Nervi a fior di pelle nella sede Pdl

Nervi a fior di pelle nella sede Pdl
di Natalia Lombardo

«Silvio non ha fatto campagna elettorale, ecco perché questo calo»: così una parlamentare del Pdl a caldo commenta quei due punti e mezzo persi rispetto alle politiche 2008. Nessun «comizio oceanico, la pancia del nostro partito si mobilita solo quando si muove il leader». E invece no. Le aspettative deluse provocano grande nervosismo nel quartier generale del Pdl in Via de l’Umiltà. Dopo l’una di notte si confermano le proiezioni Rai: 35 per cento al Pdl, 26,8 il Pd, boom della Lega al 9,5 che sta superando in Veneto. I dati che arrivano nella notte fanno scendere ancora il Pdl: una fortissima sconfitta per Berlusconi e il suo partito. Una perdita di 2,4 punti rispetto al 2008, quando il Pdl ha preso il 37,4. Già alle undici di sera le prime proiezioni Sky hanno fatto impallidire gli uomini del Pdl: 39 il Pdl, 27,5 il Pd.

I “colonnelli” pidiellini dopo la gelata del dato Rai sono scomparsi. Saliti al secondo primo piano e chiusi in riunione. All’una scende Denis Verdini arrabbiato: “Questi sono numeri al lotto! Noi abbiamo altri dati, questi conti non tornano”. Se la prende con “l’astensionismo al Sud”, Ignazio La Russa in tv mira sul Capo: “Berlusconi gli ultimi giorni ha fatto campagna elettorale per Pdl e Lega”. Scende Fabrizio Cicchitto infastidito: “Miglioriamo rispetto alle europee, facciamo un passo indietro sulle politiche 2008 per effetto dell’astensionismo”, ma “teniamo rispetto altri governi europei”. Ma sono due punti e mezzo: “Nel 2008 c’erano i pensionati di Fatuzzo con noi…”. Magra consolazione. Maurizio Lupi è scuro in volto, rassegnato su un “36%”. Capezzone aspetta impalato ma non lo intervista nessuno.

I nervi erano a fior di pelle già sul 39%, alle undici. Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, arriva all’insulto: alla domanda, posta da noi lungo la strada, se non si aspettavano qualcosa di piu’, urla: “ma stai zitta! Basta con queste domande, ma vai a fare il funerale a Franceschini”, attacca entrando in macchina. Piu’civile il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che considera “il 39 un buon risultato” e semmai lo preoccupa la “così bassa affluenza alle urne a Roma”.
Alla chiusura dei seggi nessuno si sbilancia, a via de l’Umiltà, fra buffet con pendette tricolori e telecamere, man mano cresce l’agitazione. “Se arriviamo al 40 per cento dopo questa campagna elettorale andiamo alla grande”, dice Beatrice Lorenzin, l’anti-velina del Pdl. Bonaiuti c’è ma non si vede.

Berlusconi è a Villa San Martino ad Arcore, con il figlio Piersilvio e, forse, anche Luigi, ultimogenito avuto con Veronica. Parlerà oggi, forse addirittura domani. Il traguardo sperato è il 40. Anzi, fino al giorno prima, (pur non potendolo fare) ha sbandierato il boom del “45 per cento”. Il premier ha rinviato il voto fino a ieri pomeriggio alle sei, quando si è recato al seggio 502 della scuola elementare Dante Alighieri di via Scrosati a Milano, dove votava anche mamma Rosa. Ad accompagnarlo Licia Ronzulli, una delle pupille candidate alle europee, e il candidato alla Provincia Podestà. Fuori dal seggio, nonostante il silenzio elettorale a urne aperte, Berlusconi fa campagna elettorale: “L’Italia avrà l’affuenza alle urne piu’ alta d’Europa”, quando di solito è il Belgio, che il Pdl sarà il partito piu’ forte nel Ppe, o su Kakà. E, già che aveva dei giovani davanti, la promessa-spot: «Da settembre partirà il piano casa per realizzare delle New Town».

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Un pizzico di verità

Frottole e calunnie
di GIUSEPPE D’AVANZO

Frottole e calunnie
Silvio Berlusconi, pur in questo momento difficile della sua avventura politica, dovrebbe trovare un maggior controllo per riconciliarsi con una realtà che, nei suoi monologanti flussi verbali, diventa ogni ora di più leggenda, fiaba, sceneggiatura da scrivere e riscrivere secondo l’urgenza del momento. Il premier deve fare questa fatica, se ne è in grado, nel rispetto soprattutto di chi lo ascolta (e anche di se stesso).

Da giorni, il premier urla a gola piena e in qualsiasi occasione propizia contro Nicoletta Gandus, presidente del collegio che ha condannato David Mills testimone corrotto dal premier. Berlusconi con ostinazione ne vuole screditare la credibilità, la reputazione, l’imparzialità e umiliandola, senza un contraddittorio, pensa di salvare la faccia dinanzi al mondo; di cancellare con la sola forza della sua voce onnipotente e delle sue frottole indiscutibili (e mai discusse dai media) l’illegalità che il processo Mills ha ricostruito e la serena indipendenza che ha ispirato il giudizio. Il premier, da anni e da tre giorni tutti i giorni, dipinge quel giudice come “un nemico politico”, come “un avversario in tutti i campi”, come “un’estremista”. I suoi avvocati sono giunti a rimproverare a Nicoletta Gandus “attacchi e insulti contro il premier”. Quali?

