Monti è di destra e non ha capito niente. ha tagliato 40 F35, ma che cazzo ce ne facciamo degli altri?

Che cazzo ce ne facciamo degli F35?! No a spese inutili e costose.I  E’ obbligatorio investire IMMEDIATAMENTE in scuola, cultura, servizi, trasporti, beni culturali, ricerca e turismo. Come fanno i paesi civili, altrimenti sei una merda come il mafionano.

Abbiamo perso troppi anni dietro ai deliri di quell’incapace piduista, Monti TORNA A BORDO, CAZZO!

Questi attrezzi erano al governo, dragati dal mafionano. RICORDATEVELO!

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Via alla mafia a manetta!

La cosca  mafiosa e piduista prosegue il suo cammino indisturbata: d’altronde hanno comprato i voti per questo. Azzerata la libertà di stampa, azzerati i diritti e i servizi, azzerata la magistratura… ora rimane solamente la guerra civile.

Soltanto Di Pietro, nell’opposizione, fa sentire la propria voce:

Roma, 17:50

DI PIETRO, PROSEGUE LAVORO SPORCO PER LA CASTA


“Un’ennesima legge incostituzionale ed immorale che dimostra, ancora una volta, il progetto piduista del governo Berlusconi: mettere il Pubblico ministero sotto il controllo del potere esecutivo”, afferma Antonio Di Pietro, “associandosi alla bocciatura della sesta Commissione del Csm alla riforma del processo penale”. “Questa volta lo strumento utilizzato e’ molto sofisticato, ma proprio per questo piu’ criminale: i Pubblici ministeri, d’ora in poi, non potranno piu’ acquisire la notizia di reato e aprire accertamenti giudiziari di propria iniziativa, ma potranno farlo – prosegue il leader Idv – solo dopo che verranno avvertiti dagli organi di polizia e nei limiti della segnalazione che riceveranno. Ma anche le pietre sanno che gli organi di polizia dipendono funzionalmente e gerarchicamente dal governo e dai rispettivi ministri, Interno, Difesa, Economia, e, quindi, per definizione possono fare e segnalare solo cio’ che i loro superiori gerarchici permettono loro di riferire. Per intenderci: l’inchiesta ‘Mani Pulite’ – conclude – non si sarebbe mai svolta perche’ a nessun organo di polizia sarebbe stato permesso di segnalare ai Pm fatti concernenti reati che riguardavano proprio molti ministri in carica all’epoca. La verita’ e’ una e una sola: il ministro della Giustizia, dopo il Lodo Alfano, sta continuando il ‘lavoro sporco’ per cui e’ stato messo a quel posto, ossia permettere alla casta di assicurarsi l’impunita’”.

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Da Travaglio

L’uomo che sapeva troppo poco

Da quando, in via del tutto ipotetica, il suo on. avv. Niccolò Ghedini l’ha definito “utilizzatore finale” di prostitute a sua insaputa, Silvio Berlusconi si staglia come il politico più ingenuo o più sfortunato della storia dell’umanità. Dal 1974 al 1976 ospita nella villa di Arcore un noto mafioso, Vittorio Mangano, intimo del suo segretario Marcello Dell’Utri e già raggiunto da una dozzina fra denunce e arresti, ma lo scambia per uno stalliere galantuomo: anche quando glielo arrestano due volte in casa. Dal 1978 (almeno) al 1981 è iscritto alla loggia deviata P2, convinto che si tratti di una pia confraternita. Dal 1975 al 1983 le finanziarie Fininvest ricevono l’equivalente di 300 milioni di euro, in parte in contanti, da un misterioso donatore, ignoto anche al proprietario: infatti, dinanzi ai giudici antimafia venuti a Palazzo Chigi per chiedergli chi gli ha dato quei soldi, si avvale della facoltà di non rispondere.

