Il cazzaro, la cosca e… la dura realtà

Conti Pubblici
COSA CI SARÀ DOPO LA CRISI
di Andrea Boitani e Massimo Bordignon

15.06.2009

E’ la peggiore crisi dagli anni Trenta. Ma è utile guardare più lontano nel tempo, per capire le possibilità del nostro paese, che oltretutto ha beneficiato meno della crescita precedente. Aumenteranno disavanzi e debiti pubblici, in particolare nei paesi avanzati. Si ridurrà la domanda Usa ed è illusorio contare sulla Cina per riavviare un modello fondato sulle esportazioni. Servirebbero una politica fiscale sempre più europea e riforme strutturali. Difficili da realizzare. Ma l’alternativa è una progressiva emarginazione dell’Europa. E dell’Italia.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, che la diritta via era smarrita”. L’incipit dantesco rappresenta un’eccellente descrizione della situazione economica attuale. La selva è davvero oscura: quest’anno il Pil mondiale si ridurrà dell’1,3 per cento; del 2,8 per cento negli Stati Uniti e del 4,2 per cento nell’area euro, del 4,4 per cento in Italia (il 5 per cento secondo BankItalia). Il tasso di disoccupazione, nell’area euro, salirà sopra il 10 per cento nel 2010: la peggior crisi dagli anni trenta. (1) Perché si sia persa la “diritta via” è ancora dibattuto. Sappiamo ormai tutto sui meccanismi della crisi finanziaria e della bolla del debito. Capiamo meno come vi si sia potuti arrivare, se per imbecillaggine dei controllori, esuberanza irrazionale dei mercati, cecità dei cantori del libero mercato o altro. Non sappiamo neppure quando qualche raggio di luce illuminerà la selva, se già alla fine del 2009, nel 2010 o ancora più lontano nel tempo. Per ora, gli unici segnali di conforto sono che la velocità di caduta del prodotto è diminuita e che le borse hanno un po’ recuperato, aiutate dall’inondazione di liquidità prodotta dalle banche centrali. Ma i prezzi delle materie prime e del petrolio sono in deciso rialzo, probabilmente per le strozzature presenti dal lato dell’offerta, e questo potrebbe far abortire la ripresa prima ancora che si consolidi. Forse, è però utile gettare uno sguardo un po’ più lontano nel tempo, anche per capire quali possibilità abbia un paese come il nostro, che oltre a essere uno dei più colpiti dal fallout della crisi, è anche quello che ha di meno beneficiato della crescita che l’ha preceduto.

FATTI

Intanto, nonostante che il dibattito si sia quasi esclusivamente concentrato sulla crisi finanziaria, all’origine della stessa c’è soprattutto una situazione di perdurante squilibrio internazionale, alimentato dagli Stati Uniti e dagli altri paesi che impiegano più risorse di quante ne producano, e della Cina e di alti paesi, petroliferi, ma non solo, che producono più risorse di quante ne impieghino. La bolla finanziaria aveva reso conveniente (e perciò possibile) il continuo afflusso di risorse dai paesi in surplus ai paesi in deficit, sotto la forma di capitali in cerca di rendimenti e, perciò, la perpetuazione degli squilibri mondiali. Con ciò era stata anche resa possibile una continua crescita della domanda mondiale, trainata dagli Usa, che, a sua volta, aveva consentito la crescita trainata dalle esportazioni di tanti paesi, asiatici ma anche europei, a cominciare dalla Germania. La crescita del valore della ricchezza finanziaria e del credito ha permesso l’espansione della domanda Usa, nonostante che gran parte dei redditi da lavoro siano rimasti costanti in termini reali per molti anni e la distribuzione del reddito sia divenuta sempre più squilibrata. Un fenomeno del genere si era verificato anche negli anni precedenti alla Grande Depressione, almeno negli Stati Uniti.
Per contrastare la crisi, gli Usa, che hanno pochi stabilizzatori automatici, hanno fatto ricorso a massicce dosi di stimolo fiscale discrezionale, il 2 per cento del Pil, al netto di quanto speso per i salvataggi bancari: il crollo della ricchezza finanziaria e il credit crunch minacciavano infatti di far crollare la domanda interna, che non poteva essere alimentata dallo smobilizzo di risparmi privati, ormai da tempo inesistenti presso il ceto medio e le classi popolari. In Europa, lo stimolo fiscale discrezionale è stato complessivamente più contenuto; il Fondo monetario internazionale lo ha di recente giudicato “nel complesso adeguato”, ma in Italia è stato quasi nullo: lo 0,2 per cento del Pil nel 2009. In Cina è stato annunciato uno stimolo di dimensioni simili a quello Usa: 2 per cento del Pil nel 2009 e nel 2010. Ma è difficile sapere in che misura la spesa effettiva corrisponderà agli annunci. Come effetto di questi interventi e della recessione, disavanzi e debiti pubblici cresceranno in tutti i paesi, e in quelli avanzati in particolare, fino a un livello massimo del rapporto debito su Pil del 140 per cento nel 2010, secondo le stime dell’Fmi. Nel marasma, una buona notizia per noi è che il differenziale tra l’Italia e i paesi europei “virtuosi” si va riducendo: mentre prima della crisi si prevedeva per il 2009 un differenziale di 40 punti tra Italia e Germania, ora si prevede un differenziale di “soli” 30 punti. Comunque abbastanza per frenare l’azione di stimolo fiscale “unilaterale” del nostro governo.

