CAZZATE, CAZZATE, CAZZATE

Terremoto, l’ira del sindaco Cialente

“Restituisco la fascia a Napolitano”

Il primo cittadino dell’Aquila sulla richiesta delle imposte sospese dopo il sisma. “Non possiamo pagarle, qui la gente ha perso tutto”. Poi attacca il governo: “Dicono che siamo tornati alla normalità, invece ci hanno abbandonati”

°°° Berlusconi è latitante, amici miei, sempre meno scimmiette ammaestrate si fanno abbindolare dal mafionano. Nonostante il fuoco di sbarramento dei suoi servi lecchini che hanno vergognosamente distrutto e prostrato il 99% dei media italioti, volti alla mera propaganda. Mentre Mafiolo spara le sue minchiate negli spot dei Tg, la gente dell’Aquila muore di disperazione.

a_cazzaro

ASINO_CAVALLO

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Truffolo, Mafiolo, Ladrusconi

G8: accompagnatori e hostess “passata la festa gabbato lu santo”

G8: accompagnatori e hostess protestano e si sentono presi in giro

venerdì 10 luglio 2009

L’Aquila, 10 lug – I duecentocinquanta tra steward e hostess che hanno svolto funzioni di accompagnatori dei leaders del G8 e delle loro delegazioni all’Aquila non la mandano giu’ e stanno protestando in modo veemente.

I giovani si sarebbero accordati verbalmente con l’agenzia Ega di Roma su una retribuzione giornaliera di 150 euro, dal 5 al 10 luglio, a fronte della prestazione. Invece

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Maria Novella Oppo

Sfidando il terremoto

L’altra sera il film documentario Bellissime di Giovanna Gagliardo (una storia delle donne in Italia), ha ricordato, tra l’altro, l’atroce uccisione della povera Maria Goretti. E proprio ieri, rievocando la piccola santa, monsignor Crociata (segretario generale Cei) ha detto parole durissime contro il «libertinaggio gaio e irresponsabile». Una definizione che, come ognun vede, si attaglia alla perfezione allo stile di vita di Berlusconi, con il suo harem (minorenni comprese) esibito di fronte al mondo. Ma guai a pensare che i vescovi leggano i giornali, in particolare quelli esteri. E infatti nei tg è subito apparsa la testa (e testa è una parola grossa) di Gasparri, per smentire ogni riferimento al suo capo. Ma scherziamo? I vescovi, si sa, quando parlano di etica, parlano così all’ingrosso, per non dire a vanvera. E comunque Berlusconi, da buon cristiano, ha portato il G8 ben lontano dalla Sardegna ed ha preferito sfidare il terremoto che il ricordo dei suoi festini del cactus.

°°° Noi sardi dovremmo costituirci parte civile e riprenderci tutto quello che ha e CI HA RUBATO burlesquoni: non siamo mai stati sputtanati così – nemmeno da noi stessi – in seimila anni di storia.

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DELINQUENTI: Non è fatalità: è dolo!

Tre incidenti in un mese. Bonelli: non è fatalità

«Il gravissimo incidente ferroviario di questa notte che ha provocato una vera e propria tragedia per la perdita di vite umane era stato preceduto da altri tre incidenti gravi sulle linee ferroviarie italiane nell’arco di un solo mese. Il 31 maggio sulla linea veloce Roma – Firenze si è verificato un incidente sulla linea aerea , bloccando la linea per circa 4 ore dalle 13.30 alle 17.30. Il 6 giugno un incidente ha bloccato per molte ore la linea ad alta velocità per la rottura di un pantografo in una galleria tra Bologna e Firenze. Il 22 giugno un vagone merci deraglia nel tratto tra Bologna e Firenze, dividendo l’Italia in due e bloccando per ore il traffico ferroviario». Continua a leggere

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Si riparte con la mafia, grazie Silvio!

INCHIESTA/ IL DOPO TERREMOTO (Repubblica)
Abruzzo, l’uomo che ha avviato i lavori è legato ai prestanome di Ciancimino
L’Aquila, le amicizie pericolose
all’ombra della prima new town

dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI

Un depliant che illustra la new town

case

L’AQUILA – Nel primo cantiere aperto per ricostruire L’Aquila c’è un’impronta siciliana. L’ha lasciata un socio di soci poco rispettabili, uno che era in affari con personaggi finiti in indagini di alta mafia.

