BUON ANNO A TUTTI! I sardi sorridono, sotto le manganellate dei celerini maroniani.

Dopo anni senza progetti
l’agricoltura sarda è al collasso

di Giacomo Mameli

Di ragioni per scendere in piazza i pastori potrebbero accamparne mille. Oggi più di ieri, dopole aggressioni della polizia a Civitavecchia «dove siamo state maltrattate, pestate come in un lager», ha detto la moglie di un allevatore della Barbagia sbarcando malconcia a Olbia. Ragioni sacrosante di protesta contro la libertà violata, per la Costituzione applicata a colpi di manganello, per un salto indietro di settant’anni nel rispetto dei diritti civili. Ma anche ragioni che vengono da lontano. Le condizioni finanziarie dell’agricoltura sarda sono al collasso, l’indebitamento complessivo sfiora i 700 milioni di euro, interi settori viaggiano con margini minimi di sopravvivenza, con gli ufficiali giudiziari fissi a notificare – ovile per ovile – atti di pignoramento e sequestro di beni. Un’economia che, invece, potrebbe e dovrebbe essere davvero verde, in una regione eccellenza ambientale, da sempre definita agro-silvo- pastorale, ma che è terribilmente in rosso anche nella sua bilancia agroalimentare. La Sardegna importa il 90% della frutta che consuma, il 65% della verdura. Le patate arrivano dall’Emilia. L’aglio dalla Cina e dal Portogallo. Mandorle e noci dalla Turchia. In Sardegna, terra storica di allevatori, sette bistecche su dieci consumate nelle tavole dei sardi sono di carni importate dalla pianura padana, dalla Baviera, dalla Polonia o dall’Argentina. In Sardegna, isola per eccellenza al centro del Mar Mediterraneo, nove pesci su dieci continuano a essere importati dalle valli di Comacchio, da San Benedetto del Tronto o dall’Est Asiatico. La bottarga di muggine è fatta con le uova dei pesci che giungono dal Brasile. Le aragoste consumate dai turisti non sono sarde ma made in Corea o Cuba. Arrivano dagli Oceani spigole e orate, pagelli e saraghi. Perché l’Isolanonne produce. Cosìcome nongarantisce nemmeno il fabbisogno dei “maialetti” da servire arrosto in riva al mare o negli agriturismo se è vero come è vero che la Guardia di Finanza – oggi sì e domani pure – sequestra intere partite di suini da latte importati in camion frigo dall’Olanda o dal Portogallo. Perché questa catastrofe verde? Perché – in Sardegna come in camponazionale – la rabbia sta esplodendo. Perché mai c’è stata una regìa che abbia avviato una programmazione vera delle produzioni agricole. È stato dimenticato, snobbato un settore dove, nella sola Isola, sono attive 58mila imprese con oltre 75mila addetti. Tutto per responsabilità di una classe politica che, dagli anni della Rinascita, ha venduto sogni alla Vanna Marchi e distribuito soldi senza alcun progetto. Contributi per consenso elettorale, per acquistare trattori spesso inutilizzati,mungitrici meccanichenonsempre necessarie, pari a veri fiumi di denaro pubblico che non hanno creato un’agricoltura e una zootecnia produttiva e moderna. Eppure ci sono distese infinite di campagne irrigue, dal Campidano di Cagliari e Oristano alla Nurra di Alghero e Sassari. Il patrimonio zootecnico è consistente: tre milioni e mezzo di capi ovini, produzione lorda vendibile stimata in 1.778.359.000 euro, l’indotto distribuisce altre 12mila buste paga. In questo deserto c’è anche chi ha saputo innovare e si colloca al vertice nazionale. La viticoltura sarda ha non poche aziende di successo. Idem nella trasformazione dei formaggi, nella lavorazione dei salumi, la produzione di olio. Ci sono aziende pastorali modello. Potete trovare allevatrici chemungonocapre e pecore ascoltando Mendelssohn e Vivaldi e poi organizzano dibattiti all’Università della Terza età. Ma queste sono eccezioni. La regola porta i pastori a protestare in Costa Smeralda o negli aeroporti, sulla Carlo Felice o davanti al Consiglio regionale a Cagliari.ARoma no, il leghista Roberto Maroni non consente. Sente solo le ragioni degli allevatori padani. I sardi non hanno truffato l’Unione europea. Protestano perché non hanno futuro economico. Il latte di pecora retribuito con 60 centesimi al litro è un’elemosina. È un’elemosina il contributo di tremila euro ad azienda proposto dalla giunta di centrodestra. «Ci vogliono tappare la bocca con una brioche», ha detto Fortunato Ladu, uno dei leader più lucidi della rivolta. L’ultima giunta di centrosinistra stava cercando di organizzare le «“filiere produttive comparto per comparto». Poi tutto è saltato in aria. E si è tornati alle regalie, la pastorizia non si è saputa organizzare, i sindacati sono lacerati. Il tandem Berlusconi-Cappellacci voleva che la Sardegna «tornasse a sorridere». Invece si lamenta delle manganellate.
30 dicembre 2010

