Sesso, ancora tabù

+ Pretende troppo sesso dalla moglie Condannato in Cassazione: è stupro

La Cassazione condanna un marito:
“Non esiste il diritto all’amplesso”

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Circolare della Asl ai medici che da anni tengono i corsi
negli istituti della città: e scoppia l’ennesima polemica
“Basta lezioni di sesso a scuola”
Diktat a Milano: troppo esplicite

di FRANCO VANNI

“Basta lezioni di sesso a scuola” Diktat a Milano: troppo esplicite
MILANO – La Asl vieta ai suoi operatori di fare educazione sessuale agli studenti sotto i sedici anni. Da ora potranno solo istruire mamme e insegnanti, a cui spetterà poi il compito di rispondere alle domande dei giovani. Una circolare, datata 18 giugno, cancella infatti gli incontri fra i ragazzi e gli esperti, chiamati da 30 anni a parlare alle classi senza la presenza dei professori.

Nel documento, la direzione dell’azienda sanitaria dispone che “non debbano essere ulteriormente svolte attività di educazione alla salute nelle istituzioni scolastiche che prevedano un rapporto diretto fra gli operatori e gli allievi delle scuole dell’obbligo”. E nelle scuole scoppia la protesta, per una decisione considerata “bigotta e inspiegabile”.

Una scuola media cittadina ha già scritto una lettera alla Asl in cui chiede spiegazioni, e almeno altri 11 istituti si preparano a farlo. Gli insegnanti sbottano: “Si vuole impedire che gli studenti sappiano troppo di profilattici, malattie e interruzione di gravidanza”. I professori da settembre continueranno a proiettare filmati sulla crescita e a dare descrizioni anatomiche di pene, vagina ed embrione. In più, dovranno rispondere alle domande – solitamente molto dirette – che i ragazzi fino a oggi hanno rivolto agli operatori Asl, sempre in forma anonima, tramite questionari. Nel documento si precisa infatti che “i destinatari diretti dei nostri interventi sono gli adulti (insegnanti e genitori)” e non i giovani, che sono “destinatari indiretti”. In pratica: l’operatore spiegherà alla professoressa o alla mamma come si mette un preservativo. La signora poi lo illustrerà al figlio sedicenne. “E’ assurdo – dice un’insegnante che da anni segue l’educazione sessuale – l’attività funzionava perché c’era un contatto diretto fra ragazzi e operatori, e questo aiutava a superare l’imbarazzo”.

La circolare disciplina pure le visite ai consultori. Anche in quel contesto, si legge, “non dovranno essere posti in essere momenti educativi diretti da parte degli operatori Asl”, che dovranno quindi fare da guide e basta. La circolare arriva dopo la polemica innescata dal settimanale “Tempi”, che il 5 maggio in un articolo titolato “Un innocuo sapore di fragola – il sesso chiedi e gusta spiegato ai ragazzini delle scuole medie”, nel descrivere le visite di una terza media in consultorio parlava di un progetto “calato dall’alto dall’Asl locale” che instillerebbe nello studente “un senso di onnipotenza negativo per la sua crescita e per chi gli sta intorno”. Detto fatto, progetto sparito. Per la cronaca: su 110 ragazzi che avevano partecipato all’incontro descritto da “Tempi”, 103 si erano poi detti soddisfatti e per nulla imbarazzati.
(26 giugno 2009)

°°° Non c’è nulla da fare: siamo ostaggio di una chiesa bandita e arrogante e di una ciurmaglia di depravati ipocriti. Ma come si permettono i corrotti/corruttori, pedofili, drogati, viziosi debosciati, di sindacare sulla vita nostra e dei nostri figli?

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Il cazzaro, la cosca e… la dura realtà

