Dittatura da vomito

Si prega di non disturbare

A Napoli 64 pm protestano contro il procuratore Lepore che ha avocato a sé le indagini sullo scandalo monnezza che investono il sottosegretario Bertolaso. «Lepore – rivela il procuratore aggiunto De Chiara – mi ha detto che non voleva intralciare l’attività del governo». In un paese serio l’Anm entrerebbe subito in sciopero, visto che i magistrati devono applicare la legge, anche se questa disturba il manovratore. Intanto Angelino Jolie sguinzaglia gl’ispettori contro il gip salernitano Maria Teresa Belmonte, colpevole di aver archiviato le accuse a Luigi De Magistris e, non contenta, di essere pure cognata di Michele Santoro (insomma, di disturbare il manovratore). L’ha annunciato alla Camera il sottosegretario Elisabetta Casellati, rispondendo a un’interrogazione di Amedeo Laboccetta (Pdl) che pretende «piena luce sulla torbida vicenda della dottoressa Belmonte, cognata del ben noto Michele Santoro. La inaudita gravità dei fatti appare di tutta evidenza». Il ben noto Laboccetta è stato per anni il rappresentante italiano dell’Atlantis World, società per il gioco d’azzardo partecipata dal figlio di Gaetano Corallo, condannato nello scandalo dei casinò e legato al boss Santapaola. Ora, dall’alto della sua cattedra morale, chiede di sanzionare un giudice perché ha sposato il fratello di un giornalista che non gli piace e ha emesso una sentenza che non gli piace. Al Fano, a gentile richiesta, l’accontenta. Ce ne sarebbe abbastanza per uno sciopero dell’Anm, che però deve ancora scioperare contro le cacciate di De Magistris,della Forleo e dei pm di Salerno. Senza fretta.

Marco Travaglio

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Strano, vero?

sono Il commercialista Pietro Pilello e l’imprenditore italo-australiano Nick Scali
Compravendita senatori: archiviazione per gli indagati con Berlusconi
Il procedimento nei confronti del premier è stato sospeso il 26 settembre scorso

ROMA – Vanno in archivio le posizioni di due coindagati del premier Silvio Berlusconi, nei cui confronti la procura di Roma aveva già chiesto l’archiviazione, nell’ambito del procedimento sulla cosiddetta compravendita dei senatori. Il gip del Tribunale della Capitale, Orlando Villoni, ha infatti prosciolto il commercialista Pietro Pilello e l’imprenditore italo-australiano Nick Scali. La vicenda si riferisce ad alcuni parlamentari che, durante il governo Prodi, alla vigilia del voto sulla finanziaria, sarebbero stati avvicinati perchè passassero con l’allora opposizione di centrodestra. Il gip aveva stralciato le posizioni di Scali e Pilello dopo aver sospeso, il 26 settembre scorso, il procedimento nei confronti di Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione per la stessa vicenda, e inviato gli atti alla Consulta, che non si è ancora pronunciata, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del lodo Alfano anche per quanto riguarda la fase delle indagini preliminari. La procura di Roma che non aveva condiviso l’orientamento del gip, aveva chiesto l’archiviazione sia per il premier sia per Pilello e Scali. L’inchiesta era stata trasmessa a Roma dalla procura di Napoli.

LE ACCUSE – Secondo le accuse a Pilello, considerato un intermediario, era attribuita, assieme a Berlusconi, l’istigazione alla corruzione nei confronti del senatore del centrosinistra Antonio Randazzo e di altri parlamentari che sarebbe stata commessa tra settembre e novembre 2007. Scali era indagato per lo stesso reato: nel giugno 2007, avrebbe offerto nella Galleria Alberto Sordi a Roma un assegno in bianco fino a 2 milioni di euro allo stesso Randazzo per fargli cambiare schieramento e votare così contro la legge finanziaria. Il gip Villoni ha ritenuto le emergenze probatorie inidonee a fornire un valido sostegno a un ipotetico passaggio alla fase dibattimentale. Pilello, davanti al pm, ha escluso che sia mai stata fatta richiesta da Berlusconi a Randazzo di passare dalla sua parte politica. Il passaggio di parlamentari a uno schieramento opposto, secondo il gip, è un fenomeno annoverabile a un esecrabile, sul piano etico, quanto frequente malcostume politico.


°°° Strano, vero? Tutti i procedimenti giudiziari contro Mafiolo, NONOSTANTE TESTIMONIANZE, INTERCETTAZIONI e PROVE INOPPUGNABILI DI COLPEVOLEZZA – appena arrivano a Roma, in mani amiche, SCOMPAIONO!

