La Corte di giustizia dà torto a Mediaset: «Gli incentivi ai decoder aiuti di Stato»

l massimo organismo giuridico dell’ue conferma una precedente sentenza

La Corte di giustizia dà torto a Mediaset:
«Gli incentivi ai decoder aiuti di Stato»

Ora spetterà alla giurisdizione italiana
stabilire l’entità dell’importo da rimborsare

La corte di giustizia Ue ribadisce la sentenza sui decoder per il digitaele terrestre
La corte di giustizia Ue ribadisce la sentenza sui decoder per il digitaele terrestre

MILANO – Altra tegola su Mediaset, alle prese anche con la crisi di Endemol. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha ribadito che Mediaset dovrà rimborsare lo Stato per gli aiuti erogati negli anni scorsi per l’acquisto dei decoder. La Corte ha quindi respinto il ricorso presentato dall’azienda televisiva dopo la sentenza dell’anno scorso. E ha perciò confermato che i contributi italiani per l’acquisto dei decoder digitali terrestri nel 2004 e 2005 «costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune. Le emittenti radiotelevisive che hanno beneficiato indirettamente degli aiuti di Stato sono tenute a rimborsare le somme corrispondenti ai vantaggi in tal modo ottenuti».LA SENTENZA UE – Con la legge finanziaria del 2004 – si ricorda nel dispositivo – l’Italia ha concesso un contributo pubblico di 150 euro ad ogni utente del servizio di radiodiffusione che acquistasse o noleggiasse un apparecchio per la ricezione, in chiaro, dei segnali televisivi digitali terrestri. Il limite di spesa del contributo è stato fissato a 110 milioni. La legge finanziaria del 2005 ha reiterato tale provvedimento nello stesso limite di spesa di 110 milioni, riducendo tuttavia il contributo per ogni singolo decoder digitale a 70 euro. Il consumatore che avesse però scelto un apparecchio che consentisse esclusivamente la ricezione di segnali satellitari non poteva ottenere il contributo: contro i contributi le emittenti televisive Centro Europa 7 e Sky Italia hanno inoltrato esposti alla Commissione. Con la decisione del 2007, Bruxelles osservava, in effetti, che detti contributi costituivano aiuti di Stato a favore delle emittenti digitali terrestri che offrivano servizi televisivi a pagamento nonché degli operatori via cavo fornitori di servizi televisivi digitali a pagamento, ordinando il recupero degli aiuti. Mediaset ha allora presentato un ricorso ma, nel giugno del 2009, il Tribunale lo ha respinto, confermando che il contributo costituiva un vantaggio economico a favore delle emittenti terrestri. Giovedì anche la successiva impugnazione di Mediaset è stata respinta. Ora «spetterà al giudice nazionale fissare l’importo dell’aiuto da recuperare sulla base delle indicazioni delle modalità di calcolo fornite dalla Commissione».

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Frequenze tv, dal governo regalo a Mediaset°°°Un altro! Chissà per favorire chi…

Frequenze tv, dal governo regalo a Mediaset

di Roberto Brunelli

L’eterno Natale di Mediaset porterà ad una strage digitale. Una strage di tv locali, per la precisione, che subiranno quello che si configura come un vero e proprio esproprio di frequenze televisive. Non solo. Alle emittenti verrà negato il diritto di ricorrere alla giustizia amministrativa: chi si ribella, si troverà in casa la polizia, con la prospettiva di tre anni di carcere.

http://www.unita.it/italia/frequenze-tv-dal-governo-regalo-a-mediaset-1.317984

B.amici e sodali

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Per azzoppare le tv locali il governo elimina il Tar°°° il servo Romani si guadagna il pane.

Per azzoppare le tv locali
il governo elimina il Tar

Il ministro Romani difende le frequenze Mediaset, azzera le possibilità per i piccoli editori di riavere gli spazi loro sottratti e mette a rischio 2,4 miliardi di euro. Se i soldi previsti nella Finanziaria 2011 non entreranno, Tremonti farà altri tagli alle risorse dei ministeri

Nel partito degli onesti vale una sola regola: uno scudo a me e uno a te. Anche il berlusconiano Paolo Romani, emulando il Capo, s’è fatto inserire una norma ad personam nella manovra di risanamento. L’inventore di Colpo grosso, ora ministro per lo Sviluppo economico, è molto

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Ricavi tv, Mediaset sorpassa Sky°°° Indovinate chi si sta rubando i soldi attraverso malversazioni e ricatti…

Ricavi tv, Mediaset sorpassa Sky
il monito dell’Agcom: “Rai, serve più qualità”

°°° Per avere più qualità in Rai basterebbe cacciare via il 99% delle merde presenti, che stanno rubando i nostri soldi senza averne nessun diritto, e richiamare a lavorare noi professionisti. Il resto sono chiacchiere ipocrite.

puzza di merda

PUZZA DI MERDA OVUNQUE

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Mediaset, l’Avvocatura di Stato col mafionano. Dov’era quando lui insultava quotidianamente lo Stato?