L’aver firmato un appello di “condanna della politica di repressione violenta e di blocco economico messa in atto dal governo israeliano nei confronti della popolazione palestinese” senza dire che la Gandus è ebrea e quell’appello era firmato da ebrei e “in nome del popolo ebreo”. Il capo del governo sostiene che quel giudice “ha dimostrato avversione nei suoi confronti”. La prova? La Gandus ha firmato un appello contro la legge sulla fecondazione assistita o, con centinaia di giuristi e accademici, un appello alla politica – a tutta la politica – per riequilibrare leggi che avrebbero distrutto “il sistema giudiziario e compromesso il principio della ragionevole durata dei processi”, come poi è stato. Da quell’appello vengono maliziosamente estratte, a proposito della legge berlusconiana che modifica i tempi della prescrizione (la “Cirielli”), due sole parole, “obbrobrio devastante”. Le due parole sono gettate sul viso della Gandus come se fossero state dette o scritte da lei e non dal presidente della Corte di Cassazione, Nicola Marvulli.

Nel corso del tempo, Berlusconi si è spinto fino alla calunnia. Al devoto Augusto Minzolini, neodirettore del Tg1, riferisce di avere un asso nella manica per dimostrare la faziosità di quel giudice. “Ho un testimone che ha ascoltato una conversazione tra il presidente del Tribunale Nicoletta Gandus, e un altro magistrato. La Gandus ha detto questa frase al suo interlocutore. “A questo str… di Berlusconi gli facciamo un c… così. Gli diamo sei anni e poi lo voglio vedere fare il presidente del Consiglio”” (la Stampa, 18.06.08). Dov’è finito questo testimone? Perché non ha mai raccontato in pubblico e a un altro giudice la volontà pregiudiziale della Gandus? Di questo testimone non si è avuta più notizia né nelle carte della ricusazione presentata dai legali del capo del governo né, dopo un anno, ora che Berlusconi è ripartito lancia in resta contro la magistratura.
Quel testimone non è mai esistito, quella conversazione non c’è mai stata. Berlusconi ha inventato l’una e l’altra di sana pianta calunniando il giudice milanese, mentendo a tutti coloro che lo hanno ascoltato e magari lo hanno preso sul serio.

La Gandus accoglie da anni in silenzio gli insulti del capo del governo, ascolta imperturbabile le frottole che sparge sul suo conto. Fa bene a tacere. Berlusconi chiede soltanto la rissa per superare le curve che lo stanno screditando (o rivelando). Il premier ci va a nozze nel discorso pubblico che si fa nebbia e rissa. Ne ricava la radicalizzazione del suo consenso, e questo è l’unica cosa che gli serve e vuole. E tuttavia, anche per Berlusconi, ci deve essere un limite alla manipolazione della realtà e proporgli quel limite, la necessaria coerenza delle sue parole alle cose, ai fatti, alla storia delle persone, deve essere fatica quotidiana di chi lo ascolta. Può continuare, il premier, a ripetere senza che alcuno lo interrompa di non aver mai conosciuto David Mills nonostante l’avvocato inglese abbia detto e scritto di averlo incontrato, per lo meno, in due occasioni? Quando Berlusconi verrà a spiegarci che la seconda guerra mondiale è scoppiata perché un dissennato Belgio ha invaso il distratto Terzo Reich? O che il Sole gira intorno alla Terra immobile? Può credere il premier di essere sempre nella poltrona bianca di Porta a Porta?


°°° Ed ecco, amici, dopo le minchiate di ghedini, di gasparri, di lupi, e di tutti i picciotti della cosca – A RETI UNIFICATE – il serio e documentato D’Avanzo ci porta un po’ di verità su questi attacchi volgari, mafiosi, e falsi di silvio berlusconi nei confronti di una giudice ESEMPLARE, corretta, e di onestà specchiata. Fate girare.

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Firmiamo tutti!

http://www.perilbenecomune.org/index.php?mod=petition

PETIZIONE POPOLARE

NON ABBIAMO BISOGNO DEL NUCLEARE
Al Presidente della Repubblica,
Al Presidente del Senato,
Al Presidente della Camera Deputati,
Al Presidente del Consiglio,
Ai Parlamentari tutti

Noi cittadini e cittadine italiane, visto il “Piano Triennale per lo Sviluppo”, approvato dal Consiglio dei Ministri, che lancia “il ritorno all’energia nucleare”, facciamo presente che:

a. Il popolo italiano ha votato a larghissima maggioranza, con i 3 referendum del 1987, l’uscita definitiva dell’Italia dall’avventura nucleare, come hanno deciso anche Austria e Polonia (che non hanno avviato le loro centrali già costruite), Danimarca, Grecia, Norvegia e Irlanda (che hanno rinunciato alla loro costruzione), Germania, Belgio, Olanda, Spagna e Svezia (che hanno deciso di non costruire più centrali nucleari nel loro territorio, puntando sulle energie rinnovabili).