SCENARI

1 – Visto che la crisi è dovuta a squilibri internazionali, è probabile che il processo di aggiustamento spinga verso una loro riduzione. La domanda privata interna Usa si ridurrà e, con essa, le importazioni (la domanda pubblica, ammesso che compensi quella privata, dovrebbe essere meno import-intensive). Se verrà a mancare il traino Usa, sembra anche poco sensato contare sulla Cina per riavviare un modello fondato sulle esportazioni. Il Pil cinese è ancora troppo piccolo per trainare e non c’è alcuna garanzia che la Cina abbandoni, lei per prima, la via dell’export-led, che finora le è servito egregiamente.

2 – I paesi europei, presi singolarmente, sono troppo indebitati o troppo piccoli per potersi avventurare nel finanziamento in disavanzo di un volume di spesa pubblica aggiuntiva sufficiente a sostenere la domanda aggregata. Inoltre, c’è un problema di free-riding: un’espansione in un singolo paese, in un’economia fortemente integrata come quella europea, finisce per avvantaggiare soprattutto i partner commerciali, così disincentivando l’espansione stessa.

3 – Non è impossibile che gli Stati Uniti scelgano la via di un’inflazione controllata per bruciare un po’ di debito e di liquidità accumulati in questi anni. Un po’ di svalutazione del dollaro serve a riequilibrare almeno parzialmente i conti con l’estero. Ma gli Usa non possono permettersi un’eccessiva svalutazione della loro moneta se devono, come devono, continuare ad attrarre capitali dall’estero per finanziare i loro debiti interni. In Europa, la via dell’inflazione sembra comunque sbarrata dalla Bce e dalla tradizionale avversione tedesca; ma questo, a sua volta, impedisce una più coraggiosa politica di indebitamento da parte dei singoli stati membri.

4 – Non sembrano riscuotere grande consenso, né in Italia né in altri paesi europei, quelle manovre “intertemporali” che sarebbero capaci di dare credibilità al consolidamento della finanza pubblica nel medio periodo, a fronte di un più robusto stimolo fiscale oggi. Le raccomandazioni dell’Fmi e del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi vanno in quella direzione, ma rischiano di rimanere inascoltate. Sebbene i periodi di crisi siano quelli in cui sarebbe più necessario e utile fare le riforme “strutturali”, sembra che proprio in questi periodi governi nazionali siano più timorosi del solito e, perciò, incapaci di vincere le resistenze delle corporazioni.

5 – La crisi avrebbe potuto essere l’occasione per una politica più forte da parte dell’Unione Europea. Ma ciò non è avvenuto. Anche l’idea di una regolazione comune dei mercati finanziari stenta a farsi strada, nonostante le pressanti raccomandazioni degli organismi finanziari internazionali, mentre forme varie di protezionismo mascherato emergono in molti settori. L’idea stessa di mercato unico europeo è ora in difficoltà.

