E lo sputtanamentoooooooo!!!

Un duro commento del Wall Street Journal

E il Figaro ironizza sul premier e Carla Bruni

“Berlusconi in calo di popolarità

invischiato in un torbido scandalo”

Silvio Berlusconi

b-ss

“Un premier invischiato in un torbido scandalo sessuale, in calo di popolarità e con

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I casini di Berlusconi

Il quotidiano britannico cita un documentario, “Il Corpo delle donne”

che contrappone la grande Anna Magnani alle attuali veline, e parla di “nuovo femminismo”

Il Guardian: premier rischia per rabbia donne

Il Pais: si comincia a preparare il dopo-premier

Il giornale spagnolo ricorda il flop di ‘Porta a Porta’, la brusca discesa nei sondaggi
e accredita il ministro dell’Economia Giulio Tremonti come il più probabile successore di Berlusconi

Il Guardian: premier rischia per rabbia donne Il Pais: si comincia a preparare il dopo-premier

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

CRIBBIO! MI SONO DI NUOVO CAGATO ADDOSSO…

b-cagato

ROMA – Dalla stampa estera nuove critiche al presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Secondo il Guardian, “il ‘sexist’ (sessista) Berlusconi affronta

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Marco Travaglio

Papaveri e Papi

Che le cose si mettessero maluccio per il Cainano, lo si era capito del black out sulle reti Mediaset. Se non vince il padrone, le elezioni non esistono. Anche la faccia di Susanna Petruni, inviata embedded nel covo Pdl, parlava da sé: era persino più allegra quando annunciò lo share del Tg1 grazie ai morti del terremoto. Ma la certezza della sconfitta di Al Tappone s’è avuta quando, a Porta a Porta, ha cominciato a gracchiare la voce bianca di Mario Giordano. Il direttore del noto quotidiano satirico mostrava giulivo il suo titolone: «La rivincita di Berlusconi. Li ha mandati tutti a quel Pais». Battutona, con editoriale-marchetta «Più forte di crisi e gossip» e fantasmagorica proiezione che dava il Pdl al 38,5% («il Pdl cresce ancora»). In studio il più perplesso era La Rissa, che aveva appena ammesso la flessione. A tarda sera l’insetto concedeva al pover’ometto l’esame di riparazione: «Allora Mario, hai cambiato titolo?». E la voce bianca, in stato di ipossia: «Hanno mandato il Pd a quel Pais». Ri-battutona, con strepitoso occhiello: «Caso quasi unico nella Ue, la maggioranza tiene» (infatti l’unica destra europea che perde è il Pdl). Roba che neanche Forlani ai bei tempi. Si tratta dello stesso Giornale che venerdì titolava: «Pdl vicino al 45%. Sarà trionfo», con sagaci commenti sul «boomerang» delle critiche al padrone. Quasi commovente Roberto Napoletano, direttore del Messaggero del suocero di Casini: «Cresce l’Udc». Chi fosse preoccupato per lo stato di salute della stampa italiana, si prepari a quando Noemi sarà direttore del Giornale di Papi. Con la scorta.

L’EFFETTO CHE FA LA STAMPA “LIBERA” ITALIANA DI BURLESQUONI:

tortura

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Minca, al Pais si stanno davvero cagando

Un uomo solo al telecomando

MARCO TRAVAGLIO 06/06/2009

Silvio Berlusconi ha annunciato nel programma “Matrix”, trasmesso dall’emittente di sua proprietà Canale5, condotto da un suo dipendente: “Nei prossimi giorni farò un’azione mediatica per mostrare alla stampa straniera la vera situazione in Italia… La stampa americana ha fece bene a fare una campagna contro Bill Clinton: lui aveva mentito. Io no. Contro di me sono state dette solo calunnie e falsità”.

Il guaio è che Berlusconi, come diceva Indro Montanelli, il più grande giornalista che lo conosceva bene, “è un bugiardo sincero: crede alle bugie che racconta”. Ma questa volta ha fatto male i suoi conti, perché nell’ultimo mese ha mentito ripetutamente non solo alla stampa e alla tv italiane, ma anche a quelle straniere. Che, diversamente dalla gran parte di quelle italiane, non sono di sua proprietà. Dunque non sono abituate a prendere per buone le sue bugie. Per questo il Cavaliere è tanto nervoso: nelle ultime settimane la realtà che lo insegue da trent’anni minacciando il suo mondo virtuale, il suo Truman Show, gli si è pericolosamente avvicinata. E molte delle bugie su cui aveva edificato il suo successo imprenditoriale e politico sono andate in frantumi.