°°° In pratica, questo signore scrive oggi le cose che io dico e scrivo da 40 anni. Ma da queste parti  è molto più comodo leccare il culo ai politicanti per fare un minimo di carriera inutile e dormire per la gran parte del tempo. A differenza di questi soloni dell’ultim’ora, io proponevo e propongo SOLUZIONI, non mi sono mai limitato alle critiche.

pastore

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Ladrusconi e Bertoladro. L’ultima beffa della Maddalena: addio al sogno dell’hotel del G8

L’ultima beffa della Maddalena
Addio al sogno dell’hotel del G8

L’ultima beffa della Maddalena Addio al sogno dell’hotel del G8 Licenziati i dipendenti, la Mita pronta a ridare le chiavi alla Regione.La struttura era stata data in gestione per 40 anni al gruppo Marcegaglia. I lavori furono affidati da Bertolaso al cognato Francesco Piermarini.
LA SUITE di Obama, adesso, più che una leggenda rischia di passare alla storia come il simbolo di una grande incompiuta. Alla Maddalena sull’ex Arsenale, l’unica struttura costruita per il G8 tenuta in vita, potrebbe calare presto il sipario. Colpa dei ritardi del governo e della Regione.

Per la bonifica di questo spicchio di mare antistante l’hotel del G8 – dato in gestione dalla Regione per 40 anni alla Mita Resort del gruppo Marcegaglia, canone da 60 mila euro l’anno più 30 milioni post-bonifica – Guido Bertolaso, l’ex capo della Protezione civile, ha speso 72 milioni di soldi pubblici. I lavori sono stati affidati al cognato Francesco Piermarini: ma la pulizia della discarica marina – in perfetto stile Cricca – non è mai stata completata. E così in porto le barche non possono navigare. Come un campo da calcio dove è impossibile tirare calci al pallone. Non pervenuti nemmeno i permessi per l’hotel che doveva ospitare i capi di Stato: primo fra tutti l’abitabilità. Mita le aspettava già questa estate le carte, ma la Regione Sardegna – proprietario di questo sito di 150mila metri quadrati dove un tempo sorgeva l’Arsenale militare – non ha ancora effettuato nemmeno la perimetrazione dell’area. E’ questo il quadro di Porto Arsenale, la struttura sorta dalle ceneri dello scandalo del G8 (un affare costato 500milioni di euro, 327 per le opere alla Maddalena, il resto per l’Aquila) che nei piani del gruppo Marcegaglia doveva diventare il porto turistico più importante del Mediterraneo.
Ora potrebbe trasformarsi nell’ultima beffa della Maddalena.

