Papi, Cicci, Giampi, Lillo e Lalla

Yacht, donne e politica. Il mondo di «Cicci»
di Federica Fantozzi

Chi sono le ragazze sul Magnum di Berlusconi in procinto di trascorrere lo scorso Ferragosto a Villa Certosa? È caccia ai nomi delle foto pubblicate dall’”Espresso”. “Dagospia” soffia sulle Papi-girls riprendendo l’articolo di Marco Lillo e Peter Gomez: «Due future stelline di reality, un’aspirante giornalista Mediaset, una giovane promessa PdL».

Quest’ultima, in camicetta bianca, somiglia molto alla neo-europarlamentare Licia Ronzulli. Lei, in partenza per Bruxelles, ha fretta: «Non ho tempo di rispondere alle sue domande». Ma dov’era a Ferragosto? «Arrivederci». Poi viene identificata Siria, concorrente saffica dell’ultimo Grande Fratello: «Non rilascio dichiarazioni – replica – Parli con Endemol». Smentisce invece di essere a bordo Susanna Petrone, da settembre conduttrice di “Guida al campionato” e in lizza per sostituire la Hunziker a Zelig.

È l’ultimo capitolo di una vicenda mediatica cominciata con il corso di politica “pret-à-porter” a via dell’Umiltà. E le studentesse – “starlet” di belle speranze, avvenenti dirigenti locali e fanciulle di ottima famiglia – falcidiate dall’ira coniugale. In un frullatore di gelosie incrociate, polpette avvelenate, registrazioni vere o presunte, rivelazioni clamorose e bocche cucite. Vedi la stanza di Arcore da cui “Papi Natale” attinge doni per le favorite, tra cui le chiavi di una mini nascoste in mazzi di rose. Anche se negli ultimi giorni qualcuna l’ha cambiata con un altro modello di auto perché da “status symbol” si va trasformando in carta d’identità. Certo, scrive Filippo Ceccarelli, «fra letterine, meteorine, gossipine, farfalline, gemelline, pare, anche montenegrine, e api regine, non ci si capisce più niente».

MI MANDA CICCI
«E come sta Cicci?» «Bene, magari è al governo». A “Tetris” era diventato un tormentone: se vogliamo una valletta – si erano detti gli autori del programma condotto da Luca Telese all’epoca su RaiSat Extra – deve essere una vera raccomandata. Detto fatto, avevano chiesto al direttore di rete che aveva chiesto al presidente di Raisat… e lei era sbucata fuori. Adriana Verdirosi: bella, bruna, spigliata, raccomandata da Cicci, entità misteriosa e mai svelata. Un ministro? «Chissà». È giovane? «Dentro sì». Sposato? «Non voglio saperlo». La sorpresa è arrivata quando hanno letto il suo nome tra le partecipanti al corso. «L’abbiamo invitata a fare campagna elettorale – rievoca Telese – Ha accettato. Poi, due giorni dopo, l’attacco di Veronica sul “ciarpame senza pudore” e non ha più risposto al telefono».

CUORI INFRANTI
Quelle che alle 16 erano in lista e alle 18 non più. Emanuela Romano, 28enne napoletana, alta e bruna, psicologa con master in marketing a Publitalia, impegnata nel comitato “Silvio ci manchi” è stata depennata nonostante il padre Cesare, artigiano di presepi, abbia minacciato di darsi fuoco sotto Palazzo Grazioli: «È tutto ricomposto – dice ora – Io sono un militante. Mi ero solo risentito per lo sgarbo». Come lei la 25enne Chiara Sgarbossa, ex miss Veneto ed ex meteorina di Emilio Fede, furibonda per l’inutilità delle pacche sulle spalle ricevute da La Russa al corso. E così racconta l’antefatto: «Avevo il contatto diretto con Marinella, la segretaria di Berlusconi. Una settimana dopo lui mi ha telefonato di persona, mi ha fatto tre domande. Sei laureata? Sì. Sai le lingue? Sì. Ci sono foto nude di te? No. Manda tutto a Marinella e vieni al corso».

CERCHI CONCENTRICI
Raccontano che nella piazza di Todi, avvistando da lontano due bionde che si sbracciavano il premier abbia gelato sindaco e consiglieri umbri: «Belle fighe circolano da queste parti». Imbarazzo: oltre che distanti, le signore erano anche “agées”. È il bis del «posso palpare l’assessora» all’Aquila, il sequel di infiniti comizi e passeggiate. A Berlusconi piacciono le donne, come ad altri 50 milioni di italiani, dice chi lo difende. Si dibatte su: galanteria, voyerismo, satiriasi, priapismo indotto da pillole azzurrine o iniezioni.

Di certo, oltre a migliaia di fortunate che possono vantare complimenti, compresa la finlandese Tarja Halonen, esiste un più ristretto gruppo che frequenta Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Dove il tavolo è sempre apparecchiato per 50. Ed esiste un cerchio ancora più riservato: quelle che vantano (o millantano) con il premier frequentazioni private, notti a palazzo, incontri ravvicinati. Come Evelina Manna, che in un’intercettazione lo rimprovera: «Non essere freddo con me».

L’ASSE PUGLIESE
E come Patrizia D’Addario, ex candidata alle Comunali di Bari ed escort d’alto bordo. Pugliese come Angela Sozio, la “rossa” delle sexy saune del GF riapparsa al congresso fondativo del PdL; come la neo-eurodeputata Angela Matera, e come Elvira Savino, la Tacco 12 di Montecitorio, coinquilina della somma reclutatrice Sabina Began.

La D’Addario però è una professionista, come le colleghe interrogate dai pm baresi: smistate da «Giampi», pagate migliaia di euro a notte. Non le uniche, forse, nel mucchio procace che ha trascorso Capodanni ed estati sarde rimborsate con diaria di 1500 euro più shopping libero. Un bel salto di qualità rispetto al borsello in cui uno degli assistenti di Berlusconi raccoglie, in ogni occasione pubblica, biglietti da visita e numeri di telefono delle fans adoranti.

°°° L’Italietta di burlesquoni ormai è un vero troiaio. L’avevo detto in tempi non sospetti che l’Italia in mano a “Papi” sarebbe andata a puttane…

°°° rita-carla

relax1

POMPA A VILLA CERTOSA

pompa

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

Ho cancellato

Inavvertitamente (stavo ascoltando mia figlia) ho cancellato il messaggio di un certo Luigi. Dagli errori di ortografia è palesemente un signore di destra al quale è morta subito la maestra delle elementari. Sono tutti così. Qualche esempio da un quotidiano di oggi:

1) Cappellacci, ti abbiamo votato e tu in cambio non hai
dato un centesimo per i danni ai mobili degli alluvionati di
Pirri. In più non hai fatto il bando per il contributo affitti
mentre lo scorso anno è stato pubblicato a maggio. Tu sei
l’unico a sorridere.
Un elettore pentito

°°° E cosa ti aspettavi, votando il nulla assoluto?