L’inizio della frana è iniziato con la sentenza di condanna in primo grado a 4 anni e 6 mesi dell’avvocato inglese David Mills, giudicato dal Tribunale di Milano colpevole di essersi fatto corrompere da Berlusconi con 600 mila dollari in cambio delle sue false testimonianze in due processi a carico del Cavaliere alla fine degli anni 90: quello per le tangenti pagate alla Guardia di Finanza che ispezionava alcune aziende del gruppo Berlusconi e quello per i fondi neri accumulati sulle società off-shore (64 in tutto, secondo la società di revisione Kpmg) create dallo stesso Mills, dislocate nei paradisi fiscali, occultate nei bilanci del gruppo e utilizzate per varie operazioni illecite.

Quella sentenza, che non ha potuto condannare Berlusconi come corruttore di Mills perché lo stesso Cavaliere ha sospeso i suoi processi per legge, è una “summa” della sua carriera imprenditoriale. E smentisce platealmente la sua immagine di self made man, di grande tycoon che si è “fatto da sé”. In realtà -secondo i giudici- Berlusconi pagò il silenzio di Mills per nascondere le illegalità con cui era diventato il padrone dell’editoria e della tv commerciale negli anni 80.

Tramite le società off-shore del comparto occulto All Iberian infatti, secondo i giudici, il Cavaliere pagò 23 miliardi all’allora premier socialista Bettino Craxi, autore di varie leggi su misura per legittimare il monopolio incostituzionale berlusconiano sulle tv private; finanziò prestanomi per controllare occultamente i pacchetti azionari di una pay tv italiana (Telepiù) e un’emittente spagnola (Telecinco) aggirando le leggi antitrust; versò svariati miliardi in nero al suo avvocato Cesare Previti, che li usava anche per corrompere giudici (compreso il giudice Vittorio Metta, autore di una sentenza comprata che nel 1990 sottrasse la Mondadori, il primo gruppo editoriale italiano, al suo legittimo proprietario, Carlo De Benedetti, per girarlo a Berlusconi);e così via.

Se Mills avesse detto tutta la verità, Berlusconi avrebbe rischiato una pesante condanna nel processo Guardia di Finanza, che si chiuse invece con la condanna dei manager berlusconiani Salvatore Sciascia (per corruzione) e Massimo Maria Berruti (per favoreggiamento), ma con l’assoluzione del Cavaliere per “insufficienza di prove”. Sciascia e Berruti, oggi, sono deputati nel partito di Berlusconi.

Non bastasse la sentenza Mills, ecco le inquietanti dichiarazioni di un’altra persona che il Cavaliere lo conosce bene, avendo vissuto con lui per ben 29 anni: la sua seconda moglie Veronica Lario, che ha annunciato il divorzio perché il marito-premier “frequenta minorenni” e “non sta bene”.

L’equilibrio mentale e le frequentazioni di un capo di governo sono fatti pubblici, non “gossip” come il Cavaliere e i suoi dipendenti sparsi nelle tv e nei giornali hanno tentato di qualificarli.

Tantopiù se il protagonista ha sempre mescolato la sua vita privata e quella pubblica per accreditarsi come marito esemplare con una famiglia modello, distribuendo addirittura fotoromanzi patinati ai suoi elettori. Tantopiù se è solito recarsi in udienza dal Papa, baciargli devotamente l’anello e proclamarsi “difensore della famiglia tradizionale di santa Romana Chiesa”. Professioni che mal si conciliano con le fotografie che lo ritraggono nella sua villa in Sardegna in compagnia di ragazze allegre e senza veli, per giunta aviotrasportate su aerei di Stato a spese dei contribuenti.

