Il regime censura le porcate di papi

IL DIKTAT DI PAPI-SILVIO: SU PUTTANOPOLI CALI IL SILENZIO, NESSUNO DICHIARI. E I TG SI ADEGUANO
Claudio Tito per “La Repubblica”

«Nessuno ne parli. Facciamo in modo che il silenzio cada su tutti i mass media. La vicenda rimarrà solo su un giornale e tutti se ne dimenticheranno». Silvio Berlusconi ha lanciato la sua parola d´ordine. Il suo obiettivo è avvolgere l´inchiesta di Bari e le rivelazioni di “Patrizia e Barbara” con un velo di indifferenza.
BARBARA MONTEREALE

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Gli atti dei pm pugliesi e le interviste di “Repubblica” lo hanno scosso non poco. Il capo del governo è su tutte le furie. Qualcuno lo descrive «provato». Amareggiato al punto da far addirittura circolare la voce di una prossima cessione di Villa Certosa. Solo uno sfogo, però. Perché sul tavolo del Cavaliere non c´è nessuna offerta né un annuncio di vendita: la valutazione sarebbe altissima, superiore ai 200 milioni di euro.

BARBI

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La sua attenzione è semmai concentrata sugli ultimi scossoni provenienti dalla Puglia. Per ora il suo staff non è riuscito a studiare una tattica difensiva se non quella del «silenzio». Il terrore di Berlusconi è che possa scattare un effetto «emulazione» con altre ragazze decise a imitare Barbara Montereale. Così anche la «disaffezione» nei confronti della dimora di Porto Rotondo è soprattutto un´arma mediatica.

«Me l´hanno violata, è come se fossero entrati dei ladri», ha spiegato riferendosi alle foto di Zappadu. Ma è in primo luogo il modo per trasmettere un messaggio preciso: «io sono la vittima e non il carnefice di tutto questo». Ieri quindi ha evitato di volare in Sardegna rimanendo con i nipoti ad Arcore. Negli ultimi due mesi, del resto, ci è andato raramente. Ma difficilmente se ne libererà. Semmai frequenterà di più la villa di Paraggi, in Liguria.

Per ora, dunque, la risposta all´intervista di Barbara Montereale è una sola: ignorare, far dimenticare, non commentare. Lasciare che il caso si sgonfi. «Perché quella è solo spazzatura». Che, a suo giudizio, verrà smaltita anche stavolta dalle «urne» dei ballottaggi. E forse non è una coincidenza che quasi tutti i tg delle tv pubbliche e private abbiano parlato ben poco delle cronache provenienti da Bari.

Anche i commenti di giornata si contano sulle dita di una mano. «Non leggo Novella 2000», taglia corto ironicamente il ministro dell´Interno Roberto Maroni. «Una cosa è sempre più chiara – dice il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone – Silvio Berlusconi è l´aggredito, mentre una certa stampa e il Pd sono gli aggressori. Una guerriglia fatta di fango, insulti e offese».

Insomma, gli fa eco Gianfranco Rotondi, «il complotto c´è stato ed è sempre più evidente» ma chi conta «in una caduta del governo, si sbaglia di grosso». Anzi, avverte Osvaldo Napoli, «contro la muta scatenata di cani che ringhia senza sosta contro Berlusconi, la risposta migliore l´hanno data gli elettori».
Berlusconi fotografato il 31 maggio 2009 davanti all’ingresso dell’hotel Palace di Bari, alle sue spalle Patrizia D’Addario

Eppure l´allarme ha superato tutti i livelli di guardia. Molti parlamentari del centrodestra sono rassegnati, i fedelissimi del premier preoccupati. Tutti temono che nel Pdl possa partire la corsa a scendere dal carro. Pochissimi giorni fa è toccato addirittura a Fedele Confalonieri catechizzare il Cavaliere. Gli ha chiesto con insistenza di «fermarsi», di «smetterla», di «cambiare».

Ieri, poi, Marcello Veneziani ha «supplicato» il premier su “Libero”: «sciolga la corte e mandi a farsi benedire i cortigiani». Il senso di isolamento, inoltre, è cresciuto nei due giorni trascorsi a Bruxelles dove l´Italia è stata messa in minoranza per la presidenza del Parlamento europeo. In più, per la prima volta dal 2001, la Chiesa segna una distanza dal centrodestra. La Cei, attraverso Avvenire, ha lanciato una sorta di ultimo “avviso ai naviganti”. Non è ancora un addio dei vescovi al Cavaliere. Ma un avvertimento: ancora una goccia e il vaso trabocca.
MINZOLINI E BERLUSCONI (servo e padrone)

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Per tutto questo, Berlusconi chiede il «silenzio» e spera nel lavacro elettorale dei ballottaggi. Anche stavolta, si è detto sicuro, «ha da passa ‘a nuttata».

