Crolla anche l’economia

Su base annua il prodotto interno lordo ha registrato un -6%
Si tratta dei dati peggiori dal 1980, quando l’Istat diede inizio alla serie storica
Pil primo trimestre rivisto -2,6%
Nel 2009 calo acquisito del 4,7%

ROMA – Il prodotto interno lordo italiano nel primo trimestre è calato del 6% rispetto allo stesso trimestre del 2008 e del 2,6% rispetto al trimestre precedente. Lo comunica l’Istat che ha corretto la stima preliminare diffusa a maggio secondo la quale il calo tendenziale era del 5,9% e quello congiunturale del 2,4%. Il calo del primo trimestre 2009 è il peggiore dal 1980, cioè dall’inizio della nuova serie storica delle rilevazioni statistiche.

L’Istat corregge pertanto anche il dato ‘acquisito’ del Pil per il 2009 (cioè la stima del prodotto interno lordo nel caso in cui nei prossimi tre trimestri non ci fosse alcuna variazione): sarà del 4,7% rispetto al 4,6% diffuso nelle stime preliminari.

Rispetto al trimestre precedente, le importazioni di beni e servizi sono diminuite del 9,2%, il totale delle risorse (Pil e importazioni di beni e servizi) del 4,1%. Dal lato della domanda, le esportazioni sono diminuite dell’11,8%, i consumi finali nazionali dello 0,8%, gli investimenti fissi lordi del 5%. Nell’ambito dei consumi finali, la spesa delle famiglie residenti è diminuita dell’1,1%, quella delle amministrazioni pubbliche è rimasta stazionaria.

La diminuzione degli investimenti è stata determinata da una contrazione del 21,2% degli acquisti di mezzi di trasporto, del 6,8% degli investimenti in macchine, attrezzature e altri prodotti, e dello 0,8% degli investimenti in costruzioni. In termini tendenziali, le esportazioni sono diminuite del 21,7%, le importazioni del 17%. La spesa delle famiglie residenti è diminuita del 2,6%, la spesa delle AP è cresciuta dello 0,8%. La spesa delle famiglie sul territorio nazionale è diminuita, in termini tendenziali, del 2,8%.

Gli investimenti fissi lordi sono diminuiti del 12,6% (contrazioni del 29,8% per i mezzi di trasporto, del 14,6% per i macchinari e gli altri prodotti e del 7,9% per le costruzioni).

Nel primo trimestre del 2009 si rilevano diminuzioni congiunturali del valore aggiunto dell’industria in senso stretto (-7,7%), del settore che raggruppa le attività del commercio, alberghi e pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni (-2,4%), del settore del credito, assicurazioni, attività immobiliari e servizi professionali (-1,4%), dell’agricoltura (-1,3%) e delle costruzioni (-0,8%). Il valore aggiunto delle altre attività dei servizi mostra un lieve aumento (+0,1%).

In termini tendenziali, il valore aggiunto dell’industria in senso stretto è diminuito del 16,7%, quello delle costruzioni del 5,6% e quello dei servizi del 2,6%.
L’agricoltura ha registrato un lieve incremento (+0,1%).

Facendo un confronto con i principali Paesi industrializzati, nel primo trimestre il Pil è diminuito in termini congiunturali del 4% in Giappone, del 3,8% in Germania, dell’1,9% nel Regno Unito, dell’1,5% negli Usa e dell’1,2% in Francia. In termini tendenziali il Pil è sceso del 9,1% in Giappone, del 6,9% in Germania, del 4,1% nel Regno Unito, del 3,2% in Francia e del 2,5% negli Usa. Nel complesso, il Pil dell’area Euro è diminuito del 2,5% in termini congiunturali e del 4,8% in termini tendenziali.
(10 giugno 2009)

°°° Ecco l’ottimo lavoro del governo, al netto delle cazzate di berlusconi: siamo tornati alla grande crisi del 1980. UN DISASTRO TOTALE!

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

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Vogliono la guerra davvero?

Ricevo e inoltro:

È passato l’emendamento D’Alia.

L ‘attacco finale alla democrazia è iniziato!

Berlusconi e i suoi sferrano il colpo definitivo alla libertà della rete internet per metterla sotto controllo.