Il 31 dicembre i lavoratori ancora sotto contratto con la Mita Resort – una dozzina tra guardiani e marinai – se ne andranno a casa. Gli altri essendo stagionali se ne erano già andati a settembre. L’unica azienda maddalenina che ancora lavora nell’ex Arsenale è la Roland Garden, che cura il verde. Che sia solo la prassi invernale per un porto collegato a una megastruttura turistica? Secondo il capitolato d’appalto, Mita – che ha ottenuto la concessione dell’ex Arsenale a un prezzo certamente vantaggioso – avrebbe dovuto presentare al Comune un piano industriale a garanzia che il suo business sarebbe stato per l’isola anche un’occasione di rilancio – e di indennizzo. Il piano non si è ancora visto. Secondo quanto filtra da fonti vicine alla società – che ufficialmente non dichiara nulla -, prima di fare nuovi passi ( la sola manutenzione della struttura costa 2 milioni di euro l’anno) il gruppo Marcegaglia vuole vederci chiaro. Che significa capire alcune cose: primo, se le acque dell’Arsenale continueranno – nonostante il piano della Protezione civile – a essere infestate da idrocarburi e quindi non navigabili. Secondo, se la Regione manterrà fede – finora non lo ha fatto – agli impegni presi. In pratica: non essendo nelle condizioni di poter sviluppare il proprio progetto Mita potrebbe valutare l’ipotesi di rivedere il suo impegno nell’affare di Porto Arsenale. I magazzini sono pieni di materiale ancora incellofanato: banchine galleggianti, divise del personale, attrezzature subacquee, gommoni, macchine elettriche. Tutto con il logo “Porto Arsenale”. Se sono inutilizzati non è certo per colpa di Mita. La società della Marcegaglia risulta danneggiata dalla celerità elefantiaca della Regione e dagli effetti imprevisti retaggio della scriteriata azione della Protezione civile (Bertolaso&Co) sull’isola. “Siamo di fronte a un paradosso – tuona il sindaco Pd Angelo Còmiti – c’è una società che deve fare i suoi investimenti – che servono come il pane a questa città – ma non viene messa nelle condizioni per farlo. Governo e Regione ci hanno abbandonato al nostro destino”.

Dietro la nebulosa senza fine che avvolge tutto quello che è passato sotto le grinfie della Cricca Balducci-De Santis-Della Giovampaola-Anemome, aleggia un nuovo spettro: e cioè che Mita di qui a poco decida di riconsegnare le chiavi dell’ex Arsenale alla Regione. “Cappellacci (governatore sardo, ndr) se ne sta lavando le mani”, tuona il consigliere comunale Mauro Bittu. Nell’arcipelago degli scandali e delle beffe c’è rabbia. Altro che riconversione: molto di quello che è stato costruito per il G8 langue e appassisce. L’hotel a 5 stelle sorto nell’ex ospedale militare dista un centinaio di metri dall’Arsenale: è costato 75 milioni, 742 mila euro a stanza (sono 101). A febbraio 2010 – dopo un’inchiesta di Repubblica – Bertolaso promise che sarebbe stato fatto un nuovo bando di gara per l’assegnazione. Che c’erano contatti avviati con due società. Zero. Il bestione è ancora lì, con le erbacce intorno, una cattedrale sul mare e nessuno la vuole. E ancora: più nulla si sa del Water Front, il porto turistico cittadino i cui lavori dovevano partire a ottobre. Doveva essere un’opera collegata al G8 anche quella: ma dopo gli scandali sulla corruzione, gli arresti, i costi fuori controllo, è scivolata “a data da destinarsi” sorride amaro Còmiti. Le spese? Dieci milioni di fondi Fas, altri cinque provenienti dalle casse della Regione: ma è ancora tutto fermo. Roberto La Monica fa il pubblicitario. Con una mostra fotografica aveva già lanciato l’allarme sull'”isola usa e getta”. Ora ha proposto all’amministrazione una campagna di rilancio intitolata “Maddalena c’è”. Forse bisognerebbe aggiungerci un punto interrogativo.

(22 dicembre 2010)

°°° Da pigliare a calci nel culo tutti quei sardi ladroni o decerebrati che hanno dato fiducia a una banda di ladri come berlusconi, cappellacci, corona, bertoladro, e la loro cricca. Mi vergogno sempre di più di certi sardi.

hotel g8

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Il mafionano berlusconi continua a speculare sulla nostra terra. DOVE SON FINITI I SARDI FIERI?!

In Sardegna Berlusconi raddoppia e acquista

la collina da dove furono scattate le foto choc

Si tratta di una montagnetta sovrastata da un rudere e appartenuta alla famiglia Rusconi. Da lì, il fotografo sardo Antonello Zappadu collezionò gli scatti che ritraevano il premier in compagnia di alcune ragazze
Diceva di essersi stufato, disamorato di quella casa che aveva seguito come un parto. Silvio Berlusconi era sul punto di lasciare la Sardegna e vendere per 460 milioni di euro Villa Certosa a uno sceicco arabo. La vicenda delle cinquemila fotografie scattate da Antonello Zappadu col premier circondati di vallette e colleghi più o meno coperti dai costumi da bagno, l’aveva disgustato. “Vado altrove”. Qualche mese fa, però, il premier ha cambiato idea: non solo non lascia la Sardegna (a Porto Rotondo ha trascorso anche l’ultima convalescenza dopo l’intervento alla

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Ma quanto sono coglioni i sardi di oggi?