b. Il nucleare non ci libera dalla dipendenza dall’estero: l’uranio è una fonte esauribile; per far funzionare le centrali dovremmo importarlo e il suo prezzo sta salendo ancora più rapidamente del petrolio: dal 2001 al 2007 si è moltiplicato per dieci.

c. Non esiste il nucleare “sicuro” e “pulito”: i reattori di “quarta generazione” sono previsti tra 25-35 anni (dopo il 2030, attorno al 2040); intanto il governo vuole costruire centrali di “terza generazione” che non hanno risolto né il problema della sicurezza ( non c’è solo Cernobyl, ma decine di incidenti gravissimi come quelli che hanno provocato 7 morti nelle centrali giapponesi tra il 1995 e il 2005) né di come smaltire le scorie che restano radioattive per centinaia e migliaia di anni.

d. La strada maestra sono le energie rinnovabili: Germania, Spagna, Austria, Grecia, Danimarca e tanti altri stati, europei e non, si stanno liberando dalla schiavitù del petrolio investendo grandi risorse sull’energia solare termica, fotovoltaica e a concentrazione, sull’energia eolica e sul risparmio e razionalizzazione degli attuali consumi. In Italia basterebbe coprire di pannelli fotovoltaici solo lo 0,1% (un millesimo) del territorio nazionale (utilizzando un decimo di tetti, pensiline, barriere autostradali ecc.) per soddisfare il 20% del fabbisogno nazionale di energia elettrica.

e. Il nucleare è fuori mercato, vive grazie a sovvenzioni statali e militari: Le stime Usa per i nuovi impianti danno il costo del kWh nucleare a 6.3 cent, addirittura il 20% in più dei 5,5 cent del gas o 5,6 del carbone (anche questi, peraltro, dannosi per la salute e l’ambiente). Per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush, nessun privato ci investe dal 1976. L’unico reattore in costruzione in Europa è in Finlandia, perchè quello stato carica sul proprio bilancio (dei contribuenti) smaltimento delle scorie e smantellamento finale della centrale (che costa quasi come la costruzione). Gli altri 8 stati che, nel mondo, investono nel nucleare, lo fanno, quasi tutti, per produrre anche materia prima per le bombe: Cina, India, Russia, Pakistan, Giappone, Argentina, Romania e l’Iran, attualmente nel mirino degli Usa, perchè non è suo alleato.

Perciò chiediamo ai massimi rappresentanti di Stato e Parlamento di non tradire la volontà popolare e non imboccare, con i nostri soldi, questo costosissimo vicolo cieco.

I firmatari sono informati, ai sensi dell’art. 13 decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 [Codice in materia di protezione dei dati personali], che promotrice della petizione è la lista civica nazionale PER IL BENE COMUNE con sede nazionale in Ferrara, Piazzale Stazione 15 , e che possono esercitare i diritti di cui all´art. 7 del codice della privacy scrivendo al responsabile del trattamento dati personali dott.ssa Benini Monia. I dati personali verranno trattati per le sole finalità della presente petizione.
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Firmatari: 29331

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Silvio Berlusconi, la storia vera