Ieri nel voto finale al Senato che ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (disegno di legge 733), tra gli altri provvedimenti scellerati come l ‘obbligo di denuncia per i medici dei pazienti che sono immigrati clandestini e la schedatura dei senta tetto, con un emendamento del senatore Gianpiero D’Alia (UDC), è stato introdotto l’articolo 50-bis, “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”. Il testo la prossima settimana approderà alla Camera. E nel testo approdato alla Camera l’articolo è diventato il n. 60. Anche se il senatore Gianpiero D’Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo, questo la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della “Casta” che non vuole scollarsi dal potere.

In pratica se un qualunque cittadino che magari scrive un blog dovesse invitare a disobbedire a una legge che ritiene ingiusta, i provider dovranno bloccarlo. Questo provvedimento può obbligare i provider a oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all’estero. Il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine. L’attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000 per i provider e il carcere per i blogger da 1 a 5 anni per l’istigazione a delinquere e per l’apologia di reato, da 6 mesi a 5 anni per l’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio fra le classi sociali. Immaginate come potrebbero essere ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta con questa legge? Si stanno dotando delle armi per bloccare in Italia Facebook, Youtube, il blog di Beppe Grillo e tutta l’informazione libera che viaggia in rete e che nel nostro Paese è ormai l’unica fonte informativa non censurata. Vi ricordo che il nostro è l’unico Paese al mondo, dove una media company, Mediaset, ha chiesto 500 milioni di risarcimento a YouTube. Vi rendete conto? Quindi il Governo interviene per l’ennesima volta, in una materia che vede un’impresa del presidente del Consiglio in conflitto giudiziario e d’interessi. Dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al “pacchetto sicurezza” di fatto rende esplicito il progetto del Governo di “normalizzare” il fenomeno che intorno ad internet sta facendo crescere un sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.

Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet? Chi non può farlo pensa bene di censurarlo e di far diventare l’Italia come la Cina e la Birmania.

Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati Beppe Grillo dalle colonne del suo blog e la rivista specializzata Punto Informatico.

Fate girare questa notizia il più possibile. È ora di svegliare le coscienze addormentate degli italiani. È in gioco davvero la democrazia!!!


°°°Ok. Io comincio subito a cagarmi addosso: BERLUSCONI, RIDAMMI I TRECENTO MILIONI DI EURO CHE MI HAI RUBATO, LADRO!
Tu, che hai sempre rubato i format, miei e di altri colleghi, e che DA SEMPRE RUBI TUTTI I FILMATI DI PAPERISSIMA… ti permetti di denunciare Youtube? BUFFONE!

fanculo

b-merda2

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SPRECO DI REGIME

Risparmi? Il governo impegna 13 miliardi per comprare nuovi aerei da combattimento
di Gianluca Ursini

Due giugno, festa della Repubblica, fino a poco tempo fa anche delle Forze armate. Qualcuno l’ha voluto commemorare con un ‘No’ ad un nuovo impegno bellico italiano. Circa un migliaio di manifestanti si sono radunati pacificamente all’aeroporto militare di Cameri, Novara, dove si costruisce il capannone che ospiterà la nuova linea di produzione dell’Alenia aeronautica: i ‘JSF’ Joint Strike Fighter. O F-35, destinati a sostituire dal 2014 ‘Tornado’ e ‘Amx’ dell’aereonautica e ‘Harrier II’ della Marina.

Il Governo Berlusconi, con l’astensione del Pd, ha votato in aula finanziamento e impegno in questa coproduzione (con l’americana Lochkeed Martin) l’11 aprile scorso, a poche ore dal terremoto dell’Aquila, dopo un dibattito in aula di soli 120 minuti.

LE CIFRE L’impegno finanziario assunto dal Consiglio dei ministri prevede lo stanziamento immediato di 600 milioni di euro per l’ampliamento dei capannoni Alenia (controllata da Finmeccanica, azienda statale) che produrranno i primi 750 esemplari; fino al 2022 Roma spenderà altri 17 miliardi di dollari, pari a 13 miliardi di euro, quasi uno l’anno: ne dobbiamo acquistare 131. Nonostante i soldi non si trovino per i terremotati e per il mezzo milione di precari che entro fine anno, per Cgil, perderanno il lavoro senza protezione sociale, già a inizio anno il ministro della Difesa Ignazio La Russa aveva reperito i 7 miliardi necessari per l’acquisto di 121 caccia ‘Eurofighter’, in sostituzione dei vecchi F-104. Anche gli Eurofighter vengono prodotti a Cameri, insieme con i cargo da trasporto truppe C-27J Spartan venduti ai paesi dell’Est.