RISCHIO EMARGINAZIONE

Le conclusioni sono ovvie e un po’ sconfortanti. Servirebbe una politica fiscale sempre più “comunitaria” (cioè europea) e sempre meno nazionale. Una politica che, non potendo più contare sul traino delle esportazioni, insista di più su una crescita della domanda interna europea, eliminando le residue barriere agli scambi, soprattutto nei servizi, e sui grandi progetti infrastrutturali europei, provvedendo finanziamenti europei non solo simbolici, come per gli attuali progetti Ten. In questo senso vanno le proposte di molti. Peccato che sembrino di difficilissima realizzabilità. I risultati delle elezioni europee, con l’affermazione delle forze nazionalistiche e anti-europee, sono un pessimo segnale in questo senso. Eppure, non pare che ci siano molte altre possibilità, se l’obiettivo è quello di riuscire presto “a riveder le stelle”. Altrimenti, la progressiva emarginazione dalla storia dell’Europa, e con essa dell’Italia, sembra un rischio molto concreto.

(1) Imf, World Economic Outlook, aprile 2009.

NON SI VEDE LA FINE DELLA CRISI

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IL MALE DELL’ITALIA

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IL PESSIMO PILOTA GEORGE W. BUSH HA CREATO IL DISASTRO:
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Ho cancellato

Inavvertitamente (stavo ascoltando mia figlia) ho cancellato il messaggio di un certo Luigi. Dagli errori di ortografia è palesemente un signore di destra al quale è morta subito la maestra delle elementari. Sono tutti così. Qualche esempio da un quotidiano di oggi:

1) Cappellacci, ti abbiamo votato e tu in cambio non hai
dato un centesimo per i danni ai mobili degli alluvionati di
Pirri. In più non hai fatto il bando per il contributo affitti
mentre lo scorso anno è stato pubblicato a maggio. Tu sei
l’unico a sorridere.
Un elettore pentito

°°° E cosa ti aspettavi, votando il nulla assoluto?

2) Cara Vale, se ti vergogni di essere italiana perchè non vai
a vivere in Iran o giù di lì?
Un lettore

°°° E che bisogno avrebbe di andare così lontana? Da quando c’è il mafionano al potere stiamo già nel quarto mondo!

3) ■ Sono stufa di vedere ovunque africani, in tutti i parcheggi,
supermercati e nel Largo non si può passare perchè il marciapiede è occupato
delle loro bancarelle abusive.Ma polizia municipale dov’è?
Beatrice 84


°°° Cara razzistella ignorante, intanto: dovresti preoccuparti per i ragazzi che NON vedi… quelli escono di notte e NON per vendere qualche carabattola o tenere un parcheggio. E sono TUTTI BIANCHI E CAGLIARITANI! Gli africani che vedi tu sono TUTTI quelli che la cittadina di Cagliari ospita: qualche decina. La polizia municipale, dici? Indovina un po’ dov’è… a rubare lo stipendio, a chiedere mazzette nei mercati, al bar a grattarsi i coglioni. Ecco dov’è. Prenditela con questi inetti invece che rompere le palle a dei ragazzi che si fanno un mazzo così lontanissimi dalle loro case e dalle loro famiglie. Stronza!

4) ■ Per Vale che si vergogna di essere italiana per colpa di
Berlusconi. La vergogna è una cosa più seria, pensi alle mamme che non sanno cosa
far da mangiare ai figli quando hanno i mariti senza lavoro.
Quelle sì che sono cose serie e dolorose. La politica, di qualsiasi colore, lasciamola
da parte e pensiamo ad aiutare le famiglie in difficoltà.
Bruno Macis


°°° Ecco un altro genio, amici!

5) Il New York Times invece che occuparsi della giustizia
italiana farebbe bene a trattare il tema della giustizia
americana dove le persone vengono condannate a morte
senza nessuna pietà…
Un lettore

°°° Vero. Ma è anche vero che in Usa, come in tutti i paesi civili
i delinquenti come berlusconi e la sua cosca (dell’utri, previti, cuffaro, etc.) li mettono in galera per trent’anni… 30 anni per ciascun reato commesso dai suddetti: mafia, camorra, corruzione, falso in bilancio, aggiotaggio, inside trading, ecc. Pensa che pacchia per l’Italia se le leggi funzionassero così anche da noi!