Villa Certosa, sì ai bungalow
grazie al piano casa della Regione

Il presidente del Consiglio potrà realizzare nuove unità abitative all’interno della sua residenza estiva di Porto Rotondo. Il via libera è arrivato dalla Commissione paesaggistica sarda, che ha esaminato l’istanza di ampliamento della volumetria: “Nessuna incompatibilità paesaggistica”.

°°° Lo  dicevo 40 anni fa, quando eravamo un popolo fiero e padrone in casa nostra, ma vedevo – con pochissimi amici –   le prime avvisaglie di colonialismo:

  SIAMO COGLIONIZZATI E RINCOGLIONIZZATI. 

 Figuriamoci oggi, che siamo pieni di capre decerebrate e di scimmiette senza palle!

COSA CI RIMANE DELLE NOSTRE SPIAGGE

uccello-marino

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Per tutti, sardi e visitatori, leggete e incazzatevi!

La Tirrenia versione sicula. E i sardi restano a guardare

di Paola Medde
“Dottò, accostatevi meglio”: per anni i sardi imbarcati sui traghetti Tirrenia sono stati accolti dall’accento dei marinai napoletani, che in cambio delle indicazioni per il parcheggio chiedevano la mancia per il caffè. Adesso quell’accento potrebbe diventare siculo, se andrà in porto l’acquisizione della compagnia di navigazione pubblica da parte della Mediterranea Holding, cordata guidata dalla Regione Sicilia. Ufficialmente si tratterebbe della privatizzazione dell’ultimo carrozzone di Stato, che sta al mare come l’Alitalia sta al cielo: indebitamento alle stelle – 520 milioni di euro – e costi del personale di almeno venti punti sopra i concorrenti privati. Il fatto è che quando, sotto i ripetuti ammonimenti di Bruxelles, il ministero dell’Economia ha dovuto mettere in vendita la flotta di Stato, si è fatto il vuoto intorno e alla gara per la privatizzazione – pur caricandoci sopra una dote di 72 milioni di euro di aiuti pubblici – si è presentata solamente la Mediterranea Holding, una newco apparecchiata nel marzo scorso apposta per concorrere all’acquisizione di Tirrenia, di cui la Regione Sicilia possiede il 37 per cento delle quote e l’armatore Lauro il 18,5. Si sono defilati concorrenti di rango come la private equity Cinven e l’armatore Vincenzo Onorato, patrono della Moby Lines, il quale, fortemente attratto dalle redditizie rotte sarde, non voleva accollarsi però il fardello della sorella minore della Tirrenia, la Siremar, compagnia ben più onerosa e poco efficiente che collega gli isolotti della Sicilia. Il pacchetto tutto-compreso messo sul piatto della bilancia è servito così a sbaragliare la concorrenza e a lasciare un uomo solo al timone: la Mediterranea Holding, appunto.
Se la Fintecna, il braccio operativo del Ministero dell’Economia, dirà sì all’offerta in salsa siciliana – che porta in dote appena 10 milioni di euro per risanare le malconce linee targate Tirrenia – l’operazione, più che di una privatizzazione, avrà il sapore di un’originale forma di federalismo demaniale, in cui a essere devoluta non è una caserma o un’isola, ma un’intera flotta di 44 navi. Per i sardi, invece, avrà il sapore di una beffa. Perché una compagnia di navigazione che manda – più avanti che indietro – eserciti di lavoratori, studenti, viaggiatori della speranza e migranti loro malgrado sarà comandata a Palermo secondo logiche siciliane. Altro che continuità territoriale: cadrà pure quell’ultimo brandello di equità per il quale i sardi – unici contribuenti che non potranno sperare nemmeno in un ponte per raggiungere Roma o Milano – hanno sempre rivendicato la necessità di essere collegati alla Penisola a costi contenuti e in condizioni dignitose. Per non parlare dei flussi turistici, che potrebbero essere dirottati su ben altre linee e altre mete.
Basta contare il numero delle tratte da e per la Sardegna – otto – garantite oggi dalla Tirrenia e quelle da e per la Sicilia – tre – per rendersi conto della sproporzione e capire che il core business della compagnia è tutto lì, tra la Sardegna e la Penisola, non a latitudini più basse. Eppure è Raffaele Lombardo che ha alzato la mano per aggiudicarsi i traghetti di Stato, è Raffaele Lombardo che ha brindato al ritorno a casa, dopo cento anni, di una compagnia nata in Sicilia, mentre Ugo Cappellacci non ha mosso un dito, non ha fiatato, troppo impegnato a risolvere le faide interne di una maggioranza dilaniata.
Vista la sfortunata esperienza degli sgangherati traghetti Tirrenia, per anni spietata monopolista di molte tratte da e per la Sardegna, e visto il confronto con le scintillanti Moby, Grimaldi o Sardinia Ferries, i sardi ci avevano sperato che “privatizzazione” significasse efficienza, innovazione, abbattimento dei prezzi. Invece no, ora si scopre che si tratta solo di una partita di giro – da pubblico a pubblico – o forse peggio: da uno Stato patrigno a una Regione sorellastra.