I primi lavori del dopo terremoto sono andati a un imprenditore abruzzese in collegamento con prestanome che riciclavano, qui a Tagliacozzo, il “tesoro” di Vito Ciancimino.

Comincia da questa traccia e con questa ombra la “rinascita” dell’Abruzzo devastato dalla grande scossa del 6 aprile 2009. Comincia ufficialmente con un caso da manuale, una vicenda di subappalti e di movimento terra, di incastri societari sospetti. Tutto quello che leggerete di seguito è diventato da qualche giorno “materia d’indagine” – un’informativa è stata trasmessa dalla polizia giudiziaria alla procura nazionale antimafia – ma l’intreccio era già rivelato in ogni suo dettaglio da carte e atti di pubblico accesso.

Partiamo dall’inizio. Dai fatti, dai luoghi e dai nomi di tutti i protagonisti e dei comprimari di questo primo lavoro per il terremoto d’Abruzzo. Partiamo dalla statale 17, la strada tortuosa e alberata che dall’Aquila passa per Onna, il paese che non c’è più, il paese spazzato via alle 3,32 di quasi ottanta notti fa. È qui, sotto la collina di Bazzano, dove sorgerà la prima delle venti “piccole città” promesse da Berlusconi agli aquilani per la fine di novembre – sono le famose casette, i 4500 alloggi per ospitare fra i 13 mila e i 15 mila sfollati – che è stato dato il via in pompa magna alla grande ricostruzione. È qui che sarà costruita la prima “new town”. È qui che hanno alzato il primo cartello: “Lavori relativi agli scavi e ai movimenti di terra lotto Ts”. Ed è qui che l’imprenditore Dante Di Marco, alla fine di maggio, ha cominciato a spianare la collina con le sue ruspe e i suoi bulldozer. Così si chiama l’amico degli amici siciliani che nascondevano in Abruzzo i soldi di don Vito, l’ex sindaco mafioso di Palermo.

Dante Di Marco ha 70 anni, ha amicizie importanti in tutto l’Abruzzo, è residente a Carsoli che è un piccolo paese fra l’Aquila e Roma. L’appalto per rosicchiare la collina di Bazzano e sistemare una grande piattaforma di cemento – è là sopra che costruiranno quelle casette sostenute dai pilastri antisismici – è stato aggiudicato da un'”associazione temporanea di imprese”. La capogruppo era la “Prs, produzione e servizi srl” di Avezzano, la seconda ditta era la “Idio Ridolfi e figli srl” (anch’essa di Avezzano, sta partecipando anche ai lavori per la ristrutturazione per il G 8 dell’aeroporto di Preturo), la terza era la “Codisab” di Carsoli, la quarta era l’impresa “Ing. Emilio e Paolo Salsiccia srl” di Tagliacozzo e la quinta l'”Impresa Di Marco srl” con sede a Carsoli, in via Tiburtina Valeria km 70.

L’impresa Di Marco è stata costituita nel 1993, ha una ventina di dipendenti e un capitale sociale di 130 mila euro, l’amministratore unico è Dante Di Marco (gli altri soci sono il figlio Gennarino e la figlia Eleana), la ditta non è mai stata coinvolta direttamente in indagini antimafia ma il suo amministratore unico – Dante – risulta come socio fondatore della “Marsica Plastica srl” con sede a Carsoli, sempre in via Tiburtina Valeria km 70. È questo il punto centrale della storia sul primo appalto del terremoto: un socio della “Marsica Plastica srl” ha praticamente inaugurato la ricostruzione.

Quest’impresa, la “Marsica Plastica srl”, è molto nota agli investigatori dell’Aquila e anche a quelli di Palermo. È nata il 22 settembre del 2006 nello studio del notaio Filippo Rauccio di Avezzano. Tra i soci di Dante Di Marco c’era l’abruzzese Achille Ricci, arrestato tre settimane prima del terremoto per avere occultato i soldi di Vito Ciancimino in un villaggio turistico a Tagliacozzo. C’era Giuseppe Italiano (il nome di suo fratello Luigi è stato trovato in uno dei “pizzini” del boss Antonino Giuffrè quando era ancora latitante), che è un ingegnere palermitano in affari di gas con Massimo Ciancimino. C’era anche Ermelinda Di Stefano, la moglie del commercialista siciliano Gianni Lapis, il regista degli investimenti del “tesoro” di Ciancimino fuori dalla Sicilia.

