!

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LA SEGRETARIA DI TVEMONTI

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ALLARMI, AMICI! FATE GIRAREEEEEEEEE

Marco Travaglio

Il partito dell’amore

Siccome l’Italia non è un regime, tre giorni fa accadono due stupri a Roma: uno consumato, l’altro sventato per miracolo. Ma la questura non dice niente: vedi mai che qualche elettore patito della «sicurezza» capisca che la destra ha tradito anche quella promessa. La notizia esce perché un giornalista, avvertito da un amico poliziotto, la mette su facebook. Allora la questura è costretta a sputare il rospo. Sempre tre giorni fa, siccome l’Italia non è un regime, arriva alla Rai, in viale Mazzini a Roma, una lettera con un proiettile per Michele Santoro. L’ufficio posta la trasmette al posto di polizia. Ma nessuno avverte il destinatario, cioè Santoro. Silenzio di tomba per due giorni, dalla Rai e dalla polizia. Così chi l’ha minacciato di morte ha la conferma di quanto già sapeva: Santoro è isolato persino nella sua azienda. Ieri la lettera viene aperta: una foto di Santoro, la scritta «Morirai» e una cartuccia Winchester inertizzata. Intanto un’altra busta con proiettile arriva a Di Pietro. Il senso è chiaro: chi si mette di traverso sulla strada del padrone d’Italia deve morire. Era già accaduto in un’altra campagna elettorale al calor bianco, quella del 2001: Indro Montanelli ricevette alcune telefonate mute sul suo telefono privato, trovò una lettera minatoria sul tavolo del ristorante dove pranzava e la Digos gli intimò di cancellare le iniziali I.M. dal citofono di casa sua. «Il berlusconismo ­ commentò il vecchio Indro ­ è la feccia che risale il pozzo. Questa è la peggior Italia che abbia mai visto. Peggio di quella fascista». E non aveva visto quella di oggi.

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Da Travaglio

Giuliano la Prostata

La situazione dev’essere davvero grave se hanno riesumato persino Giuliano Ferrara. Il proiettile più contundente della ditta giaceva nell’armeria di Arcore, tutto ammaccato dopo la campagna No Aborto che raccolse più uova che voti. Ma l’esercito dei nuovi servi batte in ritirata dinanzi ai terribili agenti delle sinistre – Veronica, Gino e Zappadu – e si richiamano i riservisti. Giuliano La Prostata non si fa pregare: ben due articoli sul Foglio e sul Die Welt: «Se Berlusconi fosse gay se le sue feste avessero lo charme discreto di casa Armani o il sapore un po’ trasgressivo di Dolce & Gabbana», nessuno obietterebbe nulla. Forse gli sfugge che Armani e Dolce & Gabbana non sono presidenti del Consiglio, non aviotrasportano stock di nani e ballerine a spese dei contribuenti, non leccano la mano al Papa, non presenziano al Family Day. Ma il «molto intelligente» per scienza infusa non bada a certe sottigliezze. Per far quadrato (da solo) attorno al padrone, rinnega financo la conversione al cattolicesimo: «C’è qualcosa di marcio nel moralismo machofobico di certi ambienti cattolici», incapaci di comprendere «il patronage, il rapporto di uomini importanti, in età, con persone più giovani». Le canta pure alla stampa estera «moralista», scandalizzata per le balle su Noemi: innocenti «imprecisioni, inesattezze, mezze bugie contro la stampa inquisitoria». Ecco: le telefonate di un vecchio sporcaccione a una minorenne si chiamano «patronage» e le sue menzogne «imprecisioni e inesattezze». Sempreché l’autore sia «un uomo importante» e paghi due o tre stipendi a Ferrara.

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Il ritardato arriva in ritardo

Festa Repubblica, premier in ritardo
causa «telefonate istituzionali»

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è arrivato con circa un quarto d’ora di ritardo alla tribuna d’onore per assistere alla tradizionale parata militare ai Fori Imperiali in occasione della “Festa della Repubblica”.


°°° Ecco in esclusiva il testo di una telefonata istituzionale di Mafiolo:
“Pronto? Mi conscienta… hai un viso angelico… ho appena visto il tuo book fotografico che mi ha portato la servitù di rete 4… lo sciai che potresti fare la velina? Domani ti mando un bombardiere militare a prenderti a Casoria e vieni a trovarmi nella mia villa in Sardegna. Non preoccuparti… niente di depravato o di lecito, solo un rapporto da padre a figlia. Anzi… chiamami “papi”. Parliamo esclusivamente di lavoro e della tua carriera. Porta i tuoi quadernetti, così, mentre noi lavoriamo, ti faccio correggere i compitini dalla Gelmini. Cantiamo il karaoke e ragioniamo dei grandi sistemi. Ah… le manette col peluche le porto io, tu… non mettere le mutandine. Ti baciuo, cara. Ora scusami, ma devo andare a recitare la gag del “grande statista” alla sfilata militare. Spero che non si accorgano che l’ho fatta ridurre ai minimi termini… perché gli automezzi delle forze armate hanno la benzina giusta giusta dal Colosseo a garage militare.”