Conti Pubblici
COSA CI SARÀ DOPO LA CRISI
di Andrea Boitani e Massimo Bordignon

15.06.2009

E’ la peggiore crisi dagli anni Trenta. Ma è utile guardare più lontano nel tempo, per capire le possibilità del nostro paese, che oltretutto ha beneficiato meno della crescita precedente. Aumenteranno disavanzi e debiti pubblici, in particolare nei paesi avanzati. Si ridurrà la domanda Usa ed è illusorio contare sulla Cina per riavviare un modello fondato sulle esportazioni. Servirebbero una politica fiscale sempre più europea e riforme strutturali. Difficili da realizzare. Ma l’alternativa è una progressiva emarginazione dell’Europa. E dell’Italia.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, che la diritta via era smarrita”. L’incipit dantesco rappresenta un’eccellente descrizione della situazione economica attuale. La selva è davvero oscura: quest’anno il Pil mondiale si ridurrà dell’1,3 per cento; del 2,8 per cento negli Stati Uniti e del 4,2 per cento nell’area euro, del 4,4 per cento in Italia (il 5 per cento secondo BankItalia). Il tasso di disoccupazione, nell’area euro, salirà sopra il 10 per cento nel 2010: la peggior crisi dagli anni trenta. (1) Perché si sia persa la “diritta via” è ancora dibattuto. Sappiamo ormai tutto sui meccanismi della crisi finanziaria e della bolla del debito. Capiamo meno come vi si sia potuti arrivare, se per imbecillaggine dei controllori, esuberanza irrazionale dei mercati, cecità dei cantori del libero mercato o altro. Non sappiamo neppure quando qualche raggio di luce illuminerà la selva, se già alla fine del 2009, nel 2010 o ancora più lontano nel tempo. Per ora, gli unici segnali di conforto sono che la velocità di caduta del prodotto è diminuita e che le borse hanno un po’ recuperato, aiutate dall’inondazione di liquidità prodotta dalle banche centrali. Ma i prezzi delle materie prime e del petrolio sono in deciso rialzo, probabilmente per le strozzature presenti dal lato dell’offerta, e questo potrebbe far abortire la ripresa prima ancora che si consolidi. Forse, è però utile gettare uno sguardo un po’ più lontano nel tempo, anche per capire quali possibilità abbia un paese come il nostro, che oltre a essere uno dei più colpiti dal fallout della crisi, è anche quello che ha di meno beneficiato della crescita che l’ha preceduto.

FATTI

Intanto, nonostante che il dibattito si sia quasi esclusivamente concentrato sulla crisi finanziaria, all’origine della stessa c’è soprattutto una situazione di perdurante squilibrio internazionale, alimentato dagli Stati Uniti e dagli altri paesi che impiegano più risorse di quante ne producano, e della Cina e di alti paesi, petroliferi, ma non solo, che producono più risorse di quante ne impieghino. La bolla finanziaria aveva reso conveniente (e perciò possibile) il continuo afflusso di risorse dai paesi in surplus ai paesi in deficit, sotto la forma di capitali in cerca di rendimenti e, perciò, la perpetuazione degli squilibri mondiali. Con ciò era stata anche resa possibile una continua crescita della domanda mondiale, trainata dagli Usa, che, a sua volta, aveva consentito la crescita trainata dalle esportazioni di tanti paesi, asiatici ma anche europei, a cominciare dalla Germania. La crescita del valore della ricchezza finanziaria e del credito ha permesso l’espansione della domanda Usa, nonostante che gran parte dei redditi da lavoro siano rimasti costanti in termini reali per molti anni e la distribuzione del reddito sia divenuta sempre più squilibrata. Un fenomeno del genere si era verificato anche negli anni precedenti alla Grande Depressione, almeno negli Stati Uniti.
Per contrastare la crisi, gli Usa, che hanno pochi stabilizzatori automatici, hanno fatto ricorso a massicce dosi di stimolo fiscale discrezionale, il 2 per cento del Pil, al netto di quanto speso per i salvataggi bancari: il crollo della ricchezza finanziaria e il credit crunch minacciavano infatti di far crollare la domanda interna, che non poteva essere alimentata dallo smobilizzo di risparmi privati, ormai da tempo inesistenti presso il ceto medio e le classi popolari. In Europa, lo stimolo fiscale discrezionale è stato complessivamente più contenuto; il Fondo monetario internazionale lo ha di recente giudicato “nel complesso adeguato”, ma in Italia è stato quasi nullo: lo 0,2 per cento del Pil nel 2009. In Cina è stato annunciato uno stimolo di dimensioni simili a quello Usa: 2 per cento del Pil nel 2009 e nel 2010. Ma è difficile sapere in che misura la spesa effettiva corrisponderà agli annunci. Come effetto di questi interventi e della recessione, disavanzi e debiti pubblici cresceranno in tutti i paesi, e in quelli avanzati in particolare, fino a un livello massimo del rapporto debito su Pil del 140 per cento nel 2010, secondo le stime dell’Fmi. Nel marasma, una buona notizia per noi è che il differenziale tra l’Italia e i paesi europei “virtuosi” si va riducendo: mentre prima della crisi si prevedeva per il 2009 un differenziale di 40 punti tra Italia e Germania, ora si prevede un differenziale di “soli” 30 punti. Comunque abbastanza per frenare l’azione di stimolo fiscale “unilaterale” del nostro governo.

SCENARI

1 – Visto che la crisi è dovuta a squilibri internazionali, è probabile che il processo di aggiustamento spinga verso una loro riduzione. La domanda privata interna Usa si ridurrà e, con essa, le importazioni (la domanda pubblica, ammesso che compensi quella privata, dovrebbe essere meno import-intensive). Se verrà a mancare il traino Usa, sembra anche poco sensato contare sulla Cina per riavviare un modello fondato sulle esportazioni. Il Pil cinese è ancora troppo piccolo per trainare e non c’è alcuna garanzia che la Cina abbandoni, lei per prima, la via dell’export-led, che finora le è servito egregiamente.