Mediaset, l’Avvocatura di Stato:
«Poteri del premier lesi dai giudici»

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Il tribunale di Milano del processo Mediaset, in cui il premier Berlusconi è imputato di frode fiscale, si è «arrogato un inammissibile potere di sindacato delle ragioni politiche sottese al rinvio di una riunione del Consiglio dei ministri» al primo marzo del 2010.

Rifiutando di considerare quel Cdm come legittimo impedimento del premier a presentarsi in udienza, i giudici di Milano hanno quindi leso le «esclusive attribuzioni costituzionali» del presidente del Consiglio e del governo. È quanto scrive l’avvocatura dello Stato nel ricorso di 20 pagine  con cui il governo ha sollevato conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale.

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AUGURI! Secondo il testimone, infine, il vero gestore del mercato dei diritti Mediaset, è e resta “Silvio Berlusconi”

Mediatrade, da un nuovo teste
accuse nei confronti del Cavaliere

Il produttore Sardi ai pm: “Diritti tv, prezzi gonfiati senza giustificazioni”. E Berlusconi anche dopo essere approdato a Palazzo Chigi “mantiene il controllo e rapporti diretti coi venditori americani”

di EMILIO RANDACIO

Mediatrade, da un nuovo teste accuse nei confronti del Cavaliere Silvio Berlusconi

MILANO – Format televisivi americani acquistati a prezzi quasi cinque volte superiori al loro valore. Una gestione economica da parte dei vertici Mediaset “senza giustificazioni plausibili”, e in cui Silvio Berlusconi, anche dopo essere approdato a Palazzo Chigi, continua a mantenere il controllo e i “rapporti diretti con i venditori americani”.

Lo spaccato che il produttore cinematografico Silvio Sardi tratteggia del mondo della televisione italiana, sembra essere in contrasto con le più banali regole del mercato. Il 24 marzo scorso il nuovo teste è stato convocato dalla procura di Roma per fornire la sua versione nell’inchiesta sulla presunta “frode fiscale” sui diritti tv Mediaset, in cui dall’ottobre scorso Silvio Berlusconi, il figlio Pier Silvio e una manciata di manager del gruppo, sono indagati dal pm Barbara Sargenti. Tre giorni fa, il produttore è stato ascoltato per quattro ore anche dai pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, che hanno ora incluso il suo verbale nel fascicolo Mediatrade, la cui udienza preliminare è in corso davanti al gup Maria Vicidomini. Un ulteriore tassello, per la procura, per rafforzare la tesi secondo cui proprio attraverso l’acquisto dei diritti tv, i vertici Mediaset avrebbero costituito fondi neri all’estero. Tra gli imputati in questo procedimento c’è ancora il premier, accusato di appropriazione indebita e frode fiscale.

Nel racconto di Sardi, “Mediaset corrispondeva prezzi fuori mercato per i film tv destinati all’Italia”.

Un esempio? Nel ’97 “mi accorsi che film che avevo ceduto a 50 mila dollari, venivano acquistati da Rai e Mediaset a 400 milioni di lire”. Anche “dal punto di vista imprenditoriale tale comportamento non ha alcuna giustificazione”. Pur potendo discutere dei diritti tv direttamente con le major, le aziende operano con broker stranieri. Il testimone ricorda poi come tra il 2000 e il 2001, ha incontrato anche i vertici di Mediaset, per cercare di sostituirsi ai broker. Secondo il suo racconto, “il 3 novembre 2000”, è ricevuto da Pier Silvio Berlusconi negli uffici Mediaset, “e gli chiesi i motivi per cui Mediaset acquistasse i prodotti da intermediari e fuori mercato”. Ma nonostante un apparente interesse, il figlio del premier “non si fece più sentire, facendosi anche negare dalla sua assistente”.
Agli inizi del 2001, il produttore insiste nel suo progetto e passa direttamente negli uffici di Fedele Confalonieri.