IL LAVORO La Cgil non era presente ufficialmente oggi nelle fila dei manifestanti, perché appoggia “politiche che favoriscono l’occupazione’’, visti i 2mila dipendenti Alenia della fabbrica novarese. Nuovi assunti sono promessi con gli F35: per Berlusconi “si arriverebbe a 10mila con l’indotto (bum!)”, mentre per la Rete italiana Disarmo (www.disarmo.org) “da duemila addetti Cameri passerebbe a 2.200, più altri 800 nell’indotto”. La rete per il Disarmo, che ha promosso la manifestazione con l’Ong ‘Sbilanciamoci!’ e i cattolici di ‘Pax Christi’, fa notare con Massimo Paolicelli come “le armi siano uno dei pochi settori che non conoscono crisi: nel 2008 le industrie italiane ne hanno vendute per 4miliardi 285 milioni, triplicando il fatturato, aumentato del 222%; ma giova notare come l’industria degli armamenti sia tra le meno ‘remunerative’ per la forza lavoro: investire nelle energie rinnovabili, a parità di costi, richiede il decuplo di operai. Per esempio, i 13 miliardi degli F 35 nel fotovoltaico o nell’eolico impiegherebbero 10mila addetti”.

LE PROTESTE L’appuntamento ‘No F35’ ha raccolto tutti gli habitué delle lotte antagoniste: c’erano oltre 100 ragazzi da Vicenza del collettivo ‘No Dal Molin’, parecchi ‘No Tav’ dalla Val di Susa; a radunarli alla stazione di Novara c’era Walter Bovolenta della ‘Assemblea Permanente No F35’. “Non vogliamo una ulteriore militarizzazione del nostro territorio: l’aeroporto militare sorge alle soglie del Parco del Ticino tra Novara e Varese, dove Nato e Difesa sono già presenti a meno di 30 km con le basi di Solbiate Olona e Bellinzago. Ci opponiamo al progetto della costruzione degli F 35 ‘europei’ sul nostro territorio ( i 258 prenotati da Marina Usa e britannica saranno costruiti nell’impianto Lochkeed in Texas, mentre a Finmeccanica sono arrivati ordini di 570 F 35 da Olanda, Turchia, Danimarca Canada Australia, confronta www.peacereporter.net) perché i prossimi 5 anni di test e collaudi verrebbero effettuati nei nostri cieli, con l’immaginabile inquinamento acustico. E comunque sono chiaramente caccia da assalto che verranno impiegati in teatri operativi come Afghanistan o Pakistan; il che potrebbe anche non andarci bene”. Anche chi pacifista non è ha espresso dei dubbi sulla tenuta del progetto: la Norvegia si è ritirata dal progetto in marzo, mentre nello stesso mese la Corte dei Conti olandese obiettava che già il 30% della produzione è stata prenotata (anche Singapore e Israele hanno chiesto ad Alenia 25 modelli, con opzione per altri 50) mentre solo il 17% dei componenti è stato già testato; la stessa Gao Usa (Government accountability Office, loro Corte dei Conti), ha invitato l’amministrazione Obama a “’rivedere il progetto”. Non una parola dall’esecutivo Berlusconi. Ignazio La Russa non vede l’ora di ammirare i 62 F 35B a decollo verticale partire dalle portaerei ‘Garibaldi’ e ‘Cavour’, o i 69 F 35 A a decollo convenzionale solcare il cielo sopra Cameri e l’Olona.Garibaldi,Cavour

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La messa

Il ricco del mio paese è andato dal vecchio prete per chiedere una messa in onore del suo cane, deceduto da poco, al quale era molto affezionato. “Una messa per un cane? Ma neanche per sogno, ma dove si crede di essere. Io queste cose non le faccio”.
“Mi dispiace, io ci tenevo molto e sapendo che era una cosa un po’ insolita avevo pensato di fare anche un’offerta di ventimila euro alla parrocchia…”.
“Come?! Ma perché non me l’ha detto subito che il cane era cattolico!”.