Il 22 settembre del 2006, nello studio dello stesso notaio di Avezzano Filippo Rauccio, era stata costituita anche un’altra società, l'”Ecologica Abruzzi srl”. Fra i suoi soci ci sono ancora alcuni della “Marsica Plastica srl” (la moglie di Lapis e il palermitano Giuseppe Italiano per esempio) e poi anche Nino Zangari, un altro imprenditore abruzzese arrestato il 16 marzo del 2009 per il riciclaggio del famigerato “tesoro” di don Vito. Erano due società, la “Marsica Plastica” e l'”Ecologica Abruzzo”, che con la “Ricci e Zangari srl” – se non ci fosse stata un’inchiesta del Gico della finanza e i successivi arresti – avrebbero dovuto operare per la produzione di energia, lo smaltimento rifiuti, nel settore della metanizzazione. Un labirinto di sigle, patti, commerci, incroci. Tutto era stata pianificato qualche anno fa. E tutto alla luce del sole.

Ecco come ricostruisce le cose Dante Di Marco, l’imprenditore che ha vinto il primo sub appalto per la ricostrizione dell’Aquila: “Ho presentato una regolare domanda per accreditarmi ai lavori di Bazzano e sono entrato nel consorzio di imprese, che cosa c’è di tanto strano?”. A proposito dei suoi vecchi soci siciliani ricorda: “Quella gente io nemmeno la conoscevo, mi ci sono ritrovato in società così, per fare il mio lavoro di movimento terra”. E consiglia: “Chiedete in giro chi è Dante Di Marco, tutti diranno la stessa cosa: uno che pensa solo a lavorare con tutti quelli che vogliono lavorare con lui”.

Proprio con tutti. Dante Di Marco ha una piccola impresa, tanti lavori e tantissimi amici in Abruzzo. È entrato in società non soltanto con i siciliani amici di Ciancimino ma anche con Ermanno Piccone, padre di Filippo, senatore della repubblica e coordinatore regionale del Pdl. Sono insieme dal 2006 – e con loro c’è pure il parlamentare del Pdl Sabatino Aracu, sotto inchiesta a Pescara, accusato di avere intascato tangenti per appalti sanitari – nella “Rivalutazione Trara srl”, quella ha comprato alla periferia di Avezzano 26 ettari di terreno e un antico zuccherificio per trasformarlo in un termovalorizzatore. Fili che si mescolano, finanziamenti, compartecipazioni, una ragnatela. E appalti. Come quello di Bazzano, l’opera prima della ricostruzione. Per il governo Berlusconi è la splendente vetrina del dopo terremoto in Abruzzo. Per Dante Di Marco da Carsoli, socio dei soci dei Ciancimino, era un’occasione da non perdere.

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MANGERA’ IL PANETTONE?

Marco Damilano per “l’Espresso”

Sa, presidente, Gianni Letta è bravissimo. Mi costa poco meno di Kakà, ma pazienza… Era il 7 maggio, Silvio Berlusconi a colloquio con Giorgio Napolitano al Quirinale si ritrovava a magnificare al solito le qualità del suo sottosegretario: governante eccezionale e per di più, massima soddisfazione, suo dipendente.

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Un mese e mezzo fa, un tempo felice. Oggi Silvio e Gianni sono ancora insieme, ma separati da una invisibile cortina di sfiducia. Alle cene di palazzo Grazioli, il sottosegretario era abituato ad arrivare dopo le nove di sera e ad andarsene intorno alle undici, quando arrivavano le dame e cominciavano le danze.

Negli ultimi mesi, poi, ha deciso di non farsi vedere più neppure nella prima parte della serata: meglio essere prudenti, viste le compagnie non sempre degne di uno statista. Ma nessuno sembrava accorgersi della sua assenza: era ancora la stagione del Berlusconi onnipotente, padrone d’Italia, con il gradimento del 75 per cento degli italiani, almeno nei suoi sondaggi.