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ALTO TRADIMENTO

Dalle carte, in parte inedite, del processo ancora in corso a Verona
sul tentativo di secessione leghista, emerge il ruolo dell’attuale ministro
Maroni, la passione delle ronde
Nel ’96 reclutava le Guardie padane

In una lettera come membro del “Governo provvisorio” invitava gli iscritti
a presentare le domande di adesione. “Esercitiamoci al tiro a segno”
di ALBERTO CUSTODERO (Repubblica)

Maroni, la passione delle ronde Nel ’96 reclutava le Guardie padane

Il ministro degli Interni, Roberto Maroni
ROMA – Da reclutatore della ronde della Repubblica Federale della Padania a regolarizzatore delle ronde della Repubblica Italiana. Dalle carte, in parte inedite, dell’indagine svolta nel ’96 dall’allora procuratore di Verona Guido Papalia sulla secessione leghista è possibile ricostruire nei dettagli l’iperbole politica di Roberto Maroni passato da “portavoce” del comitato provvisorio di liberazione della Padania, nel 1996. A ministro dell’Interno in carica del terzo Governo Berlusconi.

LA LETTERA DEL RECLUTATORE – IL RICORSO DEL GUP

L’indagine del procuratore Papalia contro tutto lo stato maggiore della Lega Nord aveva per oggetto la secessione (“la loro intenzione di disciogliere l’unità dello stato”), e le ronde padane (la Guardia nazionale padana e le “camicie verdi, aventi all’evidenza caratteristiche paramilitari”). E’ tutt’ora pendente
presso il gip veronese in attesa che la Consulta si pronunci su un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato (vedi allegato, ndr) per l’uso che la procura veronese ha fatto delle intercettazioni telefoniche di alcuni parlamentari leghisti. In questa inchiesta sulla “costituzione, il 14 settembre del ’97, a Venezia, di un governo della Padania” (da allora mai disciolto) il cui presidente del consiglio risultava Maroni, sono attualmente ancora indagati tre ministri leghisti del governo Berlusconi: lo stesso Maroni, il
ministro per le Riforme e leader leghista Umberto Bossi, e il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli.

Da quei documenti giudiziari che portano il timbro della procura di Verona, emergono dal passato dettagli e particolari che acquistano oggi nuovi significati soprattutto se riletti alla luce del dibattito di in corso sul ddl sicurezza. E sulla determinazione della Lega Nord a porre oggi la fiducia sul pacchetto di norme fra cui spicca, non a caso, la regolarizzazione su tutto il territorio nazionale delle ronde.

Le carte della procura di Verona testimoniano che Maroni, tredici anni fa, era il “portavoce” del “Comitato di liberazione della Padania” il cui statuto prevedeva “la non collaborazione, la resistenza fiscale e la disobbedienza civile” come “forma di lotta democratica per garantire il diritto di autodeterminazione dei
popoli”. E che si avvaleva delle “camicie verdi” per garantire il “servizio d’ordine organizzato nell’ambito dei territorio della Padania”.

Oggi Maroni è il ministro dell’Interno della “tolleranza zero” che – contro il parere di tutti i sindacati dei poliziotti che lo accusano, come dice Enzo Letiza del’Anfp, di “togliere il monopolio dell’ordine pubblico alla Polizia e di stornare fondi dalle forze dell’ordine ai volontari della sicurezza” – vuole legittimare tutte le ronde d’Italia. Comprese forse anche quelle di cui nel ’96 era reclutatore e responsabile: la “Federazione della Guardia nazionale padana” e le “camicie verdi” (tutt’ora esistenti e operanti nelle realtà del Nord nell’ambito della Protezione civile, seppure con la faccia più presentabile di onlus).

Secondo l’atto costitutivo in origine di questa Federazione – presente fra le migliaia di carte processuali – sottoscritto da Maroni, Gnutti e Bossi, uno degli scopi della Gnp era “proporre l’esercizio del tiro a segno come momento di pacifico riferimento storico, come attività sportiva, di svago e motivo di aggregazione sociale”. Non a caso, nei moduli di iscrizione alla Gnp era prevista la domanda sul possesso di porto d’armi da parte dell’aspirante. Tiro a segno e porto d’armi, tuttavia, non si spiegano di fronte al dettato dell’art. 2 comma “d” che mette tra i princìpi ispiratori delle Guardie padane: “… il rifiuto di ogni attività che implichi anche indirettamente il ricorso all’uso delle armi o della violenza”.