SILVIO BERLUSCONI

Secondo il Collodi, che ha raccontato le sue avventure, Silvio Berlusconi nasce in Brianza circondato da mobilieri. Nasce già calvo, con la testa a forma di supposta, ed un culo così (e ancora non aveva avuto rapporti col pool di Borrelli!). Suo padre Geppetto, umile ma onesto falegname, lo inquadra subito e decide di disfarsene, scaraventandolo nottetempo nel ventre di una balena bianca (madre di certi Arnaldo e Giulio) che stanziava nell’idroscalo di Milano. La balena, che non era scema, lo risputò subito. Così il povero falegname fu costretto a riportarsi indietro quel fagottino pieno di alghe, fondotinta, e gamberetti asfittici. Sulla strada del ritorno, lo mollò davanti al portone di un un convento di suore.
Da qui tutte quelle “zie pie”. Le suore lo inquadrarono subito e lo mollarono ad una agiata famiglia di stronzi, che lo inquadrarono subito e proprio per questo decisero di tenerlo.
Lo viziarono in maniera schifosa: 15 megaculle, di cui sei in Sardegna. Pannolini tagliati da Caraceni. Un’orchestra da camera che veniva tutte le sere da Lucerna, per la ninna nanna… A un anno, aveva orchestra da camera, camera, e telecamera personale. Il piccolo Silvio cresceva, solo di età, ed era molto vispo. Imparò subito a smentirsi e poi piano piano imparò anche a parlare. La sua prima parolina fu MIO, la seconda TUTTO, la terza COMPLOTTO, poi RIBALTONE , SONO INNOCENTE, GIUDICI COMUNISTI, LO GIURO SULLA TESTA DEI FIGLI (tanto non sono miei), e così via.
Intorno ai sei anni cominciò ad andare a scuola. Contrariamente agli altri bambini, lui si presentava davanti ai portoni delle elementari alle cinque del mattino: dormiva pochissimo (già sniffava coccoina) ed era fissato con le lezioni anticipate.
Studiava con buona lena, ma soprattutto coi suoi maestri preferiti, “il Piccolo e il Grande Maestro” li chiamavano. Il piccolo sembrava tale perché era gobbo. Soffriva di amnesie, questo glielo rendeva più simpatico ed era sempre pronto a difenderlo dalle malignità dei suoi compagni, i quali dicevano che quella del maestro, più che una gobba era una cupola. Silvio amava il Piccolo Maestro anche perché parlava poco, era sempre intento a scrivere: articoli, libri, memorie difensive… Eppoi, sembrava nato in un’aula, da un’aula, per l’aula. Se volevi pesci dovevi cercare nell’acqua, così come il luogo naturale per il Piccolo Maestro era l’aula. La cosa curiosa era che, anche se conosciuto come “Piccolo Maestro”, egli per età e spessore veniva reputato un “Grande Vecchio”. Soprattutto in un certo tipo di Aule.
Ma Silvio amava ancor di più il Grande Maestro, un simpatico toscanaccio che aveva la mania degli scherzi. Nascondeva l’oro nelle fioriere e, a volte, si presentava travestito da tipico muratore: cappuccio, grembiule, compasso, dossier per i ricatti e tutto il resto. Più che amarlo, lo venerava proprio. Il Grande Maestro aveva anche il vezzo di donare delle speciali tessere di merito ai discepoli più diligenti. Silvio ne fece incetta, per sé e per i suoi amichetti. Ma chi erano i suoi amichetti? Uno era uno spilungone particolarmente fedele, tant’è che si chiamava Giovanni, ma lui lo chiamava proprio Fedele. Come il suo cane. E come un vecchio cameriere che raccoglierà, molti anni dopo, e lo accudirà amorevolmente. Questo cameriere, uno spilungone siciliano, era stato già al servizio di numerosi altri potenti. Patologicamente, come vedeva un potente si scaraventava ai suoi piedi. Lingua a smeriglio, fiera espressione ebete, con Silvio si superò: agli altri padroni portava semplicemente cappuccino e giornale, a Silvio portava addirittura cappuccio, grembiulino, e telegiornale.
E lui, per ripagarlo, anziché Fedele lo chiamava col diminutivo affettuoso di Fede (era l’unica cosa che poteva diminuirgli in un contesto da subumano già ridotto ai minimi termini). Inoltre, divideva con lui il fard, la tintura per capelli, e le pernacchie che si levavano alte dal Paese e dal mondo intero.
Ma torniamo all’infanzia e agli amici di allora.
Silvio, fin da piccolo e forse proprio per gli oscuri natali, ha sempre amato molto la famiglia. In tutti i sensi. I suoi amici facevano parte della famiglia.
Dieci amici formavano una decina. Se gli serviva una commissione, mandava i suoi amici e gli amici degli amici: il mandamento, appunto.
Fedele gli portava i libri. Sempre. Anche più tardi. Anche se qualcun altro, non proprio amico, si faceva avanti per portare lui i libri, magari in tribunale, Fedele si impuntava e teneva i libri ben stretti o li nascondeva. Magari all’estero. Un altro amichetto stretto era uno spilungone di emigrato romano, si chiamava Cesarone. Con lui organizzarono un esilarante scherzo ai danni di una piccola orfanella: uno la faceva piangere e, mentre lei era distratta, l’altro le portava via tutto, le casette di Barbie e di Arcore, terreni, pinacoteche, tutto! Poi dividevano in due parti uguali. Che si prendeva Silvio.
Ma Cesarone riusciva a fare la cresta e rubacchiava qualcosa anche per sé.
L’amico più importante era però Bettino, loro lo chiamavano Bottino (perché era cicciottello).
Il suo vero nome era Benedetto, ma nessuno lo trovava attinente.
Tranne, forse, le piccole ballerine Anja, Sandrina, Ilaria, i nani, e gli yuppies degli anni ‘80. Lo spilungone Bettino era un vero mago e trasformava la merda in oro, aree agricole o demaniali in aree fabbricabili e giù lavoro per muratori e muratorini!
Trasformava le banche in istituti di beneficenza per gli amici e l’etere in migliaia e migliaia di miliardi; gli sciocchi in miliardari e i deficienti in direttori generali; i madonnari in architetti e le mignotte e i ritardati mentali in star della TV. Tutto quello che toccava diventava oro, in lingotti e no, e divideva tutto in tante parti uguali. Che si prendeva lui.
Ma Silvio era astuto e riuscì a raschiare non poco.
Anche se i suoi poteri erano a tempo, e si è visto, Bettino come Aladino aveva una lampada, e sfregava e fregava e sfregava… FLOP! Ad Aladino compariva un Genio, a lui uno scemo: LO SCEMO DELLA LAMPADA.
Ma lui lo chiamava Ugointini. E Ugo portava il Suo Verbo e le sue zoccole in giro per le televisioni e la stampa, mentre il suo padrone portava il Paese alla rovina, i miliardi all’estero, e le chiappe ad Hammamet.
Il tempo scorreva spensierato. Anche se a Silvio vennero delle impressionanti emorroidi, incurabili e dolorosissime, che gli facevano fare continuamente delle orribili smorfie a mo’ di satanici sorrisi. Diventò da allora un caso umano. Un medico, fratello del Signor No, che non essendo amico di Mike Bongiorno veniva chiamato semplicemente Signore, gli spalmava giornalmente un costosissimo unguento oleoso sul malloppo sanguinolento.