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Oggi invece al primo piano di palazzo Grazioli sventola un moscio tricolore, Apicella non suona più, Berlusconi si ritrova in perfetta solitudine nel momento più difficile della sua avventura politica e umana. È un leader politico sotto ricatto, diffidente perfino nei confronti degli amici di sempre, con la corte dei nuovi favoriti pronta a soffiare sul fuoco per scalare posizioni: il deputato-interprete Valentino Valentini, il deputato-segretario Sestino Giacomoni, il deputato-avvocato Niccolò Ghedini. Un uomo sotto assedio, che vede spegnersi la tradizionale buona sorte, l’ottimismo, “il sole in tasca”.

“Si è trasformato in un Re Mida all’incontrario: quello che tocca sporca”, lo dipinge con ferocia chi gli è stato vicino per anni e ora non se la sente più di seguirlo. Dopo aver infilzato a lungo un avversario dopo l’altro, il Cavaliere per la prima volta si sente preda di una caccia grossa, dove sono in tanti a voler sparare il colpo di grazia.

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Nella stretta cerchia dei berluscones le voci si rincorrono. Complotti interni e internazionali: i servizi italiani e il prefetto Gianni De Gennaro (“sciocchezze”, replica un sottile conoscitore dell’ambiente: “Branciforte è una brava persona, Piccirillo è un servitore dello Stato, De Gennaro non ha grandi poteri”), anzi no, la Cia, Barack Obama che si vuole sbarazzare del leader italiano, troppo amico dei russi, scenari alla Ken Follett agitati da un esperto del ramo, Francesco Cossiga. I poteri forti: Berlusconi ha pestato i piedi alle banche, Cesare Geronzi si vendica. Luca Cordero di Montezemolo scalda i motori con l’associazione Italia Futura, pronta a partire il 1 luglio.

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Fantasmi, come quello di una giovane misteriosamente scomparsa dalle parti di villa Certosa. Assurdo? Certo: ma a invocare Wilma Montesi, la ragazza ritrovata morta sulla spiaggia di Capocotta negli anni Cinquanta, è un ministro in carica, Gianfranco Rotondi.

Lo spettro di un 25 luglio berlusconiano: “Alla caduta del Duce ci fu un solo suicida, il direttore dell’agenzia Stefani Manlio Morgagni, oggi chi potrebbe imitarlo? Sandro Bondi?”, scherza macabro un deputato di An.

E le previsioni catastrofiche sul G8 dell’Aquila che avrebbe dovuto consacrare la figura internazionale del Cavaliere: ecco invece le voci di capi di Stato che vorrebbero evitare di farsi fotografare con il premier. E le first ladies che potrebbero disertare l’evento. Anche se, a spaventare davvero il Cavaliere, sono incubi molto più consistenti: l’inchiesta di Bari, i contatti tra l’amico del premier Giampaolo Tarantini e il capo della protezione civile Guido Bertolaso, fronti che potrebbero aprirsi in altre procure, da Firenze a Napoli.

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“Dobbiamo tornare a fare politica. Possiamo finire in molti modi, ma non così”, si dispera fino alle lacrime su un divano del Transatlantico la deputata Beatrice Lorenzin, pasionaria azzurra che è arrivata a Montecitorio dalla militanza nelle borgate romane, il contrario della velina. Non può finire così: con l’inedito duello Silvio-Patrizia, lui sull’house organ ‘Chi’ che da vero signore si vanta di non aver pagato una donna (“non sarebbe una conquista”), lei, la sdoganatrice del termine escort, che lo smentisce via agenzia.

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Con la fila delle ragazze che ostentano farfalline e tartarughe, ognuna con il suo regalino da esibire e una indimenticabile serata con Papi da raccontare. Con l’Italia mai così screditata a livello internazionale, come dimostra il flop della candidatura del ciellino Mario Mauro alla presidenza del Parlamento europeo. Berlusconi ne aveva parlato per tutta la campagna elettorale, il settimanale ‘Tempi’ gli aveva già dedicato la copertina (“Il Presidente”), niente da fare, anche Mauro ha pagato la vicinanza a Silvio, il re Mida all’incontrario.

