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Qualche verità (FATE GIRARE!)
Prendo spunto da un bel pezzo di Marco Bucciantini del 14 febbraio 2009
“E’ la svendita di un patrimonio allo straniero di Arcore, al razzismo leghista”, accusa la mia amica (e cugina onesta del prestanome di Mafiolo) Claudia Zuncheddu, sardista, che ha fondato i Rossomori, evocando Emilio Lussu e portando almeno una parte degli indipendentisti in appoggio a Soru. Il sostegno del sedicente partito sardo d’azione a Berlusconi è davvero STOMACHEVOLE: la bandiera dei quattro mori su sfondo bianco e croce rossa, a sventolare su Villa Certosa è il peggior simbolo della colonizzazione. E’ la fotografia dei sardegnoli invertebrati che vendono il culo per qualche briciola. Siamo di nuovo COGLIONIZZATI E RINCOGLIONIZZATI… La residenza del mafionano è il monumento che si è costruito in barba alle leggi, ai lavoratori, ai pensionati, ai milioni di nuovi poveri che il suo regime malavitoso e incapace ha provocato, e ai sardi onesti. La reggia di Punta Lada è anche un monumento all’abusivismo più mafioso, ma Tremonti condonò e la villa ora può essere mostrata nella sua interezza agli ospiti. Prima che il Cavaliere l’acquistasse era una semplice casa colonica, proprietà di Flavio Carboni, il faccendiere sardo coinvolto nell’omicidio del banchiere Roberto Calvi. Adesso è una provincia con il parco che ha rimpiazzato i sessanta ettari per il pascolo, poi l’anfiteatro, il campo di calcio, il bunker in caso di attacco nucleare da parte dei suoi pusher, i laghetti artificiali. I sardisti stanno dunque con il conquistatore. Il segretario del Psd’Az è Efisio Trincas, che quando era sindaco di Cabras fu indagato per abusi edilizi in zone di particolare pregio e chiese allo Stato italiano di tradurre l’atto in dialetto sardo, prima che gli fosse notificato. Un sardismo da barzelletta. Di lui si ricorda la battaglia contro gli omosessuali: eppure il Psd’Az si era sempre speso in difesa delle minoranze. Trincas è anche (passatemi il termine ardito) l’uomo che ha ucciso Cabras e le sue potenzialità.
UN COMITATO D’AFFARI
Dalle ambizioni personali di un gruppo che ha svenduto l’anima si passa al comitato d’interessi. Quello che vuole “togliere i lucchetti che Soru ha messo alla Sardegna”. Da 30 anni Berlusconi fa affari sull’isola e CONTRO LA SARDEGNA, grazie al domestico e prestanome Romano Comincioli, plurindagato (faceva da tramite con il suddetto faccendiere Carboni), assolto dalle leggi ad personam volute proprio per salvare l’amico di Arcore, e ripagato alla maniera solita di Mafiolo: con un seggio al Senato. La sua firma appare anche in cambiali passate a uomini della Banda della Magliana per poi finire nelle mani di Pippo Calò, il cassiere della Mafia. Ma non importa. Lui è l’uomo di fiducia di Berlusconi in Sardegna. E lo si è visto nello scorso turno elettorale. Forza Italia sull’isola ha due potentati: quello di Comincioli e quello di Beppe Pisanu. Il primo è strettamente legato per affari allo studio di commercialista del padre di Cappellacci, Giuseppe. Il secondo è nume tutelare del sindaco di Cagliari Emilio Floris: la scelta di candidare Ugo Cappellacci dimostra i rapporti di forza: Comincioli è un vecchio compagno di classe di Berlusconi che, si sa, tende ad affidarsi a questi sodali di lunga data. Ed è stato infatti il senatore a tessere gli accordi con i sindaci del nord dell’isola, scesi in campo per Cappellacci, nelle liste provinciali, a costo di sguarnire o comunque di complicare l’attività delle giunte comunali.