2) Cara Vale, se ti vergogni di essere italiana perchè non vai
a vivere in Iran o giù di lì?
Un lettore

°°° E che bisogno avrebbe di andare così lontana? Da quando c’è il mafionano al potere stiamo già nel quarto mondo!

3) ■ Sono stufa di vedere ovunque africani, in tutti i parcheggi,
supermercati e nel Largo non si può passare perchè il marciapiede è occupato
delle loro bancarelle abusive.Ma polizia municipale dov’è?
Beatrice 84


°°° Cara razzistella ignorante, intanto: dovresti preoccuparti per i ragazzi che NON vedi… quelli escono di notte e NON per vendere qualche carabattola o tenere un parcheggio. E sono TUTTI BIANCHI E CAGLIARITANI! Gli africani che vedi tu sono TUTTI quelli che la cittadina di Cagliari ospita: qualche decina. La polizia municipale, dici? Indovina un po’ dov’è… a rubare lo stipendio, a chiedere mazzette nei mercati, al bar a grattarsi i coglioni. Ecco dov’è. Prenditela con questi inetti invece che rompere le palle a dei ragazzi che si fanno un mazzo così lontanissimi dalle loro case e dalle loro famiglie. Stronza!

4) ■ Per Vale che si vergogna di essere italiana per colpa di
Berlusconi. La vergogna è una cosa più seria, pensi alle mamme che non sanno cosa
far da mangiare ai figli quando hanno i mariti senza lavoro.
Quelle sì che sono cose serie e dolorose. La politica, di qualsiasi colore, lasciamola
da parte e pensiamo ad aiutare le famiglie in difficoltà.
Bruno Macis


°°° Ecco un altro genio, amici!

5) Il New York Times invece che occuparsi della giustizia
italiana farebbe bene a trattare il tema della giustizia
americana dove le persone vengono condannate a morte
senza nessuna pietà…
Un lettore

°°° Vero. Ma è anche vero che in Usa, come in tutti i paesi civili
i delinquenti come berlusconi e la sua cosca (dell’utri, previti, cuffaro, etc.) li mettono in galera per trent’anni… 30 anni per ciascun reato commesso dai suddetti: mafia, camorra, corruzione, falso in bilancio, aggiotaggio, inside trading, ecc. Pensa che pacchia per l’Italia se le leggi funzionassero così anche da noi!

6) Avrei un’idea: perchè non importiamo i politici dall’estero?
Noi qualcuno valido ce l’abbiamo, ma non li lasciano
lavorare! Io farei un Governo con Fini, Bossi, Di Pietro e Casini.
Ciascuno con la sua professionalità.
Facciamo fantapolitica?
Un lettore

°°° No, ciccio, fai solo pena. Escluso Di Pietro, persona seria e capace, gli altri sono legati a doppio filo con la mafia, la camorra, la corruzione. Che vuoi far governare a questi? Lo sai che la ex moglie di Fini e il suo segretario particolare sono indagati per un giro di DIECI MILIARDI fottuti alla sanità pubblica nella regione Lazio (quando il governatore era il fido Storace)? Bossi è al governicchio e vedi che cagate immani sta combinando… anche lui è pluricondannato per tangenti (e ancora lo devono beccare per i furti di miliardi alla Malpensa!), Casini ha inglobato nell’Udc i peggiori ladri, mafiosi e faccendieri del mondo, quelli sfuggiti a burlesquuoni… Ma di che cazzo parli?!

UN ELETTORE DI DESTRA SCRIVE AI GIORNALI

bonaiuti

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

E si vede!

BERLUSCONI: PIER SILVIO, COME SI PERMETTE FRANCESCHINI?

“Ma Franceschini come si permette? Forse sbaglio a prendere sul serio una battuta di cosi’ pessimo gusto. Ma anche alla campagna elettorale c’e’ un limite”. E’ Pier Silvio Berlusconi a replicare, con una nota, al leader Pd. Il vicepresidente Mediaset, figlio del premier, aggiunge: “Io, proprio io, sono stato educato da Silvio Berlusconi. E i miei valori sono i suoi. Amore per il lavoro, generosita’, tenacia e rispetto per gli altri. Quel rispetto che Franceschini dimostra di non conoscere”.

°°° Si vede, caro pirlacchione che sei stato educato da tuo padre. A proposito, chi è? Spero non sia silvio, anche se come lui sei ignorante come una radice, stupido, egoista, imbroglione,tirchio, e arrogante.

SECONDO PIRLA

Bonaiuti: “Chieda scusa”. “Ci rifiutiamo di pensare che il Pd possa condividere la battuta infelice e pesante di Franceschini”. Così il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti attacca il leader democratico. Aggiungendo che “il rispetto dell’avversario politico è il fondamento della democrazia e Franceschini dovrebbe chiedere scusa ai figli di Berlusconi, a Berlusconi e agli italiani”.

°°° Ed ecco che si avanza la scimmietta ammaestrata. Dunque: silvio berlusconi può fare qualunque porcata, in Italia e all’estero, può pulirsi il culo con la legge e con la Costituzione, può riempire di merda – COME HA SEMPRE FATTO – i magistrati e gli statisti, ma appena in signore come Franceschini, politico onestissimo e pure capace, si azzarda a dire una frase che TUTTO IL MONDO PENSA, ecco che viene azzannato alla gola. Manco fosse Franceschini il gangster arrogante…

TERZO PIRLA

Frattini: “Stampa estera disonesta”

°°° O coglione! Ma i disonesti siete voi: tutti delinquenti, pluricondannati o pluripregiudicati! La stampa estera – AL 90% DI DESTRA- non è composta dai vostri zerbini inconsistenti come vespa, fede, feltri, rossella, mimun, liguori, giordano, mazza, etc. Fuori di qui sono tutti giornalisti veri, come Santoro e Travaglio. Altro che cazzi!

ber-galera5

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

L’ITALIETTA DI UN MALATO IMPOTENTE

Rotto l’incantesimo
del nuovo Don Rodrigo

di GAD LERNER

Forse ora la smetterà d’insistere sulla propria esuberanza sessuale, sulle belle signore da palpare anche tra le macerie del terremoto e sulle veline che purtroppo non sempre può portarsi dietro.

