Benefattore

In fila sulla Paullese al «Luna parking»
dove l’amore si fa nel box auto
Trecento coppie al mese. «All’alba suona la sirena». Il proprietario: «Sono stremato: vivo qui 24 ore»

Dal nostro inviato Andrea Galli
BAGNOLO CREMASCO (Cremona) — Il ragazzotto esce dalla macchina, barcolla. S’avvicina alla cassa, deve pagare, ha finito, è stato tre quarti d’ora nel box; c’è una ragazza, rimane a bordo. Il ragazzotto allunga la banconota. «Tutto bene?». «Sì. E faccio l’abbonamento». Forse le ha appena giurato amore eterno, fatto sta che alle due di notte dell’altro ieri la notte di Marco Donarini s’impenna. Con i soldi del ragazzotto timbra il primo incasso pesante di giornata, ma poi pesante si fa per dire. Al «Luna parking» il pienone è venerdì e sabato, «venti, trenta coppie». In un mese, sono «trecento ingressi totali». In un mese quanto incassa? Tremila? «Meno, meno».

Marco Donarini, il proprietario del «Luna Parking»: appartarsi in uno dei trentotto box costa 5 euro (Del Puppo)

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Donarini, 45 anni, separato, tre figli, aveva una ditta di calcestruzzi, e il passato ritorna nei pesantissimi colpi di tosse. Nel 2007 ha venduto, e ha voluto e realizzato un parcheggio dell’amore. Trentotto box, tre pareti, sulla quarta — l’ingresso — scende una tenda che copre. Niente soffitto: si vedono il cielo e le zanzare. Cinque euro l’ora la permanenza. Dice Donarini: «I motel costano troppo, devi dare i documenti. Da me, meno problemi. E meno rischi. Con tutti gli stupri in giro… I genitori mi ringraziano. Un carabiniere mi ha detto: “Bravo. Con mia figlia da te, io dormo più tranquillo”». Un po’ si vede, Donarini, come paladino. Difatti si è messo contro i poteri forti: il vecchio curato (oggi in pensione) organizzò veglie con salmi penitenziali inseguendolo all’urlo di «peccatore!». Il sindaco non lo ama. I bagnolesi non lo degnano di menzione, o forse è solo facciata. «Senta. Ci sono mamme che dopo aver accompagnato i figli a scuola si presentano con l’amichetto, ce ne sono altre che si presentano invece la domenica. Al marito dicono che vanno a messa… Ci sono anziani che anziché stare al circolino a far la briscola il pomeriggio fanno un salto». I vecchietti sono l’angoscia di Donarini. «Deve vedere che volti di color viola… E se con ‘sto caldo ci rimangono?».

Il «Luna parking» sta sulla statale Paullese. La Paullese è un’infilata di Mcdonald’s, cantieri stradali, prostitute che la notte si mettono attorno ai fuochi, sexy-shop, motel con doppia vasca idromassaggio, balere che — raccontano — ci si va per un obiettivo soltanto, ponti sull’Adda, prostitute che di giorno aspettano nelle stradine di campagna in mezzo ai trattori, sotto ombrelloni con marche di gelato. Sulla Paullese comandano il traffico e gli aguzzini; incidenti, investimenti, e violenze e barbarie. Inutili gli allargamenti di corsia, e le retate. Di Crema, qui vicina, si ricordano due casalinghe protagoniste di film porno che sconvolsero la città. Dicono che questa sia una terra di provincia, vizio, sesso. E di lavoro. Bagnolo Cremasco, posto molto cattolico (fresca di stampa la storia ufficiale del paese scritta da un sacerdote) ha 5mila abitanti e 300 aziende. Quattrocento gli stranieri, per lo più indiani che lavorano nelle stalle. Il paese è raccolto attorno alla piazza, che ospita il monumento in memoria dei 36 caduti in guerra. Don Lorenzo Roncali, 37 anni, è il curato. Il sindaco è Carlo Peretti, 61 anni; guida una lista civica di centrodestra; è in pensione, lavorava con l’Eni. Don Lorenzo dice che «il parcheggio è in una zona isolata, non lo vede nessuno». Peretti dice che «è un postribolo, ci vanno le prostitute». Donarini s’arrabbia. «Le prostitute no. Questo posto è la sana e semplice celebrazione della camporella, dell’appartarsi. Le coppie stanno insieme, punto. Rischi? Ci sono mura di cinta. Di guardoni, nemmeno l’ombra». In paese si dice che voglia vendere. Che cerchi pubblicità. «Sto rilanciando. Metterò un sistema di pagamento automatizzato e di telecamere. Sono stremato: vivo qui 24 ore. All’alba qualcuno mi telefona, “vieni ad aprire”; certe notti resto fino alle 4, qualcuno si addormenta in macchina, sono costretto a far partire la sirena dell’allarme, per svegliarlo. È una vitaccia. E quel vecchio curato mi accusava di essere un peccatore… Oramai sono l’unico, che non pecca».