prete

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Marco Travaglio


Immondadori

Gli amici si vedono nel momento del bisogno. Ma soprattutto i dipendenti. E Al Tappone ha un gran bisogno. I tg Mediaset e Rai hanno il compito di nascondere le notizie sgradite (interviste di Veronica e a Gino Flaminio) e rilanciare quelle gradite (attacchi a Veronica e a Gino Flaminio). Il Giornale pubblica foto compromettenti (o spacciate per tali) di avversari del padrone, da Di Pietro a Sircana, e fabbrica panzane contro i pochi giornali che si permettono di non appartenere al padrone: Repubblica, Espresso, Oggi, Novella 2000. Panorama controlla il mercato delle foto, pubblicando quelle autorizzate dal padrone (magari con trapianto pilifero al photoshop) e segnalando quelle pericolose all’on.avv. Ghedini per farle sequestrare dall’apposita Procura di Roma (in caso contrario, tale Mity Simonetto paga 20 mila euro per far sparire quelle della figlia del premier avvinta come l’edera a un giovanotto). «Chi» pubblica foto private del padrone con la sua famiglia-modello, ma non quelle che smentirebbero l’idillio. «Libero», foglio fiancheggiatore, s’incarica del lavoro più sporco, liberando gli house organ ufficiali dall’imbarazzo di grufolare tra le lenzuola della moglie del padrone. Bruno Vespa, rubrichista di Panorama, allestisce salottini per i monologhi del premier-editore. Emilio Fede, oltre a dirigere cotanto tg, raccoglie book fotografici che poi dimentica sul tavolo del Sultano, il quale provvede a contattare la merce femminile ivi ritratta. Dimenticavo: Al Tappone sgraffignò la Mondadori grazie a una sentenza comprata. Ora è chiaro perché non la restituisce.

bimboporco

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Istat taroccata

«Vulnerabile» un italiano su cinque

Una famiglia su cinque ha difficoltà economiche crescenti e il 6,3% addirittura non riesce ad arrivare a fine mese. Lo scenario è tratteggiato dall’Istat nel Rapporto annuale 2008. Secondo l’Istituto di statistica, il 22% circa delle famiglie italiane è vulnerabile mentre il 41,5% si può definire «agiato».

Nel dettaglio, l’Istat spiega che del 22% di chi ha problemi circa 2 milioni e mezzo di famiglie (il 10,4%) segnalano difficoltà economiche più o meno gravi e risultano potenzialmente vulnerabili soprattutto a causa di forti vincoli di bilancio. Spesso non riescono a effettuare risparmi e nella maggioranza dei casi non hanno risorse per affrontare una spesa imprevista di 700 euro. Sono la Sicilia (20,1% e la Calabria 17,1% le regioni dove è maggiore la frequenza di questo gruppo.

Le famiglie italiane conseguono, in media, un reddito in linea con quello medio europeo. L’Italia è però uno dei paesi con la maggiore diffusione di situazioni di reddito relativamente basso: una persona su cinque è a rischio di vulnerabilità economica. E forti sono le diseguaglianze nello stivale, con le maggiori difficoltà nel Mezzogiorno dove il fenomeno arriva a riguardare un individuo su tre. Lo evidenzia l’Istat nel Rapporto annuale 2008, spiegando che il 20% della popolazione vive in famiglie che hanno un reddito (equivalente) inferiore del 60% rispetto a quello mediano. Rischi altrettanto elevati si osservano in Spagna, Grecia, Romania, Regno Unito e nei paesi baltici. Questa situazione tocca invece soltanto una persona su dieci nei paesi scandinavi, nei Paesi Bassi, nella Repubblica Ceca e in Slovacchia.

Il rischio di vulnerabilità economica a causa di un reddito insufficiente è particolarmente elevato nelle regioni meridionali: la distribuzione disomogenea sul territorio delle situazioni di basso reddito è una peculiarità italiana. Nel 2007 sono esposte al rischio meno di otto persone su cento nel Nord-est, poco più di dieci nel Nord-ovest e nel Centro e circa una su tre nel Mezzogiorno. L’incidenza di popolazione a basso reddito è massima in Sicilia (41,2%), Campania (36,8%) e Calabria (36,4%). I valori meno elevati si registrano in Valle D’Aosta (6,8%) e nelle province autonome di Bolzano (6,6%) e Trento (3,8%).
Confrontando i diversi tipi di famiglia, il rischio di vulnerabilità economica cresce con il numero di figli, soprattutto se minorenni e in presenza di un solo genitore. Anche per effetto delle disparità territoriali (le famiglie numerose sono relativamente concentrate nel Sud e nelle Isole) in Italia il rischio di vulnerabilità economica per le famiglie con minori risulta particolarmente elevato. Nei paesi europei che investono più risorse nei trasferimenti sociali per la famiglia il rischio di vulnerabilità per i minori viene significativamente abbattuto. L’Italia, però, insieme agli altri paesi del Sud del continente, è caratterizzata da un’efficacia di questi trasferimenti sociali piuttosto bassa.