6) Avrei un’idea: perchè non importiamo i politici dall’estero?
Noi qualcuno valido ce l’abbiamo, ma non li lasciano
lavorare! Io farei un Governo con Fini, Bossi, Di Pietro e Casini.
Ciascuno con la sua professionalità.
Facciamo fantapolitica?
Un lettore

°°° No, ciccio, fai solo pena. Escluso Di Pietro, persona seria e capace, gli altri sono legati a doppio filo con la mafia, la camorra, la corruzione. Che vuoi far governare a questi? Lo sai che la ex moglie di Fini e il suo segretario particolare sono indagati per un giro di DIECI MILIARDI fottuti alla sanità pubblica nella regione Lazio (quando il governatore era il fido Storace)? Bossi è al governicchio e vedi che cagate immani sta combinando… anche lui è pluricondannato per tangenti (e ancora lo devono beccare per i furti di miliardi alla Malpensa!), Casini ha inglobato nell’Udc i peggiori ladri, mafiosi e faccendieri del mondo, quelli sfuggiti a burlesquuoni… Ma di che cazzo parli?!

UN ELETTORE DI DESTRA SCRIVE AI GIORNALI

bonaiuti

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Pagliacci al palaghiaccio

bossi: al nord la lega farà il pieno di voti
Il gran finale della campagna del Pdl
Berlusconi: «Milano sembra africana»
Polemica indiretta con Fini: «C’è chi vuole una società multietnica, noi non siamo di questa opinione»

MILANO – Alle 19.10 il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi fa il suo ingresso al Palaghiaccio di Milano, dove è atteso per la chiusura della campagna elettorale a favore del candidato alla presidenza della Provincia Guido Podestà. Una volta strette le mani ai sostenitori nelle prime file, sale sul palco insieme a Umberto Bossi. La sala, che può contenere 2mila persone, non sembrava stracolma, anche se secondo gli organizzatori i presenti erano proprio 2mila. Ci sono il ministro La Russa e il governatore Formigoni. Dal palco Berlusconi parla dell’alleanza con la Lega («di ferro»), della giustizia («ripresenteremo la legge che impedisce ai pm di ricorrere in appello in caso di assoluzione»).

NO A SOCIETÀ MULTIETNICA – E non rinuncia a uno strale (indiretto) contro Fini: «C’è chi vuole una società multicolore e multietnica, noi non siamo di questa opinione». Il riferimento è al capoluogo lombardo: «Non è accettabile che talvolta in alcune parti di Milano ci sia un numero di presenze non italiane per cui non sembra di essere in una città italiana o europea, ma in una città africana. Questo non lo accettiamo» scandisce il premier. Pochi giorni fa Fini la risposta di Fini al Cavaliere: «Non credo abbia molto senso dire che si voglia o meno una società multietnica. In Italia e nel resto dell’Ue il numero degli stranieri è aumentato ed è destinato a salire ancora per ragioni demografiche».

CAMBIA GEOGRAFIA POLITICA – Berlusconi inizia l’intervento: «Ci saranno risultati strabilianti, cambierà la geografia della politica italiana». Poi espone gli «ultimi sondaggi», secondo i quali il Pdl è tra il 40 e il 45%. «Il governo è al 56% nell’apprezzamento degli italiani e il presidente del Consiglio al 74% – scandisce -. La Lega è oltre il 10%, ovviamente con delle punte elevate al nord». «Credo che questo sia il miglior governo della Repubblica, non per il suo presidente del Consiglio, ma per la qualità, la passione e la competenza dei suoi ministri».

RICORSO IN APPELLO – Berlusconi parla della giustizia, dicendo che è sua intenzione ripresentare la proposta di legge che impedirebbe ai pubblici ministeri di ricorrere in appello in caso di sentenza di assoluzione, «Per loro è un mestiere retribuito, per i cittadini è un disastro, per loro e la loro famiglia» dice. Quindi ribadisce che sarà portata avanti la divisione delle carriere tra giudici e pm.

ALLEANZA DI FERRO – Berlusconi parla dell’alleanza con la Lega: «è di ferro e di acciaio. Umberto è un compagno strepitoso, ci siamo telefonati tutti i giorni in questa campagna elettorale e ai nostri avversari non va giù questa alleanza di ferro. La promessa è che se si ritira uno si ritira l’altro. Ma Umberto mi ha detto “Col cavolo”! Siamo qui tanti anni ancora e fin quando Pdl e Lega saranno insieme per la sinistra non c’è nulla da fare». Ma davanti a Bossi il premier ribadisce quello che a Porta a Porta ha definito «un principio di democrazia» in merito alla decisione su chi, fra Lega e Pdl, si dovrà candidare per la presidenza di Lombardia e Veneto: «Il partito che ottiene più voti designa i candidati alla guida delle regioni». Infine l’attacco al Pd: «È ancora prigioniero della prassi immorale della prima Repubblica», quando i partiti chiedevano i voti e poi dicevano con chi si sarebbero alleati e cosa avrebbero fatto. «In Europa saranno come un pesce fuor d’acqua – aggiunge – e formeranno un gruppo isolato che nel Parlamento non conterà assolutamente nulla».