Lo stesso Berlusconi ha scelto di rispondere pubblicamente alle accuse della moglie, prima su Rai1, poi a France2, infine alla Cnn. Lì ha fabbricato varie versioni dei suoi rapporti con una ragazza napoletana, Noemi Letizia, che lo chiama “papi” e al cui 18° compleanno lui stesso ha preso parte a fine aprile. Ha raccontato di essere amico del padre della ragazza, Elio Letizia, messo comunale, perché “era l’autista di Craxi”. Falso: Letizia non è mai stato l’autista di Craxi. Ha raccontato di aver “visto Noemi tre o quattro volte, sempre in presenza dei genitori”. Falso: Noemi era con lui senza i genitori nel novembre scorso, a una cena ufficiale a Roma; ed era di nuovo con lui fra Natale e Capodanno, senza i genitori ma con un’amica, anch’essa minorenne, a Villa Certosa in Sardegna. Ha raccontato di aver conosciuto papà Letizia “oltre dieci anni fa”, cioè intorno al 1997-98 e Noemi “durante una sfilata di moda”: ma nel 1997-98 la ragazza aveva 6 o 7 anni e, per quanto precoce, difficilmente si esibiva in sfilate di moda.

Oltretutto Elio Letizia fa risalire l’amicizia al 2001, cioè a 8 anni fa, mentre l’ex fidanzato della ragazza giura che il Cavaliere non conosceva Elio, ma telefonò direttamente a Noemi per la prima volta nell’ottobre-novembre 2008, dopo averla vista in un book fotografico in abiti succinti. Resta da capire perché Berlusconi e Letizia non si decidano a dire la verità e, dunque, quale segreto nascondano.

Intanto si sgonfiano l’una dopo l’altra tutte le altre balle che hanno contribuito a consolidare il consenso berlusconiano. L’incauta promessa dell’immediata ricostruzione (“entro settembre”) della città dell’Aquila devastata dal terremoto si sbriciola contro la scarsità di denaro pubblico a disposizione e suscita le ire dei terremotati, rinchiusi nelle tendopoli sotto il caldo torrido. E l’idea di trasferire il G8 all’Aquila rischia di trasformarsi in un boomerang, con scene di protesta in mondovisione.

Anche la brillante soluzione dell’emergenza-rifiuti a Napoli si sta rivelando un bluff: i rifiuti sono accumulati, tali e quali, senz’alcun trattamento, in alcune discariche ormai esaurite, mentre il famoso inceneritore di Acerra (che non potrebbe comunque bruciare tutto), inaugurato in pompa magna nel mese di marzo, non è ancora funzionante. Intanto la magistratura indaga sui responsabili governativi dello smaltimento rifiuti per truffa allo Stato.

Le promesse di maggior sicurezza contro la criminalità sbattono contro la triste realtà del paese dell’impunità. Gli sbarchi dei clandestini dall’Africa, da quando Berlusconi è tornato al potere, sono triplicati. Il governo ha fatto ricorso a brutali respingimenti in alto mare, scontrandosi con l’Onu e col mondo cattolico.

Qualche giorno fa, la questura di Roma ha tentato di nascondere due stupri avvenuti in poche ore nella Capitale (ora governata dal centrodestra): solo quando i giornalisti, informati da fonti ufficiose, han cominciato a tempestare la questura, hanno avuto finalmente conferma dei due fattacci, con 40 ore di ritardo.

Intanto Berlusconi, che aveva annunciato per metà giugno una visita alla Casa Bianca su invito di Barack Obama, fingeva di “rinviare” la spedizione: in realtà non c’era alcun invito.

Stessa tecnica menzognera è stata adottata per la cessione del campione brasiliano del Milan, Kakà, al Real Madrid: tutti ne parlano da settimane, ma il Cavaliere (padrone del Milan) preferisce prendere tempo, per annunciare la notizia solo dopo le elezioni, temendo la reazione degli elettori milanisti.

Se i contraccolpi delle balle sgonfiate non si faranno sentire già alle elezioni europee, è solo perché l’informazione – salvo rare eccezioni – è saldamente nelle mani di Berlusconi. “Un uomo solo al telecomando” lo definiva Enzo Biagi, altro grande giornalista.

Negli ultimi giorni il premier ha imperversato sui teleschermi con decine di monologhi negli studi di emittenti pubbliche e private, violando le regole della par condicio, perlopiù intervistato da suoi dipendenti genuflessi.