°°° Amici miei, noi sappiamo benissimo (vi ho raccontato più volte un significativo episodio di prima mano io stesso) quanto siano taroccati ANCHE i dati Istat sotto il regime burlesquoni. A spanne, diciamo che almeno tre italiani su cinque NON CE LA FANNO. E’ quello che vediamo noi, tutti quanti noi, ogni giorno tra parenti, amici e conoscenti. Cionondimeno, anche questa versione molto edulcorata dei dati è più che allarmante. Siamo quelli che stanno peggio di tutti in Europa, nonostante le minchiate fasulle del mafionano e dei suoi pappagallini senza alcuna credibilità. Siamo nel baratro e… la cosa più terribile NON E’ QUESTA, amici, la cosa più terribile è che, mentre tutti gli altri paesi cominciano a vedere un po’ di luce, QUI LA PARTE DELLA CRISI PIU’ PESANTE DEVE ANCORA ARRIVARE!!!

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

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No, ragazzi, BASTAAAA!

Basta, amici. Spero che portiate o mandiate qualche cestino di viveri a mia moglie e alla mia figlioletta, ma da oggi entro nell’illegalità. Ho almeno due cose che posso fare subito e le farò oggi stesso. Ovviamente per difendere la vita delle mia donne indifese e se ci riesco anche la mia. Un reato, l’unico della mia vita, l’ho già commesso: alla Rai, che mi deve circa tre milioni di euro, non pago il canone da due anni. Il capo del loro ufficio legale, avvocato Rubens Esposito (come riportato nel mio libro biografico “MEGLIO SARDI CHE RAI”) ha ammesso il debito dell’azienda già nei primissimi anni ’90. Però mi hanno liquidato con 160 milioni (85.000 euro) e da allora NON MI FANNO PIU’ lavorare. Vorrebbero me, ma chiamano il povero benito urgu: che non farebbe ridere nemmeno se scivola su una buccia di banana, vestito da lord inglese, e cade in una pozza di fango. E infatti… Va tutto bene. Non mi piango addosso e continuo a lottare. Però, cazzo, non posso vedere le lacrime delle mie amiche che non arrivano ormai nemmeno alla seconda settimana del mese CON DUE MINISTIPENDI, non posso ascoltare più LE CAZZATE DELIRANTI DI BURLESQUONI (che è un delinquente abituale, molto malato mentalmente) ma SOPRATTUTTO… perdonatemi, ma non posso sopportare una cosa come “schifani”, domestico del mafioso di Arcore e socio di mafiosi, che va a commemorare GIOVANNI FALCONE. Non ce la faccio.

b-porc5

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Benefattore

In fila sulla Paullese al «Luna parking»
dove l’amore si fa nel box auto
Trecento coppie al mese. «All’alba suona la sirena». Il proprietario: «Sono stremato: vivo qui 24 ore»

Dal nostro inviato Andrea Galli
BAGNOLO CREMASCO (Cremona) — Il ragazzotto esce dalla macchina, barcolla. S’avvicina alla cassa, deve pagare, ha finito, è stato tre quarti d’ora nel box; c’è una ragazza, rimane a bordo. Il ragazzotto allunga la banconota. «Tutto bene?». «Sì. E faccio l’abbonamento». Forse le ha appena giurato amore eterno, fatto sta che alle due di notte dell’altro ieri la notte di Marco Donarini s’impenna. Con i soldi del ragazzotto timbra il primo incasso pesante di giornata, ma poi pesante si fa per dire. Al «Luna parking» il pienone è venerdì e sabato, «venti, trenta coppie». In un mese, sono «trecento ingressi totali». In un mese quanto incassa? Tremila? «Meno, meno».