A quasi 73 anni d’età, Silvio Berlusconi si trova per la prima volta in vita sua a fare davvero i conti con l’universo femminile così come lui l’ha fantasticato, fino a permearne la cultura popolare di massa di questo paese. Lui, per definizione il più amato dalle donne, sente che qualcosa sta incrinandosi nel suo antiquato rapporto con loro.

Le telefonate notturne a una ragazzina, irrompendo con la sproporzione del suo potere – come un don Rodrigo del Duemila – dentro quella vita che ne uscirà sconvolta. E poi il jet privato che le trasporta a gruppi in Sardegna per fare da ornamento alle feste del signore e dei suoi bravi. Ricompensate con monili ma soprattutto con aspettative di carriera, di sistemazione. L’immaginario cui lo stesso Berlusconi ha sempre alluso nei suoi discorsi pubblici è in fondo quello di un’Italietta anni Cinquanta, la stagione della sua gioventù: vitelloni e case d’appuntamento; conquista e sottomissione; il corpo femminile come meta ossessiva; la complicità maschile nell’avventura come primo distintivo di potere. Nel mezzo secolo che intercorre fra le “quindicine” nei casini e l’uso improprio dei “book” fotografici di Emilio Fede, riconosciamo una generazione di italiani poco evoluta, grossolana nell’esercizio del potere.

Di recente Lorella Zanardo e Marco Maldi Chindemi hanno riunito in un documentario di 25 minuti le modalità ordinarie con cui il corpo femminile viene presentato ogni giorno e a ogni ora dalle nostre televisioni, con una ripetitiva estetica da strip club che le differenzia dalle altre televisioni occidentali non perché altrove manchino esempi simili, ma perché da nessuna parte si tratta come da noi dell’unico modello femminile proposto in tv. La visione di questa sequenza di immagini e dialoghi è davvero impressionante (consiglio di scaricarla da www. ilcorpodelledonne. com). Viene da pensare che nell’Italia clericale del “si fa ma non si dice” l’unico passo avanti compiuto nella rappresentazione della donna sia stato di tipo tecnologico: plastificazione dei corpi, annullamento dei volti e con essi delle personalità, fino a esasperare il ruolo subalterno, spesso umiliante, destinato nella vetrina popolare quotidiana alla figura femminile senza cervello. Cosce da marchiare come prosciutti negli spettacoli di prima serata, con risate di sottofondo e senza rivolta alcuna delle professioniste, neppure quando uno dopo l’altro si sono susseguiti gli scandali tipicamente italiani denominati Vallettopoli.

In tale contesto ha prosperato il mito del leader sciupafemmine, invidiabile anche per questo. Fiducioso di godere della complicità maschile, ma anche della rassegnata subalternità di coloro fra le donne che non possano aspirare a farsi desiderare come veline.

Tale è stata finora l’assuefazione a un modello unico femminile – parossistico e come tale improponibile negli Stati Uniti, in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Spagna – da far sembrare audacissima la denuncia del “velinismo politico” quando l’ha proposta su “FareFuturo” la professoressa Sofia Ventura. Come se la rappresentazione degradante della donna nella cultura di massa non avesse niente a che fare con la cronica limitazione italiana nell’accesso di personalità femminili a incarichi di vertice. Una strozzatura che paghiamo perfino in termini di crescita economica, oltre che civile.

Così le ormai numerose indiscrezioni sugli “spettacolini” imbanditi nelle residenze private di Berlusconi in stile harem – mai smentite, sempre censurate dalle tv di regime – confermano la gravità della denuncia di Veronica Lario: “Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica”. Una sistematica offesa alla dignità della donna italiana resa possibile dal fatto che “per una strana alchimia il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore”.

Logica vorrebbe che dopo le ripetute menzogne sulla vicenda di Noemi Letizia tale indulgenza venga meno.
La cultura misogina di cui è intriso il padrone d’Italia – ma insieme a lui vasti settori della società – risulta anacronistica e quindi destinata a andare in crisi. Si rivela inadeguata al governo di una nazione moderna.
Convinto di poter dominare dall’alto, con l’aiuto dei suoi bravi mediatici, anche una realtà divenuta plateale, l’anziano don Rodrigo del Duemila per la prima volta rischia di inciampare sul terreno che gli è più congeniale: l’onnipotenza seduttiva, la cavalcata del desiderio. L’incantesimo si è rotto, non a caso, per opera di una donna.

°°° Aggiungo solamente che umilio fede NON ha dimenticato il book con le ragazzine a cena da Mafiolo, ma il suo compito principale è quello di CERCARE SEMPRE CARNE FRESCA! E’ lautamente pagato, con soldi rubati, solamente per fare da laido paraninfo.
E aggiungo anche, avendo notizie di prima mano da un amico che lavora da anni a villa Certosa, che i festini finiscono SEMPRE allo stesso modo:
minorenni drogate sparse ovunque, vomito, montagne di cocaina, e medici corrotti sempre pronti a rianimazioni spesso laboriose.

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

sniffa1

festicciola

festino

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

da Travaglio

Pompe funebri

Don Gianni Baget Bozzo avrebbe meritato necrologi un po’ più somiglianti. Ma, si sa: chi nasce è bello, chi si sposa è buono e chi muore è santo. Ora, che il defunto sacerdote fosse santo, è possibile: le vie del Signore sono infinite. Ma che fosse un «genio» o un «eretico», come l’han compianto in molti a destra al centro e a sinistra (infatti era stato, talora contemporaneamente, di destra, di centro e di sinistra), sussiste qualche dubbio. Il «genio» è stato il cappellano di tutti i peggiori soggetti della I e della II Repubblica: Tambroni (uomo dell’asse Dc-Msi), Craxi e Berlusconi. L’«eretico» fu sospeso a divinis non certo per posizioni irregolari, ma perché si era fatto eleggere due volte eurodeputato nel Psi. Campionissimo di conformismo, fu con la destra cattolica e democristiana negli anni 50, col Pci negli anni del sinistrismo imperante, con Bottino Craxi negli anni 80 della Milano da bere e dell’Italia da mangiare, poi con Al Tappone. Senza dimenticare il flirt manipulitista nel 1992-’94 («Di Pietro impressiona per la sua dignità, il suo riserbo, la sua schietta popolanità. È una persona in cui gli italiani credono, ma in lui come pubblico ministero, come uomo del dovere quotidiano, di cui il paese vive»). Il tipico intellettuale italiano: sempre a corte, sempre dove tira il vento, sempre dalla parte del potere politico e culturale. Diceva, restando serio, di sentire le voci dello Spirito Santo, che lo guidava nel suo zig-zag politico e gli suggeriva concetti del tipo: «Craxi è come Cristo sul Calvario» o «Berlusconi è l’Uomo della Provvidenza». Una prece.

bozzo

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

Ma che Sardegna è?