2 – BLACK OUT NEI TELEGIORNALI, REPUBBLICA E L’UNITA’ ALL’ATTACCO, MA PD, VIGILANZA, GARIMBA, USIGRAI STANNO ZITTI
L’Unità lo scrive in prima: “Il Tg1 stabilisce un record: nessuna notizia”. Repubblica schiera ancora una volta il suo critico tv Antonio Dipollina, che racconta il black out informativo. Insomma, Tg1 e Tg2 da ieri (confermando la scelta anche oggi a pranzo) hanno cancellato l’inchiesta di Bari dai propri notiziari, seguendo quella che è la strategia imposta da Berlusconi, nella speranza di uscire dal gorgo di Puttanopoli. La notizia, però, continua a campeggiare sulle prime pagine di tutti i giornali (compresi “Il Giornale” e “Libero”). Eppure ancora nessuna protesta si è levata dal Partito Democratico, dalla commissione di Vigilanza e il suo presidente Zavoli, dal presidente “di garanzia” della Rai Paolo Garimberti, dall’Usigrai, dalla Fnsi…

ALTRO DOMESTICO: GARIMBERTI

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LA GUARDIA DEL CAVALIERE
Antonio Dipollina per “La Repubblica”

E arrivò anche il giorno del blackout totale dei principali tg. Giusto, era giornata di silenzio elettorale, giusto era sabato e in qualche modo la settimana è corta, giusto sono tempi in cui la riflessione ogni tanto deve avere il sopravvento. Però, insomma. E quindi nello sconcerto generale in aumento, le questioni legate all´inchiesta che scotta sono sparite del tutto dai principali centri di informazione del paese, appunto i tg più seguiti.

Al Tg1 devono aver pensato che era il momento della coerenza: dopo aver oscurato nei titoli di testa tutto quello che potesse avere a che fare con il caso in esame, devono aver pensato che a quel punto non c´era motivo di dare corso nel seguito del telegiornale. Se non l´annunciamo la notizia non c´è, insomma, altrimenti il pubblico rimane disorientato.

Intanto qualche altro tg, intanto tutti i siti internet di informazione, intanto i giornali riempiono le prime pagine, tirano fuori sempre nuovi particolari, fanno intravedere gli scenari futuri. Quelli, invece no: quelli che secondo le recenti indagini forniscono l´informazione primaria al 70 per cento degli italiani hanno deciso che tutta questa gente va accudita e rassicurata fino in fondo, che cedere a questo punto sarebbe disdicevole, che bisogna conservare tutta l´integrità dimostrata in questi giorni.

La guardia si fa fino in fondo, incrollabili. Ma questa cosa deve andare avanti così davvero? Deve continuare fino in fondo in questo modo? Insomma, è ancora lunga? No, giusto per regolarsi. La gara a chi si stanca prima può essere divertente, però un minimo di tristezza e di indignazione inizia a farsi largo, ma davvero.

°°° Proprio come nei più oscuri e sanguinosi regimi, amici. Proprio come nel regime comunista sovietico che lui aborre tanto, ma ne è l’unico erede europeo. Silenzio, insabbiare, ingannare i cittadini e turlupinare gli elettori. Potere, potere, e ancora potere, a qualunque costo. Senza tutto questo potere, preso abusando dell’ignoranza e della buona fede dei popolani, d’altronde potrebbe succedere solamente una cosa… LA GALERA. Manette per Mafiolo e per tutta la sua cosca di malavitosi inquisiti o condannati.

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Da Dagospia

CENSU-RAI! – TG1 E TG2 A PRANZO CANCELLANO COMPLETAMENTE LA SPUTTANOPOLI DI BARI E LE “BOMBE” DI PATTY E BARBARA – AL TG3 LA NOTIZIA È L’APERTURA – INTANTO ANCHE ‘IL FOGLIO’ DI FERRARA MOLLA MINZO: “AL TG5 ALMENO UN’OMBRA DI PATRIZIA LA SI È INTRAVISTA…”
camera,letto,papi,

Il gioco si fa duro e i telegiornali Rai rispondono presente. Nelle edizioni di pranzo di oggi sia il Tg1 di Minzolini, sia il Tg2 dell’interregno post Mazza sono andati oltre ogni previsione, superando abbondantemente i servizi onirici di questi giorni. Se fino a ieri l’inchiesta di Bari veniva trattata non nominando mai il fatto, oggi a Saxa Rubra sono andati oltre.
MINZOLINI E BERLUSCONI

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Il Tg2 delle 13 e il Tg1 delle 13.30 non hanno dedicato neanche un secondo alle nuove rivelazioni bomba dell’inchiesta barese sul Cime di Rapa Gate. Non soltanto le indiscrezioni sui video di Patrizia in camera da letto con Papi-Silvio, ma neanche le affermazioni messe a verbale dalla nuova testimone Barbara sia in Procura che in un’intervista a Repubblica destano l’interesse dei due tg.

Il fatto che la ragazza abbia confermato sia la storia di soldi sia il sesso tra Papi e Patty non è stato giudicato meritevole di menzione. Se fino a ieri il tentativo era quello di lasciare la vicenda fuori dai titoli (con Dipollina che ha ribattezzato Minzolini “Zero Tituli”), oggi addirittura il caso rimane fuori dai tg. La vicenda, che apre le prime pagine di tutti i giornali con le nuove notizie arrivate da Bari, è passata completamente sotto silenzio. E pensare che il Tg3 ci ha aperto l’edizione delle 14.25…

2 – ANCHE IL FOGLIO DI FERRARA MOLLA MINZOLINI: “AL TG5 ALMENO UN’OMBRA DI PATRIZIA LA SI E’ INTRAVISTA…”
Da “Il Foglio”

Il re dei re del retroscena accusato di mancata messa in scena: forse surreale contrappasso, magari ritrovata saggezza. Fatto sta che Augusto Minzolini manco ha messo piede al Tg1 che è finito sulla graticola. Vero che, appena arrivato, ha fatto sapere che di gossip – avendo a lungo praticato quello politico sui giornali – non se ne sarebbe né visto né sentito.