Marco Donarini, il proprietario del «Luna Parking»: appartarsi in uno dei trentotto box costa 5 euro (Del Puppo)

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Donarini, 45 anni, separato, tre figli, aveva una ditta di calcestruzzi, e il passato ritorna nei pesantissimi colpi di tosse. Nel 2007 ha venduto, e ha voluto e realizzato un parcheggio dell’amore. Trentotto box, tre pareti, sulla quarta — l’ingresso — scende una tenda che copre. Niente soffitto: si vedono il cielo e le zanzare. Cinque euro l’ora la permanenza. Dice Donarini: «I motel costano troppo, devi dare i documenti. Da me, meno problemi. E meno rischi. Con tutti gli stupri in giro… I genitori mi ringraziano. Un carabiniere mi ha detto: “Bravo. Con mia figlia da te, io dormo più tranquillo”». Un po’ si vede, Donarini, come paladino. Difatti si è messo contro i poteri forti: il vecchio curato (oggi in pensione) organizzò veglie con salmi penitenziali inseguendolo all’urlo di «peccatore!». Il sindaco non lo ama. I bagnolesi non lo degnano di menzione, o forse è solo facciata. «Senta. Ci sono mamme che dopo aver accompagnato i figli a scuola si presentano con l’amichetto, ce ne sono altre che si presentano invece la domenica. Al marito dicono che vanno a messa… Ci sono anziani che anziché stare al circolino a far la briscola il pomeriggio fanno un salto». I vecchietti sono l’angoscia di Donarini. «Deve vedere che volti di color viola… E se con ‘sto caldo ci rimangono?».

Il «Luna parking» sta sulla statale Paullese. La Paullese è un’infilata di Mcdonald’s, cantieri stradali, prostitute che la notte si mettono attorno ai fuochi, sexy-shop, motel con doppia vasca idromassaggio, balere che — raccontano — ci si va per un obiettivo soltanto, ponti sull’Adda, prostitute che di giorno aspettano nelle stradine di campagna in mezzo ai trattori, sotto ombrelloni con marche di gelato. Sulla Paullese comandano il traffico e gli aguzzini; incidenti, investimenti, e violenze e barbarie. Inutili gli allargamenti di corsia, e le retate. Di Crema, qui vicina, si ricordano due casalinghe protagoniste di film porno che sconvolsero la città. Dicono che questa sia una terra di provincia, vizio, sesso. E di lavoro. Bagnolo Cremasco, posto molto cattolico (fresca di stampa la storia ufficiale del paese scritta da un sacerdote) ha 5mila abitanti e 300 aziende. Quattrocento gli stranieri, per lo più indiani che lavorano nelle stalle. Il paese è raccolto attorno alla piazza, che ospita il monumento in memoria dei 36 caduti in guerra. Don Lorenzo Roncali, 37 anni, è il curato. Il sindaco è Carlo Peretti, 61 anni; guida una lista civica di centrodestra; è in pensione, lavorava con l’Eni. Don Lorenzo dice che «il parcheggio è in una zona isolata, non lo vede nessuno». Peretti dice che «è un postribolo, ci vanno le prostitute». Donarini s’arrabbia. «Le prostitute no. Questo posto è la sana e semplice celebrazione della camporella, dell’appartarsi. Le coppie stanno insieme, punto. Rischi? Ci sono mura di cinta. Di guardoni, nemmeno l’ombra». In paese si dice che voglia vendere. Che cerchi pubblicità. «Sto rilanciando. Metterò un sistema di pagamento automatizzato e di telecamere. Sono stremato: vivo qui 24 ore. All’alba qualcuno mi telefona, “vieni ad aprire”; certe notti resto fino alle 4, qualcuno si addormenta in macchina, sono costretto a far partire la sirena dell’allarme, per svegliarlo. È una vitaccia. E quel vecchio curato mi accusava di essere un peccatore… Oramai sono l’unico, che non pecca».

Andrea Galli

abbraccio

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I tempi cambiano

In aumento le donne che versano l’assegno. In 10 anni +74% di addii
Pochi i grandi patrimoni. In media gli sposi si spartiscono 2300 euro
Il divorzio all’italiana è più rosa
adesso è lei a mantenere l’ex

L’85% dei coniugi si lascia in modo consensuale per dimezzare tempi e spese
“Trent’anni fa le mogli cercavano di riavere il marito, ora chiedono di soffrire di meno”
di MARIA NOVELLA DE LUCA