Volevo tornare a parlare della Sardegna e dei sardi. Sono mancato da questa terra per circa quarant’anni e nessuno come chi manca vede poi le magagne, i ritardi, lo sfascio quasi totale in cui versa ora quest’isola. E’ un po’ come tuo fratello o tua zia, che vive in un’altra città e si accorge molto più di te di come crescano i tuoi figli. Tu, avendoli sempre sotto gli occhi, non te ne rendi manco conto, ma chi non li vede da mesi o da un anno nota immediatamente le differenze. Però… il sardo è permaloso. Il sardo è geneticamente stupido e masochista. Anche i più avveduti e “usciti” di noi. E certe cose non si possono dire. La reazione va dal muso lungo, che Furia ti fa una pippa, alla risposta sgarbata, al piccolo rancore che si annida immediatamente in un angolo della tua bile e scatta la minaccia muta: “Custa mi dda pàgasa…”
Avevo lasciato una Sardegna VIVA. Proprio come si chiamava il mio spettacolo, che ancora oggi è stato il più visto e amato in tutta la storia dello showbiz regionale. Una Sardegna in fermento, pulsante, curiosa, colta. Ricordo che ogni tanto mi chiamavano dal “continente” per fare l’apertura agli spettacoli di personaggi molto famosi, nei teatri o nelle arene: Pippo Baudo, Antonella Steni, Franca Valeri; minitour negli stadi con Il Banco del Mutuo Soccorso o tournée coi miei amici Tony Binareli, Mario Tessuto, ecc. Beh, qui capivano anche le battute più sottili, le citazioni più colte, le allusioni più raffinate. Qui non ero mai arrivato: venivano a vedermi decine di migliaia di persone ogni sera, stavano almeno tre ore in piedi come cavalli, e mi contavano i peli del culo. Pretendevano. Erano esigenti. Per me ogni volta era un esame. Ma che soddisfazione, ragazzi! In continente, bastava che caricassi parecchio l’accento sardo e, anche quando non c’era la battuta, giù valanghe di risate. QUELLA Sardegna, mi portavo nel cuore. Così come tutti i migranti hanno un’immagine onirica della loro terra. Un’icona spesso inesistente e assolutamente lontana dalla realtà. La Sardegna, per intenderci, che ci vendono i videocitofoni regionali, negli spettacolini penosi dove hanno distrutto anche il folklore. Noi vedevamo il sole e le sue facole. Lo fissavamo il sole, da pari a pari. Oggi c’è un’ignoranza dilagante, fatta di Suv (mai finiti di pagare) e di cellulari, messaggini sgrammaticati e videogiochi. Oggi ci sono più gruppi folk che paesi e cantantini in limba… inutili come una bici da corsa per una seppia. Sapete, quei gruppi con costumi spesso inventati e i ballerini con le scarpe da tennis e gli orologi bene in vista? Oggi c’è una Sardegna banale, imbevuta di luoghi comuni. E questa immagine falsata è quella che domina anche FUORI da qui. “L’ospitalità dei sardi”… Ma quale ospitalità? E’ leccaculismo, ruffianeria. “La grande umanità della gente sarda…” Viene il primo stronzo da fuori e subito gli dànno il culo. Scoppia la bombola alla vecchietta vicina di casa e manco esci a vedere se la poveretta ha bisogno d’aiuto. “La generosità dei sardi…” L’invidia, piuttosto. Apri un negozio nel tuo paese e la gente va a comprare nel paese vicino, pur di non permetterti di crescere, di affrancarti dalla miseria, di avere la lavatrice o la macchina nuova. Questo, siamo diventati! Un popolo miserabile, ingrato, retrogrado e senza più dignità! Raccontavo in teatro del dopo diluvio… il Signore, per premiare la forza d’animo e l’attaccamento alla vita dei sardi sopravvissuti, aveva donato ad ogni famiglia una grassa vacca. Erba ce n’era a volontà e i piccoli cuccioli degli uomini avrebbero avuto di che sfamarsi per crescere. Ogni sera, intorno ai falò e nelle grotte, si levavano alti i canti e le preghiere dei protosardi. Ma non pregavano per la salute delle loro vacche… macché: pregavano il Signore Iddio affinché facesse ammalare e morire la vacca dei vicini!
Ecco… in questa Sardegna, dove sono tornato sette anni fa, carico di onori e di gloria, carico di esperienze irripetibili e con un nome ed un bagaglio professionale che mai nessun sardo aveva nemmeno sognato di possedere, le istituzioni non hanno bisogno di me. Ti attirano con l’esca profumata: TORNA, METTI A DISPOSIZIONE DELLA COMUNITA’ IL TUO SAPERE, LA TUA ARTE: AIUTA I NOSTRI GIOVANI A CRESCERE… tu ci caschi e loro ti ignorano. QUESTA Sardegna mi ha derubato dei miei soldi, dei miei anni, e mi ha relegato in un villaggio sperduto tra i monti a morire di fame. Questa Sardegna, amici, la stessa che ha dato il culo a Berlusconi e Cappellacci.

sardignoli

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

di Maria Novella Oppo

Daniela spettacolo da paura

Daniela Santanché, che in campagna elettorale aveva polemizzato con Berlusconi e giurato che mai e poi mai si sarebbe sottomessa a un uomo per il quale le donne devono solo stare orizzontali, l’altra sera a Otto e mezzo si è dichiarata estaticamente orgogliosa di avere un premier come quello attuale. Coerentemente, la stessa Santanché, ha praticamente sbranato in diretta il povero Vauro, offendendolo per le sue idee e il suo lavoro, nonché impedendogli di parlare. Il vignettista, essendo un signore, non ha reagito, con quella che dovrebbe essere una signora, come avrebbe fatto probabilmente con un uomo. Ma c’è da chiedersi se chi sbraita come il più sbracato degli uomini e dice cose indecenti approfittando della decenza altrui, possa pretendere di far appello al femminismo quando conviene. Chi si comporta come Gasparri e dice le stesse cose che dice Gasparri, non è più una donna: è Gasparri travestito da donna. Uno spettacolo da paura.