«L’ACCORDO LO TROVEREMO SEMPRE» – Poco prima, terminato un comizio in largo Cairoli, Bossi ha tenuto a sottolineare che il Pdl non supererà la Lega al Nord. Bizze tra «alleati di ferro». A una domanda sulla previsione fatta dal premier, replica: «Posso dirlo? Col c…». Al Palaghiaccio il leader del Carroccio, che ha preso la parola prima di Berlusconi, sceglie altri toni: «La Lega e il Pdl, Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, l’accordo lo troveranno sempre su tutto». Bossi annuncia una nuova iniziativa della Lega, dopo il federalismo: «Stiamo preparando le gabbie salariali e cioè dei salari che tengano conto del costo della vita. Garantiscono salari migliori per chi abita in zone come, per esempio, Milano dove il costo della vita è altissimo».

GOSSIP NON SPOSTA VOTI – In largo Cairoli Bossi aveva anche parlato delle «beghe di Berlusconi», dicendo che non sarà il gossip a spostare i voti alle elezioni e che comunque si tratta di «una pompatura della sinistra che ha smesso di avere idee buone e spara a zero». Il senatùr non ha però rinunciato a una battuta su Noemi Letizia. Commentando il tagliente giudizio di Calderoli («L’è gnanca tant bela ed è napoletana»), ha detto: «Sì, in effetti ci sono donne molto migliori». E alla domanda su che cosa chiederà a Berlusconi dopo il voto: «Con tutte le donne potevi darcene qualcuna. Io non guardo Noemi però, ce ne sono di migliori».

°°° Ancora una volta solo minchiate razziste, alleanze tra loro, gnocche scadute, gossip, sondaggi fasulli, attacchi alla giustizia (da parte di pregiudicati malavitosi) e… manco una proposta politica! Non una parola sullo sfacelo dell’Italia (creato da loro!) né su probabili soluzioni. A riprova che questi delinquenti sono lì solamente per non andare in galera, continuare a rubare tranquilli e fare disastri per tutti noi cittadini. Ma la stronzata più risibile è quella che pronostica il Pd “isolato” in Europa, mentre tutti noi sappiamo benissimo quanto siano isolati e schifati LORO, in Europa e nel mondo.

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

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Da Travaglio

Il reality show

Sui siti internet c’è da tempo una rubrica fissa dedicata ai «cappelli di Berlusconi». È una photogallery con le immagini del premier-pompiere, del premier-esploratore-artico, del premier-cow boy, del premier-giocatore-di-baseball etc etc. Ieri s’è aggiunta quella del premier-cuoco-delle-tendopoli. E presto la galleria sarà arricchita da un premier-primo-ufficiale nelle crociere sul Mediterraneo che ieri ha promesso ai terremotati abruzzesi. Sono cose che succedono qua da noi, a Berlusconistan, come la nostra povera Italia è stata appena ribattezzata dal Time.

La rubrica sui cappelli è nata da un’evoluzione di quella sui capelli, con una p, che fu inaugurata dallo storico trapianto del 2004 e dalla conseguente bandana che, per la gioia della famiglia Blair, andò a coprire i follicoli in fiore. Sono passati appena cinque anni, ma sembrano mille. La bandana creò un po’ di stupore. Oggi il premier potrebbe sistemarsi sul cranio la Nike di Samotracia o Mara Carfagna o, perché no?, Fabrizio Cicchitto e pochi ci farebbero caso.
Il travisamento è la condizione ordinaria del presidente dello Stato libero di Berlusconistan. A volte è fisico, ed ecco i cappelli, i capelli, il cerone e i tacchi a spillo, altre volte si estende all’intera realtà che lo circonda e, ahìnoi, ci circonda. A volte ha la funzione di nasconderla, la realtà, altre di obbligarci a distogliere lo sguardo da essa per rivolgerlo altrove. Scoppia il penoso caso-Noemi ed ecco un furibondo attacco al Parlamento, ai giudici, alla moglie e al composito fronte della «stampa comunista»: da Famiglia Cristiana al Financial Times. La crisi economica divampa ed eccolo – il giorno in cui il governatore della Banca d’Italia nella sua relazione annuale dà le cifre di un’autentica catastrofe – tra le consuete macerie abruzzesi. È un po’ nervoso. Forse teme che qualcuno, tra la folla, possa gridare qualcosa di inopportuno. Chissà. Fatto sta che sferra un attacco preventivo alla magistratura «eversiva» che vuole «cambiare il voto popolare». A cosa si riferisce? Niente. Riprende il controllo, cambia maschera. Ed ecco il cappello da cuoco e le promesse a vanvera. Gli allegri campeggiatori abruzzesi potranno proseguire la vacanza sul mare. Già, andranno in crociera. Sul Titanic.