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La caduta è stata appena bloccata dalla vittoria del centrodestra al ballottaggio per la provincia di Milano, per soli quattromila voti, però, e con il centrosinistra che ha superato la coalizione Pdl-Lega in città. Ma il tritacarne si è rimesso subito in azione. Alimentato dalle ambizioni personali dei tanti che fiutano l’odore dell’animale ferito, la precoce fine del berlusconismo, se non ancora di Berlusconi, dopo appena un anno di legislatura, reclamano il loro pezzetto di eredità, si preparano al dopo. Il più rapido a farsi avanti è stato il ministro Claudio Scajola, con un’intervista al ‘Corriere’.

In apparenza di solidarietà con il premier, in realtà carica di richieste e di condizioni. La più pressante: “Rilanciare il Pdl strutturandosi meglio sul territorio”. Quando hanno letto queste parole in via dell’Umiltà hanno sospirato: “Ci risiamo. Berlusconi è in difficoltà e Claudio si candida alla guida del partito…”. Lo scontento dei parlamentari verso il triumvirato che guida il Pdl non si può più arginare. I due ex Forza Italia, Bondi e Denis Verdini, entrambi toscani di Fivizzano, ex vicini di casa a Roma, in piazza dell’Ara Coeli, non si parlano più, alle riunioni se c’è uno manca l’altro.

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Il terzo del trio, il post-missino Ignazio La Russa, è sbeffeggiato quotidianamente dagli amici di An. “I triumviri o quadriumviri hanno sempre fatto una brutta fine: ai tempi di Mussolini uno è caduto dall’aereo, uno è stato fucilato, un altro è diventato partigiano. Tutte cose che non auguro a La Russa”, ridacchia l’ex capo della segreteria di Gianfranco Fini Donato Lamorte. Di certo, il Pdl, il primo partito italiano, si è rivelato più permeabile di palazzo Grazioli: porte girevoli, gente che va gente e che viene, candidature imbarazzanti, nomi arrivati nelle liste per le elezioni europee o amministrative senza nessuna trafila o competenza.

E a immolarsi per difendere il leader-fondatore dalle accuse delle escort sono rimasti il solito Daniele Capezzone e la coppia dei Beni culturali, il ministro Bondi e il sottosegretario Francesco Giro, il bunker del Collegio romano, li chiamano nel partito. Così in tanti invocano un cambio di rotta immediato: un segretario organizzativo al posto di Verdini-Bondi-La Russa da nominare subito, entro l’estate, una macchina da guerra da mettere in campo subito, per non farsi cogliere impreparati quando arriverà il terremoto politico più sconvolgente degli ultimi anni.

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Le prossime settimane, infatti, decideranno il futuro di Berlusconi. Prima il G8, ad alto rischio flop. Poi le leggi più delicate da varare entro la pausa estiva, a partire da quella sulle intercettazioni approvata dalla Camera e ora in discussione al Senato. Infine, il passaggio più a rischio, la sentenza della Corte costituzionale sul lodo Alfano che impedisce i procedimenti a carico del premier fino alla scadenza del mandato: una bocciatura della Consulta sarebbe letale per il Cavaliere, in una maggioranza dove ognuno gioca la sua partita, come se la legislatura fosse al capolinea e non all’inizio.

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C’è il presidente della Camera Gianfranco Fini, sempre più compreso nel suo ruolo istituzionale. Pronto a passare da un convegno sul parlamentarismo con la tedesca fondazione Adenauer a un incontro a Madrid con il think tank dell’ex premier Josè Maria Aznar, dalla benedizione per l’associazione ‘Italia Decide’ presieduta da Luciano Violante al lavoro sul ‘patriottismo costituzionale’, tra frasi di Habermas, Daherendorf, Piero Calamandrei, Giuseppe Mazzini e Rousseau: “La patria non esiste senza virtù”. Citazione perfetta per un aspirante inquilino del Quirinale, soprattutto ora che il candidato naturale, Berlusconi, su vizi e virtù manifesta qualche segnale di evidente confusione.