Di questo ebbe a vantarsi, molti anni dopo, dicendo di essere stato “unto dal Signore”. Vero!
A scuola prese tanti bei voti, sebbene molto più bassi rispetto ai suoi sondaggi, che però non bastarono per la promozione ed il padre adottivo fu costretto a comprargli la Licenza Elementare.
Al ginnasio, sempre con gli stessi amici, si candidò come capoclasse e dopo aver comprato i voti vinse l’elezione.
Subito cercò di annettersi altre classi e persino altri Istituti.
A comandare sul serio era però un lugubre spilungone che sedeva nell’ultimo banco a destra. Ma Silvio, abile già da allora nel lanciare il sasso e nascondere la mano, fece di tutto per far litigare lo spilungone Gianfranco col Preside. Prima lo mise contro un suo vicino di banco e alleato di Gemonio, un altro spilungone brufoloso e raffinato, proveniente (si vanta lui, ma non è vero) dalla scuola Radio Elettra, di nome Umberto: Silvio faceva i casini e dava le colpe agli altri. Classico. Intanto, le emorroidi continuavano a martoriarlo. E lui “sorrideva”. Che ci avrà da ridere?! Pensava la gente.
Come capoclasse durò molto poco, ma abbastanza per mettere l’intera scolaresca in una difficilissima situazione: quasi allo sfascio, poco amata e derisa dalle classi vicine e dagli altri Istituti. Lui però evitò le punizioni e si pagò i debiti coi soldi della scuola.
Al suo posto venne nominato uno spilungone, serio e taciturno, che girava sempre con una calcolatrice. Un certo Lamberto. Silvio non demordeva.
La colpa dei suoi disastri, comunque la dava agli altri. Se la prendeva con tutti: professori comunisti, Preside comunista, Consiglio Scolastico comunista, Gesucristo comunista, Provveditore comunista…
Invocava a gran voce nuove consultazioni e l’elezione diretta, a turno unico, del Preside. Minacciò di portare la sua gente in piazza, ma l’unica piazza che aveva era sulla sua testa. Alopecia.
E la sua gente stava all’Ucciardone, a S. Vittore, e all’Asinara.
E tutti gli dicevano, sì, sì, e lo lasciavano cantare.
Nel contempo, aveva iniziato a ripulire figurine sporche provenienti da loschi traffici… E a scrivere libri. Anzi, libretti. Al portatore. Cose di “famiglia”.
Il tempo passava e tutti crescevano. Tranne lui.
Suo padre dovette comprargli anche la maturità. Come premio, gli regalò anche una squadra di calcio (torneo dei bar). In effetti, Silvio, più che per lo studio, si sentiva portato per lo stadio. Provò a giocare anche lui. Amava scendere in campo. Amava il profumo dell’erba. Anche se, pur essendo vagamente razzista, preferiva il marocchino o il libanese in panetti.
Fece solo una partita e ne prese tante, ma tante, che dovette abbandonare al secondo minuto. Lo picchiò persino l’arbitro: uno spilungone canuto e col mento aguzzo di Novara, che aveva la erre moscia, ma le mani durissime.
Silvio non era molto amato, nonostante i sondaggi. E, per coprire i lividi, cominciò a truccarsi come Colombina. Così, vagava con la faccia color cacca e le manine bianche di chi non ha mai lavorato. Qualcuno cominciò a chiamarlo Ciprietta.
Si iscrisse all’università e i docenti ancora ne ridono. Comprò qualche esame in proprio, visto che suo padre era venuto a mancare, e visse felice da fuori corso. Si fidanzò con una spilungona alta 1.55 e, scoperto che il padre di lei era pieno di terreni agricoli nei dintorni di Milano, telefonò a Bettino per la solita magia (agricolo=edificabile) e sposò la latifondista. Intanto, alla compagnia si erano aggiunti due spilungoni siciliani, Marcello e suo fratello Alberto, che avevano portato con loro un sacco di amici e amici degli amici. In mezzo a tanta gente che levava gli occhi al cielo e non parlava neanche sotto tortura, Silvio si decise a cantare almeno lui.
Formò un’orchestrina dove Fedele suonava il pianoforte lui e cantava. A volte, si sedeva personalmente al pianoforte (lui pestava sui tasti bianchi, Gianfranco e “Er Pecora” pestavano i neri). I locali dove si esibiva, si riconoscevano dai tavoli vuoti e dal famoso cartello:
“NON SPERATE SUL PIANISTA”. Ma lui sorrideva…
Questa dei cartelli era una sua ossessione. Già da ragazzo, mentre studiava piano a scuola e pianoforte a casa, costretta dalle lamentele dei vicini, sua madre aveva esposto un cartello alla finestra: “VENDESI PIANOFORTE”.
Cinque minuti dopo, tutte le finestre del vicinato erano tappezzate da cartelli:
“ERA ORA!”, “MENO MALE!”, “L’HAI CAPITA!”. Comunisti di merda, fu il suo commento.
Tra una cantatina e l’altra, tra una magia di Bottino e l’altra, Silvio, sempre sorridente, si era fatto fare una procura in bianco da suo suocero per tutti quei terreni agricoli. Appena costruita Milano Due, intestò tutto a proprio nome, uscì un attimo per comprare del fondotinta e non tornò mai più.
Così, il giovane figlio del vecchio Geppetto, si trovò giovanissimo ad essere benestante. E sorridente. Il suo padre spirituale Don “budget” Bozzo (un prete povero… di umanità ma ricco di conti in banca) lo perdonò. Fu l’unica assoluzione della sua vita. Con l’amico Cesarone, visto che c’era, ripeté lo scherzo dell’orfanella e si cuccò la reggia di Arcore e tutto il resto. Come si dice?
AR CORE NON SI COMANDA… Ad Arcore sì.
A fine anni settanta, Bottino e Silvio, con l’aiuto del vecchio ma arzillo Grande Maestro e di alcuni amici siciliani, fanno la magia più grande di tutte e si ritrovano, ohplà! ricchissimi da un giorno all’altro.
Oltre alle emorroidi, Silvio, sempre sorridente, viene colpito da un’altra gravissima malattia: oniomania, dice il medico.
Comincia a comprare tutto, ma proprio tutto! Soprattutto televisioni.
E intanto, sorride e canta: ”Mammì, Mammì, Mammì / quaranta dì quaranta not “. E Borrelli in controcanto: “a San Vittur a ciapà i bott”…
Al contrario di quello spilungone di Bettino prima maniera, però, Silvio ottiene l’effetto contrario: tocca l’oro e questo diventa merda.
Nonostante le migliaia di miliardi che i suoi amici e gli amici degli amici gli hanno fatto trovare sotto gli alberi di Natale in Belgio e in Svizzera, là si usa, e nonostante i Presidenti delle banche italiane (messi lì da Bettino ) gli continuino a “prestare” altre migliaia di miliardi senza garanzie: mica sono usurai… Beh, gli affari non è che vadano proprio bene bene. Anzi!
Debiti con le banche, debiti coi fornitori, debiti coi collaboratori e dipendenti…
E tutto senza la minima concorrenza! Cioè: il padrone di un monopolio assoluto, protetto dal governo, che riesce a fallire! (Perché se soltanto le banche gli avessero chiesto di rientrare, eheheh: fallimento e manette sicuri!)
Insomma, se questo è un grande imprenditore, allora Liguori è un giornalista e Sgarbi è un uomo!
“Si è fatto da sé, perché Dio si è vergognato di fare uno così.” “Si è fatto sa sé?! Ma perché non si è fatto aiutare?”
Dicono i maligni.