E’ la metanoia minzoliniana, diciamo, in qualche modo opportuna e dovuta, visto che il Tg1 – tiggì ammiraglio su rete ammiraglia: sta praticamente tra il senso delle istituzioni e la capitaneria di porto – non è cartaccia stampata, e se non è dogma certo si avvicina all’atto di fede. E quindi benissimo si capisce che non può mica mandare i suoi cronisti a inseguire col microfono, vicolo per vicolo, magari in groppa a un motorino, le ragazze di lieve vita come una Sarzanini qualunque.

Non perché potrebbe risultare imbarazzante per il desco famigliare all’ora di cena (se hanno fatto pratica con i programmi televisivi pomeridiani, quelli possono sopportare tutto), ma proprio perché il ruolo del maggior telegiornale del servizio pubblico deve avere, mettiamola così, una compostezza e un’autorevolezza che altri possono più gagliardamente schivare.

Per sua stessa, ovvia natura, il Tg1 è quanto di più vicino alla visione del Conte Zio: sopire, troncare; troncare, sopire – non certo per eludere, diononvoglia, ma quantomeno per non sbracare. Il gossip, dunque, non prevarrà. Come disse con elevato (e meglio: rinnovato) spirito Minzolini nel momento del suo insediamento, ci si occuperà di vita reale, e va a sapere se il sospetto transito di insospettabilmente vivaci fanciulle in casa altrui sia roba da vita reale.

Quindi, è la saggezza di Saxa rubra che strutture la cauta scaletta minzoliniana; non banale e deprecabile opportunismo, ma necessario senso dell’opportunità. Guidare il TG1 è più faticoso che presidiare un ministero, portare un Tir dal Brennero a Bari (al povero Riotta, per dire, non bastava la giornata neanche per infilarsi la giacchetta), e del resto Minzolini per la bisogna è ancora un fresco neopatentato.

Certo, un tiggì di quelli saldamente ancorati tra la vita reale e l’autorevolezza – si potrebbe dire tra il pianerottolo e una discussione all’Aspen – avrebbe allora una scaletta che dall’Ira porta alla Corea, dalla social card alla crisi economica, da Dahrendorf all’enciclica papale; poi volendo, e senza strafare, pure quello che si travestiva come la mamma morta per beccarsi la pensione e qualcosa sulle faccende baresi. Dove si trovano le friselle e “la signora D’Addario” (Fitto dixit).

Con garbo, pian pianino, una parola è poca e due sono troppe – ma se qualcosa si deve dire, che non sia proprio un elaborato da Settimana Enigmistica dove evaporano le signorine e si materializzano i giudici comunisti: a volerci capire qualcosa, erano più facili i misteri nordcoreani.

Così che persino quei malpensanti dell’opposizione (la scossa? Frequentano magistrati? Elettricisti?), hanno finito col compiere il passo inconcepibile: lodare il Tg5 di Mimun, che spigliatamente un giorno ha prodotto un ineccepibile servizio sul fatto se sia meglio il gelato in coppetta o quello sul cono. Ma almeno un’ombra di Patrizia, temerariamente, lì si è intravista.

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BRRRRRRRR, CHE PAURA!

QUESTA CENSURA
di Giovanni Maria Bellu

C’è qualcosa di grandioso e di struggente nella duplice guerra dichiarata dall’avvocato Nicolò Ghedini alla Spagna e al Web. I cittadini iberici ne saranno entusiasti perché somiglia molto a quella combattuta dal loro don Chisciotte contro i mulini a vento. D’altra parte l’hidalgo della Mancha era descritto da Cervantes come “Il Cavaliere della triste figura”.

Nel disperato tentativo di limitare i danni causati dalla “triste figura” del suo Cavaliere, lo scudiero Ghedini ha annunciato che non solo denuncerà El Pais per aver pubblicato le immagini del party a Villa Certosa del club di Topolanek ma intenterà una “azione civile contro chiunque ri-pubblichi in Italia le fotografie pubblicate dal quotidiano spagnolo”.

L’annuncio di una azione finalmente “civile” da parte dei sostenitori di Berlusconi ci sorprende a ci rassicura. Al punto che, grati, riveliamo a Sancho Ghedini un piccolo segreto: Web è l’abbreviazione di World wide web che significa “Grande ragnatela mondiale” . Mondiale, avvocato. Questo vuol dire che se anche lei riuscisse a intimidire la stampa e i siti Internet italiani fino al punto di indurli a non pubblicare niente, i lettori italiani potrebbero con un semplice clic andare sul sito Internet del Pais, cioè questo, www.elpais.com e vedere quelle foto “innocenti”, come il suo datore di lavoro le ha definite.

E questo accadrà sempre, anche in futuro, perché censurare il Web è molto complicato. E’ proprio come combattere contro i mulini a vento. A meno che, in un aggiornamento del “pacchetto sicurezza” o in qualche piega della futura legge anti-intercettazioni, non non pensiate di inserire un codicillo che consenta alla presidenza del Consiglio di bloccare l’accesso dall’Italia ai siti esteri. Ma un’azione di questo genere non sarebbe affatto “civile” e siamo certi che non la metterete mai in atto.

COME QUEL CAGNOLINO AMMAESTRATO DI GHEDINI VIENE TRATTATO PER SEMBRARE UN BULLDOG:

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UNA FOTO DA VILLA CERTOSA:

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COLPACCIO DEL REGIME

Europee

Il governo censura la campagna pubblicitaria dell’Ue
di Simone Collini

C’è una campagna pubblicitaria fatta dall’Unione europea per invitare i cittadini a votare che gli italiani non vedranno. Negli altri paesi sì, sui muri delle principali città d’Europa verranno affissi manifesti come quello raffigurante un massiccio castello da una parte e una verde siepe dall’altra, con la scritta: «Quanto devono essere aperte le nostre frontiere?».