Con i suoi interlocutori il presidente della Camera giura di non essere disponibile per eventuali governi istituzionali, in caso di caduta di Berlusconi: la sua strada lo porta verso il Colle più alto, ogni deviazione rischia di allontanarlo dall’obiettivo. Per questo, segretamente, tifa perché Berlusconi resista ancora un po’ al suo posto: un premier ferito, azzoppato, per mandare avanti la legislatura di qualche anno. Non a caso, dopo la polemica sulle veline in lista che provocò la reazione della signora Veronica Berlusconi, il sito della fondazione finiana Fare Futuro è rimasto silenzioso: meglio non infierire ora che il risultato di far precipitare Silvio tra i comuni mortali è stato raggiunto. Mentre l’ex sdoganato Fini, al contrario, sta ascendendo tra i padri della patria.

Silenzio condiviso dall’altro big della maggioranza, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Non ha speso una parola per difendere Silvio. È toccato a un amico, un deputato veneto del Pd, raccogliere il suo sfogo nell’emiciclo di Montecitorio: “Mi parli di federalismo? Ma non vedi che qui sta crollando tutto…”. E in pochi ricordano che la rottura con Berlusconi si è consumata non sulla politica economica, ma su un terreno più politico.

Durante la seduta del Consiglio dei ministri chiamato ad approvare il decreto che avrebbe imposto l’alimentazione a Eluana Englaro, lo scorso gennaio, Tremonti fu l’unico ministro a mettere in guardia sulle conseguenze del provvedimento: “Attenzione, se Napolitano non firma il decreto andiamo dritti allo scontro istitzionale”. Berlusconi non gradì per niente, e da allora Tremonti è entrato nella lista nera dei potenziali traditori. Ma anche in testa ai possibili candidati per la guida di un governo di emergenza nazionale in caso di caduta di Berlusconi, con l’appoggio di Massimo D’Alema e del Pd.

Il favorito a Palazzo Chigi, se la situazione dovesse precipitare, resta però l’attuale sottosegretario Gianni Letta. L’unico in grado di garantire la tregua tra i poteri dello Stato dopo un cataclisma di tale portata. Non a caso Sua Eminenza da Avezzano è finito sotto gli attacchi neppure tanto velati di una parte del Pdl. Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello ne hanno chiesto l’audizione al comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti come responsabile politico dell’intelligence e dunque della sicurezza e della privacy del premier.

“Letta è troppo istituzionale per occuparsi di servizi segreti, qui siamo in guerra, serve un personaggio che abbia la mentalità del militare”, detta un falco ex Forza Italia, esponente della corrente che spinge Berlusconi verso la linea dura e vorrebbe bloccare la strada verso un eventuale governo delle larghe intese, presieduto dallo stesso Letta. Ma sulla reazione allo scandalo delle escort, per la prima volta, gli azzurri appaiono spaccati. Il dopo-Berlusconi non è un tabù, neppure nel Pdl.

C’è chi se la prende con i più scalmanati del governo: “Ministri come Sacconi o Brunetta che in tempi di crisi invocano la spaccatura con i sindacati. Gente che ha i glutei al posto della testa”. E c’è chi invoca il ritorno dei vecchi saggi, i padri nobili, i Pisanu, i Martino, i Pera, da affiancare a Berlusconi: una specie di cordone sanitario, un collegio di badanti per il premier sull’orlo di una crisi di nervi.

Sulla capacità di tenuta di Berlusconi di fronte alla raffica di inchieste, rivelazioni, interviste, memoriali, fotografie, aspiranti ragazze immagine, trans, slave vestite da babbonataline e altri colpi di scena (“la coca, quella no!”, giura un forzista della prima ora, forse per darsi coraggio) si regge la possibilità della legislatura di proseguire. La minaccia di riportare il Paese alle elezioni anticipate, per l’ennesima ordalia, il referendum pro o contro Berlusconi, è sempre sul tavolo, un copione già ripetuto con successo in altre occasioni.

La Lega di Umberto Bossi lo spinge a sfidare i nemici, sicura di sopravvivere al cataclisma, una parte del Pdl lo invita a dare la caccia al traditore interno. Ma il Cavaliere sembra colto da un’improvvisa esitazione, da una malinconia. L’effetto che fanno le luci che si spengono al termine di una festa, come quelle che allietavano il premier al primo piano di palazzo Grazioli. Un’atmosfera deprimente da spettacolo concluso, uno show che si interrompe all’improvviso, un’emozione spezzata. Ma il timore di Silvio è che ora la giostra possa finire anche a palazzo Chigi.