L’accolita intorno a Comincioli serve meglio al disegno di Berlusconi “contro la Sardegna dei vincoli”. Vuol prendersi la Regione, e con essa le terre che Soru ha provato a blindare. Fu il governo Berlusconi, nel 2005, ad impugnare davanti alla Consulta la salva-coste. Quella legge ha imbrigliato la mitica, faraonica Costa Turchese, evoluzione di quell’Olbia 2 che Berlusconi, Cappellacci sr. e Comincioli già avevano in mente a fine anni 70. Eccola, la loro oasi: 525.000 metri cubi di cemento su 450 ettari di terreno, 385 ville, due alberghi da 400 posti letto, 995 appartamenti in residence, 1 centro commerciale sulla costa nord-est. Tutto rispolverato allorquando il Tar rivelò un quadro normativo lacunoso sui piani urbanistici, sentenza che scatenò gli appetiti della Finedim di Marina Berlusconi, che ripropose l’idea, con una “chicca”: lo sventramento della spiaggia per realizzare un canale navigabile e collegare il mare con un porticciolo da costruire ex novo. Quel quadro normativo è stato puntellato da Soru, e si è impedita la violenta colata di cemento.
LA FIGLIA DEL SINDACO
Questo sbilanciamento sul gruppo Comincioli-Cappellacci, però, poteva erodere il consenso del Pdl nel capoluogo, dove Floris amministra in guerra con Soru, intento dichiarato la scorsa estate, in vista proprio delle elezioni: “Nessuna trattativa con il signor Renato Soru”. E così restano chiusi nel cassetto 220 milioni di euro di investimenti su Cagliari e oltre 1200 posti di lavoro. Una città paralizzata, con il Betile, museo regionale d’arte nuragica e contemporanea disegnato dall’anglo-irachena Zaha Hadid, rimandato a chissà quando. Cotanto zelo era l’annuncio di una candidatura di Floris, condivisa nel centro destra, e il sindaco poteva dunque essere mortificato dalla scelta di Cappellacci. Questo rischiava di compromettere l’impegno dello stesso amministratore nella campagna elettorale e intiepidire i fan del capoluogo. Berlusconi ha rimediato alla sua maniera: la figlia del sindaco è nel listino del presidente. E Rosanna è perfino commovente: “Fin da piccola volevo fare politica, ma l’ingombrante presenza di papà mi intimidiva”.
L’EDITORE
Nella foto di gruppo c’è anche un altro amico-servent del Cavaliere: “l’editore” Sergio Zuncheddu, altro candidato mancato ma meno rancoroso di Floris. Il sedicente editore pubblica il quotidiano di regime l’Unione Sarda, che da 4 anni picchia durissimo – seppure con uno stentato italiano – su Mr.Tiscali. Zuncheddu controlla anche le alcuni videocitofoni regionali che nessuno ci invidia, come “Videolina. Come il suo proprietario, parte dall’edilizia, dalle Città Mercato. A Capoterra, su un terreno che nel 1969 fu trasformato da paludoso a edificabile, e da avamposto di caccia dei cagliaritani si rivalutò enormemente, e che due mesi fa ha scontato con alluvioni e morti quell’affronto alle leggi della natura, Zuncheddu ha spadroneggiato con le centinaia di case costruite dalla sua cooperativa sullo stagno di Santa Gilla.
CAPPELLA
Ugo non è quella CACCHINA INESPRESSIVA degli spot sorridenti confezionati dal pubblicitario Gavino Sanna. È vaccinato ALLA MALAVITA pure lui: è stato per anni al comando della Sardinia Gold Mining: una grande truffa che ebbe nel 1998 in concessione dalla Regione il territorio dei comuni della Marmilla. Si cercava l’oro, e il prezzo
per la multinazionale fu ridicolo, mentre enorme è il danno ambientale, cui è difficile trovare argine, dopo il fallimento
della società mista di capitale italiano, canadese e australiano. Cappellacci è stato presidente per quasi tre anni di quell’impresa e si dimise nel 2003 per entrare come ragioniere nella giunta regionale guidata da Italo Masala: a fine mandato. Grazie alla sua abilità,
il debito della Sardegna sarà di 3 miliardi e mezzo di euro. Un record. Lo prende in cura Floris, e lo fa assessore al bilancio del comune di Cagliari:
e il bilancio va immediatamente in rosso.
ORA E’ TEMPO DI CACCIARLI VIA TUTTI, DAL PRIMO ALL’ULTIMO, A CALCI NEL CULO.
Bill Emmott
Parla Emmott, storico direttore dell’Economist. “E’ stato Berlusconi a fondere vita pubblica e vita privata. E sul padre di Noemi non ha detto la verità”
“Informare è una missione
premier indifendibile se mente”
dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA – “Porre domande a un leader politico, per un giornale, è non solo legittimo ma parte della missione di informare. E la distinzione tra vita pubblica e vita privata, nel caso Berlusconi, non si può fare, è stato lui per primo a fondere le due cose”. Bill Emmott, dal 1993 al 2006 direttore dell’Economist, il settimanale britannico che sotto la sua guida ha raddoppiato la tiratura fino a oltre un milione di copie e si è trasformato nel primo periodico globale del mondo, conosce bene Silvio Berlusconi.