cappellaforas

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Salute e grano a tutti! Aeroporti sardi: ruberie e truffe

Un  amico  di  Oristano mi segnala:

L’aeroporto di Oristano Fenosu è un bluff colossale per mascherare uno sperpero di tantissimi milioni di soldi pubblici, stanziati da regione, provincia, comune etc. (azionisti di maggioranza della SOGEAOR) che andranno ad appannaggio di pochi. Sino ad ora, nonostante i massicci investimenti non si è visto nulla e la società di gestione viene continuamente ricapitalizzata per non fallire. In questi giorni leggiamo sui quotidiani locali della prossima apertura dello scalo al traffico commerciale; credimi è una mera propaganda elettorale che illude e imbroglia gli amici dell’oristanese. Oristano è troppo vicino a cagliari per potersi proporre come scalo con un significativo movimento di passeggeri : per movimento di passeggeri intendo un numero tale che consenta di ammortizzare gli altissimi costi di gestione che ha un aeroporto commerciale. Le compagnie aeree,se non foraggiate da soldi pubblici, preferiscono rotte più certe ma,di questi tempi, il piatto piange e piangerà ancor più.In questi giorni l’Enac sta ricevendo forti pressioni  per accelerare l’iter di certificazione dello scalo che,a mio parere, non è pronto. Alla fine verrà comunque certificato e allora si comincerà a mettere in discussione se sia stato utile avere uno scalo così vicino a Cagliari. Altra considerazione: per avere diritto ai finanziamenti della comunità europea uno scalo deve superare i 5 milioni di passeggeri, Cagliari che sta rincorrendo questo risultato figurati se si lascerà sfuggire compagnie importanti a favore di Oristano. Pensa quanto sarebbe stato più certo,utile alla crescita di Oristano e forse anche meno costoso, modernizzare la linea stradale e ferroviaria Oristano-Cagliari…

Ancora, ho letto che Fenosu sarà un’opportunità di lavoro. Cazzata colossale! Assumeranno pochi ragazzi e, per giunta, con contratto stagionale poiché lo scalo avrà lunghi periodi di inattività. Sarei potuto essere, ma non mi sembra il caso,ancora più tecnico; tuttavia se ti dotessero servire altre informazioni fammelo sapere. A presto.

°°° Da  sempre, amici miei, ci sono grandi ruberie negli aeroporti, quasi tutti gestiti da società di farabutti e mazzettari. Date uno sguardo a quella fogna di Elmas, dove se dovete prendere a nolo un’auto da una compagnia internazionale (e quindi affidabile) dovete scarpinare per un km… mentre all’interno dello  scalo ci sono i baracchini di illustri sconosciuti che però sganciano sugose mazzette ai gestori. Questa truffa di Fenosu esiste da quando ero ragazzino.  Magnano a quattro ganasce, vero Onida? e non succede mai niente. Anche perché, intorno è DESERTO! Non ci sono infrastrutture, non esiste accoglienza, né un progetto turistico o di qualsivoglia sviluppo.  Però la provincia (inutile) di Oristano anche lo scorso anno ha sperperato oltre UN MILIONE E MEZZO DI EURO per “promozione turistica”… Si è visto un solo turista in più? Macché! In compenso, si sono foraggiati gli amici e gli amici degli amici; e gli assessori e il presidente, che parlano a malapena l’italiano, si sono girati il mondo con le famiglie e portaborse lestofanti… ALLE NOSTRE SPALLE!