LA VECCHIA BABBIONA FASCISTA E PIETRIFICATA DALLE PLASTICHE:

sa1

sant

santa

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

Silvio Berlusconi, la storia vera

SILVIO BERLUSCONI

Secondo il Collodi, che ha raccontato le sue avventure, Silvio Berlusconi nasce in Brianza circondato da mobilieri. Nasce già calvo, con la testa a forma di supposta, ed un culo così (e ancora non aveva avuto rapporti col pool di Borrelli!). Suo padre Geppetto, umile ma onesto falegname, lo inquadra subito e decide di disfarsene, scaraventandolo nottetempo nel ventre di una balena bianca (madre di certi Arnaldo e Giulio) che stanziava nell’idroscalo di Milano. La balena, che non era scema, lo risputò subito. Così il povero falegname fu costretto a riportarsi indietro quel fagottino pieno di alghe, fondotinta, e gamberetti asfittici. Sulla strada del ritorno, lo mollò davanti al portone di un un convento di suore.
Da qui tutte quelle “zie pie”. Le suore lo inquadrarono subito e lo mollarono ad una agiata famiglia di stronzi, che lo inquadrarono subito e proprio per questo decisero di tenerlo.
Lo viziarono in maniera schifosa: 15 megaculle, di cui sei in Sardegna. Pannolini tagliati da Caraceni. Un’orchestra da camera che veniva tutte le sere da Lucerna, per la ninna nanna… A un anno, aveva orchestra da camera, camera, e telecamera personale. Il piccolo Silvio cresceva, solo di età, ed era molto vispo. Imparò subito a smentirsi e poi piano piano imparò anche a parlare. La sua prima parolina fu MIO, la seconda TUTTO, la terza COMPLOTTO, poi RIBALTONE , SONO INNOCENTE, GIUDICI COMUNISTI, LO GIURO SULLA TESTA DEI FIGLI (tanto non sono miei), e così via.
Intorno ai sei anni cominciò ad andare a scuola. Contrariamente agli altri bambini, lui si presentava davanti ai portoni delle elementari alle cinque del mattino: dormiva pochissimo (già sniffava coccoina) ed era fissato con le lezioni anticipate.
Studiava con buona lena, ma soprattutto coi suoi maestri preferiti, “il Piccolo e il Grande Maestro” li chiamavano. Il piccolo sembrava tale perché era gobbo. Soffriva di amnesie, questo glielo rendeva più simpatico ed era sempre pronto a difenderlo dalle malignità dei suoi compagni, i quali dicevano che quella del maestro, più che una gobba era una cupola. Silvio amava il Piccolo Maestro anche perché parlava poco, era sempre intento a scrivere: articoli, libri, memorie difensive… Eppoi, sembrava nato in un’aula, da un’aula, per l’aula. Se volevi pesci dovevi cercare nell’acqua, così come il luogo naturale per il Piccolo Maestro era l’aula. La cosa curiosa era che, anche se conosciuto come “Piccolo Maestro”, egli per età e spessore veniva reputato un “Grande Vecchio”. Soprattutto in un certo tipo di Aule.
Ma Silvio amava ancor di più il Grande Maestro, un simpatico toscanaccio che aveva la mania degli scherzi. Nascondeva l’oro nelle fioriere e, a volte, si presentava travestito da tipico muratore: cappuccio, grembiule, compasso, dossier per i ricatti e tutto il resto. Più che amarlo, lo venerava proprio. Il Grande Maestro aveva anche il vezzo di donare delle speciali tessere di merito ai discepoli più diligenti. Silvio ne fece incetta, per sé e per i suoi amichetti. Ma chi erano i suoi amichetti? Uno era uno spilungone particolarmente fedele, tant’è che si chiamava Giovanni, ma lui lo chiamava proprio Fedele. Come il suo cane. E come un vecchio cameriere che raccoglierà, molti anni dopo, e lo accudirà amorevolmente. Questo cameriere, uno spilungone siciliano, era stato già al servizio di numerosi altri potenti. Patologicamente, come vedeva un potente si scaraventava ai suoi piedi. Lingua a smeriglio, fiera espressione ebete, con Silvio si superò: agli altri padroni portava semplicemente cappuccino e giornale, a Silvio portava addirittura cappuccio, grembiulino, e telegiornale.
E lui, per ripagarlo, anziché Fedele lo chiamava col diminutivo affettuoso di Fede (era l’unica cosa che poteva diminuirgli in un contesto da subumano già ridotto ai minimi termini). Inoltre, divideva con lui il fard, la tintura per capelli, e le pernacchie che si levavano alte dal Paese e dal mondo intero.
Ma torniamo all’infanzia e agli amici di allora.
Silvio, fin da piccolo e forse proprio per gli oscuri natali, ha sempre amato molto la famiglia. In tutti i sensi. I suoi amici facevano parte della famiglia.
Dieci amici formavano una decina. Se gli serviva una commissione, mandava i suoi amici e gli amici degli amici: il mandamento, appunto.
Fedele gli portava i libri. Sempre. Anche più tardi. Anche se qualcun altro, non proprio amico, si faceva avanti per portare lui i libri, magari in tribunale, Fedele si impuntava e teneva i libri ben stretti o li nascondeva. Magari all’estero. Un altro amichetto stretto era uno spilungone di emigrato romano, si chiamava Cesarone. Con lui organizzarono un esilarante scherzo ai danni di una piccola orfanella: uno la faceva piangere e, mentre lei era distratta, l’altro le portava via tutto, le casette di Barbie e di Arcore, terreni, pinacoteche, tutto! Poi dividevano in due parti uguali. Che si prendeva Silvio.
Ma Cesarone riusciva a fare la cresta e rubacchiava qualcosa anche per sé.
L’amico più importante era però Bettino, loro lo chiamavano Bottino (perché era cicciottello).
Il suo vero nome era Benedetto, ma nessuno lo trovava attinente.
Tranne, forse, le piccole ballerine Anja, Sandrina, Ilaria, i nani, e gli yuppies degli anni ‘80. Lo spilungone Bettino era un vero mago e trasformava la merda in oro, aree agricole o demaniali in aree fabbricabili e giù lavoro per muratori e muratorini!
Trasformava le banche in istituti di beneficenza per gli amici e l’etere in migliaia e migliaia di miliardi; gli sciocchi in miliardari e i deficienti in direttori generali; i madonnari in architetti e le mignotte e i ritardati mentali in star della TV. Tutto quello che toccava diventava oro, in lingotti e no, e divideva tutto in tante parti uguali. Che si prendeva lui.
Ma Silvio era astuto e riuscì a raschiare non poco.
Anche se i suoi poteri erano a tempo, e si è visto, Bettino come Aladino aveva una lampada, e sfregava e fregava e sfregava… FLOP! Ad Aladino compariva un Genio, a lui uno scemo: LO SCEMO DELLA LAMPADA.
Ma lui lo chiamava Ugointini. E Ugo portava il Suo Verbo e le sue zoccole in giro per le televisioni e la stampa, mentre il suo padrone portava il Paese alla rovina, i miliardi all’estero, e le chiappe ad Hammamet.
Il tempo scorreva spensierato. Anche se a Silvio vennero delle impressionanti emorroidi, incurabili e dolorosissime, che gli facevano fare continuamente delle orribili smorfie a mo’ di satanici sorrisi. Diventò da allora un caso umano. Un medico, fratello del Signor No, che non essendo amico di Mike Bongiorno veniva chiamato semplicemente Signore, gli spalmava giornalmente un costosissimo unguento oleoso sul malloppo sanguinolento.