L’Economist di Emmott gli dedicò una famosa copertina, in cui lo definiva “unfit to govern”, indegno di governare, a causa del conflitto d’interessi rappresentato dal suo impero mediatico e dei suoi numerosi problemi con la giustizia. Il premier italiano rispose definendo Emmott un comunista: sebbene del comunista, l’autorevole giornalista inglese, abbia soltanto una barbetta da Lenin. Adesso fa il columnist per il Guardian e scrivere libri best-seller: a proposito, rivela in questa intervista a Repubblica, il prossimo “sarà sull’Italia”.
Bill Emmott, dov’è il confine tra pubblico e privato, nell’informare sull’attività di un leader politico?
“La mia opinione è che il comportamento pubblico di un leader sia definibile dal suo ruolo di governo, dalle sue responsabilità, dalla consistenza delle sue azioni. Ritengo però che, quando sei un primo ministro che si atteggia a simbolo della nazione, come Berlusconi ha fatto fin dall’inizio della sua discesa in campo, con il suo presentare la sua vita come la ‘Storia di un italiano’, il confine tra pubblico e privato si confonde. Il privato non è più una faccenda riservata, quando lo usi per ottenere la tua affermazione pubblica. Berlusconi stesso ha incoraggiato i media a giudicarlo anche sotto la lente della sua vita privata”.
Il nostro giornale ha inoltrato all’ufficio del presidente del Consiglio dieci domande per fare chiarezza sulle contraddittorie dichiarazioni riguardo ai rapporti con la 18enne Noemi Letizia, con il padre della ragazza e alle parole usate da Veronica Lario nel chiedere il divorzio. Palazzo Chigi definisce le nostre domande una “campagna denigratoria”. E’ appropriato o meno, secondo lei, porre domande simili su una questione come questa?
“Assolutamente appropriato. Di più: è parte dei doveri di un giornale, della missione di informare l’opinione pubblica. E’ legittimo voler sapere che cosa lega il primo ministro a quella ragazza che ha appena compiuto 18 anni. Anche a me piacerebbe sapere la verità. E mi piacerebbe che la Chiesa ponesse a Berlusconi domande analoghe”.
Che lezione dovrebbe averci insegnato la vicenda di Bill Clinton e Monica Lewinski?
“Che i rapporti sessuali tra il presidente e la stagista erano affari loro, una faccenda privata tra due adulti consenzienti, ma il modo in cui il presidente li raccontava poteva costringerlo a dimettersi. Quando ero direttore dell’Economist, scrivemmo un editoriale in cui ci schieravamo per le dimissioni di Clinton. Non perché fossimo dei bacchettoni. Bensì perché era chiaro che il presidente aveva mentito, ripetutamente, parlando in televisione dei suoi rapporti con Monica e poi sotto giuramento in una corte di giustizia. Mentire alla nazione, sia pure su una vicenda privata, era a nostro avviso imperdonabile”.
E lo stesso principio si può applicare a Berlusconi?
“Per me sì. Non importa cosa c’è tra lui e la ragazza, tra lui e deputate o ministre che potrebbero avere ricevuto l’incarico come un premio: se anche così fosse, era uno scambio volontario tra adulti, anche se personalmente lo trovo disgustoso. Ma se il premier mente a proposito di quello scambio, e la sua menzogna viene provata, allora la sua colpa importa eccome e la ritengo indifendibile”.
Alcuni, in Italia, risponderebbero che un uomo che mente su un rapporto con una donna è sempre perdonabile.
“Ecco, se c’è una cosa che uno straniero fa fatica a capire dell’Italia è questa: il modo in cui Berlusconi può dire quello che vuole e nessuno si scandalizza. Per esempio, ormai sembra provato che ha mentito sul modo in cui ha conosciuto il padre di Noemi. Quell’uomo non è mai stato l’autista di Craxi, come ha detto Berlusconi. In un altro paese, basterebbe questo a suscitare una riprovazione generale. Da voi no. Non lo capisco”.
°°° Si è capito che Bill Emmott non è vespa e neppure rossella, ma nemmeno belpietro, feltri, giordano o liguori? Purtroppo, in questa italietta delle banane, giornalisti veri ne abbiamo davvero pochini…
l’emergenza sicurezza (ora davvero!)