Andrea Galli

abbraccio

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Ormai tutto è lecito

Oristano, 21:33
RUBAVANO LE PIETRE DEL SINIS, DENUNCIATI DUE MURATORI

Sorpresi sulla spiaggia di ‘S’Arena Scoada’, nel litorale di San Vero Milis, in provincia di Oristano, mentre caricavano su un camion le particolari pietre del litorale del Sinis, due muratori di 47 anni, uno di Sorso e l’altro di Solarussa, sono stati denunciati per furto aggravato ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato. A scoprirli e’ stato l’equipaggio dell’elicottero del VII Reparto volo della polizia di Abbasanta che stava sorvolando in ricognizione la costa. L’equipaggio ha subito segnalato la presenza dei due ai colleghi della Squadra Nautica di Oristano che si sono precipitati sul posto e hanno colto in flagrante i muratori.

AMICHE A S’ARENA SCOADA (la sabbia colata) L’ESTATE SCORSA:

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Zecche, topi e zanzare

La Sardegna tutta, in mano a questi banditi incompetenti di destra, ma soprattutto la provincia di Cagliari dove i soldi vengono abbondantemente spesi i zoccole, scimmiette, e cocaina, sono in allarme per l’invasione di questi parassiti. Eppure, i parassiti TRA LORO dovrebbero comunicare…

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“Adesso parlo io…”

IL RACCONTO. “Al mattino c’è freddo, poi dopo due ore di sole non si respira più
Il dirigente della Protezione Civile: “Vivere così per molti mesi è difficile
E la tendopoli diventa un incubo
“Non resistiamo fino all’autunno”

dal nostro inviato JENNER MELETTI

E la tendopoli diventa un incubo “Non resistiamo fino all’autunno”
L’AQUILA – Sta all’ombra corta dei salici, sul piazzale di cemento. “Siamo appena a maggio e la tenda è già un forno. Questa estate saremo come San Lorenzo, sulla graticola”. Claudio Bartolini, pensionato Telecom, è uno dei 33.457 aquilani che, un mese dopo il terremoto, vivono in tenda e non sanno assolutamente quando potranno uscirne. “Al mattino c’è freddo e dopo due ore di sole in tenda non si respira più. Si sta qui e si aspettano notizie che non arrivano. Nessuno ti sa dire come sarà il nostro futuro”. Tendopoli Italtel 2, si montano altri gabinetti chimici. Un signore arriva in macchina. “Ho portato mia moglie in una pensione al mare. Non c’è servizio cucina, ci facciamo da mangiare noi. Ma a 70 anni in questi gabinetti strani non riusciva più a entrare. Rischiava un blocco intestinale”. Tendopoli di Collemaggio, nel prato della basilica di Celestino V. “In tenda sembra di essere sulle sabbie mobili. Quando le hanno montate c’era già l’erba alta e con la pioggia e il primo caldo è marcita. Sotto c’è una gran poltiglia, c’è una puzza tremenda”.

Non è facile vivere nelle città di tela. I primi giorni te la cavi, perché hai ancora dentro la grande paura. Qui, se la terra trema, non ti cade nulla in testa. C’è il caldo della stufetta, ci sono i maccheroni e le cotolette preparati dai volontari. “Un mese dopo – dice Claudio, imbianchino che non trova più case da dipingere – ti chiedi: mi sembra di avere già passato una vita qui dentro e sono passati solo 30 giorni. Come farò a restarci, se va bene, fino all’autunno?”. Nella tendopoli di piazza d’Armi ci sono cartelli che fanno capire quali saranno i problemi dei prossimi giorni. “Giovedì alle ore 23,30 sarà effettuato un trattamento anti zanzare e altri insetti. Siete invitati a chiudere le finestre e gli ingressi delle tende”. Ancora c’è tanta neve, sul Gran Sasso e sul Silente, ma il caldo fa già paura. In altri terremoti le tende sono state usate solo nella prima emergenza. Presto sono arrivate le roulottes e poi le casette prefabbricate. C’erano i gerani, nelle case di legno di Colfiorito in Umbria, e chi vi abitava ha potuto vivere con dignità i due o tre anni necessari alla ricostruzione della sua casa.

Qui si è deciso che invece si aspetteranno le case “vere”, sia pure prefabbricate. Sei mesi almeno di attesa, ma poi si scopre che i soldi saranno dati in parte quest’anno e in parte nel 2010. Qualcuno dovrà aspettare quasi due anni in tenda. “Vivere così per molti mesi – dice Demetrio Egidi, direttore della Protezione civile dell’Emilia Romagna, che guida piazza d’Armi – è senza dubbio difficile. Le tendopoli resistono solo se hanno numeri non altissimi. Bisogna ridurre le presenze altrimenti si rischiano tensioni. Si litiga in un condominio con tutti i confort, immaginiamo in una tendopoli”.

Nei primi giorni dopo la scossa ci furono quelli che Stefania Pezzopane, presidente della Provincia, chiama “i fuochi artificiali”. “Facciamo questo e facciamo quello, disse il governo, e tutto sembrava risolto. Adesso scopriamo che i soldi saranno dati con il contagocce e fino al 2032. Forse mia figlia potrà vedere la nostra casa ricostruita”. Oggi all’Aquila l’entusiasmo per il governo sembra un ricordo. “Bisogna togliere peso alle tendopoli”, dice la presidente. “Il progetto è semplice: chi ha la casa agibile, deve rientrare. Ma quasi tutte le agibilità sono date a una condizione: effettuare alcuni lavori. C’è un pilastro da rafforzare, c’è una scala da sistemare… Fai presto a spendere venti o trentamila euro. Ma per questi interventi nel decreto – noi lo abbiamo denunciato assieme ai sindaci tre giorni fa – non c’è nemmeno un soldo. E allora si rischia di avere tendopoli di massa fino all’inverno e anche oltre. Ci siamo confrontati con chi ha vissuto altri terremoti. In Irpinia hanno pagato anche le suppellettili e le bottiglie di vino rotte in cantina. Noi non vogliamo questi eccessi. Però diciamo una cosa: siamo abruzzesi fieri ma non stupidi. Le case debbono essere pagate al 100%, come avvenuto in Friuli e in Umbria. Se non paghi tutto, molti non riusciranno a ricostruire le loro abitazioni. E così, queste che verranno costruite in prefabbricato, diventeranno case che non saranno più abbandonate. Ci troveremo l’Aquila 2, l’altra città”.

Un mese dopo, la cosa che più colpisce, nelle strade dell’Aquila, è l’assenza di sirene. Nei primi giorni erano la colonna sonora costante e non servivano a nulla, perché cento sirene annullavano le altre cento. Non c’è il terrore delle prime ore ma i volti restano tesi e molti sguardi vuoti. I vecchi, nelle tendopoli, hanno ormai il loro posto fisso, su una seggiola o su una panchina, come facevano in paese. La notte gelata e il giorno che scotta hanno fatto aumentare bronchiti, broncopolmoniti e attacchi d’asma. Per sorridere bisogna entrare nelle scuole sotto i grandi tendoni bianchi. Sono bravissimi, i bambini. Attorno a tavoli diversi ci sono i piccoli della materna e quelli delle elementari che disegnano o studiano e parlano sottovoce, in queste classi senza pareti. Ci sono i clown come Tric Trac che al mattino sono disoccupati e allora vanno a fare compagnia agli anziani. “I pagliacci – dice Gina – non li avevo mai visti dal vivo. Quando ero piccola arrivava il circo ma noi non avevamo i soldi”.

All’inizio di via XX Settembre, come ogni mattina, c’è la fila di chi aspetta i vigili del fuoco per essere accompagnato per la prima volta nella casa abbandonata il 6 aprile. “La mia casa – dice Anna Rita – ha i pilastri tutti storti. Avevo comprato l’enciclopedia Treccani, per i miei figli studenti, e l’ho vista ridotta in poltiglia, distrutta dalle pietre e bagnata dall’acqua entrata dalle finestre aperte. Per un attimo ho guardato fuori. C’erano altri balconi, di fronte. Erano pieni di bambini. Ho visto solo macerie. Per fortuna il vigile mi ha detto che non potevo restare ancora. Mi sarei messa a piangere”.


°°° Ecco come muoiono i “fuochi d’artificio” del cazzaro imbroglione. Si fa cento passerelle propagandistiche in Tv, a reti unificate, spande merda e deliri, la povera gente ci casca… passa un mese è NON E’ SUCCESSO NIENTE! La gente disperata e preoccupata per l’oggi e per il domani. Ma il cazzaro va a Porta a porta a insultare la moglie, i figli e gli italiani tutti. Non sta zitto un attimo però… ADESSO PARLO IO, titola l’insetto viscido coi nei, mentre para il culo al padrone.

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riecco il cazzaro: ennesima truffa

L’Aquila e il decreto abracadabra
E’ stato ribattezzato “decreto abracadabra” per le innumerevoli devianze creative con le quali accompagna il processo di ricostruzione dell’Aquila e dei paesini circostanti. La luna di miele tra gli abruzzesi e Silvio Berlusconi ha subito una prima e significativa increspatura. La lettura approfondita del decreto legge, e la verifica che i soldi all’Abruzzo in gran parte (4,7 miliardi di euro) saranno racimolati dall’indizione di nuove lotterie, dagli interventi sul lotto, e dai sempreverdi provvedimenti anti-evasione, soldi veri niente, e che in più le risorse saranno spalmate su un periodo lunghissimo (da oggi al 2033) hanno creato fremiti di rabbia dapprima isolati e poi sempre più partecipati.

Il tam tam (“Berlusconi ci inganna!”) è iniziato, e non è una novità, sui blog. Prima Facebook e poi i partiti. Prima i conclavi nelle tende poi le riunioni istituzionali. Una giovane donna, Rosella Graziani, che sa far di conto, ha messo a frutto tutto il tempo ritrovato e fino alla settimana scorsa inutilizzato per radiografare il decreto legge e poi bollarlo in una lettera pubblica: “Mai nella storia dei terremoti italiani avevamo assistito a una ingiustizia tanto grande e a un tale cumulo di menzogne che ha ricoperto L’Aquila più di quanto non abbiano fatto le macerie”.

Quali le menzogne e dove l’inganno? I soldi veri, il cash disponibile che Tremonti rende immediatamente spendibile si aggira sul miliardo di euro. Tolte le spese per l’emergenza, restano 700 milioni di euro destinati alla costruzione delle casette temporanee. E qui il primo punto: 400 milioni saranno spesi per edificarle nel 2009 e 300 milioni nel 2010. Se ne dovrebbe dedurre che la totalità delle case provvisorie sarebbero, è bene riusare il condizionale, realizzate totalmente entro l’anno prossimo. Dunque qualcuno avrebbe un tetto a settembre, qualcuno a ottobre, qualche altro a gennaio, o nella primavera che verrà. E’ così? E’ il dubbio, maledetto, che affligge e turba.

Secondo punto: le casette sono sì temporanee ma il decreto le definisce “a durevole utilizzazione”. Durevole. Moduli abitativi condominiali, magari lindi e comodi, a due o tre piani. In legno. Ecocompatibili, risparmiosi, caldi. Perfetti. Possono durare decenni.
E dunque: sarebbero provvisori ma purtroppo paiono proprio definitivi. E, questa è una certezza, sono le uniche costruzioni ad avere pronta una linea di finanziamento. Piccole e sparse new town. New town aveva detto Berlusconi, no? E le case vere? Quelle di pietra?

Qui la seconda questione campale: sembra, a scorrere gli allegati al decreto, che Berlusconi non possa concedere più di 150 mila euro per la ricostruzione dell’abitazione principale. E per di più questi soldi sarebbero veri fino a un certo punto, perciò la definizione di decreto abracadabra. 50 mila euro li concederebbe – cash – il governo; 50 mila li tramuterebbe in credito di imposta (anticipata dalla famiglia terremotata e ammortizzata in un arco temporale di 22 anni); altri cinquantamila sarebbero coperti con un mutuo a tasso agevolato a carico però del destinatario del contributo.

Non si sa bene ancora se sarà così strutturato il fondo. Le norme del decreto possono subire fino al prossimo giovedì emendamenti e correzioni. Quel che comunque sembra chiaro è che la somma ipotizzata (150 mila euro) ammesso che venga confermata, sarà sufficiente per una casa di tipo popolare e di nuova costruzione, ma totalmente sottodimensionata per finanziare i lavori di recupero e restauro conservativo. Nel centro storico dell’Aquila ci sono 800 edifici pubblici e 320 edifici privati, sottoposti a vincoli per il loro pregio.

Recuperi dispendiosi economicamente e, secondo questo decreto, sostanzialmente a carico dei privati.
Così ieri i sindaci delle aree terremotate si sono ritrovati in conclave e hanno iniziato in un borbottio che è poi sfociato in un documento di dura protesta. “Vogliamo vedere nero su bianco i soldi per la ricostruzione e non solo quelli per le casette transitorie. L’Aquila va costruita dov’era e com’era. Così non sarà: a leggere il decreto i tempi sono dilatati fino al 2033, una data ridicola”, ha dichiarato la presidente della Provincia Stefania Pezzopane.

Ai dubbi che già gonfiano i primi timori si aggiunge poi l’offesa istituzionale subita dagli enti locali. Il governo, promotore della prima legge costituzionale a vocazione federalista, ha accentrato ogni potere di spesa negando finanche al sindaco dell’Aquila, città epicentro del terremoto e capoluogo di regione, le funzioni commissariali esecutive. Penserà a tutto, come al solito, Guido Bertolaso…

(5 maggio 2009)

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Election day e ricatti

Election day, la confessione: «Bossi ha minacciato la crisi»
di Marco Bucciantini

Berlusconi ammette: «Utilizzare i soldi del referendum? Lega Irremovibile, rischiavamo brutto». La confessione è stata fatta a Poggio Piceno dove il premier ha inaugurato una scuola tra i bambini sfollati. Dopo il vertice del Pdl La Russa dice: il 21 giugno o rinvio al 2010.

°°° Questa è una nemesi, amici: il ricattatore di professione… ricattato da un coglionazzo che si è beccato un ictus, mentre riceveva del sesso orale da una cantantina da strapazzo. E mentre questi due vecchi impotenti e cocainati giocano a braccio di pastafrolla tra di loro… noi ce la pigliamo nel culo.

Con 460 milioni si dava casa a 15mila sfollati
di Claudia Fusani

Non è la «lista di nozze» di cui parla il premier Silvio Berlusconi per far sponsorizzare da benefattori e amici stranieri la ricostruzione delle opere d’arte. Piuttosto è la «lista dei sogni», quello che sarebbe stato possibile costruire subito, o quasi, con i 460 milioni di euro che lo Stato avrebbe potuto risparmiare con un unico election day per il voto amministrativo e quello referendario. Case, soprattutto, e poi strade, scuole, libri, giusto per fare qualche esempio. Cose concrete, il quotidiano che gli aquilani hanno perso nella notte tra il 5 e il 6 aprile. Una lista dei sogni, appunto, perché la Lega ha puntato i piedi e ha «convinto» il Pdl a dire no all’election day.

Quattrocento sessanta milioni sono, tanto per cominciare, il 4 per cento di una ricostruzione che è stata stimata dal ministro dell’Interno tra i 10-12 miliardi. Un buon modo per cominciare ad orientarsi in una terra che ancora trema duecento volte al giorno. Quattrocentosessanta milioni potrebbero essere la risposta abitativa per almeno i due terzi di quei 20 mila aquilani rimasti senza casa perché inagibile, distrutta o crollata. La Provincia ieri mattina si è riunita per un consiglio straordinario. Il presidente Stefania Pezzopane (Pd) ha tentato con tecnici e assessori una prima stima dei danni e ha concluso la riunione con la seguente certezza: «Con 460 milioni risolvo tutti i problemi della Provincia, dalle strade alle scuole».

Nel dettaglio la lista dei sogni della Provincia prevede: 25 milioni per rimettere a posto le strade; 60 milioni per le scuole superiori e professionali (quelle di competenza della Provincia) di cui 5 solo per il Conservatorio dove insegnano docenti che arrivano da tutta Italia; cento milioni per gli edifici di proprietà e le sedi storiche della Provincia; 15 milioni per recuperare il fondo librario andato perduto e restaurare la collezione di quadri di Patini, quotatissimo pittore abruzzese.

Ma sono le case il vero nodo della ricostruzione e l’emergenza per questa gente. L’ultima stima del sottosegretario alla Protezione Civile Guido Bertolaso parla di «20 mila persone senza casa», abitazioni distrutte, da ricostruire. È un terzo della popolazione della città di L’Aquila che conta 60 mila abitanti. Tabelle alla mano di ingegneri e architetti è possibile fare una botta di conti al metro quadrato. Speculazioni e bolle edilizie a parte, oggi una casa costa mille euro al metro quadrato al metro e può costarne anche 800 se si tratta di edilizia popolare. Con queste premesse si arriva a stimare che una casa di cento metri quadrati, ampiezza media per una famiglia di tre persone, può costare dagli 80 ai 100 mila euro.

Significa che con i famosi 460 milioni che lo Stato “sta per buttare giù dalla finestra dandola vinta alla Lega questa volta sì ladrona” come dice Pezzopane, potevano essere costruite 4.600 abitazioni da centomila euro o 5. 800 da ottantamila euro. Contando che in ognuna di queste case possono abitare fino a tre persone, all’incirca quindicimila aquilani avrebbero potuto risolvere il problema abitativo. Il più urgente.

Ma è un libro dei sogni, appunto. Perché quei soldi saranno invece spesi per allestire i seggi del referendum.
17 aprile 2009

oscenita1

stupido

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Di mangiare non si Stanca

Polemica sulla nomina dell’ex ministro. Bossi convince Berlusconi
Lo stipendio del manager è stato abbassato a 480 mila euro
A Stanca l’Expo di Milano
scontro su soldi e incarico
di ALESSIA GALLIONE

A Stanca l’Expo di Milano scontro su soldi e incarico

Lucio Stanca
MILANO – Dopo un anno di scontri per le poltrone e paralisi parte la società che dovrà gestire i soldi e i cantieri di Expo. E parte nel nome di Lucio Stanca, l’ex ministro dell’Innovazione del governo Berlusconi, che lo stesso premier ha voluto al posto del fedelissimo di Letizia Moratti, Paolo Glisenti, alla guida della macchina operativa che condurrà Milano verso l’Esposizione universale del 2015.

Il manager è stato nominato amministratore delegato e vicepresidente della spa Expo, ma le polemiche che hanno accompagnato la sua designazione continuano. Con il centrosinistra all’attacco per il doppio incarico di ad e parlamentare e per lo stipendio che riceverà: da un’ipotesi iniziale di 700mila euro circolata nei giorni scorsi, il cda – contrario il rappresentante della Provincia, Enrico Corali – ha votato una cifra fissa di 300mila (330 con il compenso da consigliere), più 150mila euro in base ai risultati raggiunti. A protestare, però, era stata anche la Lega e a far scendere la quota sarebbe stato un intervento di Umberto Bossi, che avrebbe convinto Silvio Berlusconi della necessità di riequilibrare le richieste economiche.

Cerca di rimettersi in moto, la locomotiva Expo. E il sindaco-commissario straordinario per Expo, Letizia Moratti, propone “una consultazione cittadina, perché è necessario il coinvolgimento più ampio possibile sulle scelte”. La società, che dal primo aprile non ha neanche più una sede, deve recuperare il ritardo. Lo stesso Stanca non nasconde le difficoltà: “Devo creare una società che non esiste”. Anche se rassicura: “Si è perso qualche mese ma non vedo criticità particolari”.

Il nuovo ad ha definito l’emolumento “molto al di sotto rispetto a quanto poteva essere consentito dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri”. Sui poteri: “Ho ottenuto un’ampia autonomia gestionale, nel rispetto delle prerogative del cda”. Per ora non si dimetterà da parlamentare: “Sarà la Giunta delle elezioni di Montecitorio a decidere se esiste incompatibilità. Se non ci sarà sono disponibile a dimettermi nel momento in cui mi accorgessi che davvero esiste un conflitto sui tempi, ma un ad si giudica dai risultati”.

Ieri si è svolta anche un’assemblea dei soci (il governo ha il 40 per cento delle quote, Regione e Comune il 20, Provincia e Camera di Commercio il 10 per cento), che ha ricapitalizzato la spa con 10 milioni di euro. Nel board è entrato il presidente delle Province lombarde, il leghista Leonardo Carioni: ha preso il posto di Angelo Provasoli, l’ex rettore della Bocconi che è diventato il nuovo presidente del collegio sindacale. La posizione più dura sulla doppia nomina di Stanca arriva dal presidente della Provincia, Filippo Penati: “Percepirà un emolumento di 480 mila euro, che si aggiunge a quello da parlamentare. E’ semplicemente scandaloso”. Il deputato del Pd, Vinicio Peluffo, depositerà un ricorso sull’incompatibilità dell’ad alla Giunta per le elezioni e al Comitato per l’incompatibilità della Camera: “E’ assurdo che a svolgere compiti così delicati sia un deputato che potrà dedicarvisi solo nel fine settimana”.

(10 aprile 2009) Tutti gli articoli di cronaca

stanca

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Speciale terremoto

Speciale terremoto

Il j’accuse della Presidente della Provincia

«La situazione dei Comuni è stata sottovalutata». A sostenerlo è Stefania Pezzopane, Presidente della Provincia dell’Aquila, secondo quanto riporta il sito Anci. Pezzopane ha parlato dal Comune di Onna, uno tra i 26 Comuni più colpiti dal terremoto, piccola realtà di 350 abitanti dove finora si contano 8 vittime e circa 30 dispersi. Il presidente della Provincia è andata nelle aree interessate seriamente dal sisma per registrare il numero delle vittime e riscontrare i danni, «spesso incalcolabili. Intere
case sono cadute in pezzi – ha detto – innumerevoli abitazioni frantumate o compromesse. Molti edifici pubblici sono stati danneggiati. L’attività istituzionale pubblica attualmente è bloccata e resterà ferma per giorni. Le istituzioni sono occupate ad affrontare l’emergenza».

La situazione è molto grave, soprattutto nei Comuni del comprensorio dove, oltre alle vittime, sono numerosi i dispersi. La Pezzopane contesta in particolare l’operato di Bertolaso. “Da settimane – racconte – avvertivamo queste scosse. Ci è stato detto che dovevamo rimanere tranquilli. Così tranquilli che siamo rimasti nelle nostre case trasformate in trappole”.

Pezzopane racconta di una situazione tragica. «A Onna ci sono otto cadaveri avvolti in lenzuola, nel loro sudario, stesi su un
prato. Fa molto caldo. Sembra uno scenario di guerra. Mi dicono di moltissime persone sotto le macerie. Questo è un paese di anziani. Se non arrivano i figli a dire chi è scomparso, magari nemmeno lo si sa». «È una cosa impressionante – aggiunge la presidente della Provincia – anche perchè qui sono tutte case basse, quindi è stata una tragedia inaspettata. In piedi è rimasta qualche casa, ma poche. In piedi è rimasto l’asilo, ad esempio, ma la scuola, no. La scuola è crollata. Anche il cemento armato ha ceduto. Ora sono davanti a un palazzo in costruzione. È crollato anche questo».

«Anche all’Aquila – racconta Pezzopane – il cemento armato ha ceduto. Nel palazzo crollato in via XX Settembre, un palazzo in cemento armato, è morta mia cognata. Sotto le macerie c’è ancora una delle sue due figlie.

onna

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