Il Pd ha ora presentato un’interrogazione parlamentare al ministro delle Politiche comunitarie per chiedere al governo il perchè di questa censura. Il sospetto è infatti che alla base della decisione di non dare il via libera a questa campagna ci sia il fatto che non è in linea con i messaggi veicolati dal governo. «Gli italiani hanno il diritto di sapere per quale motivo il governo italiano ha rifiutato di diffondere nel nostro paese i manifesti della campagna», si legge nell’interrogazione presentata al ministro Andrea Ronchi dai deputati Pd Walter Verini, Alberto Losacco, Sandro Gozi e Jean Leonard Touad. E il dito viene puntato proprio sul manifesto dedicato al tema dell’immigrazione, così poco in sintonia con la linea dei respingimenti. Ma ce ne sono anche altri che veicolano messaggi decisamente distanti dalle politiche del governo Berlusconi.

Il Parlamento europeo ha approvato la campagna nelle scorse settimane, con il voto favorevole di tutti i gruppi, compreso il Ppe (quello di riferimento, a Strasburgo, del Popolo delle libertà). Poi i creativi si sono messi all’opera consegnando sei diversi manifesti, con messaggi tematici tradotti in 23 diverse lingue. Ma quelli con le scritte in italiano rimarranno negli armadi.

«Sembra che il ministro Ronchi, interrogato in merito, abbia definito tale campagna “inadeguata”, dicendosi disposto a predisporne una propria», fa sapere Verini. «Corrisopndesse al vero», dice il deputato del Pd, «credo sia necessario ed urgente conoscere le reali motivazioni alla base di una decisione che sarebbe grave ed arbitraria. Una scelta che, alla luce anche delle posizioni di aperto contrasto assunte dal nostro esecutivo perfino con organismi sovranazionali, come avvenuto sul tema dell’immigrazione, rappresenterebbe una nuova conferma della scarsa sintonia del governo italiano con il comune sentire dell’Europa comunitaria».

°°° Amici, questa notizia la trovate solo qui o sull’Unità. Se non è regime questo…

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Da Travaglio

Sono pazzi questi spagnoli

Ci corre l’obbligo di scusarci con i nostri telespettatori per un errore umano di inaudita gravità accaduto nella nostra emittente: violando le regole della casa, l’altro giorno non abbiamo trasmesso in diretta integralmente i fischi dei tifosi catalani e baschi che hanno accolto l’inno nazionale prima dell’incontro di calcio Barcellona-Atletico Bilbao, finale della coppa del Re allo stadio Mestalla di Valencia, alla presenza di re Juan Carlos e della regina Sofia». Così, tre sere fa, la speaker del primo canale della tv pubblica spagnola, Tve, s’è rivolta alla nazione nell’ora di massimo ascolto. Intanto, nel bel mezzo di un putiferio politico con interventi di ministri e leader di partito, il direttore generale della Tve faceva pubblica ammenda annunciando la destituzione del capo dei servizi sportivi Julian Reyes responsabile della censura, che peraltro s’era subito dimesso. Cose che càpitano in Spagna, naturalmente, dove chi censura viene cacciato, anziché promosso. In Italia il vicedirettore di Raisport, Oliviero Beha, non può lavorare da cinque anni perché ha il brutto vizio di non censurare. In compenso si attende da una settimana che la Commissione di Vigilanza e il Cda Rai, ma anche le “authority” e i “comitati etici” dicano qualcosa, una parola non di più, sulla censura subìta da Vauro e Beatrice Borromeo all'”Era glaciale” a opera del direttore Marano e nel silenzio della cosiddetta conduttrice Daria Bignardi. Che poi è la versione giornalistica di Lorena Bianchetti. In Spagna avrebbe qualche problemino, ma in Italia Daria Sbianchetti farà un carrierone.

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Speriamo bene

D’Alia sarà cancellato. E nasce la lobby dei deputati digitali

Due appuntamenti internet per i deputati in questo martedì di diluvio romano. Prima con il voto che dovrebbe portare alla cancellazione dell’articolo 50 bis del decreto sicurezza, che ha avuto origine in senato all’inizio di Febbraio, con la presentazione dell’ormai famigerato “emendamento D’Alia” (Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet). In secondo luogo con la costituzione di “Intergruppo Parlamentare 2.0″, associazione di deputati e senatori che, presentata a Monte Citorio, con tanto di dichiarazione dei promotori, ha lanciato ieri la sua intenzione di aumentare il tasso di cultura digitale del parlamento italiano.

“L’emendamento della censura”
In serata arrivano in votazione gli emendamenti soppressivi del testo D’Alia che, ad opera del senatore Udc, prevedeva la facolta per il governo di chiudere, su segnalazione della magistratura, i siti o le piattaforme che ospitino affermazioni o contenuti che integrino un ampio arco di fattispecie riconducibili all’apologia di reato. Un testo criticato da più parti per le sua vaghezza, le sue evidenti ricadute censorie oltre che per la totale ignoranza delle modalità tecniche implicate nell’operazione eventualmente disposta dal governo, modalità che creerebbero catene di responsabilità di tipo “cinese”.