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GHEDINI, PRONTO AD AGGREDIRE NOI CHE INFORMIAMO

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Forza zoccole!

Il quotidiano della famiglia Berlusconi attacca ancora sul gossip a pagamento
Laura Drezwicka, del ‘GF’ “Erano pronti a darmi soldi per incastrare il premier”
Interviste pagate, Il Giornale contro L’Espresso
La replica: “Alla richiesta abbiamo detto no”
La direzione del settimanale: “Ci ha contattati un’agenzia di foto. E’ tutto registrato”

ROMA – Il Giornale di nuovo all’attacco di Repubblica e dell’Espresso. Il tema è sempre lo stesso: Berlusconi, le ragazze e le interviste a pagamento. Dopo le accuse al quotidiano di aver pagato Gino Flaminio, l’ex fidanzato di Noemi Letizia che ha pubblicamente smentito, ora arriva un articolo in cui Laura Drezwicka, una delle concorrenti del ‘Grande Fratello’, afferma che due giornalisti del settimanale hanno avuto con lei una trattativa ed “erano pronti a pagarmi per incastrare Berlusconi”. Affermazioni che la direzione dell’Espresso respinge nettamente, riservandosi ogni azione legale nei confronti del quotidiano milanese.

Nuove accuse. Il Giornale pubblica oggi un lungo articolo in cui Laura Drezwicka, una delle concorrenti del ‘Grande Fratello’, afferma che due giornalisti del settimanale L’Espresso hanno avuto con lei una trattativa ed “erano pronti a pagarmi per incastrare Berlusconi”.

“Laura – scrive il quotidiano – spara di aver avuto una relazione con il Cavaliere e chiede cinquantamila euro per concedere l’intervista. Loro sono disposti a trattare e uno di loro dice alla ragazza: io ti pago – riporta Il Giornale – se hai le foto e se hai i gioielli. Tutto ciò avviene a Napoli in un incontro nel corso del quale i cronisti tempestano la ragazza di domande scabrose”.

La replica dell’Espresso. La direzione del settimanale romano, in una nota, smentisce seccamente e afferma di riservarsi ogni azione legale nei confronti del quotidiano milanese e precisa: “Il 27 maggio Roberta Arrigoni, titolare dell’agenzia fotografica Unopress, contattava ripetutamente un nostro collega proponendogli un’intervista con Laura Drezwicka, disponibile a raccontare i suoi rapporti con Silvio Berlusconi”.

“Nel corso dell’incontro – si spiega ancora nella nota – alla richiesta di denaro per rilasciare l’intervista, il collega precisava che mai sarebbe stata pagata un’intervista. Se l’agenzia avesse proposto fotografie, queste sarebbero state valutate ed eventualmente acquistate secondo una normale prassi. Le telefonate intercorse con l’agenzia fotografica e l’incontro del nostro collega con la signorina Drezwicka – conclude il settimanale – sono state registrate”.

°°° Tutte queste calunnie armate dalla cosca di Arcore spero che si riflettano in una grossa perdita alle europee e in un pacco di miliardi da pagare in risarcimenti a tutti coloro che stanno infangando: da Repubblica all’Espresso all’amico Zappadu. Amen.

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L’ITALIETTA DI UN MALATO IMPOTENTE

Rotto l’incantesimo
del nuovo Don Rodrigo

di GAD LERNER

Forse ora la smetterà d’insistere sulla propria esuberanza sessuale, sulle belle signore da palpare anche tra le macerie del terremoto e sulle veline che purtroppo non sempre può portarsi dietro.

A quasi 73 anni d’età, Silvio Berlusconi si trova per la prima volta in vita sua a fare davvero i conti con l’universo femminile così come lui l’ha fantasticato, fino a permearne la cultura popolare di massa di questo paese. Lui, per definizione il più amato dalle donne, sente che qualcosa sta incrinandosi nel suo antiquato rapporto con loro.