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Il premier e l’Italia vanno a puttane

ALCUNI TITOLI DALLA STAMPA (BENEVOLA) DI OGGI. e NON PARLIAMO DELLA STAMPA E DELLE TV STRANIERE… DA ACCAPPONARE LA PELLE.

– L’anno scorso 1.120 vittime del lavoro
Tir investe operai: un morto e 5 feriti

– Rai, Garimberti porta il caso Tg1 in Cda
Il varietà di Crozza scompare da La 7

– Tremonti dai commercianti critica le banche
E Berlusconi non ci va: “Ho il torcicollo”

– Istat, vendite al dettaglio in calo dello 0,6% sull’anno

– Ocse rivede le previsioni al rialzo
Ma in Italia la situazione peggiora

– G8 all’Aquila con l’allarme terremoto

– Annunci sul web, organi in cambio di soldi
Videoinchiesta. “100 mila euro, affare fatto”
Fegato, midollo, sangue: su internet le offerte di chi, travolto dai debiti, vende parti del proprio corpo. Malgrado la legge lo vieti. E’ la classe media piegata dalla crisi

– Giornalisti e magistrati: no al dl intercettazioni

– Pestata dal branco, c’è identikit dei colpevoli
Napoli, una giovane aggredita a pugni e calci per aver difeso degli amici gay. Rischia di perdere un occhio. Caccia agli aggressori.

°°° Ecco, amici miei, un piccolo spaccato del degrado che questa italietta ha subìto in un solo anno di governicchio scellerato. Queste sono alcune delle notizie che i telegiornali di regime NON danno, oppure danno in modo artatamente subdolo e incomprensibile: ben lontano dalla portata degli eventi reali. Per esempio… avete visto un solo Tg italiano che dedichi qualche minuto al giorno per raccontarci le vicissitudini dei terremotati? Per monitorare le loro reali condizioni di salute e di assistenza da parte degli organi competenti? No, vero? Beh, in uno Stato civile e democratico sarebbe IL PRIMO SERVIZIO ad andare in onda, ogni giorno, fino a soluzione del problema. Ma questo è uno Stato civile e democratico? No, certo. Qui, tolti Santoro, Travaglio, e pochissimi altri… chi si sognerebbe di fare il giornalista per davvero?


VIVIAMO AVVOLTI DALLA NEBBIA

nebbia

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BLA BLA BLA

A Montecitorio i sì sono stati 261 e 226 i no. Nove gli astenuti.
Il premier: “Entro il 30 novembre quindicimila persone avranno una casa vera”
Dl terremoto, ok della Camera
Il decreto adesso è legge

ROMA – La Camera ha approvato il disegno di legge di conversione del decreto terremoto per l’Abruzzo. Il testo, già approvato al Senato, è dunque legge. I sì sono stati 261 e 226 i no. Nove gli astenuti. “Entro il 30 novembre quindicimila persone avranno una casa vera, confortevole e addirittura ammobiliata – conferma Berlusconi – Mai in Italia, e nemmeno nel mondo, si è data una risposta così tempestiva a un’emergenza così grave. Ce lo riconoscono tutti”.

°°° E’ verissimo, lo riconosce tutto il mondo che questa è L’ENNESIMA CAZZATA DI MAFIOLO. Ormai lo conoscono e ridono, anche se sono tutti molto preoccupati per noi, per l’Europa e per il mondo intero. Se non sbaglio, aveva detto le stesse identiche stupidaggini dopo il sisma del 2002… e quelli stanno ancora per strada. Ma poi… aveva promesso le case a luglio, poi a settembre, poi a ottobre… campa cavallo! Il lodo alfano è passato in due settimane, per i terremotati ci sono voluti quasi TRE MESI solamente per emanare un decreto bluff SENZA UN CENTESIMO REALE! Gli unici soldi veri sono i 480 milioni della UE (se non se li sono già mangiati) e qualche milione dalle sottoscrizioni popolari. Silvio i soldi che c’erano li ha regalati alla chiesa miliardaria e ai ricchi evasori fiscali, con l’abolizione dell’Ici, e ai suoi faccendieri amici della truffa Alitalia. Saranno contenti i trentamila sfollati delle tendopoli, che sono passati da meno dieci gradi a più 40. E quelli che stanno da amici o negli alberghetti della costa? E… quanti sono ospiti nelle sue case? Prosit.

