Gli schiaffi di Bersani

Politica (da Repubblica.it)


Bersani, ecco le domande che nessuno fa mai alla destra

di Bianca Di Giovanni

«E’ un governo più impegnato ad accrescere consensi che a risolvere i problemi veri. Passa per il governo del fare? Certo, nessuno pone le domande giuste e nessuno pretende risposte vere». Pier Luigi Bersani dà un giudizio senza appello sul primo anno del governo Berlusconi quater. Detto in due parole: racconta favole. Evidentemente, però, le racconta bene, visto che la popolarità è in aumento (dicono). «Certo, questo è un governo nato per accrescere consenso: è la sua prima missione», spiega Bersani.

Quali sono le domande non fatte?

«Per esempio nessuno ha chiesto a Giulio Tremonti e colleghi come mai l’Europa parla di un milione di disoccupati in più in Italia per quest’anno (nelle previsioni di primavera, ndr) che non compaiono nella sua Relazione unificata. Gran parte di quei nuovi disoccupati è costituita da precari, a cui non è stato dato nulla. Altro che governo del fare. Nella stessa Relazione si stima che gli investimenti diminuiranno di 5 miliardi in un anno. E tutte le chiacchiere sulle infrastrutture e le promesse sul Ponte?».

Altre domande?

«Ci aspettiamo qualche risposta per esempio sulle garanzie date dal Tesoro sull’operazione Alitalia, in cui sono rimasti intrappolati piccoli azionisti e obbligazionisti che ora si ritrovano con un pugno di mosche in mano. Ancora: c’è qualcuno che ricordi a Tremonti che abbiamo speso 1,7 miliardi per coprire i “buchi” delle sue cartolarizzazioni? È più di quanto è costato il bonus famiglie. E qualcun altro che rammenti le perdite della finanza locale, avviata grazie a una circolare del Tesoro dell’altro governo Berlusconi? Nessuno ricorda nulla. D’altro canto questo governo è una macchina del consenso, per cui bisogna ogni giorno attivare un meccanismo di rappresentazione di nuove “conquiste”, che poi si perdono».

Cosa si è perso?

«Dov’è finito il maestro unico, su cui si scatenò all’inizio una guerra di religione? Dov’è l’esercito nelle strade? Dove sono i Tremonti bond? Lo sa la gente che li ha richiesti solo in una banca, il banco popolare? Cosa fanno esattamente i prefetti sul credito? Nessuno lo sa e nessuno vuole saperlo».

Insomma, con la crisi che morde, i problemi sociali, gli italiani crederebbero alle favole?

«Dopo gli ultimi fatti di cronaca su Veronica, consentitemi di dire che ci raccontano cose inverosimili e vogliono farcele credere. Non voglio parlare di divorzi, ma si sentono delle tesi sulle feste, l’arrivo all’ultimo minuto, il gioiello ritrovato per caso, che in altri paesi ci si vergognerebbe pure a raccontarle».

Resta il fatto che di fronte alla crisi (che è reale) il centrodestra non perde consensi.

«La loro tesi è che la crisi viene da altrove, che noi siamo solo delle vittime e dobbiamo resistere e dunque che non si può fare molto. Su questo comunque io andrei a contare i voti reali dopo le elezioni. Se si fa questo esercizio ci si accorge che Berlusconi non ha mai sfondato nell’altro campo. Quello che è riuscito a fare è rendere utilizzabile tutto il voto di destra del paese. Quando il centrosinistra si è unito, è riuscito a batterlo, ma poi si è visto che l’unità era una composizione piuttosto che una sintesi. Questo è il problema».

Non c’entra nulla la poca credibilità dell’opposizione?

«Anche noi ci abbiamo messo del nostro, rimanendo poco credibili sul come si costruisce un’alternativa. Dobbiamo lavorare a costruire e rilanciare un progetto».

Lei è ancora candidato alla segreteria?

«Su questo ho già parlato e non voglio aggiungere altro. Ora pensiamo alle elezioni, poi si vedrà».