Uno di questi, nel programma Mattino Cinque (su Canale5), l’ha addirittura ringraziato “per aver accettato di farsi intervistare”. Poi gli ha servito alcuni assist facili facili: “Perché la attaccano sul privato e la demonizzano?”, “perché il Times la attacca?”, “ci spieghi che cos’ha fatto il suo governo”. Il conduttore di Porta a Porta, su Rai1, in due ore di finta intervista senza domande, gli ha domandato mellifluo: “Presidente, perché secondo lei la sua vicenda privata ha influenzato in modo così anomalo la campagna elettorale?”.

Poi ha trasmesso un servizio sulla sua visita a Bari, un bagno di folla “quasi imbarazzante, il miglior antidoto ai veleni della politica”, con un “indice di popolarità oltre il 70%” che consente al premier di “buttarsi alle spalle le vicende personale e tuffarsi tra la gente, deciso a non mollare”. La direttrice dei servizi parlamentari della Rai, cioè del servizio pubblico, Giuliana Del Bufalo, al termine di un’intervista al premier, l’ha avvertito: “Ci resta un minuto, non c’è più tempo per altre domande”. E Berlusconi: “Posso sfruttarlo io?”. E la giornalista: “Si figuri, lei è il padrone di casa…”.

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L’italietta di burlesquoni

MENTRE MAFIOLO E I SUOI PAPPAGALLINI ABBURATTINATI CONTINUANO A INSULTARE CHIUNQUE E A SPARARE CAZZATE DELIRANTI, ECCO COME CI VEDE ‘EUROPA…

Editoriale del quotidiano finanziario britannico: “Rifiuta ogni critica indipendente”
Stampa e siti internazionali continuano a riprendere il silenzio del premier sulle “dieci domande”
Berlusconi “un pericolo per l’Italia”
l’affondo del Financial Times
El Pais: “Esecutivo più populista che mai, minata la credibilità italiana”

dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI

LONDRA – “Un pericolo” per l’Italia. Due grandi giornali inglesi, il Financial Times e l’Independent, usano stamane la stessa espressione parlando di Silvio Berlusconi, alla luce delle vicende che hanno recentemente coinvolto il primo ministro e del suo rifiuto di rispondere alle domande che gli ha posto la Repubblica.

Dopo i numerosi servizi dei corrispondenti da Roma della stampa britannica, e due editoriali molto critici verso Berlusconi apparsi sul Times di Londra, quotidiano filoconservatore, e sul Guardian, quotidiano filolaburista, oggi a occuparsi del caso sono il quotidiano della City, considerato l’organo di informazione più autorevole d’Europa, e l’Independent, che dedica alla questione un ampio ritratto del premier italiano su due intere pagine.

Silvio Berlusconi “non è chiaramente un altro Mussolini” e il suo potere non comporta il rischio di un ritorno al fascismo, “ma è un pericolo per l’Italia e un maligno esempio”, afferma l’editoriale non firmato, dunque espressione dell’opinione della direzione del giornale, collocato al primo posto frai tre commenti del giorno nella pagina “Op-Ed” (opinioni ed editoriali) del Financial Times, subito al di sotto del motto del Ft, “Without fear and without favor”, ossia senza timori reverenziali e senza fare favori a nessuno. “Mentre vengono poste pesanti domande sulla sua relazione con un’adolescente che sogna di diventare una star, domande che sua moglie è stata la prima a sollevare, Berlusconi si è rivolto contro il suo più ostinato interrogante, il quotidiano di centro-sinistra la Repubblica, ha lanciato velate minacce tramite un suo associato e ha cercato di invalidare le domande sostenendo che sono viziate da un pregiudizio politico. Egli ha mostrato simile belligeranza verso i magistrati che lo hanno giudicato corruttore dell’avvocato inglese David Mills, definendoli militanti di sinistra, sebbene il parlamento lo abbia reso immune dall’essere processato. E insoddisfatto anche di un così utile parlamento, ha detto che dovrebbe essere drasticamente ridotto a 100 deputati, mentre il potere del premier dovrebbe essere accresciuto”.