Negli anni 80 l’avvocato David Mills crea per il suo gruppo ben 64 società offshore nei paradisi fiscali, ma lui non sospetta nulla, anzi non sa nemmeno cosa sia la capofila All Iberian. Questa accumula all’estero una montagna di fondi neri che finanziano, fra gli altri, Bettino Craxi (23 miliardi di lire) e Cesare Previti (una ventina). Previti, avvocato di Berlusconi, ne gira una parte ai giudici romani Vittorio Metta (nel 1990) e Renato Squillante (nel 1991), ma di nascosto al Cavaliere. Il quale però s’intasca il gruppo Mondadori grazie a una sentenza di Metta, corrotto da Previti con soldi Fininvest. Nei primi anni 90 il capo dei servizi fiscali del gruppo, Salvatore Sciascia, paga almeno tre tangenti alla Guardia di finanza. E nel 1994, quando la cosa viene fuori, il consulente legale Massimo Berruti tenta di depistare le indagini dopo un incontro a Palazzo Chigi col principale. Ma questi non si accorge di nulla (“giuro sui miei figli”). Nemmeno quando Sciascia e Berruti vengono condannati, tant’è che se li porta in Parlamento. Nel 1997-’98 Mills, testimone nei processi Guardia di Finanza e All Iberian, non dice tutto quel che sa e lo “salva da un mare di guai” (lo confesserà al commercialista). Poi riceve 600 mila dollari dal gruppo di “Mr. B”. E Mr. B sempre ignaro di tutto (rigiura sui suoi figli).

Di recente si scopre che il Nostro, nell’ottobre scorso, prese a telefonare a Noemi, una minorenne di Portici, proprio mentre il suo governo varava una legge per stroncare la piaga delle molestie telefoniche (“stalking”). Ma lui scoprì che era minorenne solo quando fu invitato al suo diciottesimo compleanno. Ora salta fuori che Patrizia D’Addario, che trascorse con lui una notte a Palazzo Grazioli, è una nota “escort” barese, pagata da un amico del premier (l’”utilizzatore iniziale”?). Ma lui non ne sapeva nulla, tant’è che in quel mentre il suo governo varava una legge per arrestare prostitute e clienti. E’ sempre l’ultimo a sapere. Può un uomo così ingenuo, o sfortunato, o poco perspicace, fare il presidente del Consiglio?

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MANGERA’ IL PANETTONE?

Marco Damilano per “l’Espresso”

Sa, presidente, Gianni Letta è bravissimo. Mi costa poco meno di Kakà, ma pazienza… Era il 7 maggio, Silvio Berlusconi a colloquio con Giorgio Napolitano al Quirinale si ritrovava a magnificare al solito le qualità del suo sottosegretario: governante eccezionale e per di più, massima soddisfazione, suo dipendente.

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Un mese e mezzo fa, un tempo felice. Oggi Silvio e Gianni sono ancora insieme, ma separati da una invisibile cortina di sfiducia. Alle cene di palazzo Grazioli, il sottosegretario era abituato ad arrivare dopo le nove di sera e ad andarsene intorno alle undici, quando arrivavano le dame e cominciavano le danze.

Negli ultimi mesi, poi, ha deciso di non farsi vedere più neppure nella prima parte della serata: meglio essere prudenti, viste le compagnie non sempre degne di uno statista. Ma nessuno sembrava accorgersi della sua assenza: era ancora la stagione del Berlusconi onnipotente, padrone d’Italia, con il gradimento del 75 per cento degli italiani, almeno nei suoi sondaggi.

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Oggi invece al primo piano di palazzo Grazioli sventola un moscio tricolore, Apicella non suona più, Berlusconi si ritrova in perfetta solitudine nel momento più difficile della sua avventura politica e umana. È un leader politico sotto ricatto, diffidente perfino nei confronti degli amici di sempre, con la corte dei nuovi favoriti pronta a soffiare sul fuoco per scalare posizioni: il deputato-interprete Valentino Valentini, il deputato-segretario Sestino Giacomoni, il deputato-avvocato Niccolò Ghedini. Un uomo sotto assedio, che vede spegnersi la tradizionale buona sorte, l’ottimismo, “il sole in tasca”.

“Si è trasformato in un Re Mida all’incontrario: quello che tocca sporca”, lo dipinge con ferocia chi gli è stato vicino per anni e ora non se la sente più di seguirlo. Dopo aver infilzato a lungo un avversario dopo l’altro, il Cavaliere per la prima volta si sente preda di una caccia grossa, dove sono in tanti a voler sparare il colpo di grazia.

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Nella stretta cerchia dei berluscones le voci si rincorrono. Complotti interni e internazionali: i servizi italiani e il prefetto Gianni De Gennaro (“sciocchezze”, replica un sottile conoscitore dell’ambiente: “Branciforte è una brava persona, Piccirillo è un servitore dello Stato, De Gennaro non ha grandi poteri”), anzi no, la Cia, Barack Obama che si vuole sbarazzare del leader italiano, troppo amico dei russi, scenari alla Ken Follett agitati da un esperto del ramo, Francesco Cossiga. I poteri forti: Berlusconi ha pestato i piedi alle banche, Cesare Geronzi si vendica. Luca Cordero di Montezemolo scalda i motori con l’associazione Italia Futura, pronta a partire il 1 luglio.