Le cifre del naufragio parlano di una disoccupazione destinata a superare il 10 per cento. Di due milioni di precari che a fine anno resteranno senza lavoro. Di un milione e 600mila lavoratori che non avranno alcun sostegno se perderanno il posto. Di altri 800mila che devono sopravvivere con 500 euro al mese. E parlano, sia pure con molta prudenza, dell’inadeguatezza di una politica economica che ha trascurato le prime e più fragili vittime della crisi: i lavoratori precari e le piccole imprese.
Com’era naturale, il premier si è detto soddisfatto. Ha definito il discorso del governatore «molto berlusconiano». E subito dopo è rientrato nel camerino per preparare la prossima puntata di quello che l’organo del Partito comunista americano, il New York Times, ieri ha definito «un reality show».

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Da Travaglio

La Camera degli imputati

Tira una gran bell’aria, in Sicilia. Il viceministro Gianfranco Miccichè (Pdl) dà del «farabutto» al coordinatore regionale del Pdl, Giuseppe Castiglione, già condannato in primo grado per turbativa d’asta a 10 mesi per gli appalti truccati dell’ospedale di Catania. Il governatore Raffaele Lombardo, indagato per abuso d’ufficio con Cuffaro dell’Udc (hanno messo in piedi un ufficio stampa di 20 giornalisti, tutti capiredattori, roba che nemmeno la Casa Bianca), azzera la giunta e ne fa una nuova. Continuerà a farne parte l’assessore ai Beni Culturali, Antonello Antinoro (Udc), indagato per voto di scambio mafioso nel silenzio dei due magistrati antimafia, Russo e Ilarda, che fanno parte della stessa giunta. Antinoro è pure candidato alle Europee: se tutto va bene, lo esportiamo a Strasburgo. Per non farci mancare nulla, Piercasinando ha riportato alla Camera l’ex governatore siciliano Giuseppe Drago: l’anno scorso, quando fu eletto, era già stato condannato in appello a 3 anni per peculato, con interdizione perpetua dai pubblici uffici (nel 1998 scappò con la cassa dei fondi riservati al governatore, poi disse di averli spesi in beneficenza, ma non era vero). Ora la Cassazione ha confermato condanna e interdizione, portando a 17 il numero dei pregiudicati nel Parlamento italiano. Ma, anziché mettere Drago alla porta, la giunta per le elezioni della Camera ha avviato una lunga procedura per vedere se sia il caso di eseguire una condanna definitiva (per Previti impiegò 2 anni). Intanto prosegue il dibattito nel Pd per vedere se sia il caso di allearsi con l’Udc. Auguri.

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Belle notizie

Scattata in Brasile l’esecuzione di una sentenza che difende le terre degli Indios
Per la prima volta sono i latifondisti
a essere cacciati dall’Amazzonia

Tensione per l’allontanamento forzato dei grandi coltivatori. Il governatore: «Diventerà uno zoo umano»

La scheda sui popoli indigeni che abitano nella zona di Raposa-Serra do Sol

Prima di lasciare le loro proprietà bruciano tutto, per non lasciare niente agli Indios. Per la prima volta a essere cacciati dalla loro terra, nell’Amazzonia brasiliana, non saranno gli indigeni: sono loro ad avere vinto, per la prima volta, una battaglia legale che riconosce i loro diritti e vieta ai latifondisti di frazionare un’altra fetta di foresta. A dover fare le valige, con le buone o con le cattive, sono i bianchi. Scaduta la data limite di 45 giorni per il ritiro volontario dei non-indios, la polizia federale brasiliana ha infatti cominciato le operazioni di espulsione dei grandi coltivatori di riso (arrozeiros), dei latifondisti e dei contadini che ancora occupano abusivamente la terra indigena Raposa/Serra do Sol, nello stato amazzonico settentrionale di Roraima.