La mattanza a Posillipo, il gioielliere malmenato, coltellate per un posteggio
Il crimine più illogico e brutale sembra dilagare nella quotidianità
I nuovi delitti a sangue freddo
l’escalation che spaventa l’Italia
di JENNER MELETTI
Bambini denutriti e macilenti che suonano la fisarmonica sui marciapiedi. Chiedono l’elemosina. Un uomo si avvicina, controlla quanti soldi abbiano incassato. I piccoli che hanno pochi soldi vengono picchiati, con pugni o bastoni. Non succede alla Centrale di Milano e i piccoli non sono romeni. “Succede – dice Giancarlo De Cataldo, giudice e autore di “Romanzo criminale” – nella Londra del 1840 e i bambini sono italiani. Li scopre Giuseppe Mazzini, che denuncia i mercanti di carne umana, italiani, che portano questi piccoli mendicanti nella capitale inglese. Per salvare i bambini organizza una scuola popolare”.
Certe notizie fanno paura. I ladri sorpresi in casa fuggivano subito, al massimo legavano a una sedia o chiudevano in bagno i padroni di casa. Ora spaccano le teste con mazze di ferro. I rapinatori di gioiellerie minacciavano puntando una pistola. Ora con il calcio della medesima massacrano il gioielliere. Ci si ammazza per un parcheggio.
Sono delitti che provocano terrore – dice la sociologa Chiara Saraceno – anche perché commessi nelle case, il luogo in cui ci sentiamo più sicuri”. “La violenza esplode – dice Gianrico Carofiglio, magistrato e scrittore – in chi non riesce a “nominare” e dunque controllare le proprie emozioni, prima fra tutte la paura”. E spaventano anche quei nomi stranieri, Mariu, Valentin, Calin. “Delitti efferati e assurdi – dice il sociologo Marzio Barbagli – sono sempre avvenuti. Tanti furti si sono trasformati in rapine o omicidi. Certo, la presenza di stranieri sul totale delle persone denunciate in Italia per omicidio è altissima: nel 2007 era pari al 42%”.
Nessuno vuole sentire parlare di “etnia”. “Non si possono attribuire responsabilità – dice Giancarlo De Cataldo – a un comportamento etnico. Ma quando parliamo di romeni parliamo di persone abusate per trent’anni da Ceausescu ed è nota la tendenza – che non riguarda certamente tutto un popolo – di riprodurre l’abuso subìto. Valeva anche per gli albanesi, ma ormai siamo alla terza o quarta ondata di immigrazione e le polemiche su di loro si sono placate. Io sono stato colpito dal delitto del parcheggio. Le nostre strade sono percorse da persone fatte e strafatte e la strada è il luogo dell’incontro uno a uno, faccia a faccia. Non ci sono mediazioni, lo scontro è diretto. In un generale clima di intolleranza, che tutti respiriamo, si aggiungono gli abusi delle sostanze e allora anche con una passeggiata ci esponiamo a un cocktail micidiale. E in questo clima di intolleranza chi arriva da fuori porta la propria specificità. I romeni? Dobbiamo riflettere su come erano visti gli italiani emigrati in America. Nel 1890, a New Orleans, due famiglie di italiani mafiosi furono accusate di avere ucciso il capo della polizia. La giuria assolse tutti. Appena usciti dal tribunale, furono linciati dalla folla. Erano “italiani”, questo bastava. Spero che con questo clima qualcuno non si metta a proporre nuove leggi. Ce ne sono già troppe e fatte male. Cerchiamo di fare funzionare il processo”.
Chiara Saraceno sta tenendo un seminario a Berlino. “Il terribile omicidio di Posillipo colpisce soprattutto perché commesso fra le mura di casa, dove hai il diritto di sentirti sicuro. Ricerche scientifiche hanno dimostrato che chi è derubato o aggredito fra le sue mura si sente violentemente offeso, molto di più rispetto a un furto o aggressione fuori casa. I romeni? Fra di loro c’è una quota di criminali: naturalmente arrivano non solo i più imprenditivi ma anche i più delinquenti. Ma questo non vuol dire che siamo di fronte ad una immigrazione di criminali. Là sono state aperte troppe prigioni e anche chi magari viveva rubando 3 galline ha scoperto che in questa Italia c’era tutto e tutto era a portata di mano. C’è allora chi vuole tutto e non ha freni. È un delitto che fa male, quello di Posillipo, per questa violenza allucinante e assurda. Ma non dobbiamo scordare che c’è chi uccide se guardi male o troppo bene la sua ragazza, c’è chi ti mette un cacciavite nella pancia per un posteggio rubato”.