Sebbene al senato sia stato approvato da una maggioranza schiacciante, formata da Pdl e Udc, ora gli emendamenti che chiedono l’eliminazione di quell’articolo sono due. Uno del Pdl (presentatori Cassinelli e Mannucci) e uno del Partito Democratico con la firma di un grande numero di deputati. In passato anche Antonio Di Pietro è stato durissimo su quel testo e c’è quindi da immaginare che l’Italia dei valori dia una mano ad eliminarlo. Secondo fonti della maggioranza, la proposta soppressiva potrebbe partire dallo stesso governo. Al meglio non c’è limite…

Un parlamento rinsavito?
Meglio non essere ottimisti, ma forse c’è anche la mano dei dodici che ieri hanno costituito Intergruppo 2.0, organismo che ha un blog e che ieri è stato presentato con grande enfasi alla Camera. L’elenco dei promotori è breve e doveroso (i link, collegati al nome, sono quelli forniti dai deputati in sede di presentazione). Per il Pd: Paola Concia, Sandro Gozi, Alessia Mosca , Vinicio Peluffo, Federica Mogherini Rebesani, il radicale eletto-pd Matteo Mecacci e il senatore Vincenzo Vita, fresco di presentazione del disegno di legge sulla neutralità delle rete. Per il Pdl: il benemerito Roberto Cassinelli, primo presentatore (nel tempo) di un testo anti-D’Alia, Nicola Formichella, Beatrice Lorenzin (un carnivoro tra vegetariani: è colei che ha chiesto “l’impedimento di accesso” ai siti contenenti istigazione alla bulimia e all’anoressia. E allora perché sta nell’Intergruppo?) , il leghista Massimiliano Fedriga. Infine Pierfelice Zazzera (Idv).

Come che sia, questo gruppo sembra perlomeno “digitalmente alfabetizzato”. Farà audizioni “on line”, non ha ancora un’agenda, ma sembra avere tutta l’intenzione di costruirsela. E’ ben consapevole che dovrà fare lavoro di missione all’interno delle sue stesse fila, visto che l’ignoranza digitale è patrimonio solido e diffuso della rappresentanza politica italiana. Infine, e non guasta, sono tutti abbastanza giovani.

Formichella (Pdl) si è spinto a dire che nel caso Down-YouTube (il video sull’abuso fisico ai danni di un minore disabile, filmato dai suoi stessi assalitori e messo on line), per i quali a Milano sono a processo dirigenti di Google, non ci sono responsabilità dei gestori.” L’unica responsabilità è di chi i contenuti li pubblica” ha detto. E’ un elementare principio da stato di diritto ma non pare avere molti consensi tra i politici italiani.

Ne viene a riprova l’aneddoto raccontato dalla democratica Mogherini Rebesani, che di recente è rimasta assente dalla camera per malattia. Sul suo blog qualcuno le ha contestato la mancata presenza in aula e lei ha potuto chiarire che era malata. “Una volta tornata in aula – racconta – i colleghi mi hanno dato solidarietà. Ma non per la malattia, bensì per l’inaudito attacco subito sul blog”. E va be’…

Era ora
Inutile dire “era ora”. Semmai la domanda da fare ai nuovi associati è “perché siete così pochi?” e cosa intendete fare anche al di fuori della camera. Le domande, per oggi, non gliele abbiamo fatte, ma ce ne sono alcune che urgono: la rete è sotto attacco, non solo da parte dei D’Alia, ma anche dei potenti “doganieri” delle Telco, che stanno per far passare una direttiva europea devastante per l’accesso paritario alle diverse applicazioni e dati. Ne parla Repubblica.it.

Gli effetti della direttiva Telecoms Package potrebbero essere devastanti. Il problema è sempre lo stesso: la cultura dell’establishment che, nell’interesse solido di aziende Telco, televisive, musicali e magari editoriali, sogna di far rientrare il dentrificio nell’astuccio o il genio nella bottiglia.Ma la bottiglia è rotta. Per sempre.

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ATTACCATEVI QUI:

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GUGLIELMI ’TERREMOTATO’: “La Rai è stata più FAZIOSA DI MEDIASET verso BERLUSCONI” – “in questo clima di conformismo e beatificazione, Santoro è essenziale: VA ASSOLTO E GIUSTIFICATO” – “VESPA IL Pù COMPOSTO, HA FATTO PIù INFORMAZIONE DEGLI ALTRI”…

Denise Pardo per “L’espresso”

Nella rappresentazione del terremoto in Abruzzo, l’informazione Mediaset è stata più indipendente di quella della Rai. E Bruno Vespa «è stato il più composto nel racconto della tragedia».
Angelo Guglielmi

Mentre infuria la polemica sulla puntata di “Anno zero” definita «indecente» dal presidente della Camera Gianfranco Fini, e sul suo conduttore, Angelo Guglielmi, ora assessore uscente alla Cultura della giunta bolognese di Sergio Cofferati e mitico direttore della gloriosa RaiTre che diede i natali televisivi proprio a Michele Santoro, assolve la trasmissione della sua creatura («essenziale») e commenta la copertura mediatica televisiva del sisma.

Informazione televisiva e terremoto: quale giudizio dà?
«Francamente ho avuto l’impressione che tutte le tv sembrassero impegnate in un fondamentale obiettivo: valorizzare al massimo la presenza costante di Silvio Berlusconi, le sue lacrime, le sue parole, i suoi abbracci. Come presidente del Consiglio la sua presenza era necessaria, anche se non c’era bisogno che fosse così ostinata. Come uomo era anche necessario che si commuovesse. Ma è successo a molti altri di emozionarsi, però non hanno visto le loro lacrime andare in onda».