E dopo avergli proposto la soluzione per ridurre i costi, anche “in questa circostanza non ricevetti alcuna risposta”. Secondo il testimone, infine, il vero gestore del mercato dei diritti Mediaset, è e resta “Silvio Berlusconi”. “Peraltro la sua presenza nelle attività delle sue televisioni – rammenta Sardi – è sempre stata molto forte, sia per quanto riguarda il controllo dei programmi sia per gli aspetti commerciali. Si tratta di fatti sostanzialmente notori nell’ambiente, ma in ogni caso posso far riferimento a conversazioni intrattenute con i direttori di rete Mediaset”.

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Tv, Mediaset fa shopping in Spagna: Telecinco acquista il canale «Cuatro»°°° Da dove arrivano quei soldi?

Sappiamo per certo che merdaset, pur essendo stata fondata con capitali mafiosi ed essendo entrata in borsa coi falsi in bilancio a manetta…  è in perdita!  Sappiamo anche  che merdaset sfrutta gli autori e gli attori, ruba i format, e non paga i diritti Siae né quelli Imaie… Dunque? Da dove arrivano tutti questi soldi per fare nuovi acquisti in Libia e in Spagna?

b-cesso

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Salute e grano! “A me della politica non frega niente, io mi sono candidato per non finire in galera”.

L’osceno normalizzato

di BARBARA SPINELLI

Ci fu un tempo, non lontano, in cui era vero scandalo, per un politico, dare a un uomo di mafia il bacio della complicità. Il solo sospetto frenò l’ascesa al Quirinale di Andreotti, riabilitato poi dal ceto politico ma non necessariamente dagli italiani né dalla magistratura, che estinse per prescrizione il reato di concorso in associazione mafiosa ma ne certificò la sussistenza fino al 1980. Quel sospetto brucia, dopo anni, e anche se non è provato ha aperto uno spiraglio sulla verità di un lungo sodalizio con la Cupola. Chi legga oggi le motivazioni della condanna in secondo grado di Dell’Utri avrà una strana impressione: lo scandalo è divenuto normalità, il tremendo s’è fatto banale e scuote poco gli animi.

Nella villa di Arcore e negli uffici di Edilnord che Berlusconi – futuro Premier – aveva a Milano, entravano e uscivano con massima disinvoltura Stefano Bontate, Gaetano Cinà, Mimmo Teresi, Vittorio Mangano, mafiosi di primo piano: per quasi vent’anni, almeno fino al ’92. Dell’Utri, suo braccio destro, era non solo il garante di tutti costoro ma il luogotenente-ambasciatore. Fu nell’incontro a Milano della primavera ’74 che venne deciso di mandare ad Arcore Mangano: che dovremmo smettere di chiamare stalliere perché fu il custode mafioso e il ricattatore del Cavaliere. Quest’ultimo lo sapeva, se è vero che fu Bontate in persona, nel vertice milanese, a promettergli il distaccamento a Arcore d’un “uomo di garanzia”.

La sentenza
attesta che Berlusconi era legato a quel mondo parallelo, oscuro: ogni anno versava 50 milioni di lire, fatti pervenire a Bontate (nell’87 Riina chiederà il doppio). A questo pizzo s’aggiunga il “regalo” a Riina (5 milioni) per “aggiustare la situazione delle antenne televisive” in Sicilia. Fu Dell’Utri, ancor oggi senatore di cui nessuno chiede l’allontanamento, a consigliare nel 1993 la discesa in politica. Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, dirà che altrimenti il Cavaliere sarebbe “finito sotto i ponti o in galera per mafia” (la Repubblica, 25-6-2000). Il 10 febbraio 2010 Dell’Utri, in un’intervista a Beatrice Borromeo sul Fatto, spiega: “A me della politica non frega niente, io mi sono candidato per non finire in galera”.

C’è dell’osceno in questo mondo parallelo, che non è

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Casini a merdaset

«Presidente non ci abbandoni»

Mediaset, va in onda lo sciopero

di Giuseppe Vespo

Primo sciopero di gruppo a Mediaset. Domenica e lunedì i dipendenti della tv del Cavaliere incroceranno le braccia, con probabili disagi per le trasmissioni: dai tiggì ai contenitori come Domenica 5, fino a Controcampo. Motivo dell’agitazione, la prima vera nella storia del gruppo, la cessione da parte di Videotime – azienda interna alla galassia Mediaset – dei lavoratori addetti alla sartoria, al trucco e all’acconciatura, alla Pragma Service Srl di Pioltello, Milano.