Ma veniamo ai giorni nostri. Sì, per carità, abita in ville enormi, viaggia con l’aereo personale (anche dentro casa), dice di scoparsi le meglio fighe…
Ma dice anche un sacco di altre cazzate.
La verità è che continua a sorridere e noi sappiamo perché (anche la jena, poveraccia, ride); però, se venisse sottoposto alla MACCHINA DELLA VERITA’, questa riderebbe più di lui!
Con l’allontanarsi di Bottino e l’avvicinarsi di Di Pietro, bisognava muovere il culo. Altro che cazzi! Quindi, un anno prima di “scendere in campo”, comincia a costruire Forza Italia. E comincia a rubare già dal nome: FORZA ITALIA era il nome di una corrente della DC!
Ovviamente, giura e spergiura che lui non scenderà mai in politica. Gli basta conoscere gente ammanigliata (ammanettata?) molto in alto.
Ma perché aspettare? I soldi ci sono, gli uomini pure, tutti provenienti dallo stesso serbatoio CAF, PSI, PSDI, Onorata Società. “Abbiamo uomini e mezzi!” strilla, trionfante. Poi si scoprirà subito che erano solo “mezzi uomini”. Battezza le sue centurie “AZZURRI”, anche se, conoscendoli meglio, “MARRONI” sarebbe stato più azzeccato. Senza offesa per la cacca. E finalmente, confortato dai sondaggi di un giovane “fratello”, muratorino di Macomer e già domestico dell’on. Nonne, PSI, uno spilungone di un metro e sessanta, che fa miracoli col computer: i famosi MIRACOLI DI PADRE PILO, si parte!!! E senza parlare mai di politica, vendendo spot e sogni, vince le elezioni.
Adora “Uniplus” Pilo e gli invidia la maestria al computer. Lui è negato.
Silvio è l’unica persona al mondo capace di schiantare il proprio personal computer, con la semplice pressione di un tasto. Come? Data la delirante megalomania, titola qualunque documento col proprio nome e cognome.
Il PC vede sul suo schermo SILVIO BERLUSCONI e, appena il padrone gli impartisce l’ordine
“SALVA”, quello piuttosto esplode.
Ha una sua dignità il computer, mica è Giuliano Ferrara!
Eppure, lui sorride e dice “Mi conscienta”. Ancora?! ‘azz! Dopo che gli è stato consentito tutto e più di tutto?!
Dicono che è un venditore di fumo… Per me, lo compra il fumo, se non trova di meglio! Comunque, sparando un mare di coglionate da ciarlatano, vince le elezioni (con sei milioni di voti in meno dei “comunisti”).
“Un milione di posti di lavoro!” promette… e si perde subito persino il suo da Presidente del Consiglio, mentre i disoccupati aumentano di mezzo milione.
“Niente tasse.” E giù la lira a picco come il pisello di Formigoni e la Borsa
( -34%) tocca il fondo come il giornalismo di Fede e Liguori.
E lui sorride, manda in giro cassette precotte, ruba il fard alla moglie, e minaccia: ”Vi abbraccio tutti”. Arrivano i G7 a Napoli e lui parla, per due giorni, col pacco di quello spilungone di Clinton (più su non arriva nemmeno sulle punte), e dice le solite cazzate. Per fortuna, oltre a maltrattare l’italiano (Ah! I titoli di studio comprati…), non mastica una parola d’inglese, quindi Clinton al suo:
“Aiem veri content, bebi ailoviù, plisdongò, obladì obladà…” capisce che è un povero scemo e lo lascia perdere. Meglio continuare a flirtare con Veronica.
Certo, ha avuto delle giornate stressanti, Silvio. E nottate ancora peggiori.
Provate voi a dormire due ore e mezzo – tre per notte, con tutte quelle belle gnocche che bisogna scopare. Sono tutte giovani promesse dello spettacolo. E le promesse… almeno “quelle” promesse, bisogna mantenerle.
Ma mica solo mantenerle! Bisogna approfittarne! Una bottarella…
Quindi, solito copione: sorriso perenne, stop accesi (nel retro delle mutande) ma lei non lo sa, occhio languido sotto il rimmel, buon cibo, champagne ancora migliore:
“Ti ho vista in bassa frequenza. Lo sciai che hai della stoffa, bebi? Troppa. Perché non te la levi? Dài, sbarbina, mi conscienta, vieni qui sul sofà. Mettiti a mio agio.”
Poi finisce come sempre:
“Ma… Non capisco cosa mi sia successo… Forse è colpa dello stress… Ti giuro sulla testa dei miei figli (e quelli, giù a toccarsi le palle, fissi), è la prima volta che…che… Di solito sono un toro. Ohè, mi raccomando, che non lo sappia Fini! O peggio ancora BOSSI!!! Guai! Se mantieni il segreto, ti faccio fare uno show in TV e del cinema… Ti faccio fare una serie di film.”
Sempre così.
E paga pegno davvero. E il cinema italiano muore, la TV manda in onda spazzatura, e noi ci chiediamo perché. E la mattina, come se niente fosse, giù riunioni col polo. Anzi: Polo delle libertà (vigilate), delle solidarietà, del liberalismo, del garantismo, del buongoverno (degli altri), del sapone Asborno, bombole e lana d’acciaio…