LA RESISTENZA DEI LATIFONDISTI – Il capo degli “arrozeiros”, Paulo Cesar Quartiero, accusato di molteplici episodi di violenza contro i nativi locali e di danni all’ambiente, ha resistito quasi 12 ore allo sgombero opponendosi a una pattuglia di 25 agenti. La sua Fazenda Providencia, riferiscono i giornali brasiliani, è stata assegnata dal “tuxaua” (capo indigeno) Avelino Pereira della comunità di Santa Rita a dieci famiglie di nativi che vivranno di agricoltura. Le autorità locali stimano che il ritiro forzato degli occupanti da Raposa si protrarrà, tra le tensioni, almeno per due settimane.

LA DECISIONE DELLA CORTE – Con una decisione che avrà ripercussioni anche sulle terre indigene ancora da demarcare, il Supremo tribunale federale brasiliano si era pronunciato a metà marzo per l’allontanamento dei bianchi confermando l’omologazione in area continua e senza frazionamenti di Raposa, 1,7 milioni di ettari abitati da 17.000 indigeni Macuxi, Wapixana, Ingariko, Patamona e Taurepang, già firmata dal presidente Lula nel 2005 a conclusione di un iter legale durato quasi 30 anni.

IL GOVERNATORE: «DIVENTERA’ UNO ZOO UMANO» – A peggiorare le cose è intervenuto anche il governatore di Roraima, José de Anchieta Júnior, da sempre contrario ai diritti degli Indios. Nelle dichiarazioni al quotidiano “Globo” non ha certo nascosto il suo disappunto per la decisione della Corte suprema: « Non pretendo nè voglio discutere oltre. Ne abbiamo già parlato a fondo. La riserva indigena di Roraima si trasformerà in un autentico zoo umano. Senza contatto con i Bianchi, quelli che vedremo vivere là saranno animali umani».

NUOVE INSIDIE PER GLI INDIOS – Nella sentenza ci sono comunque alcune clausole che potrebbero avere gravi conseguenze per gli Indiani in tutto il Brasile. I giudici della Corte Suprema hanno infatti stabilito che i governi federali dello stato brasiliano – alcuni dei quali notoriamente anti-Indiani – dovrebbero essere coinvolti in modo più attivo nei processi di demarcazione dei territori indigeni. La loro partecipazione potrebbe rendere le demarcazioni più lente e difficoltose. La sentenza sancisce anche che i popoli indigeni non debbano essere consultati su progetti di sviluppo che, pur riguardando le loro terre, vengano dichiarati “di interesse nazionale”. I giudici hanno anche stabilito che i territori indigeni che sono già stati demarcati (e mappati) non devono essere ampliati. Questo preoccupa in modo particolare tribù come i Guarani, a cui sono state riconosciute legalmente solo piccole aree di terra prima della costituzione del 1988 che garantisce i loro “diritti originali” sulle terre ancestrali. Ana Paula Souto Maior, avvocato della ONG brasiliana ISA (Istituto Socio Ambientale), ha commentato: «Alcune di queste condizioni sono allarmanti e non resta che vedere che tipo di impatto potranno avere sui numerosi territori che ancora aspettano di essere demarcati o ampliati».

Stefano Rodi

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Fatevi due risate, senza cannoli

Stipendio di Obama inferiore a quello di deputati siciliani

L’emolumento annuale del Presidente degli Stati Uniti d’America ammonta a 400.000 dollari più i benefits. Lo Stato della California, che vanta un prodotto interno lordo fra i più alti del mondo (settimo posto), concede al governatore, Arnold Schwarzenegger, 162.598 euro lordi l’anno, un poco più della metà gli altri governatori statunitensi (88 mila euro circa).

I consiglieri delle assemblee legislative italiane superano abbondantemente queste cifre. In Sicilia, per esempio, le istituzioni sono molto più generose sia nei confronti dei deputati regionali, quanto verso i Presidente dell’Assemblea e della Regione. Antonio Stella, autore della Casta, riferisce che il presidente della Provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder, porta a casa 320.496 euro lordi l’anno, circa 36.000 euro più del presidente degli Stati Uniti.