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Fantasmi, come quello di una giovane misteriosamente scomparsa dalle parti di villa Certosa. Assurdo? Certo: ma a invocare Wilma Montesi, la ragazza ritrovata morta sulla spiaggia di Capocotta negli anni Cinquanta, è un ministro in carica, Gianfranco Rotondi.

Lo spettro di un 25 luglio berlusconiano: “Alla caduta del Duce ci fu un solo suicida, il direttore dell’agenzia Stefani Manlio Morgagni, oggi chi potrebbe imitarlo? Sandro Bondi?”, scherza macabro un deputato di An.

E le previsioni catastrofiche sul G8 dell’Aquila che avrebbe dovuto consacrare la figura internazionale del Cavaliere: ecco invece le voci di capi di Stato che vorrebbero evitare di farsi fotografare con il premier. E le first ladies che potrebbero disertare l’evento. Anche se, a spaventare davvero il Cavaliere, sono incubi molto più consistenti: l’inchiesta di Bari, i contatti tra l’amico del premier Giampaolo Tarantini e il capo della protezione civile Guido Bertolaso, fronti che potrebbero aprirsi in altre procure, da Firenze a Napoli.

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“Dobbiamo tornare a fare politica. Possiamo finire in molti modi, ma non così”, si dispera fino alle lacrime su un divano del Transatlantico la deputata Beatrice Lorenzin, pasionaria azzurra che è arrivata a Montecitorio dalla militanza nelle borgate romane, il contrario della velina. Non può finire così: con l’inedito duello Silvio-Patrizia, lui sull’house organ ‘Chi’ che da vero signore si vanta di non aver pagato una donna (“non sarebbe una conquista”), lei, la sdoganatrice del termine escort, che lo smentisce via agenzia.

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Con la fila delle ragazze che ostentano farfalline e tartarughe, ognuna con il suo regalino da esibire e una indimenticabile serata con Papi da raccontare. Con l’Italia mai così screditata a livello internazionale, come dimostra il flop della candidatura del ciellino Mario Mauro alla presidenza del Parlamento europeo. Berlusconi ne aveva parlato per tutta la campagna elettorale, il settimanale ‘Tempi’ gli aveva già dedicato la copertina (“Il Presidente”), niente da fare, anche Mauro ha pagato la vicinanza a Silvio, il re Mida all’incontrario.

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La caduta è stata appena bloccata dalla vittoria del centrodestra al ballottaggio per la provincia di Milano, per soli quattromila voti, però, e con il centrosinistra che ha superato la coalizione Pdl-Lega in città. Ma il tritacarne si è rimesso subito in azione. Alimentato dalle ambizioni personali dei tanti che fiutano l’odore dell’animale ferito, la precoce fine del berlusconismo, se non ancora di Berlusconi, dopo appena un anno di legislatura, reclamano il loro pezzetto di eredità, si preparano al dopo. Il più rapido a farsi avanti è stato il ministro Claudio Scajola, con un’intervista al ‘Corriere’.

In apparenza di solidarietà con il premier, in realtà carica di richieste e di condizioni. La più pressante: “Rilanciare il Pdl strutturandosi meglio sul territorio”. Quando hanno letto queste parole in via dell’Umiltà hanno sospirato: “Ci risiamo. Berlusconi è in difficoltà e Claudio si candida alla guida del partito…”. Lo scontento dei parlamentari verso il triumvirato che guida il Pdl non si può più arginare. I due ex Forza Italia, Bondi e Denis Verdini, entrambi toscani di Fivizzano, ex vicini di casa a Roma, in piazza dell’Ara Coeli, non si parlano più, alle riunioni se c’è uno manca l’altro.

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Il terzo del trio, il post-missino Ignazio La Russa, è sbeffeggiato quotidianamente dagli amici di An. “I triumviri o quadriumviri hanno sempre fatto una brutta fine: ai tempi di Mussolini uno è caduto dall’aereo, uno è stato fucilato, un altro è diventato partigiano. Tutte cose che non auguro a La Russa”, ridacchia l’ex capo della segreteria di Gianfranco Fini Donato Lamorte. Di certo, il Pdl, il primo partito italiano, si è rivelato più permeabile di palazzo Grazioli: porte girevoli, gente che va gente e che viene, candidature imbarazzanti, nomi arrivati nelle liste per le elezioni europee o amministrative senza nessuna trafila o competenza.