Di questo ebbe a vantarsi, molti anni dopo, dicendo di essere stato “unto dal Signore”. Vero!
A scuola prese tanti bei voti, sebbene molto più bassi rispetto ai suoi sondaggi, che però non bastarono per la promozione ed il padre adottivo fu costretto a comprargli la Licenza Elementare.
Al ginnasio, sempre con gli stessi amici, si candidò come capoclasse e dopo aver comprato i voti vinse l’elezione.
Subito cercò di annettersi altre classi e persino altri Istituti.
A comandare sul serio era però un lugubre spilungone che sedeva nell’ultimo banco a destra. Ma Silvio, abile già da allora nel lanciare il sasso e nascondere la mano, fece di tutto per far litigare lo spilungone Gianfranco col Preside. Prima lo mise contro un suo vicino di banco e alleato di Gemonio, un altro spilungone brufoloso e raffinato, proveniente (si vanta lui, ma non è vero) dalla scuola Radio Elettra, di nome Umberto: Silvio faceva i casini e dava le colpe agli altri. Classico. Intanto, le emorroidi continuavano a martoriarlo. E lui “sorrideva”. Che ci avrà da ridere?! Pensava la gente.
Come capoclasse durò molto poco, ma abbastanza per mettere l’intera scolaresca in una difficilissima situazione: quasi allo sfascio, poco amata e derisa dalle classi vicine e dagli altri Istituti. Lui però evitò le punizioni e si pagò i debiti coi soldi della scuola.
Al suo posto venne nominato uno spilungone, serio e taciturno, che girava sempre con una calcolatrice. Un certo Lamberto. Silvio non demordeva.
La colpa dei suoi disastri, comunque la dava agli altri. Se la prendeva con tutti: professori comunisti, Preside comunista, Consiglio Scolastico comunista, Gesucristo comunista, Provveditore comunista…
Invocava a gran voce nuove consultazioni e l’elezione diretta, a turno unico, del Preside. Minacciò di portare la sua gente in piazza, ma l’unica piazza che aveva era sulla sua testa. Alopecia.
E la sua gente stava all’Ucciardone, a S. Vittore, e all’Asinara.
E tutti gli dicevano, sì, sì, e lo lasciavano cantare.
Nel contempo, aveva iniziato a ripulire figurine sporche provenienti da loschi traffici… E a scrivere libri. Anzi, libretti. Al portatore. Cose di “famiglia”.
Il tempo passava e tutti crescevano. Tranne lui.
Suo padre dovette comprargli anche la maturità. Come premio, gli regalò anche una squadra di calcio (torneo dei bar). In effetti, Silvio, più che per lo studio, si sentiva portato per lo stadio. Provò a giocare anche lui. Amava scendere in campo. Amava il profumo dell’erba. Anche se, pur essendo vagamente razzista, preferiva il marocchino o il libanese in panetti.
Fece solo una partita e ne prese tante, ma tante, che dovette abbandonare al secondo minuto. Lo picchiò persino l’arbitro: uno spilungone canuto e col mento aguzzo di Novara, che aveva la erre moscia, ma le mani durissime.
Silvio non era molto amato, nonostante i sondaggi. E, per coprire i lividi, cominciò a truccarsi come Colombina. Così, vagava con la faccia color cacca e le manine bianche di chi non ha mai lavorato. Qualcuno cominciò a chiamarlo Ciprietta.
Si iscrisse all’università e i docenti ancora ne ridono. Comprò qualche esame in proprio, visto che suo padre era venuto a mancare, e visse felice da fuori corso. Si fidanzò con una spilungona alta 1.55 e, scoperto che il padre di lei era pieno di terreni agricoli nei dintorni di Milano, telefonò a Bettino per la solita magia (agricolo=edificabile) e sposò la latifondista. Intanto, alla compagnia si erano aggiunti due spilungoni siciliani, Marcello e suo fratello Alberto, che avevano portato con loro un sacco di amici e amici degli amici. In mezzo a tanta gente che levava gli occhi al cielo e non parlava neanche sotto tortura, Silvio si decise a cantare almeno lui.
Formò un’orchestrina dove Fedele suonava il pianoforte lui e cantava. A volte, si sedeva personalmente al pianoforte (lui pestava sui tasti bianchi, Gianfranco e “Er Pecora” pestavano i neri). I locali dove si esibiva, si riconoscevano dai tavoli vuoti e dal famoso cartello:
“NON SPERATE SUL PIANISTA”. Ma lui sorrideva…
Questa dei cartelli era una sua ossessione. Già da ragazzo, mentre studiava piano a scuola e pianoforte a casa, costretta dalle lamentele dei vicini, sua madre aveva esposto un cartello alla finestra: “VENDESI PIANOFORTE”.
Cinque minuti dopo, tutte le finestre del vicinato erano tappezzate da cartelli:
“ERA ORA!”, “MENO MALE!”, “L’HAI CAPITA!”. Comunisti di merda, fu il suo commento.
Tra una cantatina e l’altra, tra una magia di Bottino e l’altra, Silvio, sempre sorridente, si era fatto fare una procura in bianco da suo suocero per tutti quei terreni agricoli. Appena costruita Milano Due, intestò tutto a proprio nome, uscì un attimo per comprare del fondotinta e non tornò mai più.
Così, il giovane figlio del vecchio Geppetto, si trovò giovanissimo ad essere benestante. E sorridente. Il suo padre spirituale Don “budget” Bozzo (un prete povero… di umanità ma ricco di conti in banca) lo perdonò. Fu l’unica assoluzione della sua vita. Con l’amico Cesarone, visto che c’era, ripeté lo scherzo dell’orfanella e si cuccò la reggia di Arcore e tutto il resto. Come si dice?
AR CORE NON SI COMANDA… Ad Arcore sì.
A fine anni settanta, Bottino e Silvio, con l’aiuto del vecchio ma arzillo Grande Maestro e di alcuni amici siciliani, fanno la magia più grande di tutte e si ritrovano, ohplà! ricchissimi da un giorno all’altro.
Oltre alle emorroidi, Silvio, sempre sorridente, viene colpito da un’altra gravissima malattia: oniomania, dice il medico.
Comincia a comprare tutto, ma proprio tutto! Soprattutto televisioni.
E intanto, sorride e canta: ”Mammì, Mammì, Mammì / quaranta dì quaranta not “. E Borrelli in controcanto: “a San Vittur a ciapà i bott”…
Al contrario di quello spilungone di Bettino prima maniera, però, Silvio ottiene l’effetto contrario: tocca l’oro e questo diventa merda.
Nonostante le migliaia di miliardi che i suoi amici e gli amici degli amici gli hanno fatto trovare sotto gli alberi di Natale in Belgio e in Svizzera, là si usa, e nonostante i Presidenti delle banche italiane (messi lì da Bettino ) gli continuino a “prestare” altre migliaia di miliardi senza garanzie: mica sono usurai… Beh, gli affari non è che vadano proprio bene bene. Anzi!
Debiti con le banche, debiti coi fornitori, debiti coi collaboratori e dipendenti…
E tutto senza la minima concorrenza! Cioè: il padrone di un monopolio assoluto, protetto dal governo, che riesce a fallire! (Perché se soltanto le banche gli avessero chiesto di rientrare, eheheh: fallimento e manette sicuri!)
Insomma, se questo è un grande imprenditore, allora Liguori è un giornalista e Sgarbi è un uomo!
“Si è fatto da sé, perché Dio si è vergognato di fare uno così.” “Si è fatto sa sé?! Ma perché non si è fatto aiutare?”
Dicono i maligni.