Se Berlusconi non fosse andato, sarebbe stato sommerso dalle critiche.
«Non è un problema di quantità di presenza. Il problema è come viene raccontata, enfatizzata, moltiplicata. È il modo in cui si passa e si taglia l’informazione. Ma devo riconoscere che nonostante il Berlusconicentrismo, la dignità, il dolore, l’umanità delle vittime era ben percepibile».
La puntata di “Anno zero” sul terremoto e il suo conduttore sono ancora una volta alla sbarra.
«Qualunque giudizio si possa dare della trasmissione di Michele Santoro non si può che assolverlo e giustificarlo. Tanto più i disastri sono drammatici tanto più chiedono un’informazione critica che si ponga delle domande. I soccorsi approntati erano rispondenti alla gravità dei danni o in quei soccorsi, pur nell’apparente tempestività ed efficacia, si nascondevano ombre o insufficienze? Sono domande legittime. E in questo clima di conformismo e beatificazione, l’informazione di Santoro è assolutamente essenziale. Anzi: anche se avesse fatto fatto il furbo, andrebbe assolto».

L’accusa è sempre la solita, la faziosità. Forse il diritto alla critica è stato cancellato.
«Fazioso! Perché Bruno Vespa non lo è? E Report della brava Milena Gabanelli non è forse costruito per denunciare? È giusto che i linguaggi siano diversi. Ma questa volta lo sa chi è stato il più composto?».
Milena Gabanelli

Chi?
«Proprio il conduttore di “Porta a porta”. Si è fatto riprendere nei sopralluoghi della tragedia con l’elmetto in testa, ed era un po’ imbarazzante, ma si è dedicato poco a Berlusconi e molto di più al racconto del disastro. L’Abruzzo e il suo programma erano diventati una stessa cosa, senza soluzione di continuità. Bruno Vespa ha una sua bravura e ha fatto più informazione degli altri».

Ha rilevato differenze tra la rappresentazione fatta dalla Rai rispetto a quella di Mediaset?
«Sì. La Rai era più fastidiosa nella costanza di voler dimostrare devozione verso il presidente del Consiglio. Forse Mediaset può permettersi di non dichiararla continuamente. Invece, la tv pubblica, per mille motivi, paura del nuovo vertice, vigilia delle nomine, si sente più in dovere di eccedere nello zelo. Le tv del premier, in effetti, hanno meno bisogno della Rai di dimostrare fedeltà».

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Stiamo sul pezzo

La puntata di Annozero dopo i provvedimenti dei vertici di viale Mazzini
Vauro sarà citato spesso. Travaglio: “Bertolaso è come Garibaldi, non si tocca”
Ora Michele prepara la resistenza
stasera in tv la risposta alla “censura”

di GOFFREDO DE MARCHIS

ROMA – Vauro e la censura nel prologo di Marco Travaglio. Vauro nell’apertura di Michele Santoro, Vauro nelle conclusioni di Sabina Guzzanti che prenderà il posto del vignettista nello spazio finale del programma e promette di essere ancora più corrosiva del censurato. Alla fine, nella puntata di Annozero in onda stasera, Vauro Senesi sarà “sospeso” solo per i regolamenti interni, per il direttore generale Mauro Masi, ma non per i telespettatori del giovedì di Raidue. E i contestati collegamenti esterni andranno regolarmente in onda dall’Aquila in una nuova trasmissione dedicata al terremoto in Abruzzo. Condotti come sempre da Sandro Ruotolo, arricchiti dai servizi degli inviati di Annozero che sono tornati già tre giorni fa sui luoghi del disastro e in queste ore stanno montando il materiale girato. La vera risposta ai provvedimenti disciplinari della Rai Santoro la affida ancora una volta al suo spazio televisivo, quello riconquistato a forza di sentenze giudiziarie dopo l’editto bulgaro.

Il fortino di Annozero è abituato alle battaglie, agli attacchi della politica, al corpo a corpo con il centrodestra e il mondo berlusconiano, alla freddezza del centrosinistra (quando non si trasforma in manifesta ostilità). Santoro ormai ha una certa consuetudine con le lettere di risposta alle disposizioni dei vertici, anche ieri ha preso carta e penna per ribattere a Masi punto per punto. “La sospensione di Vauro rappresenta una grave ferita per il nostro pubblico e per l’immagine della Rai. La invito a soprassedervi”. Il vignettista è a San Pietroburgo (che da comunista non pentito lui chiama Leningrado). Si limita a rispondere dal suo sito, dove ieri sera campeggiava la vignetta sotto accusa insieme alla scritta “No alla censura, la satira è libertà”

La resistenza della “squadra” santoriana intanto sta dando i suoi frutti, dicono i componenti. Masi, raccontano, sta già frenando e avrebbe fatto sapere che l’oscuramento di Vauro vale solo per la puntata di oggi. “È così”, conferma il consigliere di amministrazione del Pd Nino Rizzo Nervo, tra i più critici verso il direttore generale. Raccontano però che Santoro sia “deluso” per il silenzio del presidente Paolo Garimberti. Il quale a sua volta attende il prossimo cda (mercoledì, giorno delle nomine, Tg1 in testa) per prendere posizione. “Ma non condivido la scelta di Masi”, ha fatto sapere in maniera informale.

Santoro ha trascorso buona parte della giornata al telefono per studiare le contromosse. Ha risposto all’azienda per iscritto, si è permesso solo una breve incursione nel campo della polemica per replicare a Bruno Vespa che lo ha accusato di essere un privilegiato. La loro è una rivalità a tutto tondo: idee, stili, rapporti molto, troppo diversi. Ma soprattutto c’è la puntata di stasera. “Noi andiamo avanti per la nostra strada, questa è la risposta che vogliamo dare”, ha detto il conduttore ai suoi collaboratori. Con gli ospiti previsti tutti confermati, a cominciare da Antonio Di Pietro, uno dei più assidui, per alcuni transfer politico della visione santoriana. Marco Travaglio è come al solito di buonumore e in giro per l’Italia a presentare i suoi libri, a tenere i suoi incontri pubblici. “Bertolaso dev’essere diventato come Garibaldi e non ce n’eravamo accorti: non si tocca”, dice scherzando al telefono. “Sospendere un vignettista è veramente il colmo”, aggiunge. Stamattina piomba a Roma “per calibrare con Michele l’intervento”.