E a immolarsi per difendere il leader-fondatore dalle accuse delle escort sono rimasti il solito Daniele Capezzone e la coppia dei Beni culturali, il ministro Bondi e il sottosegretario Francesco Giro, il bunker del Collegio romano, li chiamano nel partito. Così in tanti invocano un cambio di rotta immediato: un segretario organizzativo al posto di Verdini-Bondi-La Russa da nominare subito, entro l’estate, una macchina da guerra da mettere in campo subito, per non farsi cogliere impreparati quando arriverà il terremoto politico più sconvolgente degli ultimi anni.

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Le prossime settimane, infatti, decideranno il futuro di Berlusconi. Prima il G8, ad alto rischio flop. Poi le leggi più delicate da varare entro la pausa estiva, a partire da quella sulle intercettazioni approvata dalla Camera e ora in discussione al Senato. Infine, il passaggio più a rischio, la sentenza della Corte costituzionale sul lodo Alfano che impedisce i procedimenti a carico del premier fino alla scadenza del mandato: una bocciatura della Consulta sarebbe letale per il Cavaliere, in una maggioranza dove ognuno gioca la sua partita, come se la legislatura fosse al capolinea e non all’inizio.

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C’è il presidente della Camera Gianfranco Fini, sempre più compreso nel suo ruolo istituzionale. Pronto a passare da un convegno sul parlamentarismo con la tedesca fondazione Adenauer a un incontro a Madrid con il think tank dell’ex premier Josè Maria Aznar, dalla benedizione per l’associazione ‘Italia Decide’ presieduta da Luciano Violante al lavoro sul ‘patriottismo costituzionale’, tra frasi di Habermas, Daherendorf, Piero Calamandrei, Giuseppe Mazzini e Rousseau: “La patria non esiste senza virtù”. Citazione perfetta per un aspirante inquilino del Quirinale, soprattutto ora che il candidato naturale, Berlusconi, su vizi e virtù manifesta qualche segnale di evidente confusione.

Con i suoi interlocutori il presidente della Camera giura di non essere disponibile per eventuali governi istituzionali, in caso di caduta di Berlusconi: la sua strada lo porta verso il Colle più alto, ogni deviazione rischia di allontanarlo dall’obiettivo. Per questo, segretamente, tifa perché Berlusconi resista ancora un po’ al suo posto: un premier ferito, azzoppato, per mandare avanti la legislatura di qualche anno. Non a caso, dopo la polemica sulle veline in lista che provocò la reazione della signora Veronica Berlusconi, il sito della fondazione finiana Fare Futuro è rimasto silenzioso: meglio non infierire ora che il risultato di far precipitare Silvio tra i comuni mortali è stato raggiunto. Mentre l’ex sdoganato Fini, al contrario, sta ascendendo tra i padri della patria.

Silenzio condiviso dall’altro big della maggioranza, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Non ha speso una parola per difendere Silvio. È toccato a un amico, un deputato veneto del Pd, raccogliere il suo sfogo nell’emiciclo di Montecitorio: “Mi parli di federalismo? Ma non vedi che qui sta crollando tutto…”. E in pochi ricordano che la rottura con Berlusconi si è consumata non sulla politica economica, ma su un terreno più politico.

Durante la seduta del Consiglio dei ministri chiamato ad approvare il decreto che avrebbe imposto l’alimentazione a Eluana Englaro, lo scorso gennaio, Tremonti fu l’unico ministro a mettere in guardia sulle conseguenze del provvedimento: “Attenzione, se Napolitano non firma il decreto andiamo dritti allo scontro istitzionale”. Berlusconi non gradì per niente, e da allora Tremonti è entrato nella lista nera dei potenziali traditori. Ma anche in testa ai possibili candidati per la guida di un governo di emergenza nazionale in caso di caduta di Berlusconi, con l’appoggio di Massimo D’Alema e del Pd.

Il favorito a Palazzo Chigi, se la situazione dovesse precipitare, resta però l’attuale sottosegretario Gianni Letta. L’unico in grado di garantire la tregua tra i poteri dello Stato dopo un cataclisma di tale portata. Non a caso Sua Eminenza da Avezzano è finito sotto gli attacchi neppure tanto velati di una parte del Pdl. Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello ne hanno chiesto l’audizione al comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti come responsabile politico dell’intelligence e dunque della sicurezza e della privacy del premier.