Ma veniamo ai giorni nostri. Sì, per carità, abita in ville enormi, viaggia con l’aereo personale (anche dentro casa), dice di scoparsi le meglio fighe…
Ma dice anche un sacco di altre cazzate.
La verità è che continua a sorridere e noi sappiamo perché (anche la jena, poveraccia, ride); però, se venisse sottoposto alla MACCHINA DELLA VERITA’, questa riderebbe più di lui!
Con l’allontanarsi di Bottino e l’avvicinarsi di Di Pietro, bisognava muovere il culo. Altro che cazzi! Quindi, un anno prima di “scendere in campo”, comincia a costruire Forza Italia. E comincia a rubare già dal nome: FORZA ITALIA era il nome di una corrente della DC!
Ovviamente, giura e spergiura che lui non scenderà mai in politica. Gli basta conoscere gente ammanigliata (ammanettata?) molto in alto.
Ma perché aspettare? I soldi ci sono, gli uomini pure, tutti provenienti dallo stesso serbatoio CAF, PSI, PSDI, Onorata Società. “Abbiamo uomini e mezzi!” strilla, trionfante. Poi si scoprirà subito che erano solo “mezzi uomini”. Battezza le sue centurie “AZZURRI”, anche se, conoscendoli meglio, “MARRONI” sarebbe stato più azzeccato. Senza offesa per la cacca. E finalmente, confortato dai sondaggi di un giovane “fratello”, muratorino di Macomer e già domestico dell’on. Nonne, PSI, uno spilungone di un metro e sessanta, che fa miracoli col computer: i famosi MIRACOLI DI PADRE PILO, si parte!!! E senza parlare mai di politica, vendendo spot e sogni, vince le elezioni.
Adora “Uniplus” Pilo e gli invidia la maestria al computer. Lui è negato.
Silvio è l’unica persona al mondo capace di schiantare il proprio personal computer, con la semplice pressione di un tasto. Come? Data la delirante megalomania, titola qualunque documento col proprio nome e cognome.
Il PC vede sul suo schermo SILVIO BERLUSCONI e, appena il padrone gli impartisce l’ordine
“SALVA”, quello piuttosto esplode.
Ha una sua dignità il computer, mica è Giuliano Ferrara!
Eppure, lui sorride e dice “Mi conscienta”. Ancora?! ‘azz! Dopo che gli è stato consentito tutto e più di tutto?!
Dicono che è un venditore di fumo… Per me, lo compra il fumo, se non trova di meglio! Comunque, sparando un mare di coglionate da ciarlatano, vince le elezioni (con sei milioni di voti in meno dei “comunisti”).
“Un milione di posti di lavoro!” promette… e si perde subito persino il suo da Presidente del Consiglio, mentre i disoccupati aumentano di mezzo milione.
“Niente tasse.” E giù la lira a picco come il pisello di Formigoni e la Borsa
( -34%) tocca il fondo come il giornalismo di Fede e Liguori.
E lui sorride, manda in giro cassette precotte, ruba il fard alla moglie, e minaccia: ”Vi abbraccio tutti”. Arrivano i G7 a Napoli e lui parla, per due giorni, col pacco di quello spilungone di Clinton (più su non arriva nemmeno sulle punte), e dice le solite cazzate. Per fortuna, oltre a maltrattare l’italiano (Ah! I titoli di studio comprati…), non mastica una parola d’inglese, quindi Clinton al suo:
“Aiem veri content, bebi ailoviù, plisdongò, obladì obladà…” capisce che è un povero scemo e lo lascia perdere. Meglio continuare a flirtare con Veronica.
Certo, ha avuto delle giornate stressanti, Silvio. E nottate ancora peggiori.
Provate voi a dormire due ore e mezzo – tre per notte, con tutte quelle belle gnocche che bisogna scopare. Sono tutte giovani promesse dello spettacolo. E le promesse… almeno “quelle” promesse, bisogna mantenerle.
Ma mica solo mantenerle! Bisogna approfittarne! Una bottarella…
Quindi, solito copione: sorriso perenne, stop accesi (nel retro delle mutande) ma lei non lo sa, occhio languido sotto il rimmel, buon cibo, champagne ancora migliore:
“Ti ho vista in bassa frequenza. Lo sciai che hai della stoffa, bebi? Troppa. Perché non te la levi? Dài, sbarbina, mi conscienta, vieni qui sul sofà. Mettiti a mio agio.”
Poi finisce come sempre:
“Ma… Non capisco cosa mi sia successo… Forse è colpa dello stress… Ti giuro sulla testa dei miei figli (e quelli, giù a toccarsi le palle, fissi), è la prima volta che…che… Di solito sono un toro. Ohè, mi raccomando, che non lo sappia Fini! O peggio ancora BOSSI!!! Guai! Se mantieni il segreto, ti faccio fare uno show in TV e del cinema… Ti faccio fare una serie di film.”
Sempre così.
E paga pegno davvero. E il cinema italiano muore, la TV manda in onda spazzatura, e noi ci chiediamo perché. E la mattina, come se niente fosse, giù riunioni col polo. Anzi: Polo delle libertà (vigilate), delle solidarietà, del liberalismo, del garantismo, del buongoverno (degli altri), del sapone Asborno, bombole e lana d’acciaio…
Bisogna attaccare Scalfaro e, per non sbagliare, anche Scalfari; e bisogna assolutamente impedire che i giudici scoprano i nostri giochetti, passati e presenti, e i giochetti dei comparuzzi del nostro zoccolo duro CAF-P2-etc.
E quindi, delegittimare! Giudici assassini! Toghe rosse! Arrestano mio fratello Paolo- Abele? A morte Di Pietro! Borrelli comunista! Golpe!
Poi bisogna bonificare la RAI, le banche, gli Enti, i giornali… “Abbiamo tutta la stampa vera…ehm, comunista, contro!”
Praticamente DUE giornali: L’Unità e Repubblica.