Le spese correnti di Palazzo Madama, nel 2008, sono salite di quasi 13 milioni rispetto al 2007 per sfondare il tetto di 570 milioni e mezzo di euro, annota diligentemente Stella. “Un’enormità: un milione e 772.000 euro a senatore”.

Grazie al parametro con il Senato le spese dell’Assemblea regionale siciliana seguono la stessa sorte, o quasi.

La lievitazione della spesa nei Palazzi delle istituzioni è stata stimolata anche

Dalle nuove pensioni, o vitalizi, assegnati ai 57 parlamentari che non sono stati rieletti. 7.251.000 euro sono stati concessi generosamente agli ex senatori a titolo di «assegni di solidarietà». Così piangono con un solo occhio.

Si può dubitare di tutto nei Palazzi, ma non della solidarietà: su questa non si transige. Clemente Mastella ha ricevuto un «assegno di reinserimento nella vita sociale» di 307.328 euro, Armando Cossutta 345.600 euro, Alfredo Biondi 278.516, Francesco D’Onofrio 240.100.

E questo al senato. Quanto alla Camera, è ancora Stella a farcelo sapere, non sono stati da meno in quanto a solidarietà verso i colleghi. Angelo Sanza ha ricevuto una specie di premio di consolazione, consistente in un accredito bancario di 337.068 euro oltre al vitalizio mensile di 9.947 euro per dieci legislature “teoriche”. Grazie alle consultazioni elettorali anticipate, infatti, gli anni di attività dei parlamentari sono di gran lunga inferiori.

“Il verde Alfonso Pecoraro Scanio, andato a riposo a 49 anni appena compiuti con gli 8.836 euro al mese che spettano a chi ha fatto 5 legislature pur essendo stato eletto solo nel 1992: 16 anni invece di 25. Il democratico Rino Piscitello: 7.958 euro per quattro legislature nonostante non sia rimasto alla Camera 20 anni ma solo 14”.

Quirinale, Senato, Camera, Corte costituzionale, Cnel e Csm costavano tutti insieme nel 2001 un miliardo e 314 milioni di euro saliti in cinque anni a un miliardo e 774 milioni. Nel 2007 gli organi istituzionali italiani sono costati un miliardo e 945 milioni. Nel corrente anno è stato calcolato che la cifra aumenterà, alla faccia del taglio alle spese della politica, raggiungendo la cifra di un miliardo e 998 milioni. (Quel dispettoso di Stella avverte che la regina Elisabetta ha tagliato del 61 per cento le spese).

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha deciso una svolta di buonsenso al Quirinale, adottando alcune misure che potrebbero avere il valore di una moral suasion “forzata”.

Il segretario generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, ha scritto al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che il Quirinale non utilizza la possibilità di adeguare il suo bilancio al tasso dell’inflazione. La qualcosa significa che taglia le spese, una decurtazione consistente di 10 milioni e 456 mila euro nel biennio 2010-11.

«Il deciso ridimensionamento delle previsioni del fabbisogno, comunica il segretario generale del Quirinale, è stato reso possibile dal programma di contenimento della spesa, in ogni sua componente, avviato su impulso del Presidente per concorrere al risanamento dei conti pubblici ».

La riduzione delle spese è stata ottenuta attraverso il turn-over, la riduzione del personale distaccato e comandato, la cessazione dell’allineamento automatico delle retribuzioni a quelle del Senato e una riorganizzazione amministrativa.

Scostandosi dal parametro con il Senato e decidendo una piana autonomia amministrativa nella contrattazione con il personale, i risparmi potranno essere mantenuti. Altra novità, l’aggiornamento periodico sul sito internet del Quirinale delle informazioni sulle spese correnti.

Il parametro con il Senato è stato finora mantenuto dall’Assemblea regionale siciliana con il Quirinale. Le scelte di Napolitano lasciano il Parlamento regionale come unica istituzione che lo utilizza.

Siccome ci troviamo alla vigilia della presentazione del bilancio interno dell’Assemblea, presto sapremo che cosa faranno in Sicilia, sia sul fronte dei tagli alla spesa per la politica e le istituzione quanto sul fronte della trasparenza. Una materia che vede in coda il Parlamento regionale.

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