Il pericolo rappresentato da Berlusconi, prosegue l’editoriale del quotidiano finanziario, è di “svuotare i media di serio contenuto politico, rimpiazzandolo con l’intrattenimento, di demonizzare i nemici e rifiutare di accettare la legittimazione di ogni critica indipendente”. Il pericolo è “mettere una fortuna al servizio della creazione di un’immagine di massa, composta da affermazioni di successi ininterrotti e sostegno di popolo”. Che Berlusconi sia così dominante è “in parte colpa di una sinistra titubante, di istituzioni deboli e talvolta politicizzate, di un giornalismo spesso subalterno. Ma più di tutto è colpa di un uomo molto ricco, molto potente e sempre più spietato. Non un fascista, ma un pericolo, in primo luogo per l’Italia, e un esempio maligno per tutti”.

Il lungo articolo dell’Independent, firmato dall’ex corrispondente da Roma, Peter Popham, ricostruisce punto per punto tutti gli sviluppi della “Berlusconi’s story”, chiedendosi se un leader coinvolto in così tanti scandali, controversie e processi, possa finire per perdere il potere a causa di una vicenda apparentemente minore, come la partecipazione al compleanno di una ragazza diciottenne, riportata inizialmente in un trafiletto di giornale da Repubblica, ma poi gonfiata dalla decisione di Veronica Lario di chiedere per questo il divorzio, sostenendo che suo marito ha incontri “con minorenni”, che “non sta bene” e che “ha bisogno di aiuto”. L’implicita allusione dell’Independent è allo scandalo Watergate, anch’esso iniziato con una piccola notizia di cronaca, un apparente tentativo di furto nel quartier generale del partito democratico americano, ma poi terminato con le dimissioni di Richard Nixon. Il quotidiano londinese conclude che oggi Berlusconi è di fronte al “rischio reale” di perdere consensi alle prossime elezioni europee, particolarmente dopo le critiche espresse da alte autorità della Chiesa cattolica per il suo comportamento. La questione dei suoi rapporti con Noemi Letizia, afferma il giornale, “non è triviale”. Vivere in Italia oggi è “come essere intrappolati in un campo di lava che sta lentamente ma inesorabilmente scivolando giù da un pendio”. Gli scandali di Mani Pulite, anziché portare alla nascita di una rivitalizzata “Seconda repubblica”, hanno condotto a una “Età di Silvio e al lento ma costante degrado delle istituzioni democratiche della nazione”. Se il primo ministro può “mentire così spudoratamente” sulla sua relazione con una teen-ager, allora l’Italia “è in pericolo”.

Dal Paìs a Abc, tam tam sui media. E’ sempre vivo l’interesse su stampa estera e siti web di informazione internazionale sul’inchiesta di Repubblica e il silenzio di Berlusconi sulle dieci domande che il giornale ha posto al presidente del Consiglio. Così come ha fatto il Financial Times, anche in Spagna il quotidiano El Paìs dedica alla vicenda il suo editoriale. Notando che “la condotta politica e personale di Berlusconi mina la credibilità italiana”, e sottolineando come l’esecutivo guidato dal Cavaliere sia “più populista che mai”. “La sua relazione con una aspirante vedette della tv – prosegue il quotidiano spagnolo – gli è costata il divorzio e rivelato un clima decadente che pure la Chiesa ha iniziato a criticare”.

Il network americano Abc News, sul suo sito web si chiede se è vero che Berlusconi abbia avuto un “affair”, una relazione , con “una modella minorenne”. Il sito della maggiore tv Usa pone l’accento sulle tante incongruenze nelle storie raccontate dal premier e dalla famiglia Letizia e nota: “Nonostante il suo fermo controllo sulla copertura giornalistica italiana, le domande poste da Repubblica lo hanno in tutta evidenza scosso”.

L’agenzia di stampa Reuters dedica al caso un articolo del corrispondente dall’Italia Philip Pullella, in cui si evidenziano le reazioni dell’opposizione e della Chiesa e come Berlusconi stia cercando di contrattaccare anche in vista delle prossime elezioni europee e del G8 in Abruzzo.