La “squadra” di Annozero pensa di aver già vinto la partita. “Mi sembra ci sia la possibilità che la cosa rientri”, si sbilancia persino Sabina Guzzanti. Dalla direzione generale confermano che la “squalifica” di Vauro potrebbe essere di una sola giornata. Anche l’ipotesi di una puntata riparatoria è tramontata velocemente. Già ieri mattina da Viale Mazzini precisavano: “Certo non potrà essere quella di stasera, non c’è tempo”. Ma Santoro parla chiaramente di “censura” nella sua lettera al direttore generale e non farà finta di niente. I suoi redattori parlano di una “sorpresa, basta aspettare poche ore”. I vignettisti si schierano con Vauro. Dice Vincino: “Questo è un comportamento delinquenziale. Vauro viene pagato pochissimo per il lavoro straordinario che fa. Quelle vignette le sottoscrivo, potevo farle anch’io”. Ma la vera difesa Annozero la cerca nel suo lavoro, spiegano nella redazione, e nel pubblico. Come sempre, gli amici e i nemici di Santoro attendono il giovedì mattina per conoscere l’auditel della trasmissione. Che finora ha dato sempre ragione al conduttore.

°°° Ieri avrei voluto scrivere a Santoro, ma non sono riuscito. Allora ho scritto a Ruotolo e gli ho suggerito di far mandare in onda, in apertura o in chiusura di trasmissione, i filmati del sisma che ha sconvolto il Molise nel 2002, CON LE MINCHIATE CHE DICEVA ALLORA BURLESQUONI E CHE STA RIPETENDO DI NUOVO IN ABRUZZO!!! Minchiate deliranti: ricostruzione in due mesi e cagatine del genere… ovviamente, SONO RIMASTE MINCHIATE, CAZZATE, COGLIONATE: dato che NON ha fatto assolutamente NULLA! (Strano… ogni volta che arriva Mafiolo al potere, c’è qualche Dio che ci punisce con un sisma terrificante. Troppo facile dire che l’omuncolo porta sfiga: la vera sfiga è che lui sia ancora al potere e non in galera!)
Tornando a noi, con tutto il rispetto per il lavoro della Guzzanti, che però non fa ridere, tre minuti di filmati originali di Mafiolo che spara i suoi deliri fasulli, avrebbero mille volte più impatto. Anche tra le scimmiette decerebrate che dicono A NOI di levarci il prosciutto dagli occhi…

b-blabla1

b-fregna

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Dario Fo o panariello?

Dario Fo: «Vietare la satira è la malattia di un Paese in decadenza»
di Iolanda Bufalini

l primo censurato della storia della Rai è con un altro premio Nobel dall’odore sulfureo, Josè Saramago, a Granada per ricevere un premio. Diciamo noi a Dario Fo della sospensione comminata a Vauro per la vignetta sull’ampliamento delle cubature dei cimiteri. «Qual è – chiede – la motivazione della sospensione?».

È una vignetta lesiva del sentimento di pietà verso i defunti.
«Ma il significato di quella vignetta è chiarissimo. Se la prende con gli assassini, verso chi ha determinato con infamità, per come ha condotto i lavori, usando la sabbia al posto dei materiali giusti, quelle morti».

E quale sarebbe allora il vero motivo?
«È un sondaggio, si spara su uno, sul quale si ritiene ci sarà meno scalpore, per vedere la reazione del gruppo portante. È l’avvisata in gergo mafioso».

Dopo l’emergenza ci sarà la ricostruzione
«L’avvisata serve a minimizzare il pericolo, quando si dovrà abbattere e ricostruire non ci deve essere il tormentone sulla mafia. È il terreno di maggiore responsabilità per il governo. Come per la decisione di non accorpare il referendum, con spreco di denari mentre i poveri piangono».

Oltre all’offesa c’è l’accusa di faziosità
«Cioè l’elemento fondamentale della satira. Si deve solo gloriare, osannare. Ma anche presso i romani la satira era pericolosa. Chi faceva satira doveva portare un nome greco, un vestito greco, doveva andare in una città greca. Insomma la satira si può fare all’estero, non si può parlare di quello che avviene da noi».

Diceva, si spara ad uno per avvisare gli altri…
«È un paese in declino quello in cui si vieta la satira. La cosa peggiore è che produce autocensura, così si fa un bel brodo calmo e guai a chi mette un po’ di peperoncino».

Ha visto la trasmissione di Annozero? Anche Santoro è accusato di faziosità
«L’ho vista, non era lui, lo accusano perché ha mandato in onda un medico risentito perché era privo degli strumenti per operare e diceva “finiamola con tutti questi elogi sulla puntualità degli aiuti”».

Chiedono a Santoro una trasmissione riparatrice. È la prima volta che si chiede di riequilibrare, non trattandosi di opinioni politiche..
«Ma storicamente non è la prima volta, al tempo dell’impero ci fu un comico che fece satira sui Gracchi. Fu imprigionato e in cella dovette scrivere ben due opere in elogio dei Gracchi».