Anche il magistrato-senatore Enrico Carofiglio è in Germania, impegnato alla biblioteca comunale di Francoforte nella presentazione de “Il passato è una terra straniera” ora tradotto in tedesco. “Proprio partendo da questo libro – dice – oggi abbiamo discusso della violenza che sembra la più assurda. Ma una radice c’è, in questa violenza. È l’incapacità, per molti, di verbalizzare le proprie emozioni. C’è chi non ha parole per chiamare la paura, la frustrazione, l’odio. Studi di criminologi hanno dimostrato che i ragazzi più violenti sono coloro che non sanno sentire e nominare le proprie emozioni: in loro si ostruiscono i canali della comunicazione, quindi dell’intelligenza. Chi non controlla la rabbia, non riesce a buttarla fuori, e arrivano le esplosioni di violenza. Questo vale anche per i più ricchi. Ma quando sei nel luogo più basso della gerarchia sociale, senza strumenti linguistici; quando certe parole fanno paura e fra queste ci sono proprio la paura, la debolezza, la diversità, quando non funziona la capacità di controllo, una delle alternative è la violenza incontrollata”.
Secondo il sociologo Marzio Barbagli bisogna evitare di “prendere un granchio”. “Il granchio è l’idea che solo certi immigrati possano compiere azioni che ci fanno rabbrividire, che certi gruppi nazionali siano “portati” per certi crimini. Posillipo è tragica ma non è purtroppo una novità. Tanti ladri sorpresi dai padroni di casa si sono trasformati in assassini. A me colpisce soprattutto il basso livello di preparazione di questi delinquenti. Hanno improvvisato, hanno trovato un imprevisto – la presenza dei proprietari – e hanno perso la testa. Bisogna ragionare invece sull’apporto dato dagli immigrati alla criminalità, che certamente è molto alto. Nel 1988, fra i denunciati di omicidio in Italia, gli stranieri erano il 6%. Dieci anni dopo sono saliti al 23%. Nel 2007 erano il 24%. Ma se guardiamo i dati del centro nord, scopriamo che negli stessi anni i denunciati per omicidio sono saliti dal 9% al 26% e, nel 2007, al 42%. Insomma, su 100 denunciati per avere ucciso, 42 sono stranieri e gli stranieri, in quello stesso anno, erano l’8% della popolazione. La statistica ufficiale ci dice anche che, sempre nel centro nord, in molti casi gli stranieri hanno ucciso altri stranieri. Nel 18% dei casi nel 1992 e nel 33% dei casi nel 2007. Ma quando uno straniero uccide uno straniero, fa meno notizia”.
°°° I meno distratti di voi ricorderanno che il mafionano e la sua cosca hanno “vinto” le elezioni – a lungo invocate – proprio su una EMERGENZA SICUREZZA che non c’era assolutamente e sul degrado dell’immondezza di napoli… provocato ad arte da Mafiolo medesimo, dai suoi uomini (tutti premiati) col concorso amorevole del “sistema” o camorra che dir si voglia. Come si fa a dimenticare ore ed ore di programmazzi e simil telegiornali che tutti i giorni ci massacravano le gonadi con la cronaca nera? Come posssiamo scordare il perentorio e martellante “dagli allo straniero” che ha instillato un odio razziale mai visto prima da queste parti? E come possiamo cancellare il ricordo dei danni fatti a Napoli e all’Italia tutta (specialmente all’estero) da un mafionano onnipresente che infangava Napoli e l’immagine dell’Italia… quando i termovalorizzatori erano pronti da mesi e i decreti di sgombero del pattume FIRMATI DA PRODI già mesi prima delle elezioni? Ma nei termovalorizzatori mancava sempre una vitina, un dado, un fusibile… che nON si trovavano mai! Ma per strada e davanti agli impianti c’erano i picchetti della camorra e delle comparse di merdaset che inscenavano proteste popolari fasulle. C’era – esattamente come ora – la disinformazione totale e la propaganda a tappeto. Questo è, amici miei. Siamo in pieno regime delle banane e NOI ne paghiamo il prezzo, mentre il mafioso ricostruito si rimpinza di soldi, di appalti, e appaga il suo misero ego con le passerelle tra i cadaveri che lui medesimo (coi condoni) e i suoi compagni di merende hanno provocato in Abruzzo. Però, mi raccomando, diciamole a bassa voce queste verità o rischiamo di svegliare l’opposizione (scusate il parolone). Amen.