In sostanza, il Maroni ministro dell’Interno potrebbe legittimare, oggi – fra le tante ronde sparse un po’ ovunque per il Paese – anche l’ex servizio d’ordine del governo provvisorio della Padania di cui era membro e portavoce, oggi onlus.

Che fosse proprio lui il reclutatore della Gnp, del resto, emerge con inoppugnabile chiarezza da una pagina spuntata dai trenta faldoni stipati nell’ufficio del gip di Verona.

Si tratta di una lettera del 7 ottobre del ’96, firmata a mano “affettuosi saluti padani, Roberto Maroni”, nella quale l’attuale ministro dell’Interno annunciava che per la costituzione della Gnp erano arrivate talmente tante domande, “che il governo Provvisorio della Repubblica Padana ha proceduto nel giro di pochi giorni alla costituzione di 19 Compagnie provinciali”.

“Per consentire tale reclutamento – si legge ancora in quella lettera di Maroni – il Governo padano ha approvato una campagna di reclutamento di volontari in tutte le provincie”. “Attenzione – ammoniva poi – La domanda di adesione alla Gnp deve essere trasmessa al goverrno via fax e nessuna scheda dovrà essere conservata all’interno della sezione della Lega Nord. La Gnp riveste carattere strategico per il futuro della Padania”. Che cosa fosse in realtà quel carattere strategico della Gnp lo chiarirà, il 22 settembre del ’96, Irene Pivetti, ex presidente della Camera leghista, al procuratore Papalia che la interrogò come teste.

“Bossi mi spiegò – verbalizzò la Pivetti – cosa significasse per lui la Guardia nazionale Padana: “quando un popolo si sveglia, mi disse, ha bisogno del suo esercito”. La regolarizzazione delle ronde che la Lega farà passare ponendo oggi la fiducia alla Camera è questione antica. Ci aveva già provato nel ’96 con la
Repubblica Padana. In un documento acquisito il 13 gennaio del ’98 dalla Questura di Pavia c’è infatti una “proposta di legge d’iniziativa del governo della Padania” rivolta al suo Parlamento. E intitolata “norme per la costituzione della Guardia nazionale Padana e per il riconoscimento delle associazioni volontarie di prevenzione e controllo della sicurezza dei cittadini e del territorio denominato Guardia nazionale Padana”.

Ciò che a Maroni non riuscì nel ’97 quando era portavoce del Governo Provvisorio della Repubblica Padana, gli potrebbe riuscire in questi giorni, dieci anni dopo, come ministro dell’Interno della Repubblica italiana.

°°° Siamo davanti a una vera e propria sovversione dello Stato e della Carta Costituzionale, a un colpo di stato con la vaselina, a un ministroi (dei miei coglioni) colpevole di ALTO TRADIMENTO! Che si fa?

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Da Travaglio

Com’è umano Lei

Nell’incredibile paginone gentilmente offerto dal Corriere, Agostino Saccà, quello che s’inginocchia al Cainano anche al telefono, quello che srotola tre metri di lingua per comunicargli che «lei è sempre più amato nel Paese. La gente ne ha bisogno. Glielo dico senza nessuna piangeria. È una cosa bellissima!», quello che poi aggiunge «Lei non mi ha mai chiesto niente…» suscitando le risate dello stesso Silvio («Beh, io qualche volta di donne ti chiedo, per sollevare il morale del Capo»), quello che buttò milioni per allestire una fiction sul Barbarossa commissionata da Bossi in persona, quello che promette di sistemare cinque squinzie per sollevare il morale al capo e, già che c’è, per sollevare Prodi da Palazzo Chigi, in attesa di un congruo contraccambio («Tu lo sai che io poi ti ricambierò dall’altra parte, quando sarai libero imprenditore»), quello che prima aveva conciato per le feste Enzo Biagi; ecco questo signore ha persino il coraggio di fare la vittima. Dice che l’archiviazione della sua posizione da parte del Gip di Roma, dopo mesi di persecuzione, «mi rimette all’onore del mondo» e gli dà diritto di «tornare» a Raifiction, dove faceva danni fino a un anno fa. A parte il concetto molto soggettivo di «onore», gli sfugge forse un piccolo dettaglio: l’archiviazione significa che non ha commesso reati, non che è un ottimo dirigente Rai. E la distruzione delle telefonate cancella i nastri, non le sue parole. In ogni caso, se proprio ci tiene, potrebbe rientrare a Raifiction in veste di attore. Per dirla col suo padrone, «la proporrò per il ruolo di Fantozzi».