2 – I paesi europei, presi singolarmente, sono troppo indebitati o troppo piccoli per potersi avventurare nel finanziamento in disavanzo di un volume di spesa pubblica aggiuntiva sufficiente a sostenere la domanda aggregata. Inoltre, c’è un problema di free-riding: un’espansione in un singolo paese, in un’economia fortemente integrata come quella europea, finisce per avvantaggiare soprattutto i partner commerciali, così disincentivando l’espansione stessa.

3 – Non è impossibile che gli Stati Uniti scelgano la via di un’inflazione controllata per bruciare un po’ di debito e di liquidità accumulati in questi anni. Un po’ di svalutazione del dollaro serve a riequilibrare almeno parzialmente i conti con l’estero. Ma gli Usa non possono permettersi un’eccessiva svalutazione della loro moneta se devono, come devono, continuare ad attrarre capitali dall’estero per finanziare i loro debiti interni. In Europa, la via dell’inflazione sembra comunque sbarrata dalla Bce e dalla tradizionale avversione tedesca; ma questo, a sua volta, impedisce una più coraggiosa politica di indebitamento da parte dei singoli stati membri.

4 – Non sembrano riscuotere grande consenso, né in Italia né in altri paesi europei, quelle manovre “intertemporali” che sarebbero capaci di dare credibilità al consolidamento della finanza pubblica nel medio periodo, a fronte di un più robusto stimolo fiscale oggi. Le raccomandazioni dell’Fmi e del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi vanno in quella direzione, ma rischiano di rimanere inascoltate. Sebbene i periodi di crisi siano quelli in cui sarebbe più necessario e utile fare le riforme “strutturali”, sembra che proprio in questi periodi governi nazionali siano più timorosi del solito e, perciò, incapaci di vincere le resistenze delle corporazioni.

5 – La crisi avrebbe potuto essere l’occasione per una politica più forte da parte dell’Unione Europea. Ma ciò non è avvenuto. Anche l’idea di una regolazione comune dei mercati finanziari stenta a farsi strada, nonostante le pressanti raccomandazioni degli organismi finanziari internazionali, mentre forme varie di protezionismo mascherato emergono in molti settori. L’idea stessa di mercato unico europeo è ora in difficoltà.

RISCHIO EMARGINAZIONE

Le conclusioni sono ovvie e un po’ sconfortanti. Servirebbe una politica fiscale sempre più “comunitaria” (cioè europea) e sempre meno nazionale. Una politica che, non potendo più contare sul traino delle esportazioni, insista di più su una crescita della domanda interna europea, eliminando le residue barriere agli scambi, soprattutto nei servizi, e sui grandi progetti infrastrutturali europei, provvedendo finanziamenti europei non solo simbolici, come per gli attuali progetti Ten. In questo senso vanno le proposte di molti. Peccato che sembrino di difficilissima realizzabilità. I risultati delle elezioni europee, con l’affermazione delle forze nazionalistiche e anti-europee, sono un pessimo segnale in questo senso. Eppure, non pare che ci siano molte altre possibilità, se l’obiettivo è quello di riuscire presto “a riveder le stelle”. Altrimenti, la progressiva emarginazione dalla storia dell’Europa, e con essa dell’Italia, sembra un rischio molto concreto.

(1) Imf, World Economic Outlook, aprile 2009.

NON SI VEDE LA FINE DELLA CRISI

vedi-meglio

IL MALE DELL’ITALIA

berlusconi-razzista1

IL PESSIMO PILOTA GEORGE W. BUSH HA CREATO IL DISASTRO:
bush-pilota

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PRRRRRRRRRRRRRRRRRR !!!


“Il 4 per cento è alla nostra portata e siamo la vera novità nel panorama politico italiano” (Nichi Vendola, leader di Sinistra e Libertà, 5 giugno 2009)

“Riusciremo a superare il 4 per cento, anche se hanno cercato in ogni modo di distruggerci” (Paolo Ferrero, Rifondazione-Pdci, Corriere della sera, 4 giugno 2009)

“Ma quale 4 per cento: noi non temiamo lo sbarramento, noi faremo il pieno di voti. E da lunedì’ lavoreremo per costruire una destra europea” (Francesco Storace, Mpa-Destra-Adc-Pensionati, 3 giugno 2009)

“Vinceremo la partita con il 5% dei voti, e andremo in Europa per competere sulle questioni concrete dei cittadini. Cioè rivedere i meccanismi del trattato di Lisbona, mantenere le prerogative delle sovranità nazionali, stoppare l’ingresso della Turchia… I sondaggi ci danno in continua crescita e saremo dunque soddisfatti. Da lunedì rinascerà la destra italiana nel nostro Paese” (Francesco Storace, Mpa-Destra-Adc-Pensionati, 4 giugno 2009)

tafazzi

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