Sul centrosinistra resta forte l’accusa di non saper leggere la realtà. Il Corsera scrive che ha bisogno di alfabetizzarsi per parlare alle partite Iva e alle piccole imprese.

«Le piccole imprese sono arrabbiatissime anche con la destra, che non le aiuta a superare la crisi. Mi pare che lo scriva proprio il Corsera. Dunque non mi pare che sia un fatto di alfabetizzazione. La verità è quella che il centrosinistra ripete ormai da mesi: noi siamo l’unico Paese che non ha fatto nulla di espansivo per fronteggiare l’emergenza, ma si è limitato a spostare fondi da una voce all’altra, per di più senza avere la cassa. Si impacchettano nuove voci di spesa, per l’Abruzzo o per la sicurezza, ma in cassa non c’è un euro».

Le preoccupazioni di Tremonti per il debito sono sacrosante.

«E lo dice a noi che abbiamo sempre rimediato al debito della destra? Ma correggere il debito vuol dire anche far crescere il Pil».

Questo lo dicevano loro quando facevano ancora i liberisti.

«Sì, ma loro giocavano con i numeri. Spargevano ottimismo e scrivevano una crescita del 3% quando il Pil era a 1. Noi proponiamo misure concrete per un punto di Pil e un percorso di rientro in due anni. Se non si sa come reperire mezzo punto di Pil in un anno, significa che non si sa governare. Il governo Prodi ha corretto il deficit dal 4,5% al 2,7% erogando anche il cuneo fiscale. Per rientrare di mezzo punto basta diminuire la circolazione del contante rendendo tracciabili i pagamenti e controllare meglio la spesa corrente».

Perché il centrosinistra ha proposto il prelievo sull’Irpef dei ricchi (che sono più poveri comunque degli evasori) e nulla sulle rendite?

«La proposta era di un contributo straordinario per la povertà estrema, e prevedeva anche misure contro l’evasione. Quanto alle rendite, abbiamo contrastato la seconda operazione Ici, dicendo chiaramente che non andava fatta».

bersani01g

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CRIBBIO!

Nella sfida per la carica di sindaco il vice primo cittadino uscente
stacca nettamente Morandini del Pdl. La leghista Giuliani terza
Trento, Andreatta verso la vittoria
E i democratici sono il primo partito

TRENTO – Le sezioni scrutinate sono 53 su 97. E portano buone notizie per il Partito democratico e i suoi alleati. Alessandro Andreatta, vicesindaco uscente e candidato primo cittadino a Trento, è in nettissimo vantaggio sullo sfidante Pino Morandini del Pdl: 64,15% contro il 21,01%. La candidata leghista, Bruna Giuliani, si attesta sul 7,56%.

“Sono molto soddisfatto, il nostro progetto è stato premiato, è una vittoria di tutta la coalizione”, è stato il primo commento a caldo di Andreatta. Che rappresenta il centrosinistra autonomista: Pd, Upt, Di Pietro-Idv, Patt, Udc, Verdi, Socialisti democratici e Leali. Morandini, invece, rappresenta il Pdl e una lista civica col suo nome. Tra i partiti il più votato è il Pd, che si attesta sopra il 31%, seguito dall’Unione per il Trentino 15,5% e dal Pdl 11,9%. La Lega è all’8%, l’Idv al 3,6% e l’Udc al 2,55%.

Con circa il 64% dei voti, Andreatta si colloca praticamente allo stesso livello del suo predecessore, Alberto Pacher, sindaco storico e leader del Pd trentino che, nel maggio del 2005, arrivò al 64,3%. In quell’occasione, il Pd non c’era ancora: i democratici per l’Ulivo raggiunsero circa il 18% e la lista civica per Pacher arrivò al 28%. Alle politiche del 2008, gli elettori del comune di Trento diedero il 38% al Pd, il 6,3% all’Idv, il 25,7% al Pdl e il 12,1% alla Lega Nord.