Il divorzio all’italiana è più rosa adesso è lei a mantenere l’ex
ROMA – C’è un giorno in cui si dividono vite e patrimoni, figli e ricordi, elettrodomestici e sentimenti. Sono le donne a dire addio se le cose non vanno, se l’amore è svanito, se qualcuno ha tradito, ma poi è l’uomo a chiedere il divorzio, e a riallacciare nuove nozze. Mentre i figli, nel mezzo, sperimentano oggi l’affido congiunto a mamma e papà. Fotografia dell’instabilità coniugale nell’Italia che cambia, a 35 anni dal referendum che con 19 milioni di voti rese definitiva la legge sul divorzio, mentre il numero delle famiglie che si rompono è in vertiginosa ascesa. In 10 anni i divorzi sono aumentati del 74% e le separazioni del 57,3%, dal 2000 in poi la salita non s’è mai arrestata, nel 2006 ogni mille matrimoni ben 3 si sono chiusi in modo definitivo.

All’ombra delle star, mentre la questione Lario-Berlusconi è soltanto all’inizio, l’istituto del divorzio in Italia cambia pelle. Gli esperti dicono che per fortuna il tabù sociale è (quasi) morto e sepolto, l’85% delle coppie si lascia in modo consensuale per dimezzare tempi e spese, con la novità che in misura crescente anche le donne, se si trovano ad essere il coniuge “più forte”, iniziano a versare l’assegno di mantenimento all’ex marito. Attenzione, però: la società si evolve ma il crac emotivo è sempre lo stesso. Più lungo è stato il matrimonio più dura è riprendersi, e per i figli, avverte Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo, “la separazione resta un terremoto, e spetta ai genitori aiutarli a superare un cambiamento così radicale”.

“Non siamo ancora ai livelli francesi, dove 4 matrimoni su 10 vanno in frantumi – spiega il demografo Massimo Livi Bacci – di certo però in Italia l’instabilità coniugale cresce di anno in anno, cambiando profondamente la struttura stessa della famiglia. Da un matrimonio che si rompe nasce infatti una “galassia” di nuove unioni.
Dal nucleo monoparentale alla famiglia allargata fino al bambino-staffetta, affidato ad entrambi i genitori, con il suo tempo diviso tra due case, due situazioni, due realtà”.

Cambiano le relazioni, i sentimenti, piuttosto che sposarsi si preferisce convivere, dire “per sempre” fa paura a molti, le nozze sono diminuite del 32,4% negli ultimi trent’anni, in particolare il rito religioso. “Eppure – ragiona Livi Bacci – nonostante uno scenario così cambiato la Chiesa mantiene ferma la sua posizione di condanna nei confronti del divorzio”, vietando ad esempio l’eucarestia ai divorziati che non abbiano scelto di “vivere in castità”, e facendo affondare nel 2003 la legge sul “divorzio breve”, che puntava ad abbassare da tre a un anno il periodo della separazione legale, al termine del quale è possibile chiedere il divorzio.

“L’impennata di separazioni e divorzi, – precisa Marina Marino, avvocato matrimonialista e presidente dell’Aiaf, l’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori – non vuole dire che si arrivi alla fine di un matrimonio con meno sofferenza. E tra le coppie che si siedono nel mio studio vedo che la fascia d’età in cui è più doloroso lasciarsi è quella tra i 55 e i 65 anni, in particolare per le donne, che spesso restano isolate nella vita sociale, e per le quali è più difficile ricominciare”.

Con l’affido congiunto, precisano gli avvocati, le conflittualità sulla custodia dei figli si sono attenuate. Non così i contenziosi sulla divisione dei patrimoni. “Mi è capitato decine di volte di incontrare uomini notoriamente facoltosi che poi presentavano dichiarazioni dei redditi da nullatenenti quando si doveva decidere l’assegno per la moglie e i figli. Ma il problema dei grandi patrimoni riguarda una ristrettissima élite. La realtà è la famiglia media dove in caso di divorzio si devono spartire 2.300 euro di reddito. Allora sì che si diventa poveri”.

Racconta Gianna Schelotto, psicoanalista e psicoterapeuta, che è sulla separazione che ci si deve soffermare “perché il divorzio arriva dopo, quando i momenti più strazianti sono passati”. “Ci si lascia per molti motivi, ma il più duro da sopportare è il tradimento. E’ una ferita quasi insopportabile, un sentimento comune sia ai maschi che alle femmine, ma diversa è la reazione. Trent’anni fa le donne arrivavano da me chiedendomi: “Come faccio a riportarlo a casa”, oggi vogliono riuscire a non soffrire, sono quasi sempre loro a pretendere la separazione, e si aggrappano al lavoro, ai figli. Trent’anni fa erano indifese, sole di fronte al dolore e colpevolizzate dalla società, oggi sono sostenute, salvaguardate dalle leggi”.