INSOMMA, AMICI MIEI, COME MALPENSA E’ UNA CASSAFORTE-MANGIATOIA  PRIVATA DELLA LEGA COSI’ GLI AEROPORTI SARDI SONO IL TROGOLO BEN IMBANDITO DEI POLITICANTI CHE STANNO AFFOSSANDO LA NOSTRA ISOLA. RICORDATEVELO IL 30 MAGGIO!

DA  SUICIDIO  COLLETTIVO.

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I piedi in faccia

Sardegna, sciopero contro governo

“Smantellata l’industria dell’isola”

Oltre ventimila lavoratori dell’industria e dei servizi a rete della Sardegna, secondo le stime dei sindacati (15 mila per la questura), hanno manifestato a Cagliari in adesione allo sciopero di otto ore proclamato da Cgil, Cisl e Uil contro quello che, i confederali, definiscono “lo smantellamento di tutto l’apparato produttivo dell’isola”.

°°° Io non verso una lacrima per la morte della chimica e delle raffinerie. MAGARI! Qui dobbiamo far studiare i sardi a calci nel culo e VIVERE DI TURISMO. E BASTA FARCI METTERE I PIEDI IN FACCIA DA TUTTI!

TIPICO SARDO CHE HA VOTATO BURLESQUONI E CAPPELLA

sardo-piedinfaccia

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Ma che bello!

Una lettera al giornaletto sardo, destronzo, ovviamente (di dell’utri).

Maurizio Tidu
Cagliari
La maggior parte degli italiani dotati di buon senso
rimane allibita di fronte al proliferare delle ronde,
siano esse padane, parafasciste o di cittadini impauriti.
Queste ronde dovrebbero garantire maggiore sicurezza
ai nostri concittadini, un maggiore controllo del
territorio e stimolare il senso di appartenenza a questo
Stato che troppo spesso sentiamo lontano dai nostri reali
bisogni. Osservando la nascita della nuova Guardia Nazionale
voluta dal nuovo MSI “rifondato” dal signor Gaetano
Saya sorge spontanea una domanda: qual è il posto
giusto per questi volenterosi tutori della nostra sicurezza? A
mio avviso non tanto la ronda stradale, quanto i banchi di
una scuola elementare. Questi signori, che giurano sulla
Costituzione della Repubblica, dovrebbero invece ripassarla.
Salta all’occhio infatti un macroscopico errore che chiunque
avrà notato: nelle loro divise la bandiera italiana è riportata
al contrario rispetto a quanto previsto dalla nostra Costituzione
che all’articolo 12 prevede “La bandiera della
Repubblica è il tricolore italiano:verde, bianco e rosso, a tre
bande verticali di eguali dimensioni”. Non quindi il rosso
bianco e verde, come ben si può notare nelle foto e nei
filmati facilmente reperibili su internet…. Talvolta capita,
quindi, che qualcuno abbia un forte senso dello Stato senza
avere un minimo di senso del ridicolo…
LA NUOVA GUARDIA NAZIONALE NON RASSICURA I CITTADINI
Mandiamo le ronde a scuola

°°° Voglio fare davvero i complimenti a Maurizio per questa bella prova. Mi rinfranca sapere che i sardi non sono quasi tutte scimmiette.

SARDEGNA, MADRE INDEGNA:

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Maria Novella Oppo

Che digitale c’è stasera

Grandi servizi nei tg e nei programmi contenitore per illustrare l’arrivo del digitale terrestre in nuove zone d’Italia. Finché la cosa riguardava la Sardegna, nessuno si è scomodato troppo a informare, visto che l’isola è sempre considerata marginale. Al punto che, certe volte, viene dimenticata perfino dalle previsioni del tempo. E figurarsi dai giornalisti appaltati al capo supremo, i quali si sono ben guardati dall’illustrare i risultati elettorali delle europee, che dimostrano come siano bastati pochi mesi di Cappellacci per far capire ai sardi che cosa voglia Berlusconi dalla loro terra: una sorta di zona franca opportunamente isolata, dove allestire un allegro lupanare per sé e altri ricchi e potenti (o magari impotenti). E per il resto, che le fabbriche chiudano, i giovani siano costretti di nuovo a emigrare e le servitù militari ed economiche crescano, a Berlusconi non può interessare di meno. Mentre, per tornare al digitale, ora saranno spese e rotture di scatole continentali.

IL COMUNISMO E’ L’UNICO CHE GRIDA, IN UN’ITALIETTA DI ORECCHIE ADDORMENTATE

comunismo

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