Ma questa tornata amministrativa – che ha coinvolto anche altri cinque comuni del Trentino, e quattro dell’Alto Adige – è stata caratterizzata anche dalla bassa affluenza. A Trento, ha espresso il proprio voto il 60,15% degli elettori. Alle precedenti comunali del 2005 aveva votato il 70,16% degli aventi diritto.

PARTE LA DéBACLE?

andreatta

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Di mangiare non si Stanca

Polemica sulla nomina dell’ex ministro. Bossi convince Berlusconi
Lo stipendio del manager è stato abbassato a 480 mila euro
A Stanca l’Expo di Milano
scontro su soldi e incarico
di ALESSIA GALLIONE

A Stanca l’Expo di Milano scontro su soldi e incarico

Lucio Stanca
MILANO – Dopo un anno di scontri per le poltrone e paralisi parte la società che dovrà gestire i soldi e i cantieri di Expo. E parte nel nome di Lucio Stanca, l’ex ministro dell’Innovazione del governo Berlusconi, che lo stesso premier ha voluto al posto del fedelissimo di Letizia Moratti, Paolo Glisenti, alla guida della macchina operativa che condurrà Milano verso l’Esposizione universale del 2015.

Il manager è stato nominato amministratore delegato e vicepresidente della spa Expo, ma le polemiche che hanno accompagnato la sua designazione continuano. Con il centrosinistra all’attacco per il doppio incarico di ad e parlamentare e per lo stipendio che riceverà: da un’ipotesi iniziale di 700mila euro circolata nei giorni scorsi, il cda – contrario il rappresentante della Provincia, Enrico Corali – ha votato una cifra fissa di 300mila (330 con il compenso da consigliere), più 150mila euro in base ai risultati raggiunti. A protestare, però, era stata anche la Lega e a far scendere la quota sarebbe stato un intervento di Umberto Bossi, che avrebbe convinto Silvio Berlusconi della necessità di riequilibrare le richieste economiche.

Cerca di rimettersi in moto, la locomotiva Expo. E il sindaco-commissario straordinario per Expo, Letizia Moratti, propone “una consultazione cittadina, perché è necessario il coinvolgimento più ampio possibile sulle scelte”. La società, che dal primo aprile non ha neanche più una sede, deve recuperare il ritardo. Lo stesso Stanca non nasconde le difficoltà: “Devo creare una società che non esiste”. Anche se rassicura: “Si è perso qualche mese ma non vedo criticità particolari”.

Il nuovo ad ha definito l’emolumento “molto al di sotto rispetto a quanto poteva essere consentito dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri”. Sui poteri: “Ho ottenuto un’ampia autonomia gestionale, nel rispetto delle prerogative del cda”. Per ora non si dimetterà da parlamentare: “Sarà la Giunta delle elezioni di Montecitorio a decidere se esiste incompatibilità. Se non ci sarà sono disponibile a dimettermi nel momento in cui mi accorgessi che davvero esiste un conflitto sui tempi, ma un ad si giudica dai risultati”.

Ieri si è svolta anche un’assemblea dei soci (il governo ha il 40 per cento delle quote, Regione e Comune il 20, Provincia e Camera di Commercio il 10 per cento), che ha ricapitalizzato la spa con 10 milioni di euro. Nel board è entrato il presidente delle Province lombarde, il leghista Leonardo Carioni: ha preso il posto di Angelo Provasoli, l’ex rettore della Bocconi che è diventato il nuovo presidente del collegio sindacale. La posizione più dura sulla doppia nomina di Stanca arriva dal presidente della Provincia, Filippo Penati: “Percepirà un emolumento di 480 mila euro, che si aggiunge a quello da parlamentare. E’ semplicemente scandaloso”. Il deputato del Pd, Vinicio Peluffo, depositerà un ricorso sull’incompatibilità dell’ad alla Giunta per le elezioni e al Comitato per l’incompatibilità della Camera: “E’ assurdo che a svolgere compiti così delicati sia un deputato che potrà dedicarvisi solo nel fine settimana”.

(10 aprile 2009) Tutti gli articoli di cronaca

stanca

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