In tempi più recenti, con Franca Rame, foste i primi censurati Rai.
«Ci tagliarono le battute sui morti sul lavoro, poi quelle sulla mafia perché si minava il buon nome della Sicilia. Poi quelle sulla tendenza dei padroni al paternalismo sindacale. Ma di mestiere non facciamo i mimi. Eravamo ridotti al silenzio e ce ne siamo andati».

Un deputato Pd, Giacomelli, dice che il primato delle battute malriuscite in Tv ce l’ha Berlusconi
«Lui è l’unico che può essere triviale, irriverente, disumano con i malati, volgare con le donne e le ministre. Gli altri devono tacere.

°°° Beh, ora i destronzi controbatteranno coi loro arieti: barbareschi, panariello, pippofranco, martufello e oreste lionello. Come?… Ah, quello è morto. E perché gli altri? Da vivo era uguale…

vauro1fo1

vergogna21

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Guai alla tv che rema contro

IL COMMENTO
Guai alla tv che rema contro
di MICHELE SERRA

Michele Santoro
Rispetto ai tempi del goffo “editto bulgaro”, le nubi censorie che si addensano su Michele Santoro e su Milena Gabanelli (e tramite loro sulla Rai nel suo insieme) esprimono un punto di scontro più nitido e, nel suo genere, più maturo.

Non è solo e non è tanto la “faziosità politica” – colpa opinabile per definizione – a essere sotto tiro. È la sostanza stessa del medium più importante e penetrante, la televisione, che trasmissioni come Annozero e Report interpretano come un contro-potere strutturalmente autonomo (tale è l’informazione nella tradizione delle democrazie), e questo potere politico intende, invece, come cingolo di trasmissione dei propri scopi: non per caso è un potere al tempo stesso politico e mediatico. Anche tecnicamente.

Nei giorni drammatici del terremoto, lo scontro tra queste due funzioni della televisione è stato evidente. Si trattava di mettere l’accento sulle deficienze strutturali e le responsabilità umane che hanno aggravato di molto il bilancio delle vittime e dei danni. Oppure di esaltare l’opera dei soccorsi e l’efficienza dello Stato. Il primo obiettivo è tipico del giornalismo-giornalismo, che qui da noi, non si capisce bene per quale strambo equivoco, si chiama “d’assalto”. Il secondo obiettivo è invece tipico della propaganda politica. Genera un linguaggio che tende alla retorica del positivo quanto il primo rischia di cadere nella retorica del negativo.

Scelga ognuno quale di questi due rischi sia più sgradevole e pericoloso per la pubblica opinione. Ma si sappia che è solo il primo rischio – quello di una televisione aspra e irriducibile – a essere sotto accusa, e a nessuno, né dentro la Rai né nella cerchia della politica, è venuto in mente di biasimare o sanzionare le centinaia di ore di televisione leziosa e piagnona che hanno imbozzolato la tragedia del terremoto in un reticolo implacabile di buoni sentimenti, misurando ben più volentieri il diametro della “bontà nazionale” che quello dei pilastri sottodimensionati.

Che i media abbiano anche, in queste situazioni, una funzione di rete connettiva, non solo logistica, che aiuta a reggere l’urto della morte, e a sentirsi comunità, è fuori di dubbio. Ma questa funzione è stata svolta perfino con sovrabbondanza, e fino a rendere stucchevoli anche le immagini del dolore e della rovina. Santoro e la sua redazione hanno scelto – in minoranza – di fare il resto del lavoro, come compete alla storia professionale di un giornalista molto discusso (e discutibile) ma molto tenace. E premiato dall’audience, concetto evidentemente sacro quando si tratti di contare i soldi della pubblicità, ma subito sottaciuto quando si tratti di misurare la temperatura di una parte consistente dell’opinione pubblica.
Peccato che questo “resto del lavoro”, sicuramente complementare a un quadro generale molto più blandamente critico, risulti insopportabile al potere politico, così come la puntuta inchiesta di Milena Gabanelli sulla social-card non poteva che fare imbufalire il ministro Tremonti.

“Remare contro” fu una delle prime accuse che il Berlusconi leader nascente mosse ai suoi oppositori. Non lo sfiorò (e non lo sfiora) il sospetto che c’è chi rema né contro né a favore, ma per suo conto. Anche sbagliando, ma sottoponendo al giudizio del pubblico, non al giudizio del potere, i propri errori. Il giornalismo è questo, e dovrebbe saperlo anche il direttore del Giornale Mario Giordano, che un minuto dopo avere potuto dire esattamente quanto voleva dire ad “Annozero” ha orchestrato una violenta campagna di stampa contro lo “sciacallo Santoro”. Qualcuno aveva forse detto a Giordano, o a uno qualunque dei giornalisti e telegiornalisti governativi, che usare il terremoto per magnificare la prestanza e la generosità del premier era “sciacallaggio”? Ci si era limitati a pensare, magari, che fosse cattivo gusto, e la libertà di cattivo gusto, se non è sancita dalla Costituzione, è suggerita dal buon senso.

Quanto alla vignetta di Vauro trattata da casus belli e ridicolmente accusata di mancanza di “pietà per le vittime”, varrebbe il concetto di cui sopra: qualora la si ritenga di cattivo gusto, da quando il cattivo gusto è oggetto di censura? E quelli che, al contrario, affidano la “pietà per le vittime” a ben altri canali, magari privati, e apprezzano la ruvida intelligenza e la lunga coerenza professionale di Vauro, dovrebbero forse ingoiare il boccone della censura nel nome di una “informazione corretta”? Ma corretta da chi? Dal direttore del “Giornale”?

santoro1

b-osso1

bavag

bavaglio

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