Anche in Germania il tema è oggetto di attenzione. Sul del quotidiano conservatore Die Welt di oggi il corrispondente dall’Italia Paul Badde scrive che ” tutta l’Italia segue tra sdegno e divertimento il presunto affair di Silvio Berlusconi con una diciottenne. Anche quando alla berlina, è il premier dei cuori. Berlusconi incarna l’Italia reale, la speranza che non tutto deve essere sempre corretto e pulito pur di raggiungere l’obiettivo che ci si propone. Alle Europee – prosegue Badde – il suo partito si aspetta comunque un risultato da sogno attorno al 40 per cento. Alcuni voteranno per lui anche per compassione”.

Il principale quotidiano argentino, El Clarìn, scrive: “Nonostante lo scandalo della sua presunta relazione con Noemi, Berlusconi si presenterà come candidato testimonial alle elezioni europee”. “Comunque vada – aggiunge il corrispondente dall’Italia Julio Alganaraz – sarà un plebiscito. Pro o contro di lui”.

italietta

financial

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La destra non ha capito

Festival del giornalismo, il confronto tra Paìs e Repubblica
L’ultimo esempio, la censura degli ambasciatori ai giornali
“Tv, l’anomalia italiana
cittadini condizionati”

La “lectio” di Romano: “I blog non sono il futuro dell’informazione”
New media a confronto: “Il domani è nell’integrazione fra carta e web”
di LEONARDO MALA’

“Tv, l’anomalia italiana cittadini condizionati”

Javier Moreno
direttore di El Pais
PERUGIA – Finale intenso e affollato nella seconda giornata del Festival internazionale di giornalismo. A discutere sull’opinione pubblica italiana, sul suo effettivo peso, il direttore di El Pais Javier Moreno e di Repubblica Ezio Mauro. Un confronto a volte frustrante sulla disparità di condizioni democratiche fra le due penisole, sulla differente vigoria del dibattito politico interno.

Moreno non ha esitato a definire fondamentale la battaglia sostenuta dalla sinistra di Zapatero contro la Chiesa locale, schieratasi apertamente con le forze conservatrici e a quanto pare battuta inesorabilmente nell’opinione pubblica iberica, malgrado una ramificata e potente rete radiofonica. Moreno non ha esitato a definire “imbarazzante e unico nel suo genere” l’atteggiamento della diplomazia italiana che attraverso i suoi tre ambasciatori ha ufficialmente protestato contro El Pais, Washington Post e Guardian, colpevoli di aver pubblicato articoli critici nei confronti del governo Berlusconi.

Ezio Mauro ha esaminato la condizione critica della democrazia italiana, condizionata da un conflitto di interessi che viene reiteratamente banalizzato dal centrodestra e che aggrava le difficoltà della sinistra. Impossibile disgiungere la concentrazione di potere mediatico dalle cifre sull’elettorato di casa nostra: “Al 73 per cento i cittadini formano il proprio giudizio in base a quello che vedono in televisione. L’opposizione ha le sue colpe. Prima fra tutte la perdita d’identità, smarrita nel senso comune altrui. Siamo alla manipolazione della moderna agorà, una situazione che non ha eguali nel mondo. Non è inutile parlarne”.

Obiettivo reporter. Come in un film di James Bond nel mirino non c’è l’agente di Sua Maestà ma il cronista con la penna: 140 i giornalisti prigionieri, ottanta quelli uccisi, Paesi come Colombia, Birmania, Filippine dove scrivere il vero costa caro, carissimo. E poi c’è il dietro le quinte, i grossi inviati sbattuti tra le più remote lavanderie e i più angusti taxi (citando Stefano Benni), che pagano di tasca propria gli “sherpa” della notizia per scendere in strada a raccogliere informazioni e tanti non ne tornano.

Va in scena il giornalismo d’azione, quello che va al fronte cercando la guerra o che altrettanto pericolosamente resiste alla guerra in casa propria, come nel caso del colombiano Hollman Morris, produttore del settimanale televisivo Contravia, una delle finestre più indipendenti e coraggiose del giornalismo sudamericano. Nel suo Paese ci sono almeno 6000 connazionali impegnati a proteggere, armi in pugno, giornalisti, sindacalisti, politici inclini a denunciare le sopraffazioni del presidente Uribe.