Del resto seppure con i numeri di un’avanguardia, le donne hanno oggi un ruolo “paritario” nel divorzio. A volte, addirittura, predominante. “Si tratta di un’élite benestante, spesso di libere professioniste – ha spiegato di recente Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti italiani – che alla fine di un matrimonio si ritrovano ad essere il coniuge più forte e più ricco. E sono loro, se l’ex partner ne ha diritto, a dover versare l’assegno…”. Nel 2007 e nel 2008, secondo i dati del centro studi Ami, il 3,5% delle sentenze ha dichiarato che spettava alle mogli il mantenimento dell’ex marito. “Nella mia carriera finora ne ho viste poche – dice però Marina Marino -ma di certo è una tendenza”.

Aggiunge Anna Oliverio Ferraris: “Oggi è difficile far durare una coppia. Per le attese implicite, perché si cerca il partner perfetto, perché si fugge dall’idea che la famiglia sia anche una costruzione. Con l’affido congiunto i genitori sono responsabili in egual modo della crescita dei figli e questa è stata una vera rivoluzione. Finora infatti il genitore non affidatario restava sullo sfondo, i padri si trasformavano nei papà della domenica. I figli si sentono abbandonati da chi se ne va, la chiave invece è non farli sentire soli, fargli capire che seppure non più coppia, i genitori restano genitori”.

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Strano, vero?

sono Il commercialista Pietro Pilello e l’imprenditore italo-australiano Nick Scali
Compravendita senatori: archiviazione per gli indagati con Berlusconi
Il procedimento nei confronti del premier è stato sospeso il 26 settembre scorso

ROMA – Vanno in archivio le posizioni di due coindagati del premier Silvio Berlusconi, nei cui confronti la procura di Roma aveva già chiesto l’archiviazione, nell’ambito del procedimento sulla cosiddetta compravendita dei senatori. Il gip del Tribunale della Capitale, Orlando Villoni, ha infatti prosciolto il commercialista Pietro Pilello e l’imprenditore italo-australiano Nick Scali. La vicenda si riferisce ad alcuni parlamentari che, durante il governo Prodi, alla vigilia del voto sulla finanziaria, sarebbero stati avvicinati perchè passassero con l’allora opposizione di centrodestra. Il gip aveva stralciato le posizioni di Scali e Pilello dopo aver sospeso, il 26 settembre scorso, il procedimento nei confronti di Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione per la stessa vicenda, e inviato gli atti alla Consulta, che non si è ancora pronunciata, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del lodo Alfano anche per quanto riguarda la fase delle indagini preliminari. La procura di Roma che non aveva condiviso l’orientamento del gip, aveva chiesto l’archiviazione sia per il premier sia per Pilello e Scali. L’inchiesta era stata trasmessa a Roma dalla procura di Napoli.

LE ACCUSE – Secondo le accuse a Pilello, considerato un intermediario, era attribuita, assieme a Berlusconi, l’istigazione alla corruzione nei confronti del senatore del centrosinistra Antonio Randazzo e di altri parlamentari che sarebbe stata commessa tra settembre e novembre 2007. Scali era indagato per lo stesso reato: nel giugno 2007, avrebbe offerto nella Galleria Alberto Sordi a Roma un assegno in bianco fino a 2 milioni di euro allo stesso Randazzo per fargli cambiare schieramento e votare così contro la legge finanziaria. Il gip Villoni ha ritenuto le emergenze probatorie inidonee a fornire un valido sostegno a un ipotetico passaggio alla fase dibattimentale. Pilello, davanti al pm, ha escluso che sia mai stata fatta richiesta da Berlusconi a Randazzo di passare dalla sua parte politica. Il passaggio di parlamentari a uno schieramento opposto, secondo il gip, è un fenomeno annoverabile a un esecrabile, sul piano etico, quanto frequente malcostume politico.


°°° Strano, vero? Tutti i procedimenti giudiziari contro Mafiolo, NONOSTANTE TESTIMONIANZE, INTERCETTAZIONI e PROVE INOPPUGNABILI DI COLPEVOLEZZA – appena arrivano a Roma, in mani amiche, SCOMPAIONO!

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