Le telefonate notturne a una ragazzina, irrompendo con la sproporzione del suo potere – come un don Rodrigo del Duemila – dentro quella vita che ne uscirà sconvolta. E poi il jet privato che le trasporta a gruppi in Sardegna per fare da ornamento alle feste del signore e dei suoi bravi. Ricompensate con monili ma soprattutto con aspettative di carriera, di sistemazione. L’immaginario cui lo stesso Berlusconi ha sempre alluso nei suoi discorsi pubblici è in fondo quello di un’Italietta anni Cinquanta, la stagione della sua gioventù: vitelloni e case d’appuntamento; conquista e sottomissione; il corpo femminile come meta ossessiva; la complicità maschile nell’avventura come primo distintivo di potere. Nel mezzo secolo che intercorre fra le “quindicine” nei casini e l’uso improprio dei “book” fotografici di Emilio Fede, riconosciamo una generazione di italiani poco evoluta, grossolana nell’esercizio del potere.

Di recente Lorella Zanardo e Marco Maldi Chindemi hanno riunito in un documentario di 25 minuti le modalità ordinarie con cui il corpo femminile viene presentato ogni giorno e a ogni ora dalle nostre televisioni, con una ripetitiva estetica da strip club che le differenzia dalle altre televisioni occidentali non perché altrove manchino esempi simili, ma perché da nessuna parte si tratta come da noi dell’unico modello femminile proposto in tv. La visione di questa sequenza di immagini e dialoghi è davvero impressionante (consiglio di scaricarla da www. ilcorpodelledonne. com). Viene da pensare che nell’Italia clericale del “si fa ma non si dice” l’unico passo avanti compiuto nella rappresentazione della donna sia stato di tipo tecnologico: plastificazione dei corpi, annullamento dei volti e con essi delle personalità, fino a esasperare il ruolo subalterno, spesso umiliante, destinato nella vetrina popolare quotidiana alla figura femminile senza cervello. Cosce da marchiare come prosciutti negli spettacoli di prima serata, con risate di sottofondo e senza rivolta alcuna delle professioniste, neppure quando uno dopo l’altro si sono susseguiti gli scandali tipicamente italiani denominati Vallettopoli.

In tale contesto ha prosperato il mito del leader sciupafemmine, invidiabile anche per questo. Fiducioso di godere della complicità maschile, ma anche della rassegnata subalternità di coloro fra le donne che non possano aspirare a farsi desiderare come veline.

Tale è stata finora l’assuefazione a un modello unico femminile – parossistico e come tale improponibile negli Stati Uniti, in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Spagna – da far sembrare audacissima la denuncia del “velinismo politico” quando l’ha proposta su “FareFuturo” la professoressa Sofia Ventura. Come se la rappresentazione degradante della donna nella cultura di massa non avesse niente a che fare con la cronica limitazione italiana nell’accesso di personalità femminili a incarichi di vertice. Una strozzatura che paghiamo perfino in termini di crescita economica, oltre che civile.

Così le ormai numerose indiscrezioni sugli “spettacolini” imbanditi nelle residenze private di Berlusconi in stile harem – mai smentite, sempre censurate dalle tv di regime – confermano la gravità della denuncia di Veronica Lario: “Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica”. Una sistematica offesa alla dignità della donna italiana resa possibile dal fatto che “per una strana alchimia il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore”.

Logica vorrebbe che dopo le ripetute menzogne sulla vicenda di Noemi Letizia tale indulgenza venga meno.
La cultura misogina di cui è intriso il padrone d’Italia – ma insieme a lui vasti settori della società – risulta anacronistica e quindi destinata a andare in crisi. Si rivela inadeguata al governo di una nazione moderna.
Convinto di poter dominare dall’alto, con l’aiuto dei suoi bravi mediatici, anche una realtà divenuta plateale, l’anziano don Rodrigo del Duemila per la prima volta rischia di inciampare sul terreno che gli è più congeniale: l’onnipotenza seduttiva, la cavalcata del desiderio. L’incantesimo si è rotto, non a caso, per opera di una donna.

°°° Aggiungo solamente che umilio fede NON ha dimenticato il book con le ragazzine a cena da Mafiolo, ma il suo compito principale è quello di CERCARE SEMPRE CARNE FRESCA! E’ lautamente pagato, con soldi rubati, solamente per fare da laido paraninfo.
E aggiungo anche, avendo notizie di prima mano da un amico che lavora da anni a villa Certosa, che i festini finiscono SEMPRE allo stesso modo:
minorenni drogate sparse ovunque, vomito, montagne di cocaina, e medici corrotti sempre pronti a rianimazioni spesso laboriose.

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

sniffa1

festicciola

festino

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