Bisogna attaccare Scalfaro e, per non sbagliare, anche Scalfari; e bisogna assolutamente impedire che i giudici scoprano i nostri giochetti, passati e presenti, e i giochetti dei comparuzzi del nostro zoccolo duro CAF-P2-etc.
E quindi, delegittimare! Giudici assassini! Toghe rosse! Arrestano mio fratello Paolo- Abele? A morte Di Pietro! Borrelli comunista! Golpe!
Poi bisogna bonificare la RAI, le banche, gli Enti, i giornali… “Abbiamo tutta la stampa vera…ehm, comunista, contro!”
Praticamente DUE giornali: L’Unità e Repubblica.
Non dice che lui ha tremila giornali di merda che non compra nessuno! Invece di far rinchiudere i suoi scribacchini incapaci, chiude i giornali. E sorride. E si riempie di cerone color cacca. E le mani biancheee, da salma. Come Fede. Due maiali sfuggiti al barbecue.
All’estero si chiedono: che garanzie politiche può dare uno che passa due ore a truccarsi, due ore con Previti-Ferrara-Gasparri-Bondi a preparare un discorso sottovuoto in cassetta, un’ora per registrare, un’ora a spedire cassette alle tivvu e le successive QUINDICI ore a smentire quello che ha appena detto nelle cassette suddette? Ma all’estero, si sa, sono tutti comunisti. Lancia l’ennesimo slogan:
“Per contare di più in Europa!” Non se lo fila nessuno!!! Anzi!
In Europa e nel mondo LO SCHIFANO PROPRIO!!!
E intanto, padre Pilo continua a fare i suoi sondaggi:
“Lei preferisce votare Berlusconi o schiantarsi con la macchina contro il Pendolino lanciato?”
E Silvio vince nei sondaggi e sorride. E va in TV a tutte le ore a dire che lui vuole solo il bene del suo paese. E non dice che il suo paese è Arcore.
E dice sempre “La gente è con me” e si convince di avere 57 milioni di dipendenti. Ma ha solo 13 milioni scarsi di voti… Gli altri 42 milioni di italiani cosa fa, li licenzia?
E quello spilungone di Sgarbi, da Canale 5, continua con le sue dotte citazioni:
“Borrelli assassino, ti faccio un culo così! Pivetti lurida troia, schifosa komeinista del cazzo! – e, per la par condicio:- Bossi se l’è presa nel culo!”
E Silvio si gratta il culo e ride. E si trucca e quando ha finito di truccarsi l’immensa casa sembra molto, ma mooolto, più piccola.
E i primi tempi di Montecitorio? Ogni volta che lo incontrava, con chili di fondotinta abbronzante in faccia, “Er pecora” lo scambiava per un extracomunitario infiltrato e giù cazzotti!
E meno male che è caduto! Forse era troppo unto ed è scivolato.
Sennò, con questa mania dell’elezione diretta, del plebiscito, avendo ancora in mano tutti i media televisivi, sai che pacchia!
Silvio-ridens, non ha fatto in tempo a battere la dentiera giù dallo scranno presidenziale, che ha cominciato subito a strillare come un’aquila:
“Elezioni! Elezioni!!! Voglio la data! La data”!
Appena gli hanno confermato la data, ha cominciato a strillare:
“A che ora?! A che ora?!”
Era convinto di vincere ancora le elezioni, almeno quanto è convinto di essere un imprenditore! Ha raccolto i vecchi craxiani che sono sfuggiti a Di Pietro: Boniver, Manca, De Michelis, La Ganga. Quelli che si chiamavano “NON MOLLARE… il malloppo”. Adesso si chiamano “SINISTRA DELLA LIBERTA’… condizionale o su cauzione”. Si è comprato i fuoriusciti dalla Lega. A dicembre ‘95, Bossi era giustamente preoccupato e disse a Maroni:
“Bobo, ocio che il Berluskaiser sta comprando i nostri. Se continua così, alla Lega restiamo solo io e te.”
E Maroni, perfido:
“Tu e… chi?” Poi il cavaliere ha fatto il tirchio e Bobo è tornato tra i verdi; che sanno di dollari.
Il guaio è che, senza una legge antitrust ed una legge elettorale seria, con pesi e contrappesi, il sodale di Bottino: grazie ai voti dei malavitosi, di quelli che non vogliono pagare le tasse, di quelli che non hanno mai letto un giornale e se regali loro un libro si scocciano:
“Un altro libro?! Ma ce l’ho già uno!”, grazie a quelle milionate di spettatori ebeti di Castagna-Funari-Dallas, etc. magari torna a fare il Presidente del Consiglio!
E siccome questa volta sarebbe più forte di prima, molto più forte, non si accontenterà e vorrà essere Imperatore. E vorrà la sua faccia sui francobolli.
E l’otterrà. E chi cazzo glielo spiegherà alla gente che bisognerà sputare dietro, sennò… quando s’attaccano i francobolli?! Voleva fare un contratto con gli italiani, chi glielo scrive? Lucignolo? Il gatto e la volpe? Dice che venderà le sue tre televisioni… E chi gliela compra la RAI?! Giura di non dire mai più bugie, (ma lui le chiama: sonostatofrainteso) com’è vero che si chiama Sergio Cuccureddu… E’ entrato nella Bicamerale per azzerare sì i magistrati, ma soprattutto per entrare in Europa: non vede l’ora che arrivi la moneta unica, perché è convinto che se la prenderà lui…
Povero Geppetto. Poveri noi. Povera Italia.