Non dice che lui ha tremila giornali di merda che non compra nessuno! Invece di far rinchiudere i suoi scribacchini incapaci, chiude i giornali. E sorride. E si riempie di cerone color cacca. E le mani biancheee, da salma. Come Fede. Due maiali sfuggiti al barbecue.
All’estero si chiedono: che garanzie politiche può dare uno che passa due ore a truccarsi, due ore con Previti-Ferrara-Gasparri-Bondi a preparare un discorso sottovuoto in cassetta, un’ora per registrare, un’ora a spedire cassette alle tivvu e le successive QUINDICI ore a smentire quello che ha appena detto nelle cassette suddette? Ma all’estero, si sa, sono tutti comunisti. Lancia l’ennesimo slogan:
“Per contare di più in Europa!” Non se lo fila nessuno!!! Anzi!
In Europa e nel mondo LO SCHIFANO PROPRIO!!!
E intanto, padre Pilo continua a fare i suoi sondaggi:
“Lei preferisce votare Berlusconi o schiantarsi con la macchina contro il Pendolino lanciato?”
E Silvio vince nei sondaggi e sorride. E va in TV a tutte le ore a dire che lui vuole solo il bene del suo paese. E non dice che il suo paese è Arcore.
E dice sempre “La gente è con me” e si convince di avere 57 milioni di dipendenti. Ma ha solo 13 milioni scarsi di voti… Gli altri 42 milioni di italiani cosa fa, li licenzia?
E quello spilungone di Sgarbi, da Canale 5, continua con le sue dotte citazioni:
“Borrelli assassino, ti faccio un culo così! Pivetti lurida troia, schifosa komeinista del cazzo! – e, per la par condicio:- Bossi se l’è presa nel culo!”
E Silvio si gratta il culo e ride. E si trucca e quando ha finito di truccarsi l’immensa casa sembra molto, ma mooolto, più piccola.
E i primi tempi di Montecitorio? Ogni volta che lo incontrava, con chili di fondotinta abbronzante in faccia, “Er pecora” lo scambiava per un extracomunitario infiltrato e giù cazzotti!
E meno male che è caduto! Forse era troppo unto ed è scivolato.
Sennò, con questa mania dell’elezione diretta, del plebiscito, avendo ancora in mano tutti i media televisivi, sai che pacchia!
Silvio-ridens, non ha fatto in tempo a battere la dentiera giù dallo scranno presidenziale, che ha cominciato subito a strillare come un’aquila:
“Elezioni! Elezioni!!! Voglio la data! La data”!
Appena gli hanno confermato la data, ha cominciato a strillare:
“A che ora?! A che ora?!”
Era convinto di vincere ancora le elezioni, almeno quanto è convinto di essere un imprenditore! Ha raccolto i vecchi craxiani che sono sfuggiti a Di Pietro: Boniver, Manca, De Michelis, La Ganga. Quelli che si chiamavano “NON MOLLARE… il malloppo”. Adesso si chiamano “SINISTRA DELLA LIBERTA’… condizionale o su cauzione”. Si è comprato i fuoriusciti dalla Lega. A dicembre ‘95, Bossi era giustamente preoccupato e disse a Maroni:
“Bobo, ocio che il Berluskaiser sta comprando i nostri. Se continua così, alla Lega restiamo solo io e te.”
E Maroni, perfido:
“Tu e… chi?” Poi il cavaliere ha fatto il tirchio e Bobo è tornato tra i verdi; che sanno di dollari.
Il guaio è che, senza una legge antitrust ed una legge elettorale seria, con pesi e contrappesi, il sodale di Bottino: grazie ai voti dei malavitosi, di quelli che non vogliono pagare le tasse, di quelli che non hanno mai letto un giornale e se regali loro un libro si scocciano:
“Un altro libro?! Ma ce l’ho già uno!”, grazie a quelle milionate di spettatori ebeti di Castagna-Funari-Dallas, etc. magari torna a fare il Presidente del Consiglio!
E siccome questa volta sarebbe più forte di prima, molto più forte, non si accontenterà e vorrà essere Imperatore. E vorrà la sua faccia sui francobolli.
E l’otterrà. E chi cazzo glielo spiegherà alla gente che bisognerà sputare dietro, sennò… quando s’attaccano i francobolli?! Voleva fare un contratto con gli italiani, chi glielo scrive? Lucignolo? Il gatto e la volpe? Dice che venderà le sue tre televisioni… E chi gliela compra la RAI?! Giura di non dire mai più bugie, (ma lui le chiama: sonostatofrainteso) com’è vero che si chiama Sergio Cuccureddu… E’ entrato nella Bicamerale per azzerare sì i magistrati, ma soprattutto per entrare in Europa: non vede l’ora che arrivi la moneta unica, perché è convinto che se la prenderà lui…
Povero Geppetto. Poveri noi. Povera Italia.

N.B. Questo rcconto è tutto falso, l’ha scritto qualche fottuto comunista.
Avrei dovuto scriverlo io, ma sono arrivata tardi perché stavo finendo di lavare gli elicotteri di mio nipote. Comunque è tutto falso e se Silvio avesse degli amici, ve lo potrebbero dire anche loro.
Bastardi!
E comunque siamo nel 2008 e mio nipote, è riuscito per altre due volte a salvarsi dalla galera e a distruggere quasi tutto quello che avevano fatto i comunisti. Sì, è vero, ha rovinato anche l’Italia e gli italiani. Ma, siccome voi – lasciatevelo dire – siete dei fessi, dei coglioncioni, ve lo meritate!
Silvietto, dopo aver portato l’80% dei cittadini alla fame e dopo essersi fatto trapiantare dei topi morti sulla zucca, ha comprato milioni di voti, ha fatto qualche broglietto, ed è tornato a pararsi il culo a palazzo Chigi, alla faccia vostra!

Firmato
Una delle settantasette zie di Silvio.

b-blabla5

ber-corruttore1

b-banana

b-wanna

b-repellente

b-dream

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter