Il demente nazista Gentilini

Il vicesindaco di Treviso (Lega nord) non potrà parlare in pubblico

Per il tribunale di Venezia ha usato espressioni troppo forti nei confronti degli immigrati
Gentilini, niente comizi per tre anni

condannato per istigazione al razzismo

Dovrà anche pagare 4mila euro di multa. Il difensore: “Ricorreremo in appello”

°°° IN APPELLO?! MA CORRETE E  RICORRETE  AFFANCULO!

IL SUPERSCERIFFO  GENTILINI

superman

fuori servizio


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Scimmietta ammaestrata

Grazie a Berlusconi per essere stato capace in pochi anni
di far vedere la realtà delle sinistre. Grazie alla Lega nord per tutto ciò che ha fatto e che sta facendo per l’Italia.
Ancora pochissimo tempo e le sinistre saranno sotto il 10%
garantito.

°°° Bravo. E voi sarete tutti emigrati in Polonia e Romania a lavare le macchine delle persone civili.

scimmiette-porno

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Sempre peggio, amici del blog!

Dall’estero ancora critiche e analisi sulla situazione del premier
Il Financial Times sostiene di aver consultato “alte fonti governative
“Gli alleati di Berlusconi
pensano a un futuro senza di lui”

dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI

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LONDRA – “Non siamo ancora al fuggi fuggi, ma importanti alleati di Silvio Berlusconi nella coalizione di governo stanno già contemplando un futuro senza di lui”. E’ uno scoop che in Italia varrebbe la prima pagina, quello che il Financial Times pubblica stamane, dedicando una pagina intera (la nona) al tema “il futuro di Berlusconi”. Parlando con “alte fonti governative” a Roma, il quotidiano finanziario londinese raccoglie un messaggio che a quanto pare qualcuno, dall’interno del centro destra, ha deciso sia tempo di far diventare pubblico, scegliendo come megafono il giornale universalmente riconosciuto come il più autorevole e imparziale d’Europa.

“Sussurri spaventano la coalizione italiana”, s’intitola la news analysis di Guy Dinmore. “Fedeli sostenitori di Silvio Berlusconi negano che si sarà un “fuggi fuggi” (in italiano nel testo originale) come conseguenza degli scandali che circondano la sua vita privata, ma importanti alleati nella coalizione di centro destra italiana stanno già contemplando un futuro politico senza il loro leader”. Parlando con il Ft a condizione di mantenere l’anonimato, queste “alte fonti di governo” premettono di non credere che il 72enne presidente del Consiglio si dimetterà “presto”. Eppure “ministri chiave” stanno iniziando a “posizionarsi” per l’eventualità che rivelazioni più dannose lo inducano a dimettersi. “Questo è uno scenario completamente nuovo, il panorama sta mutando”, dice al quotidiano della City una delle fonti governative.

Un’altra fonte, definita “un collaboratore” di Berlusconi, dice che il governo teme che i magistrati annunceranno l’apertura di un’indagine giudiziaria formale nei confronti del premier proprio mentre egli ospiterà in Italia i leader mondiali per il summit del G8 del mese prossimo. “Paralleli vengono tracciati”, osserva il FT, con il 1994, quando un tribunale inoltrò una comunicazione giudiziaria per corruzione a Berlusconi mentre il premier, all’epoca nel suo primo mandato, ospitava una conferenza internazionale sulla lotta alla criminalità: “il suo governo”, ricorda il giornale, “cadde un mese più tardi, quando la Lega Nord uscì dalla coalizione”.

L’articolo aggiunge che vari ministri hanno paura che le affermazioni di Patrizia D’Addario, la escort che afferma di essere andato a letto con Berlusconi a Palazzo Grazioli la notte dell’elezione di Obama, quando dice di avere foto e registrazioni del suo incontro con il premier, “si rivelino vere e dannose”, o che le accuse che riguardano Giampolo Tarantini, l’imprenditore pugliese che accompagnò la D’Addario da Berlusconi, “si allarghino”.

La “dinamica è cambiata”, dicono le stesse fonti al FT. Primo, “c’è la sensazione che l’ambizione di Berlusconi di diventare presidente della repubblica al termine del suo mandato da primo ministro sia stata infranta”. Secondo, “le elezioni europee hano dimostrato che gli elettori si stanno allontanando” dal Pdl. Infine, “l’immagine internazionale dell’Italia è peggiorata” e la Chiesa cattolica sta cominciando a “fare pressioni”. Nonostante la sua reputazione di anfitrione miliardario che vizia gli amici con doni e fantastiche feste, gli alleati di Berlusconi “lo descrivono come un uomo isolato, con nessuno che si azzarda a dargli consigli”. Il quotidiano londinese coglie una certa “malinconia” nell’intervista rilasciata dal premier al settimanale di sua proprietà “Chi”, quando ricorda che nell’ultimo anno ha perso la madre e la sorella, oltre a sua moglie per il divorzio.

L’articolo si conclude con una suddivisione degli schieramenti all’interno del governo. I ministri la cui sopravvivenza politica dipende da Berlusconi sono i più accesi nel difenderlo: come Maurizio Sacconi (Lavoro), Claudio Scajola (Sviluppo Economico), Franco Frattini (Esteri). Le donne, incluse Mara Carfagna (Pari Opportunità) e Stefania Prestigiacomo (Ambiente), gli sono fedeli, ma nelle “attuali circostanze”, ovvero nel mezzo di uno scandalo a base di call-girls e incontri con minorenni, “sono a disagio a parlare” in sua difesa. “Poi ci sono figure chiave che sono rimaste per lo più in silenzio, vedendo un futuro oltre Berlusconi, con la speranza che una successione sia ordinata”. Gianni Letta, scrive il FT, sta già facendo di fatto le funzioni di primo ministro. Giulio Tremonti, il ministro delle Finanze, ha il vantaggio di stretti legami con la Lega Nord.

Ma le fonti interpellate dal quotidiano della City notano un serio ostacolo alle dimissioni del premier, a parte la sua ostinazione personale: l’immunità dalle incirminazioni, varata dalla sua larga maggioranza in parlamento, “dura solo fino a quando lui rimane in carica”.

Un secondo articolo, sempre sul Financial Times, firmato da James Blitz, ex-corrispondente da Roma e ora corrispondente diplomatico, osserva che la questione critica per i governi occidentali non è tanto che Berlusconi si stia “gravemente danneggiando” a causa dei suoi legami con “modelle e starlette”, non è quello che egli fa nella sua vita privata, ma se può aiutarli a risolvere i pressanti problemi con cui si confrontano gli Usa e l’Unione Europea. Per Barack Obama, Berlusconi è un leader con cui “è necessario mettersi d’accordo”, e il FT cita l’impegno militare italiano in Afghanistan e la recente decisione del premier di accettare nel nostro paese alcuni detenuti di Guantanamo a testimonianza dell’importanza che l’Italia ha per Washington. “Ma Obama è chiaramente meno preso da Berlusconi di quanto fosse George W. Bush”, prosegue l’articolo, rilevando come il presidente americano abbia incontrato vari leader nel suo tour europeo in aprile, ma non il premier italiano.

La minore influenza di Berlusconi sull’America “non è interamente colpa sua”, afferma una fonte diplomatica consultata da Blitz: oggi in Francia e in Germania ci sono governi più pro-americani rispetto a due anni fa, e dunque gli Usa hanno meno bisogno del sostegno italiano. In più, ci sono azioni intraprese da Berlusconi che lo hanno reso “un alleato difficile”. Una è la sua decisione di firmare un accordo con la Russia per portare il gas in Europa, in competizione con un gasdotto occidentale che passerà dal’Asia Centrale. “Il sostegno di Berlusconi per Putin su questo causa molta rabbia a Washington e Bruxelles” dice un diplomatico della Ue. Altri aspetti dello stile di Berlusconi che irritano gli Usa e la Ue sono “la sua ossessione di poter essere un mediatore tra Obama e il suo amico Putin” e il tentativo di stabilire un dialogo autonomo con l’Iran. Non ultima, la sua decisione di tenere il summit del G8 all’Aquila “sta provocando nervosismo” nelle capitali mondiali. Riassume il Ft nel titolo: pur alleato indispensabile, Berlusconi “sta mettendo alla prova la pazienza di Usa e Ue”.

Un altro articolo di rilievo appare oggi sulla stampa britannica: una news analysis di Richard Owen, il corrispondente da Roma, sul Times, che commenta il “grande vantaggio” di cui Berlusconi dispone come proprietario e controllore politico dei media, in particolare televisivi. “Se Berlusconi dovesse dimettersi domani”, comincia l’articolo, “la grande maggioranza degli italiani che ricevono le informazioni solo dalla tivù ne saprebbero poco o nulla”. Owen riporta il fatto, di cui l’opinione pubblica britannica e mondiale non sono perfettamente a conoscenza, che Berlusconi possiede i tre canali televisivi di Mediaset e controlla la maggior parte dell’informazione televisiva della Rai in quanto capo della coalizione di governo.

L’analisi del Times nota che il Tg1, “il principale telegiornale Rai”, ha ignorato o dato un basso profilo alle notizie sullo scandalo che riguarda il premier, e riferisce le critiche espresse dal presidente della Rai, Paolo Garimberti, ad Augusto Minzolini, direttore del Tg1, “per avere mancato di dare ai telespettatori l’informazione completa e trasparente che è richiesta al servizio pubblico”.

Tra gli articoli sul caso Berlusconi pubblicati da altri giornali britannici, spicca poi la vignetta del Sun: un parcheggio pieno di limousine per il summit del G8, ciascuna con una bandierina della nazione che rappresenta sul cofano; quella italiana è letteralmente ricoperta di giovani ragazze maggiorate e seminude, che lavano la macchina brindando con calici di champagne.

L’attenzione è costante su tutta la stampa europea. El Mundo titola: La perdizione di Berlusconi. Un articolo in cui vengono ripropoposte le varie tappe della vicenda, con citazioni molto ampie dell’intervista a Patrizia D’Addario.

E la Cnn ha dedicato a Berlusconi un lungo servizio. “Ci sono abbastanza ragioni per dimettersi”.

°°° Siamo alle solite. Film già visto: scommettiamo che starnazzerà ancora “giustizia a orologeria”… Silvio commette almeno un reato grave al giorno – da quand’era alle elementari – però s’incazza con “le toghe rosse” ognuna delle rarissime volte che lo beccano. La cosa divertente è che le sue condanne, finora, sono state comminate da giudici di destra! Quelli che non è riuscito a comprare, naturalmente, o quelli che non sono saltati per aria come Borsellino.

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Dall’archivio di Travaglio

I veri vincitori/1
“Ho ricevuto i sondaggi della settimana: il Pdl è al 45%, il gradimento del presidente del Consiglio è al 75% e questo significa che tre italiani su quattro apprezzano l’operato del governo. Mi aspettavo un calo di consenso verso di me, ma questa campagna mediatica che si è scatenata negli ultimi giorni sulla base di un cumulo di falsità è stata capita bene dagli italiani, in maniera intelligente, e mi sta rafforzando” (Silvio Berlusconi, 9 maggio 2009).

“Siamo sopra il 40 per cento. Io poi sono più amato di Obama, che è al 59%, mentre io sono arrivato al 75%” (Silvio Berlusconi, 18 maggio 2009).

“Se avremo un risultato superiore al 40%, e gli ultimi sondaggi ci danno al 43-45, diventeremo decisivi a Strasburgo e potremo dare un drizzone all’Europa. La campagna su Noemi si è rivelata un boomerang contro la sinistra” (Silvio Berlusconi, 30 maggio 2009).

“Siamo tra il 43 e il 45 per cento, a quel punto avremo il presidente del Parlamento europeo” (Silvio Berlusconi, 2 giugno 2009).

“Assisterete a un grande cambiamento della geografia politica in Italia. Il governo è al 56% dell’apprezzamento degli italiani. Berlusconi è al 74%. La Lega Nord supera il 10%. Il Pdl è tra il 40 e il 45%. Lo sappiamo dai sondaggi, ma non ci sarebbe bisogno di sondaggi” (Silvio Berlusconi, 4 giugno 2009).

“Pdl vicino al 45 per cento. Sarà un trionfo” (Il Giornale, 5 giugno 2009)

°°° Sono veramente costernato per questo “trionfo” del mafionano. Soprattutto, sapendo che senza brogli, voti comprati (hanno fermato e denunciato alcuni corrotti che filmavano col cellulare i loro voti, a Napoli e in Sicilia), intimidazioni di mafia-camorra-‘ndrangheta… probabilmente avrebbe avuto un “trionfo” ben maggiore. Diciamo del 20%. E senza l’occupazione sistematica di tutte le tv, sicuramente avrebbe avuto un “trionfo” del 10%. Più che TRIONFO… mi pare un TRONFIO che si è sgonfiato miseramente.

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(8 giugno 2009)

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Furio Colombo

Parlare male di Berlusconi
di Furio Colombo

Perché non possiamo non dirci antiberlusconiani, qualunque sia il risultato elettorale (che speriamo largamente democratico, nel senso politico, nel senso di antifascista, nel senso che Marco Pannella ha ridato alla abusata parola)? La ragione si esprime in pochi punti.

1. L’ideologia, ovvero il patrimonio di idee e di visioni che Berlusconi ha trovato abbandonati sul terreno quando è “ sceso in campo”, non c’entra. Questo non è un governo di destra. Non c’è il decoro e il senso delle istituzioni della Destra di Gianfranco Fini, né la concitazione aggressiva e xenofoba della Lega Nord che – in tante diverse incarnazioni – avvelena il clima morale e politico di mezza Europa. Berlusconi non è né Fini né Bossi. È solo se stesso. Un signore ricco, furbo, non intelligente ma svelto, svincolato dal peso della buona reputazione e ricoperto dal manto – tutto teatrale però efficace – del successo populista. Non c’è nulla prima di Berlusconi, nulla che gli assomigli. Non ci sarà nulla dopo di lui (certo non il devoto Bondi). Abbiamo a che fare con un caso unico in Europa e raro nella storia. Non è raro il leader squilibrato. È rara una così vasta sottomissione delle cosiddette classi dirigenti.

2. È vero (cito ancora Marco Pannella) che malgoverno e malaffare hanno a lungo lavorato insieme in Italia ben prima dell’uomo di Arcore. Ma sono confortato dal grido di allarme del leader radicale che, invece di scusarsi per l’antiberlusconismo dichiara, col consueto coraggio, che c’è un vero e imminente pericolo di fascismo e che la persecuzione delle persone segue, non precede, la strage di notizie. Questa strage è già in atto se pensate ai molti grandi giornali che non hanno osato pubblicare le immagini di comportamento indecente del premier alla parata del 2 giugno. Più ancora, se si ricorda a che punto estremo di manifestazione e di denuncia i nonviolenti Pannella e Bonino sono dovuti arrivare per rompere il silenzio.

3. Chiunque può avere, per un periodo, un ministro inutile come Brunetta; un capo dell’Economia impegnato a scrutare un altro orizzonte, non quello vero, come Tremonti; un finto ministro dell’Istruzione come la Gelmini (memorabile l’invenzione del 6 rosso) di cui si ricorderanno solo il tailleur alla Mary Poppins, gli occhiali e i tagli poderosi alla scuola pubblica. Ma nessuno ha avuto e continua ad avere per quindici anni un uomo troppo ricco, non nel pieno controllo del suo comportamento pubblico (la vivacità eccessiva certe volte lo aiuta, certe volte lo sputtana) e preoccupato solo di se stesso, immagine, donne (nei limiti e con la pena dell’età), e finti progetti, uno o due al giorno, annunciati e poi buttati, in un delirio di applausi che – ci siano o non ci siano gli oppositori – ad un certo punto cesserà di colpo.

4. Berlusconi siede sul groviglio dell’immondizia, del terremoto, della crisi economica senza governare. Tutte le sue leggi sono ritorsioni, punizioni, vendette, volute e votate per interesse aziendale o personale o tributo a un partito feudatario, come il disumano e incivile «pacchetto sicurezza», vero best seller di condanne nel mondo civile laico e religioso. In particolare non si registra una legge o misura o azione o strategia anticrisi che non sia una esortazione all’ottimismo e al consumo. La parola d’ordine del non-governo Berlusconi è «lavorare di più», ammonimento diretto non si sa a chi, date le cifre continuamente in crescita della disoccupazione. Lo dice mentre lo affianca la neoministro del Turismo Brambilla, di cui non si sa nulla, eccetto il colore vistoso dei capelli, e che non può far nulla in un Paese che affoga nell’immondizia e nel cemento. Infatti, nel frattempo, incombe sulla Toscana l’immensa colata di cemento detta «Spaccamaremma», l’inutile autostrada destinata a isolare la regione italiana più celebre al mondo dal suo mare (la colata di asfalto e cemento corre lungo le spiagge). E incombe su tutto il Paese il «piano casa». È un singolare condono preventivo che autorizza ciascuno al peggio, senza autorizzazioni, senza controlli, senza regole. Ma questo è il cuore del discorso. Berlusconi, da solo, siede sul Paese. Come se non bastasse lancia una frase squilibrata al giorno. L’ultima è “troppi negri a Milano”, nell’anno, nel giorno, nell’ora dello straordinario discorso al Cairo di Barack Obama, primo Presidente afro-americano degli Stati Uniti. Sua moglie – che deve averci pensato molto – ci dice che non sta bene. Alcuni italiani lo ammirano perché è ricco e sono sicuri che non usa aerei di Stato per ballerine di flamenco e chitarristi personali. Altri – come Pannella – vedono e dicono chiaro il pericolo. In Italia manca l’ossigeno delle notizie vere. Il piede sul tubo è quello di Berlusconi.

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Scricchiolii

Il Senatur torna a dire no al referendum del 21 giugno
“Ci stiamo già lavorando, non ci presenteremo a mani vuote”
Referendum, Bossi insiste
“Legge elettorale con chi ci sta”

Referendum, Bossi insiste “Legge elettorale con chi ci sta”
GEMONIO – “La Lega Nord sta lavorando a una proposta di legge elettorale da far approvare con “chi ci sta”: Umberto Bossi gioca d’anticipo, vede con favore le aperture del Pd ad un lavoro comune sulla legge elettorale e torna a ripetere il no del Carroccio alla consultazione fissata per il 21 giugno.

“Stiamo già pensando a una legge elettorale, perché non ci presenteremo a mani vuote – spiega il Senatur – Il compito è stato dato a Calderoli e Maroni. Come fa la sinistra a far votare sì al referendum? Se vota sì Berlusconi vince sempre le elezioni”. Ed è per questo, secondo Bossi, che l’opposizione dovrebbe pensarci. Ed è per questo che il Carroccio offre una sponda comune.
“Noi ci pensiamo – continua Bossi – per motivi di democrazia e anche per motivi di interesse della Lega. Sono convinto che certe leggi vadano fatte democraticamente in parlamento, non inventandosi un referendum che la gente non capisce. Abbiamo deciso di iniziare a scrivere la legge la faremo girare e la faremo con chi ci sta”.

L’attivismo della Lega imbarazza il Pdl. In particolare gli uomini che vengono da An. “Del referendum ne parleremo dopo l’8 giugno. Con la Lega non ci sono problemi, stiamo facendo una campagna elettorale insieme in tutte le citta’ capoluogo”. E se Italo Bocchino chiede di evitare tensioni sulla consultazione referendaria, Fabrizio Cicchitto torna a ripetete che che in caso di vittoria del sì “la pretesa del centrosinistra secondo la quale, una volta fatto il referendum, poi si dovrebbe ulteriormente cambiare la legge elettorale in Parlamentom sarebbe destituita di fondamento. Questo sì che sarebbe il sogno di una notte di mezza estate”. Replica a stretto giro il democratico Giorgio Merlo: “Il referendum, come sappiamo, non può trasformarsi in una straordinaria occasione per confermare il potere assoluto di Berlusconi. Serve una nuova legge elettorale”.

Per Orlando dell’Idv “il referendum è uno strumento per migliorare la legge elettorale, il grimaldello per cambiare il ‘porcellum’, che è una pessima legge elettorale”. Mentre il presidente del comitato promotore Giovanni Guzzetta si dice fiducioso che “i cittadini andranno a votare in massa”.

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Leggere e meditare


La verità su mio fratello

(da Antimafia 2000)

salvatore

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di Salvatore Borsellino – 13 marzo 2009
Accetto volentieri l’invito del direttore Gianfranco Criscenti a scrivere su L’Isola e l’Alcamese perché per me, che dalla Sicilia sono andato via da quaranta anni ma che la Sicilia porto sempre nel cuore, è quasi una maniera di tornare in qualche modo nella mia terra.

Ci sono poi altri ricordi che mi legano a Trapani e alla sua provincia.
Quello di un mio zio, Costantino Lepanto, che a Trapani esercitava la professione di medico e che nel suo mare trovò la morte per salvare una bambino che stava per annegare, episodio per cui fu insignito della medaglia d’argento al valor civile. E poi soprattutto il periodo durante i quale Paolo fu a capo della Procura di Marsala e durante il quale, se fosse stato portato a termine il piano preparato da Francesco Messina Denaro, che prevedeva un agguato a Paolo effettuato nel tragitto verso Palermo con un fucile di precisione imbracciato da Vincenzo Calcara, Paolo avrebbe dovuto incontrare quella morte che incontrò poi invece nella strage di Via D’Amelio.

No a Sgarbi – Non sempre gli inviti che mi giungono dalla Sicilia mi sono egualmente graditi: qualche tempo fa ne avevo ricevuto un altro, in questo caso da Salemi. Il sindaco di quella cittadina, lo show-man, critico d’arte nei ritagli di tempo, Vittorio Sgarbi mi invitava, per bocca di un suo assessore – il quale, giustamente, sembrava piuttosto imbarazzato nel farmi la proposta – alla presentazione del libro di Lino Jannuzzi “Lo sbirro e lo Stato” su Bruno Contrada. Fiutando una trappola, visto che le mie posizioni su Bruno Contrada sono ben note, rifiutai dicendo che, anche se potevo avere una certa stima di Vittorio Sgarbi come critico d’arte, non ce l’avevo invece per tutto il resto della sua attività di provocatore televisivo e per le sue dichiarazioni nei confronti dei magistrati, in particolare di Giancarlo Caselli che ha sempre gratificato dei peggiori epiteti. In ogni caso non avrei potuto partecipare ad un incontro dove fosse presente Jannuzzi per il quale ho una profonda disistima – peraltro, mi risulta, abbondantemente ricambiata – dato che lo reputo iscritto a libro paga di quegli stessi ‘servizi’ dai quali, a mio avviso, è stata organizzata la strage di Via D’Amelio.
Lipera e “Sicilia Libera” – Credevo che tutto finisse qui ma ho saputo poi, per la testimonianza di un lettore del mio sito che era stato presente all’incontro, che la trappola era stata preparata ancora meglio: erano presenti infatti anche l’avvocato di Contrada, Giuseppe Lipera, con il quale ho avuto più di uno scontro per via telematica, e soprattutto Marcello Dell’Utri, un criminale, almeno secondo il processo di primo grado nel quale è stato condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, quel reato che ha permesso di mandare a marcire in galera tanti collusi con la criminalità organizzata e che quindi in tanti, forse perché passibili delle stesse condanne, vorrebbero abolire. Per inciso, è bene sapere che, stando ad atti ufficiali, l’avvocato Lipera risulta tra i fondatori di “Sicilia Libera”, il movimento-partito presente anche a Trapani costituito per volere di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca nell’ambito di un progetto politico di tipo indipendentista e secessionista che la mafia stava coltivando prima del 92 nel tentativo di cavalcare il fenomeno della Lega Nord.
La trappola, dunque, era senz’altro ben congegnata, per cui lascio immaginare ai lettori quale avrebbe potuto essere la mia reazione nel trovarmi davanti a certi personaggi.
I fan dei boss – L’argomento sul quale mi vorrei soffermare approfittando dello spazio concessomi riguarda l’ultima notizia da Facebook, un network di comunicazione tra utenti utilizzabile su Internet che ha avuto in Italia una incredibile diffusione con un tasso di crescita superiore a quello di ogni altro paese: la nascita, dopo i gruppi inneggianti a Riina, Provenzano e Matteo Messina Denaro, anche di un gruppo denominato “Bruno Contrada Libero” al quale hanno già aderito centinaia di utenti e che ha come obiettivo dichiarato quello di «chiedere la libertà piena per raggiunti limiti di età e la volontà di evidenziare una sentenza che condanna un uomo per un reato che non è stato introdotto dal legislatore». Altro obiettivo dichiarato del gruppo è quello di «eliminare la confusione nata attorno ad affermazioni di Salvatore Borsellino, che dei gruppi in Facebook fa di tutta l’erba un fascio, mescolando sostenitori di Totò Riina con persone perbene. Ciò solo perché queste ultime non condividono il suo giudizio riguardo l’ex funzionario».
Il reato che non sarebbe stato introdotto dal legislatore è quello di “concorso esterno in associazione mafiosa” cioè quel comportamento delittuoso per cui una persona pur non facendo parte dell’associazione criminale pur tuttavia la facilita: lo stesso reato per il quale anche il senatore Marcello Dell’Utri è stato condannato in primo grado. Questo basterebbe già a spiegare l’attuale accanimento del capo del governo contro questo tipo di reato del quale ha più volte promesso l’abolizione.
Il concorso esterno – In effetti, in passato, l’argomento è stato oggetto di controversie da parte di alcune correnti giurisprudenziali che ne escludevano la configurabilità, ma la controversia è stata poi risolta in quanto oggetto di una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che il concorso esterno del delitto associativo riguarda «quei soggetti che sebbene non facciano parte del sodalizio criminoso, forniscono, sia pure mediante un solo intervento, un contributo all’ente delittuoso tale da consentire all’associazione di mantenersi in vita, anche limitatamente ad un determinato settore, onde poter conseguire i propri scopi» (Cass. Sezione Unite Penali, 5 ottobre 1994). Cioè esattamente il reato per cui è stato condannato in via definitiva Bruno Contrada con l’aggravante che, nel suo caso, non di un solo intervento si è trattato ma di un comportamento reiterato nel tempo come l’escussione di un gran numero di testi, e non soltanto di “pentiti” come falsamente viene sostenuto, ha potuto dimostrare nel corso del dibattimento in più gradi processuali. Si tratta in altre parole di quella “contiguità” di cui parlava Paolo quando sognava «quel fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo della indifferenza, del compromesso morale, della contiguità e quindi della complicità».
Forse sarebbe bene non dimenticare che la figura giuridica del reato di concorso esterno in associazione mafiosa nacque e fu ampiamente utilizzata nei maxprocessi istruiti dal pool di cui facevano parte Falcone e Borsellino e fu grazie ad esso che poterono essere promulgate decine e decine di condanne nei confronti dei fiancheggiatori delle cosche mafiose, fiancheggiatori che oggi a quanto pare, forse per ottemperare a qualche punto della scellerata “trattativa” tra mafia e Stato per cui fu ucciso Paolo Borsellino, si vogliono rimettere in libertà tramite la revisione dei relativi processi.
Regia unica? – La sincronicità, o meglio la consequenzialità tra la nascita dei gruppi a favore dei capi delle cosche e la nascita del gruppo a favore di Contrada rafforza la mia ipotesi che la centrale di disinformazione che difende mafiosi e collaboratori dei mafiosi sia in realtà unica e che non di gruppi spontanei si tratti ma di vere e proprie agenzie che si servono di una variante dei “troll”, un fenomeno ben conosciuto tra i frequentatori della rete che, noti come semplici disturbatori delle comunità virtuali, si sono in questo caso evoluti e vengono utilizzati, magari stipendiati all’uopo, come veri e propri agenti provocatori e diffusori di una disinformazione mirata.
Che poi ci sia un gran numero di menti deboli che si lascia trascinare da questi meccanismi o un limitato numero di menti perverse che li animano e li guidano non contraddice la mia ipotesi, in verità vagliata anche dalla magistratura. Solo in questo modo criminali come Riina, Provenzano e Messina Denaro, peraltro già mitizzati tramite le deleterie fiction distribuite sulle reti di informazione di massa, possono essere applauditi come eroi e traditori dello Stato come Bruno Contrada possono essere presentati come vittime e non come carnefici quali essi in realtà sono.
Il primo esempio – Per quanto riguarda l’adulazione dei boss non posso fare a meno di aggiungere un particolare da non dimenticare perché probabilmente è stato ritenuto un esempio da seguire da parte dei fan: sono stati l’attuale capo del governo e il suo amico Dell’Utri i primi a definire “vittima” ed “eroe” un bestiale assassino come Vittorio Mangano. E, guarda caso, in piena campagna elettorale. «Con Dell´Utri e Berlusconi sembravamo quasi parenti» aveva del resto dichiarato una volta lo stesso Mangano.
Su Bruno Contrada, invece, non voglio aggiungere altro a quanto ho più volte detto in svariate occasioni e in diversi contesti, per me non è altro che un criminale condannato con sentenza definitiva per uno dei reati che considero più grave per un funzionario dello Stato, cioè la collaborazione con il nemico di quello stesso Stato a cui , nell’assumere le proprie funzioni, si è prestato giuramento, reato moralmente più grave quindi della stessa associazione mafiosa, di chi cioè milita e delinque, senza nascondersi sotto i panni di difensore dello Stato, dalla parte dell’antistato.
E a chi mi obietta che lo Stato è quello che io accuso di avere organizzato la strage di Via D’Amelio non posso fare altro che rispondere che lo Stato di cui io parlo è quello che per cui è moro Paolo Borsellino, quello nato dalla Resistenza, fondato sulla nostra Costituzione e costituito da tutti i tanti cittadini liberi e onesti che in questa idea di Stato credono e per cui tanti sono mori e sono pronti a morire, non nella squallida realtà del nostro Stato ormai infiltrato dalla criminalità organizzata fino ai più alti gradi delle istituzioni e nel quale distinguere tra Stato e antistato è ormai sempre più difficile.

Approfondimento:

L’AVVOCATO DI CONTRADA FONDATORE DI “SICILIA LIBERA”,
PARTITO VOLUTO DA LEOLUCA BAGARELLA E GIOVANNI BRUSCA
Si trovava a Salemi in occasione della presentazione del libro di Lino Jannuzzi su Bruno Contrada

Nei primi anni Novanta – si legge nella relazione di minoranza della Commissione parlamentare antimafia della passata legislatura – «si avvia una fase di intenso lavorio, da parte della mafia, per ricostruire, dopo l’azzeramento (dei vecchi partiti della prima Repubblica,ndr), un tessuto di relazioni politiche per fare politica in modo diverso. La mafia è un soggetto politico che fa politica con l’intimidazione, con le stragi, con le bombe e con gli omicidi: questo è il suo modo di fare politica. Viene così avviato un processo complesso di ricontrattazione dei rapporti di forza col mondo della politica. Una ricontrattazione dei rapporti che nasce dall’esigenza, come diceva Leoluca Bagarella, nel modo rozzo tipico di un uomo come Bagarella, di impedire ai politici di “prendere in giro” la mafia, perché non dovevano essere consentiti più “tradimenti” dai nuovi referenti. E secondo Bagarella, l’unico modo sicuro poteva essere quello di fare politica in prima persona: “dobbiamo fare in modo tale da essere noi ad entrare in politica, deve essere come se fossi io – disse Bagarella nel ’92-’93 – come se fossi io il Presidente della Regione Siciliana”, rompere la mediazione dei politici di professione».
«E’ da questa esigenza che sono nati certi progetti politici direttamente patrocinati da “cosa nostra”: vi sono stati addirittura dei partiti – è processualmente provato – costituiti da “cosa nostra”, come Sicilia Libera, il movimento indipendentista costituito per volere di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca nell’ambito di un progetto politico di tipo indipendentista e secessionista che la mafia stava coltivando ancor prima del ’92, pensando di cavalcare il fenomeno della Lega Nord e perciò costituendo movimenti indipendentisti non solo in Sicilia, ma in tutto il Meridione d’Italia. Furono costituiti movimenti come Calabria Libera, Lucania Libera, Puglia Libera ecc., movimenti peraltro costituiti da soggetti legati in parte alla criminalità organizzata, in parte alla massoneria, in parte alla destra eversiva».
”Sicilia Libera” – scrive il giudice Luca Tescaroli nel libro “Perché è stato ucciso Giovanni Falcone”, Rubettino editore – «veniva fondata il 28 ottobre 1993, a Catania, da Antonino Strano, poi divenuto Assessore regionale di A.N. per il Turismo e lo Sport, nonché dall’avv. Giuseppe Lipera e da Gaspare Di Paola, dirigente del gruppo imprenditoriale riconducibile ai fratelli Costanzo».
«Ma – prosegue la relazione dell’Antimafia – anche questo progetto fallì, anche perché esso sarebbe dovuto passare attraverso una sorta di golpe, idea che non ebbe sufficiente seguito all’interno dell’organizzazione criminale. Si scelse allora un’altra opzione, più cara a Bernardo Provenzano, nuovo “capo dei capi” dopo l’arresto di Riina nel gennaio 1993, più vicina alla tradizione della mafia, un’opzione strategica di rinuncia allo stragismo in favore di una strategia della tregua, della pacificazione, per rendersi meno visibile e non richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, e quindi senza omicidi eclatanti, senza stragi, senza bombe, cercando anzi il dialogo e la trattativa per ripristinare un rapporto con la politica di convergenza di interessi e non di contrapposizione o di braccio di ferro armato».
Di certo si sa che “Sicilia Libera” fu sciolta quando nacque Forza Italia con il contributo determinante di Marcello Dell’Utri, prima interessato a quel movimento autonomista.

“L’ISOLA” e “L’ALCAMESE”, periodici della provincia di Trapani, diretti da Gianfranco Criscenti – ANTIMAFIA: INIZIA LA COLLABORAZIONE DI SALVATORE BORSELLINO CON LE NOSTRE TESTATE


GLI ASSASSINI DI FALCONE E BORSELLINO:

bagarella

contrada

dellutrisilvio

jannuzzi

riina

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la oppo

Fronte del video di Maria Novella Oppo

Ma quanto ci costapellicola,aristocrazia,Berlusconi,arricchito,borghesotto,contribuenti,Lega Nord,

Molti ricorderanno ancora il bellissimo film-tv di Roberto Rossellini La presa del potere di Luigi XIV (1967). Erano tempi in cui la Rai poteva permettersi di far lavorare anche i geni, perché non era costretta a rincorrere la mediocrità dei berluscloni. La pellicola mostrava il metodo seguito dal Re Sole per schiacciare l’aristocrazia, attirandola a corte con la promessa di favori e costringendola a essere spettatrice muta di tutte le sue attività, anche quelle corporali. Ora, naturalmente, Berlusconi non arriva a tanto, pur avendo privatizzato tutti i riti del potere. In fondo, è solo un arricchito, un borghesotto che si bea di invitare in villa i grandi del mondo e di mostrarsi generoso di risotti coi suoi sottoposti. Ai quali offre non solo ossibuchi, ma intere reti Rai, che tanto non gli costano niente. Mentre a noi contribuenti costa sempre di più la Lega Nord e cominciamo a chiederci se davvero possiamo ancora permettercela.

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Salute e grano!

Buongiorno a tutti! Oggi cominciamo con una notizia bella e una brutta. La bella è che ieri la performance, all’Umanitaria di Cagliari, del nostro amico Mario Pischedda è stata un successone. Me lo ha appena comunicato al telefono. La brutta è che un alto dirigente della lega nord si è decapitato mentre tentava di dimostrare a una velina la sua potenza sessuale. Lo sappiamo quanto i legaioli sono DURI. Di comprendonio. R.I.P.

duri

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