Lo stesso Jean Francois Juillard, segretario generale di Reporters Sans Frontieres, denuncia i numerosi casi di cronisti costretti all’espatrio per le minacce ricevute, ridotti in miseria appena varcato il confine, complice una categoria professionale incapace di mobilitarsi per garantire almeno una testata online che ospiti i colleghi esuli.

Senza imbarazzi Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della sera, ammette i vantaggi dei giornalisti occidentali che, pur esponendosi in prima linea, hanno sempre la possibilità di prendere l’aereo all’indomani con un conto in banca più sostanzioso, rivendicando tuttavia la capacità di sintetizzare e leggere le mille immagini che piovono in rete dai piccoli display presenti nel mondo. E senza censure Maso Notarianni, direttore di Peace Reporter, ricorda il sacrificio dei mille cameraman, autisti, traduttori che perdono la vita sotto le bombe e che nessuno ricorda, un pegno dolorosissimo quando si indaga dal di dentro, sfruttando gli amici sul posto, gente che rischia la vita per il bene della verità senza nulla in cambio.

Sergio Romano e i blog. Meno enfatica la mattina, cominciata con la lectio magistralis di Sergio Romano sullo stato dell’informazione in Italia. La diagnosi di Romano, articolata in quattro punti, è partita ricostruendo la nascita tardiva del giornalismo nazionale in virtù del diffuso analfabetismo. Ritardi che si sono trascinati fino ai giorni nostri, quindi nella forte connotazione ideologica degli editori, nell’eccessiva ambizione letteraria dei giornalisti, con articoli pieni di incipit a effetto, metafore, note di colore e alto tasso d’imprecisione, infine nell’insistita rappresentazione di una politica frammentata, sintetizzata dall’intervista di Caio che insulta Tizio e viceversa.

L’aspetto più importante che ha coinvolto la platea è stata la netta presa di distanza dai blog, il più delle volte definiti faziosi, autoreferenziali, gratuitamente distruttivi nei confronti della politica. Al momento di specificare a quali blog alludesse (Beppe Grillo?) la risposta di Romano è stata però vaga, metaforica e tutto sommato imprecisa, perdendo forse l’occasione di individuare nel mancato antagonismo interno un eventuale limite dei blog, come se una buona verità possa scaturire solo dal contrasto di più forze contrapposte (redattore, direttore, editore), piuttosto che da un unico cervello, pur sottoposto al giudizio dei lettori. Il concetto di gruppo culturale, oggi inesistente ma da sempre motore di profonde innovazioni, comincia in realtà a farsi largo nel mondo dei blog, una salutare germinazione che sta producendo dei “multiblog”, ovvero redazioni giornalistiche a tutti gli effetti.

Le newsroom. Altro argomento all’ordine del giorno, le nuove forme di informazione che rendono obbligatoria un’integrazione. I giornali devono riorganizzarsi, rilanciare sulle varie piattaforme (carta, web, telefonini, tv) i contenuti. Ne hanno parlato Charlie Beckett (Polis, Londra), Paolo Liguori (TgCom), Marco Pratellesi (Corriere.it), Giuseppe Smorto (Repubblica.it), Erik Ulken (Los Angeles Times), Raffaella Soleri (Rai News 24). Ci sono resistenze culturali all’interno dei giornali, ma anche una certezza: l’unione fa la forza, un prodotto competitivo potrà nasce solo dall’integrazione delle forze.

Cambia e cambierà anche la formazione del giornalista. Non più l’attenzione esclusiva al testo scritto, ma alla capacità di offrire al lettore un prodotto multimediale: un articolo, un video, un audio, un testo illustrativo e naturalmente la possibilità di commentarlo. Tutti i grandi giornali del mondo stanno andando verso questa direzione.

°°° Secondo l’ennesima scimmietta di Mafiolo, sergio romano, noi bloggers non siamo il “futuro dell’informazione”. Sono d’accordo. Sono d’accordo sul fatto che questi dementi NON hanno ancora capito un cazzo. Per noi va bene così. Noi, non solo siamo il futuro, caro il mio pappagallino, ma siamo anche IL PRESENTE dell’informazione corretta in questo regimetto delle banane! Arrendetevi!

moreno

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