“Letta è troppo istituzionale per occuparsi di servizi segreti, qui siamo in guerra, serve un personaggio che abbia la mentalità del militare”, detta un falco ex Forza Italia, esponente della corrente che spinge Berlusconi verso la linea dura e vorrebbe bloccare la strada verso un eventuale governo delle larghe intese, presieduto dallo stesso Letta. Ma sulla reazione allo scandalo delle escort, per la prima volta, gli azzurri appaiono spaccati. Il dopo-Berlusconi non è un tabù, neppure nel Pdl.

C’è chi se la prende con i più scalmanati del governo: “Ministri come Sacconi o Brunetta che in tempi di crisi invocano la spaccatura con i sindacati. Gente che ha i glutei al posto della testa”. E c’è chi invoca il ritorno dei vecchi saggi, i padri nobili, i Pisanu, i Martino, i Pera, da affiancare a Berlusconi: una specie di cordone sanitario, un collegio di badanti per il premier sull’orlo di una crisi di nervi.

Sulla capacità di tenuta di Berlusconi di fronte alla raffica di inchieste, rivelazioni, interviste, memoriali, fotografie, aspiranti ragazze immagine, trans, slave vestite da babbonataline e altri colpi di scena (“la coca, quella no!”, giura un forzista della prima ora, forse per darsi coraggio) si regge la possibilità della legislatura di proseguire. La minaccia di riportare il Paese alle elezioni anticipate, per l’ennesima ordalia, il referendum pro o contro Berlusconi, è sempre sul tavolo, un copione già ripetuto con successo in altre occasioni.

La Lega di Umberto Bossi lo spinge a sfidare i nemici, sicura di sopravvivere al cataclisma, una parte del Pdl lo invita a dare la caccia al traditore interno. Ma il Cavaliere sembra colto da un’improvvisa esitazione, da una malinconia. L’effetto che fanno le luci che si spengono al termine di una festa, come quelle che allietavano il premier al primo piano di palazzo Grazioli. Un’atmosfera deprimente da spettacolo concluso, uno show che si interrompe all’improvviso, un’emozione spezzata. Ma il timore di Silvio è che ora la giostra possa finire anche a palazzo Chigi.

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Marco Travaglio (da l’Unità)

Topolanek, Bocchino, Pompa & F.lli

Siccome «nomina sunt consequentia rerum», sulla scena degli scandali berlusconiani, dopo Topolanek, irrompe l’on. Bocchino: «In questa vicenda ci sono apparati dello Stato fuori controllo». Non ce l’ha con l’apparato riproduttivo di Al Tappone, già devastato da un editoriale di Feltri, ansioso di far sparire l’arma del delitto («facendo strame della privacy, affermo che Silvio è senza prostata… e buonanotte al sesso. La scienza fa miracoli tranne uno: quello»). No, Bocchino ce l’ha coi servizi segreti, ovviamente deviati: «Dovrebbero occuparsi della sicurezza del premier, scortarlo, proteggerlo». Invece colludono coi nemici della Nazione: tipo il fotografo Zappadu che, secondo l’autorevole Il Giornale, ha «rapporti coi servizi». Tesi suggestiva, anche perché Al Tappone ha governato 8 anni su 15 e ha sempre trafficato coi servizi. E l’altro giorno ne ha riuniti i capi a Palazzo Chigi: c’erano il coordinatore Gianni De Gennaro, a suo tempo confermato da Al Tappone a capo della polizia nonostante i fattacci del G8 di Genova, o forse proprio per quelli (ora è imputato per induzione alla falsa testimonianza dell’ex questore); e l’ex direttore del Sismi Niccolò Pollari, sebbene sia imputato a Milano per il sequestro di Abu Omar e a Perugia per peculato con Pio Pompa (avrebbero spiato «presunte opinioni politiche, contatti e iniziative di magistrati, funzionari dello Stato, associazioni di magistrati anche europei, giornalisti e parlamentari»), o forse proprio per questo. Dal che si deduce che cosa intendano lorsignori per «servizi deviati»: quelli che lavorano per lo Stato.

foglia

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Ma quanti cavoli!