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Una presa per culo

L’Aquila riapre il suo centro storico (La Stampa)

I vigili del fuoco accompagnano
i cittadini fino a piazza Duomo.
Questa sera la città verrà richiusa
L’AQUILA
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A due mesi e mezzo dal terremoto, oggi per la prima volta, e solo per poche ore e un breve tratto, è aperto il centro storico dell’Aquila, nel corridoio dalla villa comunale a Piazza Duono. I cittadini, a gruppi di 50 ciascuno, vengono accompagnati dai vigili del fuoco fino alla piazza principale lungo il rettilineo di Corso Vittorio Emanuele. La riapertura – dalle 11 alle 22 – è avvenuta alla presenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta.

Al suo arrivo, attorno al varco d’ingresso, vi erano circa duecento persone: alcune hanno applaudito, altre fischiato e si è sentito anche qualche imprecazione nei confronti della classe politica. Durante il tragitto Letta ha dichiarato: «Si tratta di una giornata importante. L’Aquila deve tornare a volare. Quello odierno è un segnale di rinascita per ridare fiducia e speranza».

Il prossimo obiettivo della Protezione civile è quello di riaprire una parte di via XX Settembre, in particolare quella che va dalla Casa dello Studente alla tendopoli di piazza d’Armi, mentre per il tratto di strada che va verso il centro storico, dove le lesioni sono maggiori, serviranno altri interventi di messa in sicurezza.


°°° Praticamente: la solita presa per culo di burlesquoni (che però si è guardato bene dal presentarsi). Guardate come siamo bravi, votate per noi. Poi… BLUFF! Tutto finito. Ma che senso ha questa patetica buffonata propagandistica? Che minchia hanno “inaugurato”? IL NULLA! Poi subito si richiude e tutto torna nel silenzio totale dei media. In un paese civile e normale, senza la mafia al potere, TUTTI I TG dedicherebbero almeno dieci minuti al giorno per seguire i cittadini delle tendopoli e l’andamento dei lavori. Qui no. Qui si dedicano i telegiornali alle cazzate del papa e alle minchiate volgari di Papi. Dei cittadiini e della loro tragedia non frega un cazzo al potere mafioso di palazzo Chigi.

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Marco Travaglio

Papaveri e Papi

Che le cose si mettessero maluccio per il Cainano, lo si era capito del black out sulle reti Mediaset. Se non vince il padrone, le elezioni non esistono. Anche la faccia di Susanna Petruni, inviata embedded nel covo Pdl, parlava da sé: era persino più allegra quando annunciò lo share del Tg1 grazie ai morti del terremoto. Ma la certezza della sconfitta di Al Tappone s’è avuta quando, a Porta a Porta, ha cominciato a gracchiare la voce bianca di Mario Giordano. Il direttore del noto quotidiano satirico mostrava giulivo il suo titolone: «La rivincita di Berlusconi. Li ha mandati tutti a quel Pais». Battutona, con editoriale-marchetta «Più forte di crisi e gossip» e fantasmagorica proiezione che dava il Pdl al 38,5% («il Pdl cresce ancora»). In studio il più perplesso era La Rissa, che aveva appena ammesso la flessione. A tarda sera l’insetto concedeva al pover’ometto l’esame di riparazione: «Allora Mario, hai cambiato titolo?». E la voce bianca, in stato di ipossia: «Hanno mandato il Pd a quel Pais». Ri-battutona, con strepitoso occhiello: «Caso quasi unico nella Ue, la maggioranza tiene» (infatti l’unica destra europea che perde è il Pdl). Roba che neanche Forlani ai bei tempi. Si tratta dello stesso Giornale che venerdì titolava: «Pdl vicino al 45%. Sarà trionfo», con sagaci commenti sul «boomerang» delle critiche al padrone. Quasi commovente Roberto Napoletano, direttore del Messaggero del suocero di Casini: «Cresce l’Udc». Chi fosse preoccupato per lo stato di salute della stampa italiana, si prepari a quando Noemi sarà direttore del Giornale di Papi. Con la scorta.

L’EFFETTO CHE FA LA STAMPA “LIBERA” ITALIANA DI BURLESQUONI:

tortura

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