Si tratta di 56 persone, per lo più donne, che lavorano nelle strutture di Cologno Monzese, Milano Due e Roma. Continueranno a frequentare gli studi televisivi, ma alle dipendenze di un’altra proprietà. Che ovviamente non garantirà lo stesso trattamento di Mediaset, che in questi giorni ha ripreso a trattare coi sindacati per rinnovare il contratto integrativo. Ieri sera alcune lavoratrici del reparto trucco di Cologno Monzese stavano già preparando due lettere da indirizzare a Piersilvio Berlusconi, al premier e a Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset. «Sin dalla sua nascita, il gruppo ha fatto della cura dell’immagine e della crescita delle professionalità interne la chiave del suo successo», scrivono invece in un comunicato dal titolo “Nel 2010 Canale 5 compie 30 anni. Compleanno senza trucco!”.

«Lavorando per decenni dietro le quinte – continua la nota – le truccatrici hanno dato un importante contributo alla crescita dell’azienda. Oggi vengono cedute, senza una parola di spiegazione, ad una società priva di qualunque qualifica ed esperienza nel settore». «È una cessione immorale», rincara la dose una agguerrita truccatrice. «Dopo tutti questi anni ci danno un bel calcio nel sedere. Ci faremo sentire, anche a costo di salire sul minareto», dice facendo riferimento all’antenna Mediaset di Cologno Monzese. L’azienda ha motivato la cessione con una lettera, nella quale – riferiscono i lavoratori – si dice che i reparti trucco, acconciature e sartoria, non sarebbero attività strettamente legate al processo produttivo televisivo, e per questo possono essere cedute. «Provate a chiederlo a un giornalista o a un presentatore se non siamo parti produttive», ribatte un’altra dipendente. «Chiedetegli se possono andare in onda senza trucco o senza vestiti. La prima cosa che si fa quando si riorganizza il lavoro – continua la donna – è programmare i nostri turni. Questo dà l’idea di quanto sia necessario il nostro lavoro».

Lo sciopero è indetto per tutti i circa 3.400 lavoratori del gruppo. Pare che alcuni, anche tra i giornalisti, oltre ad avere manifestato solidarietà ai dipendenti coinvolti dalla cessione, stiano preparando una lettera da inviare ai vertici aziendali. Il timore – paventato da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, che hanno indetto la mobilitazione – è che questa possa essere la prima di una serie di esternalizzazioni. «Mediaset – dice Francesco Aufieri, funzionario Slc-Cgil a Milano – fa un ricorso eccessivo agli appalti, anche quando può utilizzare risorse interne».

«Si tratta di una decisione unilaterale dell’azienda che non accettiamo», aggiunge la segretaria generale Slc, Elisabetta Ramat. «Da qualche tempo c’è un allentamento della qualità delle relazioni sindacali. Certamente questa operazione rischia di comprometterle in modo pesante».

°°° Berlusconi si è sempre riempito la bocca con la frase “Non abbiamo mai licenziato nessuno”, ma ovviamente non è vero: come non è mai vero nulla delle minchiate che spara da una vita. Io ricordo che “licenziò”  me, senza una parola, senza pagarmi 28 miliardi dovuti di allora (1990)… ma contestualmente licenziò il regista di Striscia la notizia, che si era schierato dalla mia parte, e almeno altre dieci persone. Chi lo ha mai saputo? NESSUNO.

Di me sì, perché ne parlò tutta la stampa nazionale e scesero in campo Firme sontuose, come OdB, Beniamino Placido, Leandro Palestini, ecc.

Ma dei miei colleghi? Non ne ha mai parlato nessuno.

Così come nessuno ha mai parlato delle centinaia di lavoratori liquidati vergognosamente da questa azienda di plastica.

Ma Berlusconi dice anche un’altra stronzata colossale: “Nel mio gruppo lavorano almeno 120 milapersone…

Ma quando?! Ma dove?!

Il suo gruppo vive alle spalle dei lavoratori e, al massimo, squadre di calcio comprese, arriva a 14 mila dipendenti. BUFFONE!

b.pagliacc

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