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Ma che vergogna!

L’indagine per corruzione che coinvolgeva anche il Cavaliere
Avrebbe raccomandato 5 attrici al dirigente Rai in cambio di sostegno
Raifiction, archiviato caso Berlusconi-Saccà
Il gip decide se distruggere le intercettazioni
“Conversazioni irrilevanti e nessuna certezza sull’esistenza di un ‘do ut des'”

ROMA – Procedimento archiviato. E’ la decisione presa dal gip Pierfrancesco De Angelis sull’indagine che vedeva indagato Silvio Berlusconi per corruzione, per aver raccomandato nel 2007, all’allora direttore di Raifiction Agostino Saccà, cinque attrici in cambio di sostegno finanziario, imprenditoriale e politico. Entrambi erano indagati per concorso in corruzione. La decisione è stata presa il 17 aprile scorso.

Il gip ha archiviato anche le posizioni di Stefania Tucci, commercialista, e Giuseppe Proietti, intermediario delle case di produzioni Hbo (americana) e Bavaria (tedesca), a loro volta indagati per corruzione, per l’acquisto di programmi e format avvenuto con pagamento estero su estero. Il gip si è riservato di decidere sulla richiesta di distruzione delle intercettazioni allegate al fascicolo processuale.

L’inchiesta riguardava la presunta promessa di sostegno finanziario ed economico alla Pegasus, una società istituita da Saccà. Le indagini erano state avviate dal pm della procura di Napoli Vincenzo Piscitelli. Gli atti erano stati successivamente trasmessi a Roma per competenza territoriale.

Il giudice ha accolto la richiesta della procura di Roma (i magistrati Angelantonio Racanelli e Sergio Colaiocco e il procuratore Giovanni Ferrara) e le argomentazioni secondo cui non si applica il lodo Alfano. Il pm, inoltre, può chiedere l’archiviazione nonostante sia stata già fissata l’udienza preliminare. Quanto al merito, Saccà “non era da considerare un incaricato di pubblico servizio”. Sull’altra vicenda, nessun elemento a sostegno dell’accusa è stato acquisito.

Insomma, quando il Cavaliere, all’epoca capo dell’opposizione, al telefono segnalava all’amico Agostino (Saccà), il nome di Evelina Manna, non aveva commesso alcun reato. Nulla di penalmente rilevante anche quando, sempre al cellulare, sottolineava le qualità professionali di altre “starlette” come Elena Russo, l’ex tronista Vittoria Ferranti o Antonella Troise. “Le conversazioni appaiono irrilevanti”, ha scritto la procura nella sua richiesta di archiviazione presentata alla fine di febbraio.

L’esito delle indagini della procura di Roma si fondava su un presupposto fondamentale: Saccà, pur essendo dipendente di una azienda pubblica, ovvero la Rai, non rivestiva, al telefono con Berlusconi, la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Nella richiesta di archiviazione veniva spiegato inoltre che non vi è accordo corruttivo in quanto, in sostanza, Saccà e Berlusconi non avevano nulla da scambiare anche in virtù “di un rapporto interpersonale risalente nel tempo”.

“Non vi è certezza sull’esistenza di un do ut des – scrivevano i pm – lo stretto legame tra l’onorevole Berlusconi e Saccà, che emerge con l’evidenza dall’attività investigativa, era tale da consentire al primo di effettuare segnalazioni al secondo senza dover promettere o ottenere nulla in cambio”.

In una intercettazione telefonica del luglio del 2007, tra le prove acquisite dal pm di Napoli, Berlusconi parlando con Saccà diceva: “Sai che poi ti ricambierò quando sarai dall’altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore…”. Saccà rideva e Berlusconi replicava: “Mi impegno a darti un grande sostegno”. Ma per la procura “non si può non rilevare la estrema genericità della asserita promessa corruttiva che emerge da questa telefonata”.

°°° Ecco l’ennesima dimostrazione che gli amici degli amici della Procura romana sono MOLTO amici degli amici. Anche questo caso lampante di corruzione, così come altri innumerevoli casi di reati acclarati, vengono insabbiati o addirittura archiviati dei bravi ragazzi. Le prove, le intercettazioni chiarissime,le testimonianze, per questi picciotti NON VALGONO UN CAZZO. Meglio un avanzamento di carriera.Io mi vergogno molto di essere italiano, in questo periodo.

ber-corruttore

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