Roma, 10:20
CONI: PETRUCCI A GELMINI,ULTIMI IN UE PER SPORT A SCUOLA

“Caro ministro, mi rivolgo a lei in maniera non convenzionale, con spirito di grande collaborazione e disponibilita’ e allo stesso tempo con rinnovata fiducia e speranza per quella sfida che costituisce il primo degli obiettivi che gli organi del Coni, da poco rinnovati, si sono posti nel programma del nuovo quadriennio: l’effettiva introduzione dell’attivita’ motoria e sportiva, in ogni ordine e grado della scuola”. Inizia cosi’ la lettera aperta del presidente del Coni Gianni Petrucci rivolta, a nome della Giunta e del Consiglio Nazionale, al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Una missiva, letta in avvio di Consiglio nazionale, “che vuole rappresentare le richieste, le aspettative e lo stato d’animo di un intero movimento nei confronti del mondo della scuola”. Petrucci, nella lettera, lamenta un grave ritardo nell’attuazione dell’obiettivo numero uno del Coni, l’introduzione dello sport nella scuola: “La partita dello sport nella scuola non solo non si e’ vinta, ma non si e’ riusciti nemmeno a giocarla -recita Petrucci- e la delusione e’ grande perche’ nonostante tutti i tentativi fatti nel corso degli anni, il nostro Paese, che eccelle in molti settori, purtroppo nella classifica della presenza dell’attivita’ motoria e sportiva nell’ambito scolastico e’ tristemente agli ultimi posti in Europa”. Petrucci, che ricorda come lo sport difenda anche la salute dei giovani, chiede a gran voce di “passare ai fatti, alle iniziative concrete”, partendo dalle risultanze dell’incontro di gennaio e augurandosi che queste “possano essere messe al piu’ presto all’ordine del giorno del Tavolo tecnico congiunto Miur-Coni recentemente costituito”.

°°° Caro Petrucci, lei è il solito comunista disfattista. Sì, è vero, siamo ultimi in Europa nello sport a scuola, ma siamo ultimi anche come libertà d’informazione, cultura media, onestà, educazione civica, legalità ecc. In compenso, siamo i primi assoluti come evasione fiscale, corruzione in ambiti governativi e non, mafie varie, velinismo, zoccolificio, furberia, diseguaglianze sociali, xenofobia, fascismo,razzismo, leghismo, volgarità, disorganizzazione, carenza di servizi, ecc.
Come vede, caro presidente, non bisogna guardare solo le cose che non funzionano nel nostro paese: abbiamo anche delle eccellenze.

beata-ignoranza2

angelo-vacca

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Ricevo e pubblico

Che bello svegliarsi la mattina e sapere di vivere in una
città di destra, in una regione di destra, in una nazione di
destra e in Europa di destra. La la cosa che più mi rende
felice è leggere i messaggi diquelli di sinistra perchè capisci
quanto stanno crepando dall’invidia.

Fantasma

°°° Devi essere davvero un fantasma che vive in un’altra realtà. Se la città di destra cui ti riferisci è Cagliari… non è una città. Proprio perché da 40 anni è al potere la destra ladra e massonica, Cagliari è un paesone sporco, ignorante, volgare; senza cultura e senza i servizi più elementari. La città è ben altro, ma voi non potete saperlo.
Sulla regione di destra ci andrei coi piedi di piombo: siete il 30% scarsi. Così come in Italia, non arrivate nemmeno al 40%. Forse la peperonata ti ha fatto malissimo…
P.S. Non ti vorrei devastare ulteriormente il neurone, ma sappi che la destra europea non ha nulla a che vedere con voi e vi schifa almeno quanto noi.

ESEMPI DELLA CULTURA DI DESTRA NEL MONDO:

squola

sotp

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Maria Novella Oppo

Che digitale c’è stasera

Grandi servizi nei tg e nei programmi contenitore per illustrare l’arrivo del digitale terrestre in nuove zone d’Italia. Finché la cosa riguardava la Sardegna, nessuno si è scomodato troppo a informare, visto che l’isola è sempre considerata marginale. Al punto che, certe volte, viene dimenticata perfino dalle previsioni del tempo. E figurarsi dai giornalisti appaltati al capo supremo, i quali si sono ben guardati dall’illustrare i risultati elettorali delle europee, che dimostrano come siano bastati pochi mesi di Cappellacci per far capire ai sardi che cosa voglia Berlusconi dalla loro terra: una sorta di zona franca opportunamente isolata, dove allestire un allegro lupanare per sé e altri ricchi e potenti (o magari impotenti). E per il resto, che le fabbriche chiudano, i giovani siano costretti di nuovo a emigrare e le servitù militari ed economiche crescano, a Berlusconi non può interessare di meno. Mentre, per tornare al digitale, ora saranno spese e rotture di scatole continentali.

IL COMUNISMO E’ L’UNICO CHE GRIDA, IN UN’ITALIETTA DI ORECCHIE ADDORMENTATE

comunismo

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