N.B. Questo rcconto è tutto falso, l’ha scritto qualche fottuto comunista.
Avrei dovuto scriverlo io, ma sono arrivata tardi perché stavo finendo di lavare gli elicotteri di mio nipote. Comunque è tutto falso e se Silvio avesse degli amici, ve lo potrebbero dire anche loro.
Bastardi!
E comunque siamo nel 2008 e mio nipote, è riuscito per altre due volte a salvarsi dalla galera e a distruggere quasi tutto quello che avevano fatto i comunisti. Sì, è vero, ha rovinato anche l’Italia e gli italiani. Ma, siccome voi – lasciatevelo dire – siete dei fessi, dei coglioncioni, ve lo meritate!
Silvietto, dopo aver portato l’80% dei cittadini alla fame e dopo essersi fatto trapiantare dei topi morti sulla zucca, ha comprato milioni di voti, ha fatto qualche broglietto, ed è tornato a pararsi il culo a palazzo Chigi, alla faccia vostra!

Firmato
Una delle settantasette zie di Silvio.

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DER CRUCCHEN

Aids, dal Vaticano attacco al Belgio
“Intimidazioni contro il Papa”

Nota della Santa Sede: le parole di Benedetto XVI sul preservativo e l’Aids sono state usate ”da alcuni gruppi con un chiaro intento intimidatorio”. Il Parlamento di Bruxelles aveva condannato come ”inaccettabili” le dichiarazioni del pontefice.

°°° Ma questo è peggio di Mafiolo: riesce a stare sulle palle a tutto il mondo!

papaccio

ho-detto-di-no

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E chi se ne frega? (del papa)

Aids: Osservatore Romano attacca Belgio, ‘Voto Parlamento offende Papa’

03 apr 17:06 Cronache

CITTA’ DEL VATICANO – L’Osservatore Romano al contrattacco sulla bocciatura dell’intervento del Papa sull’Aids da parte del Parlamento belga. “L’ovvio e dovuto rispetto per un’istituzione di rappresentanza democratica – scrive oggi il quotidiano della Santa Sede – non deve far dimenticare quello altrettanto doveroso nei confronti della liberta’ di espressione di un’autorita’ religiosa”. Le parole di Benedetto XVI inutilita’ del preservativo, pronunciate dal Pontefice durante il suo recente viaggio in Africa, erano state ieri bollate dal Parlamento belga come “inaccettabili”. (Agr)

papocchio

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